Roma, 12 dic – Lo Stato liberista, come si è cercato più estesamente di mostrare estesamente in “Glebalizzazione. La lotta di classe al tempo del populismo”, governa non il mercato, ma per il mercato. In un rovesciamento del moderno rapporto tra politica ed economia, è ora il mercato a guadagnare lo statuto di superiorem non recognoscens e a utilizzare lo Stato desovranizzato come instrumentum regnidell’economia. Il neoliberismo non annulla lo Stato, come talvolta erroneamente si è sostenuto. Al contrario, lo ridefinisce in chiave liberista: gli chiede di intervenire non intervenendo e non lasciando che altri intervengano nel libero giuoco dello scambio e della concorrenza (laissez faire), innalzati a paradigma unico per ogni relazione nell’ordine del mondo della vita interamente aziendalizzato.
Il neoliberismo, inoltre, chiede apertamente allo Stato desovranizzato di intervenire, in caso di necessità, non a sostegno dei ceti più deboli, come accadeva nel quadro del welfarismo novecentesco, bensì a sostegno delle classi dominanti, non di rado mediante il salvataggio di istituti bancari privati. In altri termini, lo Stato liberista è interno al sistema di mercato, del quale è una variabile e uno strumento. È, sotto questo profilo, nel vero Alain Callé allorché sostiene che l’inganno dell’ideologia liberista sta nell’identificare lo Stato di diritto con lo Stato mercantile. In sostanza, lo Stato liberista riduce lo Stato a emanazione del mercato.
V’è sovranismo e sovranismo
Di qui discende un fatto degno di nota, ancora evidenziato da Caillé: l’esortazione, squisitamente liberista, rivolta agli individui affinché scelgano liberamente i loro scopi, si rovescia nell’imposizione a non avere altri scopi rispetto a quelli mercantili. V’è, poi, un duplice paradosso lampante, connesso alla figura dello Stato liberista. Per un verso, può dar luogo a un sovranismo liberista, che rivendica, per così dire, il liberismo in un solo Paese, magari appellandosi alla signora Thatcher. Ciò deve indurre a riflettere: v’è sovranismo e sovranismo. E non ogni sovranismo è, in quanto tale, buono.
Il sacrificio degli sconfitti
Il secondo paradosso è il seguente: i neoliberisti – Mises, Hayek, ecc. – vanno sempre ripetendo che l’individuo non deve mai sacrificarsi per la società. È l’argomento immarcescibile che presentano contro i totalitarismi rossi e bruni del Novecento, da loro inteso come secolo genocidario (come se fosse stato solo quello) e come orrida parentesi statalista rispetto alla gloriosa storia del libero mercato, ripresa serenamente dopo il 1989. È un paradosso, dicevo: e lo è perché la società liberista è fatta di sconfitti e di emarginati, che soccombono alle leggi del libero mercato. I liberisti non chiedono, forse, a costoro di sacrificarsi per la società liberista?
Diego Fusaro
Da https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/missione-neoliberismo-stato-governi-mercato-139652/