L’Occidente senz’anima

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di Roberto Locatelli

L'Occidente senz'anima

Fonte: Il giornale del Ribelle
Da cent’anni a questa parte indubbiamente la qualità di vita nel mondo Occidentale ha avuto un’accelerazione e un miglioramento inavvicinabile da parte dei restanti Paesi del mondo. La tecnica e la tecnologia, applicate a tutte le branche della nostra vita, individuale e collettiva (lavorativa e sociale), ne hanno migliorato la qualità, contribuendo all’allungamento della vita media, al godimento del tempo libero e degli hobbies, alla possibilità di viaggiare e di conoscenza.  Si pensi alla tecnologia medica e farmaceutica, indispensabili per la cura di malattie e il benessere, per non dire dell’alimentazione, con un’immensa disponibilità di varietà di cibi lungo tutto l’arco dell’anno, per concludere con i mezzi e gli strumenti utilizzati nello svolgimento del lavoro, sempre più digitalizzato e sempre meno fisico.
Ma quanto detto non basta a prefigurare il Paradiso in terra, infatti tutto questo (e anche di più) ha un costo, sia in termini economici propriamente detti, che in termini di tempo dedicato al lavoro per potersi permettere le “cose”, reputate necessarie alla vita di oggigiorno.  Perché nella società del benessere entrano in gioco dinamiche psicologiche individuali e di rango sociale, quali lo spirito di emulazione e l’invidia, oltre al concetto di “status” sociale, in base alle cose che si posseggono, al ruolo lavorativo che si ricopre e lo stipendio che si percepisce. Nel mondo Occidentale il valore di un individuo non è dato dai valori di onestà, fedeltà, sincerità, bensì da quello che si possiede, in particolare l’abitazione e l’automobile. Dire di un conoscente che è una “brava persona”, non crea nessun effetto, non ha la stessa rilevanza nel dire che vive nella tal villa, possiede la tal auto o percepisce un determinato stipendio. A caratterizzarci sono le cose o i numeri, non i valori. Metro di misura dell’uomo Occidentale è il consumismo, di più, ne è la religione laica che ha sostituito a spallate la religione cristiana, nelle sue diramazioni dell’essere cattolica, protestante e ortodossa, con i suoi precetti, la sua dottrina e gli insegnamenti dei suoi Santi. Immersi in un cristianesimo di facciata, buono solo da esternare nelle cosiddette “occasioni”, il Natale, la Pasqua, gli avvenimenti spot quali il Giubileo, le giornate mondiali della Gioventù, le proclamazioni di Santi e Beati, rimane nel dimenticatoio per la gran parte del resto dell’anno, se si pensa che le frequentazioni delle Messe domenicali sono semi-deserte, che i matrimoni in Chiesa sono in calo, che divorzi e separazioni sono in netto aumento, e che le conversioni sono in diminuzione. Segno che l’aspetto spirituale e della fede sono relegati in un angolo, sempre più minuscolo, del nostro essere persone e della nostra società.

Ogni medaglia ha il suo rovescio, il cortocircuito mentale della nostra società Occidentale è tale per cui le “cose” che si possono avere sono infinitamente meno delle cose che possiamo permetterci, ciò porta a crisi profonde dell’individuo, che in una ricerca spasmodica di cose e nell’ invidia verso gli altri, va in difficoltà morale e mentale. A fronte della larga disponibilità di beni, c’è un malessere profondo che si annida nella mente e nel cuore dell’individuo Occidentale, che non riesce a trovare dentro di sé equilibrio e soddisfazione nell’accumulo smodato di cose, in una continua competizione e manifestazione di sé agli occhi del vicino e della società cui appartiene. La conseguenza è che crescono malesseri più o meno profondi legati a stati d’ansia, psicosi, malattie mentali, fobie, dipendenze da gioco, alcool, droga, utili a tamponare solo momentaneamente l’insoddisfazione che si annida nella mente e nel corpo, in un vortice che, se non superato, può portare alla scelta di non voler più vivere, di togliersi la vita. Al culmine del laicismo e del consumismo che dagli anni Settanta del Novecento hanno iniziato a farsi sempre più largo nell’Occidente, il colpo finale lo sta dando la tecnologia digitale, con internet e i social-network, le cui reali conseguenze si potranno contemplare nella loro interezza solamente tra qualche anno, essendo un fenomeno relativamente recente e che interesserà a pieno la generazione Z, quella dei Post-Millennials. Questi strumenti di comunicazione, interazione e socializzazione, stanno creando nelle giovani generazioni una frattura tra vita reale e vita virtuale, che vediamo manifesta in tutta la sua drammaticità in occasione di notizie di cronaca legate a violenze o stupri di gruppo, con i responsabili che non si rendono conto della gravità dei propri atti perché hanno le menti obnubilate dallo schermo, dal virtuale, da filmati online visti, rivisti, introiettati e metabolizzati, senza averne capito significato, circostanze, e senza quella distanza che solo una adeguata maturità e capacità di discernimento possono permettere. I concetti di vero e falso, reale e virtuale, giusto e sbagliato, saranno la vera sfida del futuro, come in una sorta di nuova civilizzazione dopo la barbarie, perché conoscenza e cultura possono persino essere nocive se non vi è la capacità di vivere la vita giorno per giorno con maturità.
La nostra quotidianità è sicuramente molto meno faticosa sotto l’aspetto fisico ma sollecita terribilmente l’aspetto mentale, e la differenza la farà la maturità dell’individuo, la capacità di selezionare ciò che realmente ha valore d’essere vissuto da ciò che non ha importanza. La società Occidentale, sempre più un mondo senz’anima, stritolato tra consumismo, relativismo e realtà virtuale, deve riscoprire la filosofia, la pienezza e il mistero della fede cristiana, la capacità di meravigliarsi dinnanzi alla natura, deve nutrire il suo spirito tanto quanto nutre la sua pancia e accumula le cose, perché “non di solo pane vive l’uomo”, ed è inutile terminare la propria esistenza con il triste primato di essere il più ricco del cimitero.

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