Cosa realmente disse san Francesco al sultano El-Kamel?

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San Francesco d’Assisi: un’ode anti-pacifista

San Francesco non ha mai proposto un Cristianesimo pacifista. Egli era indubbiamente per la pace, ma, da santo, non poteva essere per il pacifismo. Essere pacifici vuol dire ritenere che la pace (in primo luogo con Dio) sia un valore importante; essere pacifisti vuol dire  ritenere che la pace sia il massimo dei valori; e questo è sbagliato perché la pace (come assenza di guerra) deve essere subordinata al valore della giustizia.

Dopo la conversione, tutta la vita del Santo di Assisi fu segnata dall’ansia di salvare i peccatori e per quanto riguarda i non cristiani non gli interessava il “dialogo” ma la conversione.

Riguardo l’incontro con il sultano Melek-el-Kamel ci sono due importanti testimonianze: quella di Tommaso da Celano (il più famoso biografo di san Francesco) e quella di Frate Illuminato, testimone oculare dell’incontro tra san Francesco e il sultano.

Iniziamo con Tommaso da Celano. Nella Vita Prima così scrive: “Nel tredicesimo anno dalla sua conversione, partì per la Siria, e mentre infuriavano aspre battaglie tra cristiani e pagani, preso con sé un compagno, non esitò a presentarsi al cospetto del Sultano (Melek-el-Kamel). Chi potrebbe descrivere la sicurezza e il coraggio con cui gli stava davanti e gli parlava, e la decisione e l’eloquenza con cui rispondeva a quelli che ingiuriavano la legge cristiana? Prima di giungere al Sultano, i suoi sicari l’afferrarono, l’insultarono, lo sferzarono, ed egli non temette nulla: né minacce, né torture, né morte; e sebbene investito dall’odio brutale di molti, eccolo accolto dal Sultano con grande onore!”

L’altra testimonianza è quella di Frate Illuminato. Testimonianza molto importante, perché, come abbiamo già detto, questi era presente all’incontro tra il Santo e il Sultano. Egli scrive: “Mentre il beato Francesco era alla corte, il sultano volle mettere alla prova la fede e la devozione che egli mostrava d’avere verso il Signore nostro crocifisso. Un giorno fece stendere nella sala delle udienze uno splendido tappeto, decorato per intero con un motivo geometrico a forma di croce, e poi disse ai presenti: ‘Si chiami ora quell’uomo che sembra essere un cristiano autentico; se per venire fino a me calpesterà con i suoi piedi questi segni di croce intessuti nel tappeto, l’accuseremo di fare ingiustizia al suo Signore; se invece si rifiuta di venire gli domanderò perché commetta questa scortesia di non venire fino a me’. Chiamato, il beato Francesco, che era pieno di Dio e da questa pienezza era bene istruito su quanto doveva fare e su quanto doveva dire, andò dritto dal Sultano. Quegli, ritenendo d’aver motivo sufficiente per rimproverare l’uomo di Dio perché aveva fatto ingiuria al suo Signore Gesù Cristo, gli disse: ‘Voi cristiani adorate la croce, come segno speciale del vostro Dio; perché dunque non hai avuto timore a calpestare questi segni della croce disegnati sul tappeto?’. Rispose il beato Francesco: ‘Dovete sapere che assieme al Signore nostro furono crocifissi anche due ladroni. Noi possediamo la vera croce del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo, e questa noi l’adoriamo e la circondiamo della più profonda devozione. Ora, mentre questa santa e vera croce del Signore fu consegnata a noi, a voi invece sono state lasciate le croci dei due ladroni. Ecco perché non ho avuto paura di camminare sui segni della croce dei ladroni. Tra voi non c’è nulla della santa croce.’ Il Sultano sottopose anche un’altra questione: ‘Il vostro Signore insegna nei Vangeli che voi non dovete rendere male per male, e non dovete rifiutare neppure il mantello a chi vuol togliere la tonaca. Quanto più voi cristiani non dovreste invadere le nostre terre.’ Rispose il beato Francesco: ‘Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Altrove, infatti, è detto: se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te. E con questo ha voluto insegnarci che se anche un uomo ci fosse amico o parente, o perfino fosse a noi caro come la pupilla dell’occhio, dovremmo essere disposti a separarlo, allontanarlo, a sradicarlo da noi, se tenta di allontanarci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Proprio per questo i cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perché voi bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla religione di lui quanti più uomini potete. Se invece voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi.’ Il Sultano disse: ‘Raduniamo qui i nostri savi e discutiamo della nostra e della vostra fede.’ Replicò il beato Francesco: ‘La nostra fede è superiore alla ragione e la ragione riesce persuasiva solo per chi crede. Inoltre non potrei prendere argomenti dalla Scrittura, perché loro alla Scrittura non credono. Si faccia piuttosto un fuoco con legna di bosco: io entrerò nel fuoco insieme con i vostri savi; quelli che saranno bruciati, segno che la loro fede è falsa.’ Ma subito i savi del Sultano si ritirarono, tanto che il sultano si mise a sorridere dicendo: ‘Non credo che troverei qualcuno disposto a entrare con voi nel fuoco’.

Lette queste testimonianze, viene da chiederci il perché san Francesco decise di andare disarmato dal sultano. La risposta è molto semplice ma importante per capire: perché davvero san Francesco voleva convertire il sultano e sapeva benissimo che non era né sarà mai possibile alcuna conversione imposta con le armi. Ciò dimostra come anche il Poverello di Assisi era perfettamente consapevole del fatto che le crociate (così come è attestato dalla storiografia più recente) non scaturissero dal tentativo di imporre la fede con la forza, bensì dall’intenzione di ripristinare il diritto al pellegrinaggio nella Terra Santa.

Fonte: http://itresentieri.it/cosa-realmente-disse-san-francesco-al-sultano-el-kamel-leggi-qua-e-lo-saprai/

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