dell’Avv. Luigi Bellazzi
Al signor Sindaco
Damiano Tommasi
Ai signori Consiglieri Comunali
COMUNE DI VERONA
OGGETTO: REALIZZAZIONE DEL FILOBUS PER LA CITTÀ DI VERONA – SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE DEL 28.7.2022.
Egregio signor Sindaco,
in vista della trattazione dell’argomento in oggetto da parte del Consiglio comunale nell’imminente seduta del 28 luglio p.v., ritengo indispensabile e doveroso che la S.V. e i membri del neo-eletto organo collegiale siano posti a conoscenza del presente esposto, già inviato al Comune di Verona il 28 marzo 2022 e rimasto senza risposta.
La prego, pertanto, signor Sindaco, di prendere buona nota di quanto segue, nonché di far pervenire la presente denuncia-esposto – per il tramite degli Uffici della Sua Segreteria – a ogni consigliere comunale in vista della seduta di cui sopra.
***
Debbo segnalare, in primo luogo, l’assenza di un piano economico-finanziario (PEF) regolarmente approvato e idoneo a supportare la realizzazione del filobus, secondo quanto ho potuto desumere dalla mozione consiliare n. 1551 del 9 luglio 2020, allegata in copia alla presente, recante una dettagliata cronistoria del procedimento.
Tale circostanza è di una gravità assoluta e inaudita.
Premetto che il piano economico-finanziario afferente a un’opera pubblica è uno strumento obbligatorio ex lege e imprescindibile, che deve, tra l’altro, fornire indicazioni sull’investimento complessivo ivi compresi gli oneri finanziari, i costi di manutenzione delle infrastrutture e degli impianti, i costi di gestione, i proventi dell’esercizio calcolati sulla base delle tariffe definite per conseguire l’equilibrio del piano economico-finanziario medesimo, nonché gli investimenti privati e i finanziamenti pubblici derivanti da leggi statali e regionali e da impegni di bilancio comunale.
Dalla rassegna di provvedimenti indicati nella mozione di cui sopra si deduce che il solo e unico piano economico dell’opera finora adottato dal Consiglio comunale è quello (obsoleto e superato) di cui alla delibera n. 22 del 25 marzo 2010, la quale, allo stesso tempo:
– prendeva atto del provvedimento del CIPE n. 28/2009;
– approvava lo schema di convenzione tra Comune di Verona e AMT Spa (poi stipulata il 15 aprile 2010) con cui AMT si impegnava a realizzare l’investimento per conto del Comune;
– recepiva il progetto preliminare del sistema di trasporto pubblico per un importo di 143,053 milioni di euro al netto dell’IVA, al quale veniva assegnato un contributo statale di 85,832 milioni di euro, pari al 60 per cento del costo dell’opera.
Dal testo della mozione si desume che, nel corso degli anni successivi, è cambiato sia il costo complessivo del progetto, sia l’importo del finanziamento statale (più volte rideterminato dal Ministero dei Trasporti).
Nel corso del tempo è inoltre mutata la mobilità urbana sul territorio, con un forte incremento del parco macchine in circolazione e una viabilità connotata da una progressiva estensione delle zone a traffico limitato, con forti influenze e ricadute sul sistema del trasporto pubblico locale.
In poche parole, dall’anno 2010 a oggi tutto è cambiato sul territorio urbano, per cui nel PEF a suo tempo approvato dal Consiglio sono superate le analisi dei flussi di traffico, e risultano obsoleti i dati relativi all’utilizzo dei mezzi pubblici che dovrebbero garantire i proventi tariffari al gestore del trasporto pubblico.
Per fare un esempio, il piano economico finanziario di cui alla delibera consiliare n. 22/2010 non poteva tenere conto della sopravvenuta integrazione delle reti di trasporto urbano ed extra-urbano a seguito della costituzione di ATV Srl, Società indirettamente partecipata dal Comune e dalla Provincia, nonché sorta per effetto dei conferimenti di ramo d’azienda da parte di AMT Spa e APTV Spa, divenute socie di ATV Srl al 50%.
È evidente che l’integrazione delle reti a livello urbano ed extra-urbano ha rivoluzionato le interferenze e i nodi di interscambio tra i sistemi di trasporto su gomma e su binari, con la conseguente necessità di una riprogrammazione complessiva del servizio assunto a base del PEF originario.
Per mettere in luce l’assoluta inidoneità del piano in questione a garantire la copertura economica dell’investimento, si può aggiungere – ad abundantiam – la sopravvenuta carenza della principale fonte di finanziamento che avrebbe dovuto assicurare l’equilibrio economico dell’intervento per la realizzazione del nuovo sistema.
Già si è detto che il filobus dovrebbe costare circa 143 milioni di euro, mentre il contributo statale di 85,8 milioni potrà essere erogato dal Ministero dei trasporti a condizione che il Comune e/o le proprie aziende siano in grado di finanziare la parte residua dell’investimento, pari a circa 57 milioni di euro.
Secondo quanto riferisce la suddetta mozione n. 1551/2020, in data 14 maggio 2010 ATV Srl ha stipulato con AMT Spa un contratto “per dare garanzia e certezza alla relativa fonte di finanziamento”, consistente nell’impegno di versare ogni anno ad AMT – quale canone per la gestione del nuovo sistema filoviario (purché affidabile in via diretta ad ATV) – una somma fino a 2,75 milioni di euro per 20 anni (totale 55 milioni), per il rimborso dei mutui accesi da AMT e finalizzati alla realizzazione dell’opera.
La “certezza della fonte di finanziamento” derivante dal contratto di cui sopra è tuttavia caduta nel vuoto, dopo che la Provincia di Verona – da sempre contraria a un proprio coinvolgimento nella realizzazione dell’opera – nel 2017 ha alienato la propria quota di ATV (per l’intero 50%) ai soci milanesi di Ferrovie Nord per un corrispettivo pari a 21 milioni di euro.
La privatizzazione si ATV Srl ha scardinato l’impianto logico-organizzativo approvato con la delibera consiliare n. 22/2010 sopra citata, per le seguenti ragioni:
- a)la fuoriuscita della Provincia dalla compagine societaria di ATV ha dato luogo al sostanziale disconoscimento del contratto del 14 maggio 2010 (e del relativo debito), confermando la volontà della Provincia di rifiutare qualsiasi forma di cooperazione con il Comune per la realizzazione del nuovo sistema di trasporto rapido di massa;
- b)il passaggio di ATV Srl dallo status di società a totale partecipazione pubblica a quello di società mista pubblico/privata ha reso impraticabile la possibilità di un affidamento diretto in house della gestione del filobus, minando così il presupposto alla base dell’impegno contrattuale a carico di ATV nei confronti di AMT Spa.
A quanto pare, neppure dopo questo evento macroscopico il Comune di Verona ha provveduto a riscrivere il piano economico-finanziario del 2010 a sostegno del filobus, ma ha preferito ignorare il problema e proseguire con l’avanzamento dell’opera, in coerenza con le obbligazioni del contratto d’appalto sottoscritto nel 2012 tra ATI e AMT Spa.
Si tenga presente, per inciso, che nel 2016 sono state effettuate le consegne dei lavori di 2 stralci dell’opera, mentre sotto il profilo tecnico è stato deciso il cambiamento del mezzo filoviario in versione elettrificata – in difformità dalle specifiche tecniche previste nella delibera consiliare n. 22/2010 (!) – come se tutto fosse in regola con la programmazione dell’intervento.
A fronte di un PEF superato e inidoneo alla copertura dell’investimento, il buonsenso imponeva alla stazione appaltante di revocare la gara, anziché addivenire alla formalizzazione di obblighi contrattuali verso i terzi.
La Corte dei conti è sempre stata molto chiara sul punto, avendo più volte ribadito che “la mancanza della copertura finanziaria rende doveroso il ritiro degli atti di indizione della gara, che rappresenta l’unico strumento utilizzabile dall’amministrazione per evitare l’affidamento di un appalto e la successiva stipulazione del contratto in assenza della necessaria copertura finanziaria” (ex plurimis: TAR Sicilia, sez. I, 4 febbraio 2011 n. 210).
Come è potuto accadere che il Comune – all’unisono con la propria Società in house – abbia ignorato e violato questo principio fondamentale, rigorosamente codificato dall’art. 191 del Tuel?
Per trovare una risposta è utile dare uno sguardo alle notizie della stampa locale, all’epoca dell’aggiudicazione della gara e del contratto di appalto relativi all’opera pubblica in questione.
Sull’Arena del 23 novembre 2011 appariva il seguente articolo, a firma di Enrico Giardini.
“Procede l’iter del filobus, anche in assenza del piano economico-finanziario (Pef) e anche se il Cipe non ha ancora assegnato il contributo statale di 86 milioni a copertura del 60 per cento della spesa. L’Amt ha formalizzato ieri l’aggiudicazione definitiva della gara al Consorzio cooperative costruzioni di Bologna, la cordata che ha ottenuto il punteggio migliore e provvisoriamente si era aggiudicata la gara. L’Amt, con il Comune, ha compiuto il passo dopo mesi di stallo seguiti all’assegnazione provvisoria, avendo in mano un parere legale in base al quale l’iter può continuare, pur in assenza del Pef e del contributo, dopo che l’impresa aggiudicatrice si è impegnata a non chiedere i danni al Comune nel caso il contratto definitivo non venga sottoscritto (…).
Da oggi, dunque, scattano 35 giorni di tempo entro i quali la Rizzani De Eccher, giunta seconda, potrà eventualmente eccepire se la commissione di gara ha valutato in maniera corretta i progetti. Qualora non ci sia alcun ricorso, dopo i 35 giorni, spiega l’ing. Carlo Alberto Voi, Amt potrà avviare le procedure per ottenere l’autorizzazione dal ministero dei trasporti e quella ambientale dalla Provincia. Ciò richiederà 60 giorni. Nel frattempo, il Cipe dovrebbe dare i soldi statali e inoltre dovrebbe essere redatto il nuovo e aggiornato piano economico-finanziario. Soltanto dopo, in presenza di tutte queste condizioni, si potrà stipulare il contratto definitivo con la cordata di imprese che dovrà costruire il filobus, che poi sarà gestito dall’Atv”.
Si può notare che, al tempo dell’aggiudicazione della gara, vi era piena consapevolezza dell’amministrazione che:
– l’aggiudicazione definitiva avveniva “in assenza di PEF e di contributo”;
– l’aggiudicazione definitiva (di regola preclusa senza copertura economica) era ritenuta possibile, in via eccezionale, ad avviso di un parere legale commissionato dal Comune, secondo cui l’impresa aggiudicatrice non avrebbe potuto chiedere i danni se il contratto di appalto non fosse stato successivamente stipulato;
– il contratto di appalto – in ogni caso – avrebbe potuto essere sottoscritto soltanto dopo che fosse stato aggiornato e approvato in sede consiliare un nuovo PEF, rispetto a quello del 2010. Con il perfezionamento del contratto, infatti, il committente assume formalmente obblighi di spesa nei confronti dell’appaltatore, che esigono l’indispensabile copertura economica.
Il giornalista dell’Arena proseguiva scrivendo che “dall’inizio dei lavori, che potrebbe essere in primavera [del 2012], si prevedono 1.000 giorni, circa tre anni, per vederli terminati. Il Pef va rivisto perché si prevede un risparmio di chilometri per gli autobus extraurbani quando ci sarà il filobus visto che non dovranno più percorrere anche certi tratti in città. Comune e Provincia dovranno quindi accordarsi, sulle linee, ma intanto l’iter della filovia si può procedere. «Questa firma», dice Zanella, «dimostra la volontà di Amt di agire con la massima trasparenza, anche per tutelarsi. Il parere legale ottenuto dal Comune ci conforta però sul fatto che è possibile stipulare il contratto anche senza la copertura finanziaria».
Qui il presidente Zanella, forse non molto esperto in diritto amministrativo (sic!), faceva confusione e scambiava l’aggiudicazione definitiva con il contratto di appalto: secondo il parere legale del Comune era l’aggiudicazione, e non il contratto, che poteva aver luogo in assenza di copertura finanziaria.
Per quanto grossolana possa apparire una simile svista, essa è stata anticipatrice di una successiva condotta di mala gestio da parte della stazione appaltante, gravida di conseguenze disastrose e irreparabili per la città di Verona.
Infatti, a distanza di meno di un anno dall’aggiudicazione definitiva, il 5 settembre 2012 tra AMT Spa e l’ATI veniva firmato il contratto di appalto per la realizzazione del filobus, senza la previa approvazione del nuovo PEF dell’opera e, quindi, non solo in aperto contrasto con la legge, ma perfino con le stesse indicazioni che il Comune aveva acquisito con il suddetto parere legale.
Il 5 settembre 2012 segna quindi la data della svolta epocale e del “non ritorno”, con l’assunzione di un onere economico di 143 milioni di euro a carico della PA, in assenza di una qualsiasi copertura di spesa.
***
Chiarita la dinamica dei fatti, resta da verificare quali conseguenze preveda l’ordinamento amministrativo nel caso di assunzione di spesa in assenza di idonea copertura economico-finanziaria.
Si osserva preliminarmente che l’art. 191, comma 4, del Tuel dispone che “nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo [di copertura di spesa], il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione (…) tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura”.
È un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello per cui “l’atto con cui l’ente locale assume un obbligo contrattuale è valido a condizione che sia emesso un impegno di spesa destinato ad incidere, vincolandolo, su un determinato capitolo di bilancio, con attestazione della sussistenza della relativa copertura finanziaria come previsto dall’art. 191 D.Lgs. n. 267 del 2000, diversamente discendendone la nullità tanto della deliberazione che lo autorizza quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa, ferma l’obbligazione a carico dell’amministratore, funzionario o dipendente del medesimo ente che sia responsabile della violazione“ (cfr. per tutte Cassazione, sentenza n. 33768 del 19 dicembre 2019).
Il punto chiave della questione, che merita un cenno di approfondimento, è la nullità della delibera dell’ente e del conseguente contratto con i terzi, in carenza di una previa copertura economico-finanziaria.
A questo riguardo, la normativa di settore e l’ampia giurisprudenza in materia non lasciano adito a dubbi.
A titolo esemplificativo, con la delibera n. 677 del 17 luglio 2019 l’ANAC precisa che il principio di buon andamento ex art. 97 della Costituzione, unitamente alle previsioni di cui all’art. 81 della stessa, impone che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto in presenza di idonea copertura finanziaria, di modo che “la stazione appaltante ha l’onere di verificare ex ante la sostenibilità finanziaria degli interventi che intende realizzare, anche in considerazione dei limiti posti dal ‘Patto di stabilità’. Inoltre, è nullo il contratto stipulato dalla Pubblica Amministrazione in mancanza di copertura finanziaria ovvero che rinvia a bilanci futuri per l’assunzione delle successive coperture finanziarie.
In altre parole, gli atti di acquisizione di beni e servizi assunti in violazione delle regole contabili risultano solo apparentemente riconducibili all’ente locale, realizzandosi una vera e propria scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e pubblica amministrazione, e tale frattura del nesso organico con l’apparato pubblico rende l’ente locale estraneo agli impegni di spesa irregolarmente assunti, in virtù di “una sorta di novazione soggettiva di fonte normativa” (Corte cost., sent. 30 luglio 1997, n. 295).
Ne deriva che il contratto, seppure formalmente stipulato tra l’ente pubblico, in persona di un proprio funzionario e/o amministratore, e un contraente privato, laddove rilevi la violazione delle regole contabili in tema di assunzione degli impegni spesa, viene convertito ex lege in un rapporto intercorrente con il suddetto funzionario e/o amministratore.
Per quanto riguarda la ratio legis del disposto in esame, la Cassazione civile ha chiarito che l’art. 191 del Tuel, nell’imporre l’indicazione dell’ammontare delle spese e dei mezzi per farvi fronte a pena di nullità delle relative delibere adottate in violazione di legge, tutela, con tutta evidenza, il preminente interesse pubblico all’equilibrio economico-finanziario delle Amministrazioni locali in un quadro di certezza della spesa secondo le previsioni di bilancio e di trasparenza dell’azione amministrativa (Sez. I, Ord., 11 marzo 2019, n. 6919).
Con riferimento alla circostanza che il contratto di appalto con l’ATI sia stato sottoscritto nel 2012 da AMT Spa (e non dal Comune di Verona), non vi è alcun dubbio in ordine alla piena riferibilità del contratto stesso all’ente locale per le seguenti ragioni:
- AMT Spa, partecipata dal Comune in via totalitaria, è una società in house, di modo che essa è la longa manus dell’ente locale, risultando un’articolazione organizzativa della PA soggetta a “controllo analogo”. La giurisprudenza ha chiarito che tale forma di controllo si sostanzia in un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto partecipato, che non possiede alcuna autonomia decisionale in relazione ai più importanti atti di gestione e che, in concreto, costituisce parte della stessa Pubblica amministrazione, rispetto alla quale si trova in una condizione di dipendenza finanziaria e organizzativa;
- il vicolo di appartenenza al Comune di AMT Spa – in veste di società in house – risulta ancora più accentuato rispetto al procedimento di realizzazione del filobus, per via della convenzione stipulata tra l’ente locale e AMT Spa in data 15 aprile 2010. In base all’art. 1 di tale accordo “il Comune di Verona, dato atto che il nuovo sistema filoviario è destinato a integrare l’ordinario sistema di mobilità e trasporto urbano conferisce ad AMT Spa le funzioni e le competenze correlate alla realizzazione dell’opera”. Di conseguenza, AMT Spa è in grado di beneficiare dei finanziamenti statali assegnati al Comune di Verona ed è un soggetto attuatore che agisce in nome e per conto del Comune stesso;
- sotto il profilo civilistico, la fonte di responsabilità prevista dall’art. 2497 c.c. per attività di direzione e coordinamento di società è applicabile ai rapporti tra l’ente locale e le società a capitale pubblico. Nello specifico, l’art. 2497 c.c. individua la responsabilità degli enti che, “esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime”. La norma prevede che, per le conseguenze dannose cagionate al patrimonio sociale dalla condotta illegittima, l’ente assume una diretta responsabilità nei confronti dei soci e dei creditori sociali. Questa fattispecie di responsabilità, connaturata alla fisionomia dei rapporti societari intrapresi dall’ente locale nella veste di azionista, ha come presupposto la sussistenza di una soggezione all’altrui attività di direzione e di coordinamento e si presenta nei seguenti casi:
- a) quando l’ente sia tenuto a consolidare i bilanci della società;
- b) quando l’ente dispone della maggioranza dei voti nell’assemblea ordinaria della società.
Va notato che, al ricorrere di questi presupposti, il legislatore presume, salvo prova contraria, l’esercizio dell’attività di direzione e di coordinamento della controllata, con tutte le responsabilità conseguenti (art. 2497-sexies). Come già si è detto, la fonte di responsabilità prevista dall’art. 2497 è applicabile ai rapporti tra l’ente locale e le società a capitale interamente pubblico. Questo perché l’esercizio sulla società, da parte dell’ente locale, di un “controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi”, nonché la circostanza che “la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”, sono requisiti che legittimano l’affidamento dei servizi in house senza pubblica gara, ma, al contempo, sono prova certa che la società partecipata altro non è che una longa manus dell’ente locale, che è dunque, a ogni effetto di legge, titolare indiscusso dell’attività di direzione e di coordinamento della controllata. In questa logica, l’Ente locale viene ad assumere tutte le responsabilità che l’art. 2497 c.c. ricollega alla posizione del soggetto che si trovi al comando di un gruppo di imprese (holding).
Concludendo, le argomentazioni svolte consentono di affermare che:
- a)il contratto per la realizzazione del filobus del 5 settembre 2012 è stato sottoscritto tra AMT Spa (per conto del Comune di Verona) e ATI, in assenza di un adeguato piano economico-finanziario, volto a fare fronte all’investimento;
- b)la carenza di copertura della spesa ha prodotto la nullità del contratto di cui sopra e degli atti connessi e conseguenti;
- c)tale nullità ha prodotto un danno erariale devastante, con riflessi diretti e indiretti impossibili, al momento, da individuare.
Con riferimento al punto c), si possono elencare, in via approssimativa, le seguenti componenti di danno che si sono protratte in un arco di tempo pluriennale, pari all’intera durata del procedimento:
– incarichi di consulenza tecnica, legale e amministrativa;
– indennità di esproprio e oneri connessi e conseguenti;
– oneri derivanti da scelte urbanistiche condizionate dall’opera pubblica;
– mancata capitalizzazione dei costi in capo ad AMT Spa per mancata realizzazione dell’opera (a titolo esemplificativo, nel bilancio di esercizio del 2020 AMT esponeva euro 4.441.692,00 per “incrementi di immobilizzazioni” riconducibili a costi di realizzazione del filobus); conseguente prospettiva di fallimento o messa in liquidazione della Società stessa;
– risarcimento danni nei confronti delle imprese appaltanti, per oneri e riserve al momento solo in piccola parte quantificate;
– risarcimenti a diverso titolo nei confronti di soggetti terzi e dello Stato.
In esito alla disamina svolta, con la presente segnalo la condotta di mala gestio nei termini sopra descritti perché il Comune – accertata la veridicità dei fatti esposti e acquisite le occorrenti informazioni dai competenti uffici – valuti con senso di responsabilità le più adeguate iniziative del caso, adottando le determinazioni conseguenti.
Ricordo, in particolare, che l’art. 1, comma 3, della legge n. 20/1994 chiama a rispondere del danno erariale coloro che, con l’aver “omesso o ritardato la denuncia”, abbiano determinato la prescrizione del relativo diritto al risarcimento.
Mi rivolgo al nuovo Sindaco – quale capo dell’Amministrazione – e ai Consiglieri comunali, in qualità di membri dell’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo del Comune, tenuto conto del fatto che l’art. 42, comma 2, lett. b) del Tuel assegna al Consiglio la competenza a deliberare in materia di piani economico-finanziari (competenza che, nel caso di specie, non è stata esercitata con diligenza in conformità agli obblighi e doveri di legge).
Si fa salva ogni ulteriore iniziativa presso le competenti Autorità giurisdizionali, di vigilanza e di controllo.
In attesa di cortese urgente riscontro, porgo distinti saluti.
luigi bellazzi