Il movimento Nova Civilitas guida la protesta di alcune associazioni cattoliche preoccupate dalla possibilità di bloccare la pubertà dei ragazzi con disforia di genere, le loro argomentazioni sono però vecchie e infondate, ecco perché.
Le associazioni cattoliche, col movimento Nova Civilitas in testa, non mollano la presa contro la triptorelina, il farmaco già in uso per il trattamento di alcuni tumori, ma anche nei rari casi in cui viene certificata una disforia di genere in ragazzi pre-adolescienziali, bloccando loro la pubertà. Secondo quanto sostengono si tratterebbe invece di un eccesso dovuto più a questioni dettati da una non meglio identificata «propaganda gender», mentre non esisterebbero conferme scientifiche.
E’ di tutta evidenza che interventi così ferocemente invasivi e intimamente incidenti nei confronti dei bambini, senza neppur la necessaria contezza delle conseguenze psico-fisiche che simili trattamenti potrebbero importare ai soggetti trattati, anzi con evidenze scientifiche ed etiche avverse, sono da stigmatizzare con decisione e da biasimare come azioni, a dir poco, da irresponsabili.
La disforia di genere comporta un rigetto da parte di un individuo del proprio genere sessuale, ci si sente proprio come se si fosse prigionieri di un corpo estraneo, cosa che al sopraggiungere della pubertà provoca traumi psicologici notevoli, senza contare l’incomprensione che il giovane potrebbe trovare nell’ambiente famigliare e scolastico. Ragione per cui una volta accertata questa condizione bloccare la pubertà può essere di grande aiuto, permettendo a chi ne soffre di vivere la possibile transizione di genere in maniera serena.
L’indagine conoscitiva al Senato
La polemica era ripartita quando l’Aifa, nel febbraio scorso, aveva inserito il farmaco nell’elenco di quelli erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale. Così il presidente della commissione Sanità al Senato Pierpaolo Sileri ha consentito una «indagine conoscitiva», che dovrà valutare le argomentazioni del gruppo di associazioni cattoliche contrarie alla triptorelina, ritenuto il prodotto di una «teoria gender» che permetterebbe a bimbi e adolescenti di «scegliere» di quale genere essere.
La leggenda del farmaco «gender»
Troviamo quindi il principale falso mito che ruota attorno alle proteste: quello in base al quale i traguardi raggiunti nel campo della ricerca sul genere sessuale siano in realtà un mero costrutto ideologico. Senza contare che, in tutti i paesi in cui è stato già adottato il trattamento, è ben noto il fatto che non può in nessun modo cambiare il sesso di una persona: quella è una questione che riguarderà l’individuo in età adulta, al compimento dei 18 anni. La somministrazione avviene in un arco di tempo limitato, massimo un biennio, in cui tutti gli specialisti competenti potranno accertare ulteriormente se è davvero presente una situazione di disforia di genere.
Fact checking essenziale
Rispondiamo per sommi capi alle affermazioni che sono tornate a circolare in vari media a seguito della protesta e della prevista discussione presso la commissione Sanità del Senato, per maggiori approfondimenti potete leggere il nostro fact checking precedente:
«Non esistono al momento ricerche scientifiche considerate “definitive”».
Non è chiaro qui cosa si intenda per «definitivo». Le ricerche scientifiche dimostrano ad oggi che bloccare la pubertà nei casi accertati di disforia di genere aiuta i pre-adolescenti a vivere serenamente la propria sessualità evitando i traumi.
«Ci sono società scientifiche che vorrebbero escludere del tutto il ricorso alla triptorelina a causa delle pesantissime controindicazioni mediche e psicologiche».
Tutte le associazioni competenti non sono contro la triptorelina. In realtà questo trattamento serve proprio a prevenire soprattutto i problemi psicologici.
«C’è chi invece è disponibile a valutarne l’impiego caso per caso, in casi rarissimi, sotto attento controllo psicologico».
Questa per la verità è la prassi: viene prescritto il trattamento solo in rari casi con una supervisione di esperti, psicologi inclusi.
«Una recente inchiesta del Times parla di cinque medici che si occupavano di disforia di genere che hanno chiesto le dimissioni».
Il Times nell’articolo intitolato «Calls to end transgender ‘experiment on children’» non cita alcuna ricerca scientifica o revisione sistematica, tale da smentire le conoscenze attuali sulla sicurezza dell’uso della triptorelina nei ragazzi con accertata disforia di genere. I medici dimissionari alludono a presunte irregolarità rispetto ai controlli previsti, mentre la clinica si difende confermando che questi vengono seguiti. Non viene messa in dubbio la funzione degli accorgimenti previsti, bensì il fatto che una clinica possa averli attuati.
fonte – https://www.open.online/fact-checking/2019/04/10/news/la_protesta_delle_associazioni_cattoliche_contro_il_farmaco_gender_arriva_in_senato-189464/