Mi raccomando, dopo ogni telefonata, ricordatevi sempre di salutare il trojan che vi sta ascoltando. Potrebbe sembrare una battuta, ma il rischio è sempre più probabile. Infatti, il governo – approfittando del caos di questi giorni – ha proceduto a tappe forzate, ricorrendo persino al voto di fiducia per far passare il decreto-legge sulle intercettazioni.
Un decreto che trasformerà l’Italia nella DDR (la Germania Est) degli anni Settanta, dove il regime comunista di Erich Honecker spiava ogni suo abitante. La scelta del voto di fiducia, oltre a impedire ogni spazio di dibattito e di confronto su un tema così delicato, dimostra anche la paura del ministro pentastellato Buonafede di subire domande in aula.
Secondo il decreto, infatti, sarà il ministro della Giustizia a dover stabilire i requisiti tecnici che i malware destinati alle intercettazioni giudiziarie dovranno rispettare, in termini di affidabilità, sicurezza ed efficacia. Poiché è presumibile che Buonafede non sappia neanche come è fatto un trojan, non ci sarebbe da stupirsi se chiedesse (direttamente o indirettamente) una ricca consulenza alla Casaleggio Associati (cassaforte del Movimento).
Cos’è allora un trojan? Il nome fa riferimento al “cavallo di Troia”, il trucco escogitato da Ulisse per abbindolare i troiani e riuscire a entrare nella città nemica per conquistarla di sorpresa e, poi, distruggerla. Esattamente questo è il compito del “captatore informatico”, detto trojan, un malware che potrà essere introdotto nel cellulare o nel computer della persona ignara su indicazione di un magistrato.
Sarà possibile usare i trojan non solo in caso di reati contro la pubblica amministrazione commessi dai pubblici ufficiali, ma anche dagli incaricati di pubblico servizio. Le intercettazioni potranno avvenire anche nei luoghi di dimora privata «previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l’utilizzo».
La novità è che si potranno utilizzare anche per procedimenti diversi se considerati “indispensabili” e “rilevanti” per l’accertamento di reati punibili con pena superiore a 5 anni.
Un utilizzo ben più ampio rispetto alla sentenza delle sezioni unite della Cassazione che ha ammesso l’uso dei colloqui intercettati con il captatore informatico, solo se si tratta di un reato connesso a quello per cui si sta procedendo.
Il provvedimento, per la fretta con cui è stato adottato, lascia molti dubbi e introduce persino la “retroattività”, dato che si applicherà ai procedimenti iscritti dopo il 30 aprile 2020 ma che possono essere relativi a reati compiuti anche anni fa, mentre sarebbe stato più corretto almeno fissare una data certa.
Dubbi sul decreto sono stati sollevati anche da esponenti della maggioranza. Federico Conte di Liberi e Uguali non ha escluso il “rischio orwelliano” che il trojan renda potenzialmente divulgabili immagini, filmati, notizie che riguardino la vita privata o la vita di relazione dell’intercettato. “Teoricamente”, infatti, il trojan dovrebbe occuparsi solo delle comunicazioni tra soggetti “attenzionati” ma stante la pervasività e l’invasività delle nuove tecnologie che collegano immagini, video e messaggi… il rischio è reale.
Altro problema, sollevato da Maurizio Lupi di Noi con l’Italia, è che tutti questi controlli saranno effettuati da «aziende private di cui non sappiamo la proprietà né che cosa faranno dopo di questi dati». Non si sa neppure se saranno aziende italiane o straniere, come rilevato da Carolina Varchi di Fratelli d’Italia «una quantità infinita di dati, metadati che racchiudono le nostre vite, le vite degli italiani finirà esternalizzata: non saranno, infatti, le nostre Procure a gestire questi dati».
Anche il Garante della privacy aveva chiarito i rischi cui stiamo andando incontro: «Una sorveglianza massiva sugli italiani. E io non credo che sia questa la direzione che questo provvedimento avrebbe dovuto prendere».
Il governo non ha fatto marcia indietro neppure difronte alle affermazioni delle stesse software house che producono i trojan. Come ricordato dal capogruppo leghista Riccardo Molinari: «Non vi siete fermati nonostante ci abbiano detto che ci sono dei pericoli, che non si può garantire l’integrità dei file che vengono raccolti nel trasferimento tra il server della società privata e i server delle Procure».
Alro problema emerso durante le consultazioni (e ignorato dal governo) il fatto che nessuno può garantire che, attraverso un trojan, “qualcuno” possa infilare nel telefono documenti, conversazioni, geolocalizzazioni… insomma prove di reato completamente false.
Tutto ciò avrebbe dovuto far riflettere anche perché il decreto prevede che, dopo la sentenza definitiva della Cassazione, le intercettazioni siano distrutte. Contro quest’ultima novità hanno protestato anche importanti magistrati impegnati nella lotta alla criminalità organizzata ricordando che esiste l’istituto della revisione del processo. Distruggere quel materiale significa quindi negare la possibilità di rivedere il giudizio quando dovessero emergere nuove prove.
Gli italiani sono, già oggi, il popolo più intercettato al mondo (negli ultimi cinque anni è stato speso oltre un miliardo di euro per intercettare 600 mila persone ogni anno). Nessun Paese in Europa ha questi standard. Come detto soltanto la Germania dell’Est prima della caduta del Muro di Berlino faceva tanto Adesso con il governo del Pd e dei 5 Stelle, ci apprestiamo a battere anche questo record.
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