La differenza tra uomo e donna ci salverà perché lì c’è la vita

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di Claudio Risè

Fonte: La Verità

La tesi del disegno di legge Zan sulle pretese identità sessuali percepite è una teoria che cerca di smontare una delle maggiori e più significative evidenze umane, per sostituirla con una serie di caselle burocratiche

Il bizzarro decreto Zan contro un reato introvabile nelle statistiche nazionali forse non passerà. Un risultato notevole l’ha però già ottenuto: ha suscitato il panico tra genitori e educatori, impegnati nel loro lavoro e spaventati dal quadro della situazione affettiva giovanile fornita da giornali e media, devoti al loro zelo zannofilo. Da ciò che molti adulti riferiscono all’analista, il mondo giovanile secondo i media appare come qualcosa tra Sodoma e Gomorra, tra imbellettati Pride e cambi di sesso di massa. Genitori e maestri, per lo più sofferenti per il loro scarso potere e incisività, sono poi sbalorditi dalla tesi gender dell’identità sessuale ridotta a “produzione culturale” inventata dalla società. Non si erano mai accorti di avere con le loro idee o speranze il potere di determinare addirittura il sesso dei loro figli e allievi; anzi erano convinti di non avere nessun potere. Le figure educative sono disorientate. Vorrei, per quanto posso, rassicurarli.
E, già che siamo nello Sguardo selvatico, li inviterei a “scendere dal pero”, albero che nel folclore contadino ha spesso rami complicati e contorti, fragili, spesso intaccati da parassiti, da cui è facile cadere. Per giunta di frequente sterili, come protesta un detto popolare siciliano: “Pira ‘un facisti, e miraculi vöi fari?” (“Non hai fatto pere, e vuoi fare miracoli?”). Presunzioni  contorte come i ragionamenti della supponente Gender theory, con la quale una ricca sociologa americana, Judith Butler, pretende di spiegarci come siamo fatti e come si fa ad amare.
Giù dal pero, dunque. Non impressioniamoci. I molti scrivani o opinion maker simpatizzanti o comunque colpiti dalla LGBT etc, (spesso non giovanissimi), non rappresentano tutti i giovani italiani, e neppure quelli europei. Sono persone testardamente devote a una teoria nata nel decostruzionismo del ‘900, che ha cercato di smontare la differenza sessuale, una della maggiori e più significative evidenze umane, per sostituirla con una serie di caselle burocratiche corrispondenti neppure a sessi, ma a pratiche sessuali, anche molto minoritarie e private, sostanzialmente irrilevanti ai fini dell’identità personale. Ma non ci stanno riuscendo. I popoli dei paesi del Nord, che la teoria del gender l’hanno scoperta già prima del terzo millennio, hanno pagato da tempo il loro scotto di cambiamenti di sesso infelici, disagi mentali, rotture familiari e peggio. I governi di quei Paesi hanno ora atteggiamenti più cauti e smagati, anche per i costi sul piano umano e sociale delle pretese “identità sessuali percepite”. Noi invece stiamo ancora scoprendo l’acqua calda, e allestendo i corrispondenti finanziamenti, giornate celebrative e burocrazie nuove di zecca, apprestate per l’occasione. Certo, se non smettiamo in fretta, ahimè qualcuno si farà male. Sarà doloroso, non però la fine del mondo.
Perché, anzi, il mondo è cominciato, e continua a funzionare, non con la pur importante (anche se spesso traditrice) tecnologia o su stravaganti teorie sociologiche, ma proprio grazie a quella Differenza essenziale, tra donne e uomini, di cui ci parla (ad esempio) sir Simon Baron-Cohen, professore di psicologia dello sviluppo all’Università di Cambridge, nel suo The essential difference (Penguin). Una differenza sulla quale poggia il mondo degli esseri umani, e che non ha nulla a che vedere con il mondo degli stereotipi, come Baron-Cohen precisa fin dalle prime pagine. A dimostrare però le resistenze dei templi della cultura italiana verso le decine di ricerche raccolte dall’autore, che molto elegantemente svuotano la teoria del genere (senza neppure mai nominarla perché scientificamente inesistente), basti notare che questo libro, fra i primi e più noti del giovane e brillante psichiatra, è quasi l’unico a non essere stato ancora tradotto in italiano. I nostri soloni della cultura non vogliono neppure sentire parlare della “differenza essenziale” tra maschi e femmine.
Forse perché Simon Baron-Cohen nel libro svelava (già nel 2003) con grande chiarezza e understatement: “Nei passati decenni l’idea stessa di differenze psicologiche nei due sessi avrebbe sollevato pubbliche proteste. Gli anni 60 e 70 videro un’ideologia che svalutò le differenze psicologiche dei sessi come o mitiche o comunque non essenziali… riflessi di forze culturali diverse in azione nei due sessi. Il cumulo però di evidenze prodotte per molti decenni da studi e ricerche di laboratori indipendenti mi hanno persuaso che ci sono differenze essenziali che devono essere studiate e riconosciute: la vecchia idea che possano essere soltanto culturali è oggi troppo semplicista”. Le “differenze essenziali” , spiega l’autore, sono presenti fin dalla nascita: troppo presto per attribuirle tutte alla cultura. I fattori biologici sono gli unici candidati in grado di spiegarli, almeno in gran parte.
Nel libro, l’analisi del cervello e della mente incrocia poi la riflessione neuroscientifica sull’evoluzione, dove emerge molto presto la differenza essenziale tra uomo e donna: l’uomo procura il cibo e difende la donna e la prole, la donna  fa i bambini e li nutre. La capacità specifica del femminile è l’empatia, con la sua capacità di accoglienza e scambio affettivo, quella del maschile è il costruire sistemi che aiutano e sviluppano la vita; con il necessario accompagnamento della funzione di difesa/aggressione, presente fin dalla prima infanzia dell’uomo. Naturalmente poi, entrambi gli aspetti fanno un po’ di tutto, a seconda delle necessità e anche delle inclinazioni. Giovanna d’Arco è stata (anche) un grande capo militare e Francesco d’Assisi un campione assoluto di accoglienza ed empatia: sono le dimostrazioni estreme della possibilità di sviluppare anche le qualità dell’altro sesso, che confermano la fondamentale libertà dell’essere umano. Tuttavia i due, donna e uomo, sono fatti così, e tali rimangono, anche se si iscrivono a un’altra casella. Il maschio crea continuamente sistemi: di ragionamento, di produzione, di vita spirituale (san Benedetto). E la manager emancipata e superaffermata porta in analisi il suo desiderio di maternità.
Baron-Cohen poi, approfondisce, qui e anche altrove (per esempio ne: I geni della creatività. Come l’autismo guida l’invenzione umana appena uscito da Cortina), anche gli aspetti “autistici”, fortemente introversi del maschile, a cui si deve gran parte dello sviluppo tecno-scientifico. Ma che spesso fanno perdere la pazienza alle donne: “Perché mio marito non parla mai?”
Genitori e insegnanti si possono tranquillizzare: la “differenza essenziale” ci salverà. Perché lì c’è la vita.

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