CHARLIE HEBDO E LA FRANCIA MALATA

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Charlie Hebdo è un settimanale sedicente “satirico” di sinistra fondato negli anni Settanta a Parigi.

Nel 2015 la sua sede fu attaccata da due uomini armati di Kalashnikov, che uccisero dodici persone, tra cui il direttore Stéphane Charbonnier. Fu la risposta a diverse vignette sull’Islam pubblicate dalla rivista. I terroristi morirono due giorni dopo in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine.

Immediatamente scattarono in tutto l’Occidente manifestazioni di solidarietà al giornale e di sacrosanta condanna per l’attentato, al grido di “Je suis Charlie” – Io sono Charlie -. Il problema sembrava essere il terrorismo e l’intolleranza islamista, il che era vero solo in parte.

Charlie Hebdo si è sempre distinto non già per la satira, che è critica ironica, sbeffeggiamento intelligente, in genere rivolti al potere. Il settimanale francese si compiace, piuttosto, del proprio cattivo gusto, dell’offesa, dell’insulto becero, gratuito, volgare verso tutto ciò che può esservi di sacro, non solo in termini religiosi.

Il principio ispiratore della rivista sembra essere: il tuo credo non è il mio, i tuoi valori non sono i miei, i tuoi morti non sono i miei e quindi mi arrogo il diritto di oltraggiarli come e quanto mi pare. Non si è limitato all’Islam, Charlie Hebdo, anzi. Il tripudio di blasfemia delle vignette dedicate al cattolicesimo è qualcosa di nauseante.

Ma, come abbiamo scritto, il settimanale non si limita ad offendere le religioni e i loro credenti. Charlie Hebdo può “vantarsi” anche di aver insultato le vittime del terremoto in Turchia, quelle del sisma di Amatrice, quelle della valanga di Rigopiano e molto altro.

I manifestanti di “Je suis Charlie” rivendicavano la libertà di espressione, la laicità, gli altisonanti valori “de la Republique” e lo hanno ribadito nel decennale della strage, pochi giorni fa. Peccato che proprio la Francia non sia esattamente un esempio di libertà di espressione.

Certo, con la scusa della sedicente “satira”, si può calpestare la dignità di chiunque. Macron ha addirittura farneticato di un fantomatico “diritto alla blasfemia”. Ma guai a testimoniare la propria fede religiosa. Un provvedimento del 2004 vieta l’uso di simboli religiosi all’interno di scuole, collegi e licei pubblici.

Il governo Macron nel 2018 ha esteso la proibizione anche al Parlamento, cosa criticata addirittura dall’Osservatorio per la laicità. La Francia, un tempo cattolicissima, con la Rivoluzione del 1789 e l’imposizione del laicismo, di fatto non ha abbandonato la religione. Ne ha abbracciato una nuova: la laicità stessa. E lo ha fatto in modo integralista. I suoi rigidi dogmi prevedono che il sentimento religioso e le sue manifestazioni siano espulsi dalla sfera pubblica e relegati il più possibile nell’ambito privato.

Nel caso del cattolicesimo, una sorta di ritorno alle catacombe per la fede che ha fatto grande la Francia e ne ha costituito l’anima più vera. Ma la vicenda di Charlie Hebdo ci parla anche di una nemesi storica.

Proprio i cosiddetti valori della Republique che hanno indebolito fortemente lo spirito cattolico della Francia, hanno originato un vuoto che l’Islam, anche nelle sue forme più radicali, degli immigrati di diverse generazioni sta riempendo. E, ragionando a lungo termine ma non troppo, tenuto conto dei tassi demografici, si profila un tempo in cui i vignettisti di Charlie Hebdo, e non solo loro, avranno poco da ridere.

Raffaele Amato

 

 

Fonte: https://www.2dipicche.news/charlie-hebdo-e-la-francia-malata/

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