Il Pakistan e i falsi matrimoni

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di Matteo Orlando per

AGERECONTRA.IT

 

In Pakistan, uno dei paesi islamici più grandi del mondo, secondo la Associated Press 629 donne sono state vendute come schiave per diventare mogli di altrettanti uomini cinesi.

La terribile notizia conferma il fenomeno della tratta di donne dal paese dell’Asia meridionale al gigante cinese, casi che si sono intensificati negli ultimi mesi.

Secondo gli investigatori di Islamabad il fenomeno potrebbe essere di proporzioni molto più ampie, se solo le autorità giudiziarie avessero continuato a registrare le denunce di scomparsa delle donne arrivate dalle famiglie. Invece, dopo un primo impulso investigativo, si è registrata una battuta d’arresto progressiva nella rilevazione dei casi.

La gente che ha denunciato questa infame tratta ha motivato questa battuta d’arresto per le pressioni e le interferenze del governo islamico di Islamabad, esecutivo che avrebbe esercitato la propria influenza per frenare le indagini al fine di non danneggiare il legame “redditizio” con Pechino.

Secondo alcuni parenti delle vittime, un episodio significativo è quanto accaduto lo scorso ottobre a Faisalabad dove la locale Corte ha rilasciato 31 cinesi accusati di tratta di esseri umani.

Secondo i denuncianti, i parenti delle vittime avrebbero rinunciato a testimoniare a causa di minacce o indennizzi ricevuti per tacere.

Lo scandalo delle donne cristiane e musulmane vendute come “schiave del sesso” a mariti cinesi è esploso in particolare a metà del 2019.

A maggio, infatti, sono state arrestate sei persone, tra cui un pastore protestante, accusate di organizzare matrimoni forzati tra giovani donne cristiane pakistane e giovani cinesi.

La piaga dei falsi matrimoni tra pakistane e giovani cinesi è denunciata da tempo da parte dei pochi cattolici presenti nel Paese, ma le autorità hanno sempre sottovalutato le denunce. Adesso l’elevato numero di vittime coinvolte in questo nuovo caso ha fatto aprire gli occhi a molti su questo nuovo mercato di esseri umani che rivela la presenza di organizzazioni ramificate in Pakistan e Cina.

Le giovani donne “selezionate” sono in particolare giovani di famiglie povere e analfabete, incapaci di riconoscere il pericolo e le pratiche seduttive dei trafficanti. Alcune vedono nel “sogno cinese” la soluzione di tutti i loro mali (miseria, assenza di famiglie, relazioni sentimentali conclusesi negativamente).

Il vantaggio economico per le famiglie, peraltro, non è così rilevante. Gli intermediari cinesi e pakistani affermano che per ogni moglie “offerta” guadagnano da 23 a 56 mila euro, ma solo poco più di 1.100 euro sono dati alle famiglie.

Oltre a soddisfare i piaceri sessuali dei mariti cinesi, alcune donne sono state utilizzate anche per alimentare il traffico di organi.

Un ufficiale della Polizia pakistana, parlando con Asia News ha spiegato: “nessuno aiuta queste giovani donne e la mafia cinese è in aumento. Perché? Il motivo è che sanno di non rischiare nulla”.

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