Uomini e donne in rivolta (contro sé stessi)

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De “L’intellettuale dissidente”

Abbiamo fatto una riunione di redazione e sono volati i bicchieri. Condividiamo con Voi lettori le riflessioni di uno dei partecipanti anticipandovi che in pentola stanno bollendo tante cose. Restate aggiornati.

di Alessio Mannino

Cari dissidenti, ribelli, aspiranti rivoluzionari o come volete chiamarvi, già il fatto che per nominarvi si possa ricorrere a tre o quattro termini diversi, con significati diversi anche se contigui, mostra come la prima e fondamentale vostra (nostra) caratteristica sia la diversità. La diversità è sinonimo di libertà, perché si è liberi solo quando si rispetta la propria più intima natura, che è anzitutto individuale e che poi si allarga a cerchi concentrici verso chi è simile, per origine, condizione o idee. Simile, mai uguale. L’uguaglianza è l’ideale dell’insicuro, del piccolo uomo, dell’intollerante, del fanatico, che è il debole che si fa forte a spese di chi è più dotato di lui. Differenza è ricchezza, vitalità, apertura, possibilità, rigoglio contro il pregiudizio. Il dissenso è il presupposto della critica, la critica è l’anima della ribellione, la ribellione è lo spirito della rivolta, la rivolta la miccia della rivoluzione.

Chi scrive non è nessuno per impartire lezioni ad alcuno di alcunché. Ma volendo dare un contributo, personalissimo e discutibilissimo, alla voglia di riunirsi e contarsi che vuol tradursi in volontà di organizzarsi, qualche modesto consiglio vorrei offrirvelo. Non su cosa fare, dio guardi. Ma su cosa non fare. E la metto alla prima persona plurale, perché il primo pirla che sbaglia, sia chiaro, è il sottoscritto.

Non pensiamo di inventare nulla.

Non si crea mai nulla ex novo: si rielabora sempre, con una combinazione adatta al presente, esperienze e suggestioni del passato, conferendo una direzione e una forma propria. Imparare dagli errori di chi ci ha preceduto significa assicurarsi di non ripeterli, ma soprattutto evitare di incagliarsi ai primi vagiti. Esempio: non imporre a realtà associative già esistenti né l’ingresso coatto per autoscioglimento in una realtà più grande, né che si colleghino solo a parole. Occorre un legame formale e sostanziale che renda vantaggioso fare fronte e confederarsi, conservando almeno inizialmente l’autonomia.

Non siamo presuntuosi.

Non presumiamo di sapere come va il mondo, che se ne fotte di noi e gira allo stesso modo da milioni di anni. Tradotto: se non si ha competenza sufficiente, per giovane età o percorsi professionali fuori asse, meglio cercare di coinvolgere chi questa competenza ce l’ha. Quanto meno abbeverarsi ai suoi suggerimenti, tener conto di chi la professionalità la possiede, guardarsi attorno e non sentirsi mai i migliori. La masturbazione rende ancora ciechi, in campo culturale e politico. Esempio: se a capo di un circolo locale c’è un rispettabilissimo uomo di pensiero ma privo di senso pratico, dei tempi, delle opportunità, avulso dalla discussione pubblica del luogo, non si può immaginare che lì l’azione germogli come per magia.

Umberto Boccioni, Rissa in galleria, 1910, olio su tela

Non siamo ignoranti.

Ignorare non è una colpa: è un difetto. Se si ignora, ad esempio, l’abc del giornalismo, non si può scrivere su un giornale, né tanto meno gestirlo. Se poi si punta a dare battaglia, anche per via giornalistica, è preferibile conoscere pure la d, la effe e la g. Per essere incisivi uno strumento utile, anzi indispensabile, è un cannone d’informazione puntato contro il caos web e la sua notte dove tutte le opinioni sono grigie. Un’arma tarata sull’attualità, con commenti ficcanti e fulminei, che faccia da prima linea completando l’approfondimento di medio e lungo termine che da solo non basta. Per saperla caricare serve però una selezionata pattuglia di guerriglieri della penna, che guidi l’assalto con dietro la fanteria di quei, si spera tanti, collaboratori meno esperti e navigati. Il tutto con cadenze, scadenze, precisione, senso delle priorità. Gerarchia, non anarchia. Ma taglio giornalistico, non (solo) di rivista colta. Esempio: se non si dispone di un elemento capace nell’ambito x, quell’ambito non sarà coperto fino a quando non si troverà l’uomo giusto. Viceversa, se si ha per le mani un talento, sarà bene includerlo a (quasi) tutti i costi.

Non facciamo gli italiani.

Senza indulgere a esterofilie, ma la verità è che la mentalità di congrega e camarilla, la logica di clan, la mafiosità di famiglia e appartenenza è una tabe che ci portiamo nel sangue. Debellarla è utopia, ma almeno tentate di limitarne gli effetti, questo sì. La prima e più elementare spia del virus è quando si prende sul personale una critica: stupidità infantile. E arcitaliana, perché poi finisce col ricercare nei propri amichetti la sponda per chiudersi a riccio ed evitare di fare quel che ogni tot si dovrebbe fare tutti: autocritica. Una sorta di revisione annuale, meglio se semestrale, meglio anche bimensile. Esempio: se la diversità è un valore, il confronto dev’essere ben accetto e anzi benedetto.

Non facciamo i tafazzi.

Diversi va bene. Fare il cavolo che pare, no. Prima di tutto da un punto di vista ideologico. Un minimo comun denominatore andrebbe individuato e messo per iscritto (un manifesto?). Occhio agli aggettivi: minimo e comune. Minimo: non si può andar d’accordo su tutto, altrimenti si diventa una caserma. Comune: è ciò che accomuna che va messo appunto in comune. Il denominatore lo sceglie il fondatore, il gruppo che fa da levatrice. Con intelligenza, naturalmente. Ovvero tenendo conto del mondo a cui ci si rivolge. Idealismo e machiavellismo, la formula del giusto equilibrio è sempre fra (apparenti) opposti.

Non abitiamo sulle nuvole.

La concretezza presuppone la materialità, e la materialità sono i soldi, i danè, i schei, i piccioli. L’autofinanziamento non può bastare e non basterà. Idem per il crowdfunding, la cara vecchia colletta. Urgono fonti di introito. Se non subito, quasi subito. Le potenzialità di una testata giornalistica nazionale ci sono, ma va pensato un piano editoriale che preveda la pubblicità, per quanto eventualmente scremata. Ma nulla di tutto ciò è possibile se non si può contare su chi lavora nel settore e può, quanto meno, fornire una consulenza. A cui comunque dovrebbe seguire la disponibilità, non certo a gratis, di raccogliere inserzionisti. Per gli eventi, che non possono non essere pochi e grandi, senza sponsor è dura. In ogni caso la questione dei quattrini è centrale.

Non facciamoci i fatti propri, facciamo i fatti nostri.

Costituire modalità di comunicazione ricorrente e all’occorrenza immediata è ottimo, ma vedersi di persona è imprescindibile. Purché le riunioni siano finalizzate a stimolare l’attivismo: chiacchierare e stare assieme è troppo poco. Il responsabile dell’area tal dei tali arriva a mani vuote? Si passa la palla ad un altro. Non c’è un altro? Si spegne il punto morto e ci si concentra dove c’è azione.

Vogliamo allargarci sempre di più. Il nostro periodico online (che non è solo un periodico online!) nasce per offrire uno spazio di libertà a giornalisti e scrittori emergenti o navigati. Uscite dalla caverna, unitevi alla dissidenza, collaborate con noi! Tutte le info qui:

Non siamo elitari.

L’élite che conquista non vive sulla torre d’avorio. Il target, come dicono i markettologi, sarà pure di nicchia, ma per rendere robusta, fidelizzare e aumentare la nicchia bisogna fare opera di sfondamento. Eventi di spessore, ma centrati su temi caldi. Linea aggressiva, sia pur di alto livello, nella pubblicistica, e fin dalla titolazione. Raffinatezza inattuale nel comparto editoriale, ma con alcuni, mirati testi di trincea. Un mix di alto e basso, in grande stile. Esempio: puntare ancora e molto sull’utilizzo pop di immagini, totem e icone controcorrente cercando l’impatto, il pugno nello stomaco, l’estraniamento, l’effetto quasi situazionista. Osare.

Non illudiamoci.

I progetti, come le idee, camminano e stanno in piedi sulle gambe degli uomini. Sempre che questi uomini e queste gambe ci siano. Prima censiamoci, contiamoci, squadriamoci, inquadriamoci e prendiamoci le misure. E poi, solo poi agiamo. E comunque facciamo solo quel che è fattibile. Non possiamo permettercelo.

Alla fine non ho tenuto fede al proposito e ho sconfinato, buttando qua e là anche qualche oportet. Insomma ci son cascato, a lanciare qualche proposta, sia pur molto generica e sul solco di strade già avviate, anche bene. Mi perdonerete se mi è scappata la mano: è l’entusiasmo della (ex) gioventù. Non buttiamo via le chances che abbiamo in mano.

Fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/corsivi/uomini-e-donne-in-rivolta/

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