Oggi sono vent’anni che è morto Giorgio Pisanò. Senza questo grande giornalista d’inchiesta, che per primò scavò negli orrori dei partigiani rossi, la storia in Italia avrebbe continuato a essere quel catechismo comunista che i vincitori hanno propalato per anni. Sì, perché prima che Giampaolo Pansa, da sinistra, cominciasse ad aprire un po’ di vasi di Pandora su quello che realmente è stata la cosiddetta “resistenza” in Italia, Pisanò e pochi altri avevano già scritto tutto. Solo che la conventio ad exludendum che c’era – e c’è – nei confronti degli storici e giornalisti fascisti, impedì che le inchieste di Pisanò giungessero al grande pubblico e meno che mai in tv. Eppure quelli che dovevano sapere, sapevano. La “liberazione”, così è stata contrabbandata la guerra civile in Italia, guerra fratricida tra comunisti e fascisti, i primi però aiutati dalla massiccia macchina da guerra degli alleati (loro), i secondi che volontariamente andavano a combattere una guerra – per l’onore – che sapevano già persa. Eppure gli scritti di Pisanò, a detta anche degli avversari politici, non sono minimamente inficiati dalla sua apaprtenenza ai Nuotatori Paracadusti della Decima Mas della Repubblica Sociale. No, dopo aver subito la prigionia, il campo di concentramento, sempre “alleato”, dopo essere sfuggito alla morte grazie a un’evasione, Pisanò si è calato nella parte del giornalista d’inchiesta, del detective storio, e ha cominciato, dal 1947, per il Meridiano d’Italia, a girare per il Nord Italia: interrogando, cercando, scovando documenti, ricostruendo quello che veramente accadde in quei giorni d’odio. Ma, come detto, tutti i suoi libri caddero nel silenzio più assoluto da parte dei mass media del regime democristiano e comunista. Una cortina di silenzio che però non ha impedito l’emergere della verità, che finalmente è emersa, grazie a Pansa, il quale ebbe a dichiarare che senza il lavoro propedeutico di Pisanò non avrebbe potuto scrivere ciò che ha scritto. Per il suo lavoro d’inchiesta Pisanò rimediò, in alternativa al silenzio, anche una scarica di querele e anche qualche settimana di galera. Quando uscì, Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano, gli offrì un seggio al Senato, per fargli in parte da scudo alle offensive feroci dei vincitori, che continuavano, sia pure con altri mezzi, la loro resistenza contro l’emergere della storia.
Pisanò si arruolò nella Rsi con l’entusiasmo dei 20 anni
Pisanò era del 1924, quindi si arruolò a soli 19 anni nella Rsi, seguendo l’esempio di quasi un milione di giovanissimi volontari che seppero prendere una decisione scomoda, controcorrente, e soprattutto svantaggiosa per loro. Ma è grazie a questi ragazzi che la storia in Italia si sta riscrivendo in modo più aderente a quello che veramente è successo, alla loro testimonianza: moltissimi intellettuali, scrittori, giornalisti, artisti italiani che si sono distinti nel dopoguerra provenivano infatti dalle file della Rsi. Oltre naturalmente a una schiera di parlamentari, e tutti col Msi, a cominciare dallo stesso Almirante. Pisanò, dopo la guerra fondò il Msi a Como, dove intanto si era trasferito, diventandone il primo “federale”. Per i maggiori periodici italiani scrisse numerose inchiesta, anche di cronaca, tra le quali ricordiamo certamente quella a puntate sull’assassinio di Enrico Mattei, il cui pilota, come forse pochi sanno, era un aviatore della Aeronautica nazionale repubblicana, Irnerio Bertuzzi, strettissimo amico del presidente dell’Eni. Pisanò poi scoperchiò, con vent’anni di anticipo, quella che poi sarebbe stata chiamata nel 1992 Tangentopoli, mettendo in luce e denunciando ruberie, corruzione, scandali, bustarelle dei partiti del cosiddetto arco costituzionale, denunciato in modo assolutamente solitario dal Msi e da giornalisti come Pisanò. Fondò e rifondò giornali storici e gloriosi, come il Candido , con cui condusse agguerrite campagne contro i socialcomunisti e demiocristiani. Tra le sue numerose opere, ricordiamo certamente Il vero volto della guerra civile. Documentario fotografico, del 1961, Sangue chiama sangue, del 1962, La generazione che non si è arresa, del 1964, Storia della guerra civile in Italia, 1943-1945, 3 del 1965-1966, Gli ultimi in grigioverde. Storia delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana (1943-1945), del 1967, stesso anno di Mussolini e gli ebrei, Penna nera. Storia e battaglie degli alpini d’Italia, del 1968, L’altra faccia del pianeta “P2”. Testo integrale della Relazione conclusiva di minoranza presentata al Parlamento dal rappresentante del Msi-Dn, del 1984, Storia del Fascismo, del 1988-1990, Il triangolo della morte. La politica della strage in Emilia durante e dopo la guerra civile, del 1992, Io, fascista, del 1997, e infine Gli ultimi cinque secondi di Musssolini, del 1996, che ha venduto oltre 60mila copie, in un Paese dove 30mila rappresentano un best seller.
Giorgio Pisanò lo conobbi nei suoi scritti, quando ero adolescente.Ovviamente mi cambiò la visione storica che veniva diffusa a scuola e divenni così un giovane “controcorrente”. Ricordo ancora la domanda sibillina che feci alla professoressa di lettere che parlava con apprezzamento dei partigiani. Avevo già letto “sangue chiama sangue” e nutrivo una profonda avversione per tutto ciò che esprimeva la partigianeria social-comunista. La domanda fu: ” lei come poteva riconoscere i partigiani se dovevano fare una guerra nascosta ?” Divenne rossa paonazza, girò la testa a destra e sinistra come a cercare conforto tra altri alunni, poi dopo secondi “eterni” mi rispose:
” Ma insomma avevano pantaloni kaki ed un fazzoletto rosso al collo !”
La risposta più cretina che potesse dare, e la diede ! Con questa ulteriore conferma capii che la vulgata sui partigiani era una storia inventata e Giorgio Pisanò aveva tutte le ragioni di scrivere contro e di dettagliare che fu una vera guerra civile ordita dagli Anglo-americani aiutati dall’Unione Sovietica, alleati contro di noi…
Conservo ancora “Storia della Guerra Civile in Italia” libro documentatissimo e pieno di fotografie uniche ed estremamente chiarificatrici.