di Claudio Risé
Fonte: La Verità
Dopo due Natali nel terrore (e spesso nella malattia) del Covid, quest’anno sono più numerosi quelli che hanno deciso di non perdere la calma. Non è però così facile, anche per i più equilibrati. Non tranquillizza, naturalmente, l’essere tornati al punto più vicino al conflitto con la Russia da 30 anni a questa parte, quando finì l’Unione Sovietica. Minacce più o meno larvate di usare le armi atomiche (di cui si vantano le meraviglie) compaiono qua e là in giro per il mondo, malgrado i passati impegni a non farlo mai. Intanto, i Governatori della maggiori Banche centrali che hanno stampato moneta
sorridendo fino a pochi mesi fa, adesso dichiarano che non smetteranno di alzare il costo del denaro fino a quando i rispettivi Paesi non saranno in recessione.
L’impressione, ormai diffusa tra le popolazioni occidentali, ma anche negli studi e ricerche delle diverse Scienze Umane, dalla filosofia alla politica all’antropologia, (al di fuori dei tecnoscienziati a libro paga dei grandi gruppi economici) è che, in realtà, l’umanità sia ora alle prese con problemi molto più grossi delle sue conoscenze e risorse e non sappia bene come cavarsela.
Come dice Edgar Morin il piccolo “grande centenario” della sociologia a cavallo dei due secoli (nel suo più recente mini capolavoro Svegliamoci, Mimesis): “La mente umana ha ipersviluppato i suoi poteri sul mondo fisico e su quello vivente, ma li ha sottosviluppati su tutto ciò che è umano.” Si è, insomma, istupidita. È ciò che capita quando l’uomo (come dice un proverbio francese pre Rivoluzione),”si scambia per il buon Dio”, anzi si mette per molti versi al suo posto, ma non essendo tale combina pasticci che non è poi in grado di governare. Ciò accade, anche questa volta, per manie di grandezza e avidità. “Inseguiamo un sogno di dominio mentre ora si tratta di dominare il dominio. Il progresso materiale non fa che occultare le catastrofi mentre le prepara”, dicono Morin e Michel Serres insieme. È l’antica trappola della vanità umana travestita da razionalità.
La cosa che colpisce di più dell’attuale situazione è la regressione/stupidità in atto sul piano più propriamente umano, della cronaca spicciola. Autorità e norme promuovono e spesso obbligano a codici comunicativi di un manierismo iperdelicato; fino ad essere incomprensibili (come lo schwa, che tuttavia ci mostra la nostra vicinanza simbolica con la situazione di Babele, confusione delle lingue compresa). Si tratta comunque di interventi fortemente destabilizzanti per tutti: sia i gruppi che si vorrebbe colpire, che quelli che si intende promuovere con logiche bassamente mercantili, da saldi
di fine stagione. L’apparente tensione verso un neutralismo angelico (tipo schwa, appunto) produce però (in ogni livello e ambiente, a volte nelle identiche persone) manifestazioni di sorprendente violenza e volgarità, con incredibile aggressività e disprezzo dell’altro. Né stupisce che gli episodi di degrado vengano poi raccontati senza interruzione né pietà dagli stessi media spargendo sulle orrende vicende le loro lacrime coccodrillesche.
La violenza e la disperazione sono la reazione al tentativo di demolizione delle identità tradizionali, come se l’uomo fosse una macchina in cui sostituire a piacimento delle parti, senza sapere praticamente nulla delle regioni decisive dell’umano: quelle dell’anima. Il fatto è che, come negli ultimi decenni hanno raccontato importanti filosofi di orientamenti anche molto diversi, da Emmanuel Levinas a Byung-Chul Han, il rifiuto adottato dalla modernità occidentale di riconoscere e comunicare con l’Altro con la maiuscola, Dio, in cui ogni significato è compreso, impedisce poi qualsiasi comunicazione autentica con l’altro essere umano, ora ridotto alla dimensione esclusivamente materiale e trattato come cosa. Si avvizzisce così e si perde il contenuto spirituale, autenticamente umano di quella che Jung chiama la “funzione trascendente”, ispiratrice della relazione umana con ciò che va al di là della materia: l’essere umano perde allora il senso e anche il piacere della propria umanità.
Era tutto già avvenuto. Negli anni 30/40, tra crisi e dittature, Carl Gustav Jung, raccomandava di non omologarsi alle richieste e indicazioni dei “sistemi”, perché erano loro i grandi produttori di malesseri, imponendo comportamenti apparentemente “corretti”, ma in realtà finti e innaturali, produttori di disagi e infelicità profonde. Dannosissima era soprattutto la proibizione dei Poteri verso lo Spirito, da essi molto malvisto perché, come dice San Giovanni: “non si sa da dove viene e dove va”, e quindi non si può mettere in prigione e neppure multare. Anche allora, gli slogan erano la Scienza, la Tecnica, il Progresso: gli eterni pilastri della vanità umana. Meno male che poi c’è il Bambino. Non Chissà Dove: nella Capanna.
La Verità, 23/12/2022