Non solo sculture: adesso l’ondata di riesame delle opere d’arte controverse nei paesi anglosassoniha preso di mira anche i dipinti. La scorsa settimana, nel Regno Unito, la politica laburista Lisa Nandy, ministro degli esteri ombra, ha scritto una lettera al ministro degli esteri britannico Dominic Raab per chiedere a quest’ultimo quale sia la sua posizione su alcuni grandi teleri che decorano la sede del Foreign Office, il ministero degli esteri del Regno Unito. I dipinti in questione risalgono al periodo 1914-1921, sono opera del pittore inglese Sigismund Goetze (Londra, 1866 – 1939) e raffigurano l’origine, l’istruzione, lo sviluppo, l’espansione e il trionfo dell’Impero Britannico: sono opere fortemente didascaliche che risentono dell’influenza della pittura sviluppatasi in Inghilterra in epoca vittoriana.
Sono cinque grandi dipinti (ognuno dedicato ai cinque temi sopra menzionati: Britannia Sponsa, l’origine dell’impero; Britannia Bellatrix, lo sviluppo; Britannia Colonorum Mater, l’espansione; Britannia Nutrix, l’educazione; Britannia Pacificatrix, il trionfo), dal chiaro intento celebrativo, ma il contenuto viene ora considerato come scomodo, dato il forte accento imperialista delle raffigurazioni: in particolare, a dare fastidio è l’ultima delle tele, quella con il trionfo dell’Impero Britannico, dove la Britannia Pacificatrix, personificazione dell’impero, è raffigurata nell’atto di stringere la mano alla personificazione degli Stati Uniti. Quest’ultima è fiancheggiata dalle altre nazioni del mondo: c’è anche l’Italia, raffigurata come una donna vestita di bianco e che regge il fascio littorio, che non ha niente a che vedere col fascismo che di lì a poco avrebbe preso il potere, ma è il simbolo del diritto romano. Si notano poi il Giappone (una donna dagli occhi a mandorla in abiti tradizionali), la Francia (il soldato che porta il vessillo della nazione e punta la spada verso il basso, dove ci sono armi rotte, simbolo della Germania vinta: lo notiamo dal tipico copricapo dell’esercito tedesco nella prima guerra mondiale), la Grecia (la donna con in mano la statua della fama), la Romania (che porta un orcio sulla testa).
L’Impero Britannico, che col suo mantello protegge i paesi vittime della prima guerra mondiale (come il Belgio, rappresentato da una donna nuda che stringe le ginocchia dell’Impero tenendo in mano la bandiera del paese), avanza assieme ad altri stati che allora non erano ancora indipendenti e facevano parte dell’Impero (il Canada, l’Australia, il Sudafrica, la Nuova Zelanda), raffigurati come uomini nudi che portano stendardi e seguono la Britannia Pacificatrix. Ci sono poi le personificazioni dei domini in India e nei paesi arabi (sulla destra) e un bambino nero, nudo, con in testa una cesta di frutta esotica, che compare nell’angolo in basso a destra, che in un documento dell’epoca di Goetze è chiamato “a little Swahili boy” (“un piccolo bambino Swahili”), e che ricorda il ruolo dell’Impero Britannico in Africa.
A dare fastidio è il tono dell’opera, considerato razzista: “il dipinto”, ha dichiarato al Guardian lo storico Alexander Mirkovic, “mostra come era ordinata la visione razziale del mondo della Gran Bretagna. Gli anglo-sassoni, razza superiore, mostrano i loro corpi nudi ma coprono le pudenda; le razze inferiori, come gli indiani e gli arabi, sono vestite di tutto punto, e l’ultima delle razze, quella degli africani, è raffigurata come un infante nudo. Qui abbiamo una meta-narrativa razziale chiaramente incentrata sul corpo”.
C’è dunque chi vorrebbe veder smantellati questi dipinti: tra gli altri l’esperto di relazioni internazionali David Wearing, autore di un articolo pubblicato oggi sul Guardian, in cui auspica la rimozione dei quadroni. “Il problema”, ha argomentato Wearing, “non sta nelle parole e nelle immagini ‘offensive’, ma nelle implicazioni ideologiche della violenza di Stato contro gli ‘altri’ razializzati. Questa ideologia, esemplificata nei murali del Foreign Office, ha le sue radici nei secoli dell’impero che ha formato la moderna Gran Bretagna e le sue relazioni con il resto del mondo, soprattutto con il sud del pianeta. Adesso è dunque urgente mostrare questa eredità e confrontarsi con essa, per poi smantellarla”.
Di diversa opinione la storica della cultura Caroline Dakers, che insegna Cultural History alla University of the Arts di Londra ed è peraltro specialista dell’arte di Goetze: “posso capire”, ha detto, “perché le persone ritengono che questi dipinti debbano essere rimossi da una sede governativa, ma penso che allora dovrebbero essere conservati altrove, per esempio in un museo. Possiamo discuterne su più livelli e raggiungere una più ampia comprensione sul perché la Gran Bretagna avesse queste visioni sul tema dell’impero”. Dakers ha fatto anche notare che al momento nel Regno Unito non esiste un museo dedicato alla storia del paese.
Al momento, il ministero degli esteri britannico ha preso nota delle rimostranze, facendo sapere che verranno esaminate le opere (dipinti, statue e altro) che si trovano all’interno della sede, in modo da garantire che possano essere più rappresentativi del Regno Unito di oggi, senza però riscriverne la storia, ma conservandola.
Nell’immagine, il dipinto Britannia Pacificatrix di Sigismund Goetze.
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