La grande trasformazione. L’uomo massa non pensante

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di Roberto Pecchioli tramite Arianna Editrice

Fonte: EreticaMente

Fine agosto; potere della televisione e della comunicazione predittiva. Stampa e media sono categorici: “bollino nero” su strade, autostrade, stazioni per un numero impressionante di vacanzieri – la qualifica stagionale dei consumatori compulsivi di ferie e risparmi – di ritorno a casa con traghetti, treni, automobili, aerei. Numeri impressionanti, come impressionante è la capacità di sopportare disagi, calura, spese iperboliche, ritardi, folla , code persino per il gelato , in cambio di pochi giorni di vacanza, parolina magica che significa assenza, mancanza.

L’uomo massa accorre, disciplinato, sottomesso al gradito obbligo sociale, con un sorriso sciocco stampato sul volto, carte di credito alla mano e l’ app per mostrare biglietti e prenotazioni, consultare orari, sapere tutto. App-crazia soddisfatta. E’ convinto di essere felice: si è “divertito”, qualsiasi cosa significhi. Soprattutto, è persuaso di avere scelto liberamente . Altro scenario, stesso giorno. Una piazza solitamente affollata di un popoloso quartiere di città in cui convivono varie classi sociali. Deserto sconcertante: non sono le vacanze ad averla svuotata, ma le previsioni meteorologiche. Allerta arancione, piogge copiose in arrivo. Non piove, ma la gente è già chiusa in casa. La potenza predittiva in cui crediamo ciecamente convince a rinserrarsi tra quattro mura per paura di un temporale estivo, probabilmente simile a quelli che abbiamo sempre vissuto. In agosto, la pioggia rinfresca il “costo”, la verdura in dialetto.

Niente di nuovo: nuova è la paura, la convinzione diramata a reti unificate che il nubifragio sarà terribile, inusitato.  Asserragliato sul divano, l’uomo-massa attende l’ora del fortunale, annunciata con ammirata precisione dall’informazione meteorologica. Ancora un volta è serenamente certo di avere deciso tutto da sé e considera l’adesione pressoché generale alla sua condotta la prova migliore della bontà della sua “scelta”. Qualche chilometro più in là, al porto, una folla sterminata di ex vacanzieri prende la via del ritorno, assaltando stazione marittima e ferroviaria, in colonna, molti dopo aver affrontato la prima coda per raggiungere l’auto con famiglia e bagagli sul traghetto, la seconda per sbarcare, e a seguire la tangenziale, l’autostrada e via sino al meritato premio del ritorno a casa incolonnati, un esercito disciplinato che risale le valli che aveva disceso, qualche settimana prima, con orgogliosa sicurezza e uguale affollamento.

L’uomo massa ha le tasche – o meglio le carte di credito – svuotate , una stanchezza profonda ( è finita la vacanza, tornano le consuete code cittadine, la ressa da pendolari, non più da vacanzieri) e un rancore sordo nei confronti di tutti gli altri, la cui colpa è avere avuto i suoi stessi pensieri e gusti, prendendo le medesime decisioni eterodirette. Come si permettono di essere tutti qui, e tornare a casa nello stesso momento in cui lo faccio io? Nei giorni precedenti aveva avuto pensieri simili sulla spiaggia affollata, sul sentiero montano che sembrava il corso cittadino al sabato pomeriggio, nella vana ricerca del parcheggio, nella coda per tutto, anche per i servizi igienici.

Tuttavia, nulla lo ha indotto a rinunciare al suo sacrosanto “diritto” di consumare ferie di massa in luoghi di massa in mezzo alla massa. Si potrebbero riempire manuali di sociologia descrivendo il suo comportamento nelle spiagge, nelle località di montagna più conosciute e l’adesione acritica, la conformità alle prescrizioni, previsioni, condotte calate dall’alto dall’ultima trinità ammessa e creduta, scienza, tecnica, propaganda. Ogni pagina, tuttavia, potrebbe ridursi a poche osservazioni banali: la riduzione a massa docile , sottomessa, scioccamente felice, dell’uomo massa – il tronfio titolare di diritti ridotto a consumatore compulsivo – nonché la sorprendente assenza di pensiero della maggioranza.

E’ terribilmente facile , per il potere che possiede tutto, fare del suddito-consumatore ciò che vuole, una massa plastica capace di credere e fare qualsiasi cosa, dipendente da ogni moda. Convince in un attimo – per potenza comunicativa, coazione a ripetere, imitazione – ad adottare idee, comportamenti, stili di vita voluti dal ceto dominante. L’uomo moderno è un essere gregario quanto e più dei suoi antenati, persuaso dal mito del progresso: più di ieri, meno di domani. Meglio dimenticare il buio passato e sguazzare nel presente, rimuovendo memoria, confronti, giudizi. La nuova verità scende dall’alto, ma sembra avvolgere, pervadere, sgorgare da ogni lato. E’ la suprema, sopraffina abilità di chi ci ha resi uomini massa, docili greggi , servi volontari certi di non avere altro padrone che il nostro io.
Sappiamo di offendere l’amor proprio della maggioranza, certa di essere consapevole, libera, riflessiva. Ma è il contrario, “ dai fatti occorre trarre significazione”. Qualcuno deve pur gridare, come il bimbo della fiaba di Andersen, che il re è nudo. Scrivevamo che il mondo è invertito prima del generale Vannacci. Benvenuto, generale. Le sue parole vengono fatte passare obliquamente per discorso di odio dal presidente della repubblica italiana, che parla alla suocera affinché intenda la nuora.

La Costituzione non ammette l’odio, ha detto, riferendosi per allusioni al pensiero di Vannacci. Ma no – si indigna a comando l’ uomo massa non pensante – il presidente parla in termini generali, il suo è un monito illuminato, salutare. Intanto apre la via a vietare ciò che non piace alla gente che piace, bollando come odio pensieri, convincimenti, principi sgraditi alla dittatura dei padroni del presente. La cosa più triste è che, al netto delle polemiche da curve contrapposte nello stadio mediatico, alla maggioranza non importa nulla di nulla: contano le vacanze, il consumo, l’interesse immediato. Il problema non è che cosa si pensa, ma che non si pensa. Niente di più estraneo all’uomo-massa, che ama parlare di ciò che non sa, ricoprendo della sua logorrea le reti sociali in cerca di seguaci ( mi piace, pollice alzato) almeno quanto detesta ragionare, distinguere. Del resto, distinguere – gli hanno detto e ci ha creduto – equivale a discriminare, uno dei peccati capitali della postmodernità. Il mondo capovolto è per definizione civiltà e progresso, luoghi comuni ammantati da un alone di sacralità al tempo dell’abolizione del sacro. Civiltà e progresso fanno sempre più a meno della libertà, principio ridotto al diritto universale di fare ciò che più aggrada senza limiti.

Stanno smontando la libertà pezzo per pezzo: dal 25 agosto è operativo un occhiuto controllo censorio promosso dall’ UE ( ce lo chiede l’Europa!) con tanto di blocco dei contenuti e dei contributi economici privati a siti, media, pensieri sgraditi a chi comanda. Ne avete sentito parlare, uomini-massa , vacanzieri in coda, cittadini orgogliosi dei vostri diritti, sulla “libera “ stampa, proprietà – come tutto il resto – dei padroni del vapore? Certo che no, tutt’al più vi hanno rassicurato: è un benefico filtro contro le falsità e l’odio. Messaggio ricevuto, come si usa dire nelle serie televisive. Così è detto, così è; la folla obbediente alla voce del padrone annuisce, inserisce l’informazione nella memoria a breve termine, in attesa della menzogna, pardon news, successiva. Del merito se ne stropiccia: l’uomo massa si limita ad appropriarsi di parole d’ordine altrui facendole proprie con ridicola convinzione. Già la grancassa progressista lancia la nuova crociata: non tutte le idee possono circolare, perbacco. Solo quelle con il bollino arcobaleno. Il resto, vietato, censurato, catalogato come falso o discorso di odio. Il cerchio si chiude. Tu che ragioni diversamente, tu che ti ostini a pensare, non hai nemmeno più torto: sei cattivo, animato dal peggiore dei sentimenti. Sia tolta la parola, la cittadinanza, il lavoro, la libertà ai malvagi: il mondo è dei Buoni. Che producono, consumano, rivendicano diritti e poi silenziosamente crepano allo schiocco delle dita del padrone. Perché pensare ? Ecco quel che resta del pensiero occidentale. Presto sarà anche peggio, al dilagare dell’intelligenza artificiale. Il dislivello tra la macchina e l’uomo sarà tale che riflettere, obiettare, diventerà peccato di lesa maestà della tecnologia. Consumeremo dati, cose, persone, noi stessi senza pensare, finendo per odiare la nostra singolarità, che considereremo miserabile: consumatori compulsivi eterodiretti, non più persone. Il servo arbitrio.

La trappola in cui siamo caduti è credere che la battaglia sia tra libertà di espressione e censura. L’avversario ha condotto le sue campagne invocando libertà di parola. Affermavano di essere i difensori della libertà , ma lo facevano per distruggere i vecchi standard, le norme, i tabù, i meccanismi di autodifesa di una società “normale”, giacché tutti gli stati e le società hanno necessariamente regole, limiti, interdetti. La guerra che stiamo perdendo è la sfida mortale tra sistemi di valori incompatibili. Ad esempio, nel passato si poteva insegnare la Bibbia nelle scuole, ma non la pornografia. Oggi puoi diffondere nelle scuole la pornografia, la teoria gender , la sessualità queer, far credere che non esiste la natura, ma il costrutto sociale.
E’ un’estensione o una restrizione della libertà di espressione? Nessuno dei due, è “solo” il cambio di paradigma secondo l’ideologia di chi dirige la società. Ci siamo preoccupati delle regole, di difendere un’impossibile neutralità delle procedure e delle istituzioni, cadendo nella trappola liberale. Abbiamo perduto da ogni lato: le regole sono stabilite da un nuovo autoritarismo simil moralistico ammantato di “ diritti”, in procinto di trasformarsi in totalitarismo. Democratura, la forma della democrazia nell’involucro della dittatura. In cambio, possiamo sposarci tra congeneri, affittare l’utero, uccidere nel ventre materno, sopprimere noi stessi, i malati, i poveri, i depressi, osservare e praticare violenza e oscenità con un semplice clic e un conveniente piano tariffario.

Sono i “diritti”; hanno sostituito l’onore, la famiglia, la dignità, Dio, la patria, la giustizia sociale. Abbiamo perduto su tutta la linea perché il nemico ha capito prima di noi che la libertà di espressione non significa nulla per chi non ha niente da pensare. Il gregge non deve neppure più pascolare: ci pensa il padrone. Al calduccio nello stabbio, a ore stabilite è distribuito il pasto. Con il muso nella greppia, soddisfatti nelle pulsioni e nei bisogni elementari, a che servono il libero pensiero, la parola dissidente? Tanto più che qualcuno – c’è sempre un ribelle, un bastian contrario, un piantagrane – potrebbe insinuare alla maggioranza addomesticata che il pastore tiene il gregge ben nutrito soltanto per venderlo a miglior prezzo al mattatoio.

Pensieri in libertà, sfoghi impotenti, il fastidio di chi non capisce e non si adegua. L’illusione che qualcosa o qualcuno sveglierà il gregge che sbadiglia e digerisce. Come è potuto accadere che la civiltà con più possibilità, più mezzi materiali, più conoscenza di ogni tempo, diventasse la schiava ubbidiente di una libertà falsa come l’oro di Bologna? La mistica dei diritti, il mito del progresso , l’aridità spirituale spiegano molto, non tutto. La Grande Macchina della trasformazione che ha generato il mondo al contrario lavora instancabilmente da alcuni secoli.

Vale la pena, nella seconda parte, analizzare modi, idee, tappe, meccanismi e protagonisti della grande trasformazione della “scimmia nuda” in macchina desiderante non pensante. Diventato fluido, liquido, l’uomo nuovo prende la forma del recipiente in cui è versato: gli importa solo che il design del contenitore sia accattivante, alla moda, a prova di pollice alzato. Homo consumens ex sapiens.

 

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