CORONAVIRUS, LA NUOVA PIAGA DELL’OCCIDENTE

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Coronavirus, perché i politici occidentali non hanno agito rapidamente?

Quasi tutti i paesi occidentali sono bloccati a causa della pandemia da Coronavirus e sui media e i social in molti si chiedono come mai sia potuto accadere tutto questo.

Un paragone che si fa è quello della nave in navigazione. Se un capitano, e i suoi ufficiali, hanno informazioni meteo aggiornate e competenze tecnico-professionali adeguate, nessuno si aspetta che la nave colpisca un iceberg.

Perché, invece, la classe politica dei paesi occidentali si è lasciata colpire dall’iceberg?

In generale si potrebbe dire che non hanno prestato la necessaria attenzione a ciò che stava accadendo in Cina. 

Coloro il cui compito è di stare attenti a ciò che accade nel mondo ci hanno veramente deluso e, sottovalutando tutto, non hanno permesso di bloccare, o almeno fortemente limitare, una crisi che avrebbe potuto essere evitata.

Naturalmente hanno disorientato anche le false, o almeno incomplete, informazioni arrivate dal regime comunista cinese. 

Ma andiamo ad analizzare la cronologia dei fatti per capire qualcosa. 

Oramai è noto che il primo caso di Coronavirus (o Covid-19 che dir si voglia) si è verificato in Cina il 17 novembre 2019. Il numero di casi è poi cresciuto a dicembre, e la maggior parte dei casi iniziali si è verificata intorno al mercato del pesce di Huanan (non è noto se per cause naturali o per sperimentazioni militari o altro).

A livello internazionale la notizia che Wuhan era stata colpita da un nuovo virus era arrivata alla fine di dicembre, inizio gennaio. Solo il 31 dicembre, colpevolmente, i cinesi hanno informato l’Organizzazione mondiale della sanità in merito a nuovi casi di polmonite di eziologia sconosciuta.

Il ritardo del regime comunista cinese nel segnalare ciò che stava accadendo a Wuhan non ha aiutato assolutamente gli altri paesi di agire rapidamente.

Con la coscienza sporca, solo l’11 e il 12 gennaio le autorità cinesi hanno condiviso la sequenza genetica del virus con i vari paesi del mondo per sviluppare dei kit diagnostici specifici. 

Entro il 21 gennaio erano già 440 i decessi confermati in Cina e il giorno dopo, il 22 gennaio si contavano già sette casi di coronavirus confermati fuori dalla Cina (viaggiatori arrivati da Wuhan).

Questo avrebbe dovuto far suonare un campanello d’allarme nelle capitali occidentali, specialmente perché si avvicinava il capodanno cinese del 25 gennaio, visto che molti lavoratori cinesi, residenti in Occidente, sarebbero tornati a casa per festeggiare e, al loro rientro in Europa, avrebbero potuto portare il virus sia in Europa che in Nord America, come in effetti è accaduto.

Ma i leader occidentali che cosa hanno fatto? Solo due iniziative, entrambe altamente contestabili.

La più inutile delle due è stata la misurazione della temperatura dei passeggeri arrivati negli aeroporti da luoghi considerati a rischio. Questa misura, infatti, al limite ha permesso di identificare solo le persone che avevano la febbre ma sappiamo come la gran parte della gente sviluppa il coronavirus senza sintomi. Inoltre, se qualcuno era stato infettato due-tre giorni prima del viaggio aereo, è arrivato in Occidente senza alcun sintomo.

Nessuno ha pensato di applicare una misura, drastica ma efficace, che risale alla Repubblica Serenissima di Venezia.

Tra il 1347 e il 1359 la Peste nera sterminò circa il 30% della popolazione dell’Europa e dell’Asia. Venezia fu la prima ad emanare provvedimenti per arginare la diffusione della peste. Già nel 1347, nel primo anno di epidemia, prima di entrare nella laguna della Repubblica Serenissima le navi e le persone che arrivavano dovevano sottoporsi ad un isolamento di 40 giorni (da qui l’origine della parola “quarantena”, che è una parola veneziana, in italiano si diceva “quarantina”), numero legato, probabilmente, ai giorni trascorsi da Gesù nel deserto, giorni all’origine, nella liturgia cattolica, del tempo di Quaresima.

Da quel momento il termine di 40 giorni è passato alla storia come periodo da dover superare per ritrovare la salute.

Perché questo isolamento precauzionale non è stato fatto nei paesi occidentali?

Il 31 gennaio 2020 a Roma sono stati riscontrati i primi due casi di coronavirus in Italia. Indovinate un po’ su quali persone? Due cittadini cinesi.

Le autorità allora cosa hanno fatto? Hanno posto in quarantena tutti coloro che arrivavano dalla Cina? 

Bloccando i voli diretti dalla Cina hanno permesso l’arrivo di tanti dal paese asiatico attraverso gli scali in altre nazioni (contribuendo così, sicuramente, alla diffusione, soprattutto da parte degli asintomatici, del coronavirus sulla penisola) e, non contenti, anche alcuni giorni dopo scorrazzavano in locali gestiti da cinesi dicendo: “non c’è alcun problema”.

Adesso, come sappiamo, l’Italia è diventata l’hotspot di coronavirus numero uno al mondo, con migliaia di morti, con 60 milioni di persone in quarantena e una economia praticamente distrutta, rasa al suolo.

Non sarebbe stato meglio chiudere le frontiere per tempo, totalmente, come ha fatto per esempio la Russia di Putin, e mettere tutti i viaggiatori arrivati in Italia in quarantena?

Di cosa si occupavano in Italia il 13 febbraio, un giorno dopo che le Nazioni Unite avevano attivato il proprio team di gestione delle crisi per far fronte a un rapido aumento del problema coronavirus, i giornali? 

Di Salvini. Non ci credete? La Repubblica: “C’è un giudice per Salvini”. Il Corriere della Sera: “Processo per Salvini, vince il sì”. Mentre Il Fatto Quotidiano titolava: “È il nuovo salva ladri”.

In quel periodo in Italia le “priorità numero uno” erano l’antisemitismo, il razzismo, l’accoglienza dei migranti…

In Italia, nei primi venti giorni di febbraio, quasi nessuno nella classe politica si è dimostrato interessato al Coronavirus, nonostante la pubblicazione sulla principale rivista medica “The Lancet” del 24 gennaio di un rapporto intitolato “Un nuovo scoppio di coronavirus di interesse globale”.

Il coronavirus, purtroppo, è stato preso in considerazione solo quando è stato troppo tardi, il 21 febbraio, dopo l’emergere del focolaio di Codogno.

Invece di sonnecchiare o guardare altrove, se coloro il cui compito è quello di proteggerci avessero agito rapidamente, al momento giusto, probabilmente ci saremmo risparmiati tutti le misure draconiane che sono state prese con ritardo e che stiamo vivendo.

Se si fosse agito per tempo, mettendo in quarantena tutti coloro che entravano in Italia dai “punti di crisi”, probabilmente il contagio da coronavirus sarebbe stato molto più limitato.

Tralasciando l’aspetto sanitario, i costi per le economie dei paesi occidentali, Italia in particolare, sono incalcolabili. Intere industrie e attività imprenditoriali medio-piccole rischiano la chiusura definitiva. Già oggi molte persone si trovano senza mezzi di sussistenza reali. E non si vede una luce in fondo al tunnel, nonostante la stupidità crescente, dovuta alla mancanza di fede cattolica, che molti alimentano attraverso flash mob dai balconi, canti e idiozie simili. Solo Dio può salvarci da una pandemia e, soprattutto, da un post pandemia. È tempo di una preghiera intensa, non delle varie manifestazioni dell’ateismo contemporaneo (canti, balli, inni, film sulle pareti delle case e simili…).

Due ultime curiosità. 

La dottoressa Jennifer Roback Morse, presidente del Ruth Institute americano, come peraltro ha fatto il Presidente brasiliano Bolsonaro, ha dichiarato che “l’invecchiamento della popolazione italiana è un fattore nella diffusione di una malattia a cui gli anziani sono particolarmente sensibili”. Secondo la Morse il problema demografico italiano, la caduta della fertilità, è lo sfondo della crisi sanitaria da coronavirus. “Il tasso di fertilità in Italia è ora di 1,33 figli per donna, molto al di sotto del livello di sostituzione di 2,1”, ha spiegato Morse. Di conseguenza, l’Italia ha una popolazione in rapido invecchiamento. Quasi un quarto, il 23% della popolazione italiana, ha ora più di 65 anni. Nel 2019, l’età media era di 46,3 anni, si prevede che salga a 51,4 anni entro il 2050. Secondo la Morse “l’Italia dovrebbe (e avrebbe dovuto) promuovere la procreazione. La Russia ha una Giornata nazionale del concepimento per affrontare la crisi della fertilità. L’Ungheria ha recentemente introdotto incentivi alla nascita. Invece di cercare di coinvolgere più donne nella forza lavoro o di ammettere più migranti – entrambe soluzioni a breve termine, nella migliore delle ipotesi – l’Italia dovrebbe incoraggiare le famiglie italiane ad avere più figli. Una nazione senza figli non ha futuro. Dobbiamo fare tutto il possibile per limitare la diffusione della malattia ma dobbiamo anche comprendere il ruolo dei dati demografici nel creare il tipo di popolazione soggetta al coronavirus e ad altre pandemie”.

La seconda curiosità riguarda l’ “Andrà tutto bene”, lo slogan che caratterizza la risposta sociale (ipocrita e irreale) al coronavirus.

Si tratta di una frase adottata da quasi tutti come gesto di speranza (mentre in realtà, ripetiamo, l’unica speranza è Dio). La scrivono adulti e bambini ma in pochi sanno chi l’ha formulata: Nostro Signore Gesù Cristo. Lo ha ben spiegato il vescovo di Alghero monsignor Mauro Maria Morfino. La riferì Santa Giuliana di Norwich, una mistica vissuta nell’Inghilterra medioevale, tra il 1342 e il 1430. L’Europa ai tempi di Giuliana era devastata dalla guerra dei cento anni fra inglesi e francesi e c’era anche una terribile pestilenza. Santa Giuliana, che aveva il dono di parlare con Nostro Signore Gesù Cristo, ricevette da Lui, nel maggio 1373, queste parole: “All shall will be well”. Ma già San Paolo aveva chiarito bene la questione: “Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Romani, 8,28).

 

MATTEO ORLANDO

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