Segnalazione Redazione BastaBugie
Giovanna Tedde, su Pour Femme, racconta la storia di Melissa Ohden: 41 anni fa sopravvissuta a un aborto e gettata tra i rifiuti ospedalieri. È viva grazie a un’infermiera che l’ha sentita vagire e l’ha raccolta.
Anche noi abbiamo scritto di Melissa, più volte. E più volte abbiamo trattato del dramma dei piccoli sopravvissuti che – pur essendo nati – non hanno, in questo mondo tanto “civile” il diritto di vivere…
Nel 1977, nello Iowa, una giovane di 19 anni si è sottoposta ad aborto salino (lo stesso di Gianna Jessen), incinta di otto mesi.
La bambina espulsa a seguito di detto aborto pesava 1300 grammi ed è stata gettata tra i rifiuti. Un’infermiera ha sentito i vagiti e l’ha portata in terapia intensiva.
La Tedde dice che «Tutti la credevano morta»: ce l’auguriamo per loro. Sappiamo, però, che spesso non si sta lì ad approfondire. Del resto se la piccola piangeva tra i rifiuti, ci sono buoni motivi di ritenere che respirasse anche prima…
Scrive la Tedde che quando Melissa aveva 14 anni, «la sorella adottiva, durante una discussione, si era fatta sfuggire quel segreto gelosamente custodito per anni dal padre e dalla madre che l’avevano accolta in casa.
Una sconvolgente verità che, confermata dai genitori adottivi, l’ha spinta nel baratro della depressione, con un crescendo di disagi psichici sfociati in disturbi alimentari, abuso di alcol e progressivo isolamento dal mondo».
A 19, Melissa, decide di mettersi alla ricerca della sua madre naturale. Dopo 13 anni, «il faccia a faccia con sua madre è avvenuto a distanza di tre anni dal primo contatto via e-mail. Nel loro primo incontro, Melissa ha scoperto una donna fragile, preda del rimorso».
Ha raccontato di essere stata costretta all’aborto da sua madre e da un amico. «La nonna, infermiera presso l’ospedale in cui Melissa doveva morire, avrebbe addirittura pressato i colleghi affinché si sincerassero della morte della bambina».
Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell’articolo sottostante dal titolo “Tre ragazze scampate all’aborto che ora salvano altre vite” racconta le storie di Melissa, Susie e Christina, tre donne che danno tutto per salvare altri bambini. Dalla sofferenza per la scoperta di essere scampate all’aborto all’amore per la vita.
Ecco l’articolo completo pubblicato su Tempi il 24 aprile 2013:
Spesso è chi è stato ferito a medicare. Chi ha rischiato la vita a capirne il valore. A dirlo sono Susie Araujo, Melissa Ohden e Christina Martin. Tre ragazze scampate all’aborto che oggi ridanno la vita salvandone altre.
1) MELISSA
Melissa, 35 anni, di Kansas City, scampata a un aborto salino, da quando ha incontrato Janna Jessen, una donna con la sua stessa storia, e averne conosciuto la vicenda descritta nel film “October Baby”, nel 2011 ha deciso di aprire un sito dove altre persone come lei la contattano ogni giorno. Ma prima di arrivare qui Melissa ha dovuto passare attraverso una grande prova e molta sofferenza. A dirle cosa le era successo i suoi genitori adottivi. La ragazza, appena 14enne, scoprendo che sua madre e suo padre naturali non la volevano, cominciò a sentirsi «in colpa per essere sopravvissuta e per essere in salute», spiega al portale internazionale Lifenews.com. Poi la vergogna di vivere «in un mondo che pensa che l’aborto sia un diritto». Melissa crede per anni di essere di troppo, finché 29enne conosce Jessen. Convertita al cattolicesimo si sposa e oggi ha una bimba di 5 anni, «nata nell’ospedale dove io dovevo morire». Oggi la giovane, oltre che curare il sito, gira il mondo per testimoniare la sua storia: dal dolore fino al perdono e alla scoperta che «i miei genitori adottivi non sono scontati (…). Sono cresciuta in una casa piena di amore. E ora mi rendo conto di che dono sia la mia vita».
2) SUSIE
Susie, 36 anni, di Corona (California), è venuta al mondo grazie all’errore di un medico abortista. Sua madre è una giovane immigrata messicana che, quando rimane incinta, si ritrova sola davanti a suo padre e al suo ragazzo che non vogliono la bimba. Poi il riavvicinamento dei parenti che si offrono di accompagnarla a una visita d’accertamento. La ragazzina accetta e, una volta in ospedale, firma delle carte in inglese che non comprende. Sono per il consenso all’aborto, fortunatamente però quel giorno mancano gli strumenti per l’operazione. La minorenne sarebbe dovuta ritornare più tardi, ma prima di uscire un medico si lascia scappare la parola “aborto” e lei comprende l’inganno. La giovane va su tutte le furie, convince il ragazzo che poi la sposa, e partorisce Susie, che oggi è la maggiore di cinque fratelli e, oltre a raccontare la sua storia, offre aiuti alle donne che «spesso sono sole, isolate e si sentono costrette ad abortire».
3) CHRISTINA
Christina, 31 anni, di Washington, vive ricordando le parole di sua madre: «Era un angelo». La mamma è in una clinica abortiva quando una signora afroamericana la avvicina chiedendole se vuole tenere il bambino. Alla risposta affermativa la signora le sussurra: «Dio ti darà la forza di tenere questo bambino». Sentendo quella voce la madre di Christina cambia idea, ma girandosi per cercare la donna non la trova più. Così va dal medico abortista, gli spiega che se ne vuole andare e così fa, anche se quello è infuriato «perché temeva che anche altre donne presenti se ne sarebbero andate». Circa dieci anni fa, quando era incerta se l’aborto fosse ammissibile o meno, Christina scopre che avrebbe potuto non esserci se non fosse stato per quell’afroamericana. Non solo, appena la madre svela alla figlia la verità accadde qualcosa per cui oggi Christina dedica la sua vita ad aiutare donne disperate che vogliono abortire: «Il mio cuore cambiò improvvisamente. Ero stata salvata da Dio. Mi aveva soccorsa; mi sono sentita amata da Lui. E ho cominciato a capire quanto mi volesse viva desiderando che aiutassi altri bambini a vivere».