Quando la scuola iniziava il 1° ottobre

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Fino al 1976 le scuole iniziavano il 1° ottobre, festa di san Remigio, e in onore del santo i bimbi di prima elementare venivano chiamati remigini. In questi tempi cupi, per sdrammatizzare un po’ il clima pesante che si respira, pubblichiamo un racconto di Giovannino Guareschi che descrive il figlio alle prese con un termometro (“il quale segnava effettivamente 42°”), l’attuale incubo di tanti e tante presidi, maestre e genitori (“e se si trattasse di un sintomo infettivo?”). 
La foto scelta per il comunicato è un modello di aula scolastica più simpatico di quello concepito dal Comitato degli esperti e scienziati del governo Conte bis.
 
ACCADDE UNA NOTTE
 
Alle ore ventitré io stavo lavorando alla macchina da scrivere, quando Margherita apparve sulla porta della cucina con aria stravolta.
 
« Quarantadue! », disse con voce d’angoscia.
 
« Non so », risposi. « Bisogna vedere cosa hai sognato ».
 
« Quarantadue la febbre di Albertino! », esclamò Margherita. 
 
Mi porse il termometro, il quale segnava effettivamente 42°. Allora io andai a provare la febbre ad Albertino e il termometro segnò 35 e 8.
 
« È una cosa stranissima », balbettò Margherita.
 
« Non troppo : tutto il segreto sta nello scuotere il termometro prima di usarlo. Cioè di far discendere il mercurio anziché farlo salire. È un accorgimento utile che giova molto alla salute dei figli ».
 
« Questa tua ironia offende i miei sentimenti di madre », affermò Margherita riempiendo unta pentola d’acqua, mettendola sul gas e cominciando a sbucciare una patata. « Tu sei uno spietato materialista, che non sa spingere la sua indagine oltre la crosta più superficiale delle cose. Ora faresti bene a lasciarmi libera la tavola se vuoi fare ‘colazione sono già le undici e venti ».
 
« Di notte però », le feci osservare.

 
« Anche questo è vero », ammise Margherita spegnendo il gas e riponendo la patata. « Come passa il tempo : in fondo, non esiste. L’oggi, ín fondo, non è che l’impercettibile tratto d’unione tra l’ ieri e il domani. La nostra giornata si compone di ore passate e di ore future : l’ora presente non esiste. Non hai mai pensato a questo, Giovannino? », concluse Margherita con voce lontana.
 
« No », risposi. Margherita sospirò.
 
« Perché non vendiamo allora la mia bicicletta? », chiese ad un tratto.
 
« Perché no! », risposi duramente. Margherita si alzò e uscì.
 
« Con te non si può mai parlare di niente ». disse. Ed era sinceramente amareggiata.
 
La mattina dopo Margherita mi disse che il fatto della febbre di Albertino la preoccupava. E volle ad ogni costo che Albertino rimanesse a letto e inutilmente io le spiegai ancora che i 42° erano 42° in quanto lei aveva scosso il termometro nel senso inverso.
 
« Non vuoi dire », rispose. « Anche se non è niente di grave in sé, questo è certamente un sintomo ».
 
Il ragionamento di Margherita segue degli schemi particolari, e ciò che preoccupa in Margherita non è quello che essa dice, ma quello che essa dirà. « E se si trattasse di un sintomo infettivo? », esclamò con gli occhi sbarrati.
 
Approvai gravemente.
 
« Bisogna isolare í bambini », dissi. « Tu vai per un paio di giorni dalla zia con Albertino e io rimango qui con la Pasionaria ».
 
Tratto da: Guareschi, Lo zibaldono. Storie assortite vecchie e nuove, Rizzoli Milano 1953, pagg. 166 – 168.

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