L’Ucraina non entrerà mai nella NATO. Ecco perché. L’analisi
Le sanzioni volute dagli Usa fanno morire il dollaro
di Matteo Castagna per https://www.affaritaliani.it/esteri/l-ucraina-non-entrera-mai-nella-nato-ecco-perche-l-analisi-918603.html
di Matteo Castagna per https://www.affaritaliani.it/esteri/l-ucraina-non-entrera-mai-nella-nato-ecco-perche-l-analisi-918603.html
di Matteo Castagna
Negli USA, ove c’è una situazione di stallo, in merito al foraggiamento di soldi e armi, il Presidente Joe Biden ha ammesso che le invasioni americane in Iraq, Afghanistan e Ucraina sono state degli errori. “Ma, non saremmo dovuti andare in Ucraina. Voglio dire, non avremmo dovuto approfondire tutta la faccenda dell’Iraq e dell’Afghanistan”, ha detto in un’intervista al quotidiano liberale MSNBC.
I suoi sostenitori si chiedono se sua moglie Yulia Navalnaya, che ha a lungo evitato i riflettori, potrebbe intervenire, nonostante le enormi probabilità di riempire il vuoto. La Navalnaya ha spesso rifiutato le offerte di entrare in politica, dichiarando l’anno scorso alla rivista tedesca Der Spiegel che “non penso che questa sia un’idea con cui voglio giocare”. Ma lunedì ha assunto un volto diverso, mentre cercava di radunare i seguaci di suo marito, suggerendo che non c’erano alternative, e dicendo che il movimento dovrebbe trarre forza dalla sua memoria.
Quindi, si scopre che è stato abbastanza facile decidere il nuovo leader dell’opposizione: “chi si è alzato per primo, ha indossato le pantofole”. Tutta questa storia con la Navalnaya sa francamente del lavoro dei servizi segreti occidentali, dall’inizio alla fine, ma la propaganda è un’arma potente, che piega facilmente chi non pensa e chi non ha il coraggio di controbattere col potere creativo della parola – sempre tornando al lucido pensiero di Juan Ramón Jiménez.
Un crescente gruppo di aziende sta gradualmente aumentando la propria presenza sul terreno con la prospettiva della più grande opportunità di investimento almeno dalla Seconda Guerra Mondiale. Governi, dirigenti e investitori si stanno posizionando in previsione di una ricostruzione che, secondo le stime della Banca Europea per gli Investimenti, potrebbe ammontare a più di mille miliardi di dollari di capitale pubblico e privato. Al netto dell’inflazione, si tratta di cinque volte più grande del Piano Marshall, finanziato dagli Stati Uniti, che ha alimentato la rinascita industriale in Europa dopo la sconfitta della Germania.
Le aziende tedesche e austriache stanno pianificando iniziative nel campo delle infrastrutture e della difesa. JPMorgan Chase & Co. è in attesa di gruppi di lavoro per la “pianificazione pre-progetto”, mentre la Danimarca ha, finora, donato 120 milioni di euro (130 milioni di dollari) per ricostruire il polo di costruzione navale di Mykolaiv.
Articolo completo: https://www.affaritaliani.it/esteri/negoziato-meglio-una-ucraina-rasa-al-suolo-grandi-affari-in-arrivo-906341.html
di Matteo Castagna,
Articolo completo: https://www.marcotosatti.com/2024/03/28/guerra-e-attentato-a-mosca-un-panorama-della-stampa-internazionale-matteo-castagna/
Segnalazione Jacopo Coghe
Il SILENZIO ASSOLUTO che circonda questa notizia è scioccante.
L’Europa è sull’orlo del burrone, sta per cadere nel baratro… e nessuno dice nulla? Ci siamo assuefatti?
Tu lo sapevi? Scommetto di no.
L’11 aprile, giovedì prossimo, il Parlamento Europeo voterà una mozione per inserire l’Aborto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
La prossima settimana – nell’indifferenza più assoluta – il Parlamento Europeo potrebbe dichiarare solennemente che uccidere un bimbo nel grembo materno è un nostro “valore comune”. Ti rendi conto del grado di orrore…?
Non resterò a guardare in silenzio, Matteo, ho deciso di andare a Bruxelles per protestare anche a nome tuo. Sei con me?
Il voto dell’11 aprile potrebbe avere conseguenze gravissime.
Se il Parlamento Europeo approverà la mozione per inserire l’Aborto tra i “valori comuni” dell’Unione Europa, tutti gli Stati membri subiranno una pressione politica enorme per adeguarsi, compresa l’Italia.
Già oggi è quasi impossibile organizzare in Italia campagne per difendere la Vita nascente senza ricevere attacchi, minacce, insulti e violenze di ogni genere.
Guarda che fine hanno fatto i nostri manifesti affissi nelle Marche sulla campagna “Semplicemente Umano”, con cui ci limitiamo a ricordare che per 9 biologi su 10 la vita inizia dal concepimento:
Tutti i manifesti sono stati imbrattati e vandalizzati. Gli autori del gesto hanno sfregiato con particolare accanimento proprio l’immagine del piccolo feto. Sciacalli.
Poco prima dell’attacco era partita una richiesta di censura da parte del collettivo trans-femminista Non Una Di Meno, spalleggiato dal Partito Democratico.
Matteo, se l’11 aprile il Parlamento Europeo approverà la mozione per inserire l’Aborto tra i “valori comuni” dell’Unione Europea – NEL SILENZIO PIÙ ASSOLUTO – attacchi, minacce e violenze contro le nostre campagne si moltiplicheranno ovunque in Italia.
Per questo non possiamo restare in silenzio, dobbiamo AGIRE.
A proposito di minacce… c’è una novità SCANDALOSA su un fatto di qualche mese fa.
Come forse ricorderai (ne scrivemmo all’epoca) lo scorso dicembre era apparsa per le strade di Como questa ‘simpatica’ scritta anonima:
“ProVita morto non obbietta”
Un messaggio minatorio in perfetto stile mafioso per intimidirci e convincerci a smettere di difendere la sacralità della vita umana (ovviamente non ci siamo fatti suggestionare).
Qualche giorno fa, su iniziativa di Fratelli d’Italia, il Consiglio comunale di Como ha votato una mozione per condannare la minaccia ricevuta.
Incredibilmente, la mozione di condanna è stata BOCCIATA dalla maggioranza, composta dalla lista civica legata al Sindaco Rapinese.
Questo pericoloso clima di odio, intolleranza e discriminazione contro Pro Vita & Famiglia e tutti i cittadini che come te condividono i nostri valori e sostengono le nostre campagne potrà soltanto peggiorare se l’11 aprile – giovedì prossimo – il Parlamento Europeo chiederà di inserire l’Aborto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
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Matteo, chiaramente non posso dirti come andrà il voto dell’11 aprile al Parlamento Europeo.
Da una parte, spero che prevarrà non solo il buon senso ma anche il Diritto, dato che, secondo i Trattati dell’Unione Europea, un tema come l’Aborto dovrebbe essere di esclusiva competenza degli Stati nazionali.
D’altro canto, abbiamo già visto come la Lobby della Morte non si è mai fatta lo scrupolo né del buon senso né del Diritto, avendo interesse a forzare la mano proprio per fare pressione politica e mediatica sui singoli Stati, come l’Italia.
Una cosa, però, posso dirtela.
Comunque andrà, il nostro dovere morale è di non tacere, di alzare la voce, di gridare la verità anche in mezzo al più solitario deserto morale.
È per questo che andrò personalmente a Bruxelles: per denunciare quanto sta accadendo e dare voce anche al tuo sdegno.
Grazie infinite, ti aggiornerò prossimamente sugli sviluppi.
In alto i cuori,
Jacopo Coghe
Portavoce
Pro Vita & Famiglia Onlus
di Don Curzio Nitoglia
Prologo
Monsignor Patrick Perez, il 16 settembre 2021, ha postato un interessante articolo in lingua inglese – sulla dottrina soggiacente alla devozione di Suor Faustina Kowalska alla “Divina Misericordia” – intitolato Church Reasons to Condemn the Divine Mercy Devotion (reperibile alla pagina web
https://www.traditioninaction.org/HotTopics/f072_DivMercy.htm), che è stato tradotto, il 20 settembre, in italiano dal sito
Nel presente articolo mi baso sostanzialmente su questo studio di Monsignor Perez.
Come fonte di riferimento monsignor Perez ha usato principalmente un articolo scritto da don Peter Scott sulla rivista The Angelus (giugno 2010).
Monsignor Perez ha analizzato le preghiere della devozione alla “Divina Misericordia” (per esempio, la “Coroncina”) e afferma di non aver trovato nulla di contrario alla fede e alla morale in esse. Invece, ha scorto alcuni errori nella dottrina che soggiace a questa nuova devozione e nel contenuto delle rivelazioni che avrebbe ricevuto Suor Faustina.
Inoltre, per quanto riguarda i singoli fedeli, egli ritiene che ci possano essere delle persone le quali abbiano ricevuto alcune grazie praticando la devozione alla “Divina Misericordia”. Tuttavia, ciò non significa che la devozione in se stessa provenga necessariamente dal Cielo. Infatti, Dio risponde sempre alle nostre preghiere e noi riceveremo sempre qualche grazia, se preghiamo. Quindi, se qualcuno ha ricevuto una grazia praticando questa particolare devozione di Suor Faustina, di per sé non significa che questa devozione provenga dal Cielo. Certamente le grazie vengono sempre dal Cielo. Ma la devozione da noi praticata potrebbe non essere di origine celeste.
Le condanne di Pio XII e di Giovanni XXIII
Cosa c’è di dottrinalmente erroneo nella devozione alla “Divina Misericordia”? Innanzitutto, quando Pio XII studiò questa devozione non si preoccupò tanto delle preghiere legate a essa, quanto piuttosto di ciò che Nostro Signore avrebbe detto a questa religiosa e di ciò che le avrebbe detto di rendere pubblico; ossia del contenuto dottrinale delle apparizioni di Gesù a Suor Faustina.
In séguito Pio XII collocò questa devozione – comprese le apparizioni e gli scritti di Suor Faustina – all’Indice dei libri proibiti.
Successivamente seguirono altre due condanne sotto Giovanni XXIII (1881-1963). Per due volte, durante il suo pontificato, il Sant’Uffizio condannò gli scritti di Suor Faustina relativi alla Divina Misericordia.
La prima condanna avvenne nel corso di in un’assemblea plenaria il 19 novembre 1958. Nella dichiarazione del Sant’Uffizio emergono tre punti-chiave su questa devozione: 1°) Non ci sono prove dell’origine soprannaturale di queste rivelazioni. 2°) Non si deve istituire alcuna festa della Divina Misericordia perché essa si basa su apparizioni che non provengono chiaramente da Dio. 3°) È vietato diffondere scritti che promuovano questa devozione sotto la forma ricevuta da Suor Faustina, nonché l’immagine tipica della presunta apparizione (Acta Apostolicae Sedis, vol. 51, anno 1959, p. 271).
Si tenga a mente che Pio XII è morto il 9 ottobre 1958 e la prima condanna fu emessa il 19 novembre 1958, solo quaranta giorni dopo la sua morte e appena un mese dopo l’elezione di Giovanni XXIII (28 ottobre 1958), il che indica che essa fu preparata sotto il pontificato di papa Pacelli. Perciò solo la seconda (e terza) condanna può essere attribuita esclusivamente a Giovanni XXIII, essendo stata emessa nel 1959. In quelle tre condanne, dunque, furono coinvolti due Papi e non esclusivamente Giovanni XXIII, come alcuni vorrebbero sottintendere.
Il 6 marzo 1959, il Sant’Uffizio emanò un secondo decreto su ordine di Giovanni XXIII. In esso, si proibiva, ancora una volta, di diffondere le immagini della “Divina Misericordia” e gli scritti di Suor Faustina che propagavano questa devozione. Il Sant’Uffizio ha inoltre ordinato di rimuovere i quadri del Cristo della “Divina Misericordia”, ma che spettava ai Vescovi decidere come rimuovere le immagini che erano già state esposte per essere venerate pubblicamente.
La necessità delle buone opere
Le vere devozioni (conformi alla fede e alla morale cattolica) presuppongono sempre la nostra buona volontà, ossia la cooperazione alla grazia di Dio mediante il pentimento e la riparazione per i nostri peccati. Nonostante le promesse di Nostro Signore e il fatto che Egli ha pagato un prezzo infinito per la nostra Redenzione, dobbiamo riparare. Dobbiamo sempre fare penitenza per i nostri peccati e offrire vari tipi di riparazione.
Suor Faustina e il Panteismo di Giovanni Paolo II
Giovanni Paolo II, già nel 1978, primo anno del suo pontificato, avviò il processo di canonizzazione di Suor Faustina e l’istituzione della festa della Domenica della “Divina Misericordia”. Tuttavia, sia gli scritti di Suor Faustina che l’idea stessa di celebrare una festa della “Divina Misericordia” erano stati proibiti e condannati da due suoi predecessori, appena venti anni prima.
Ora, è chiaro e acclarato che Giovanni Paolo II afferma già nella sua prima Enciclica (del 1979) Redemptor hominis n. 9: «Dio in Lui [Cristo] si avvicina ad ogni uomo dandogli il tre volte Santo Spirito di Verità» ed ancora Redemptor hominis n. 11: «La dignità che ogni uomo ha raggiunto in Cristo: è questa la dignità dell’adozione divina». Sempre in Redemptor hominis n. 13: «non si tratta dell’uomo astratto, ma reale concreto storico, si tratta di ciascun uomo, perché […] con ognuno Cristo si è unito per sempre […]. l’uomo – senza eccezione alcuna – è stato redento da Cristo, perché, con l’uomo – ciascun uomo senza eccezione alcuna – Cristo è in qualche modo unito, anche quando l’uomo non è di ciò consapevole […] mistero [della Redenzione] del quale diventa partecipe ciascuno dei quattro miliardi di uomini viventi sul nostro pianeta, dal momento in cui viene concepito sotto il cuore della madre». Perciò è evidente che, secondo Giovanni Paolo II, la grazia di Dio opera tutto senza la nostra corrispondenza a essa: ogni uomo avrebbe la grazia santificante per il fatto stesso d’esistere, indipendentemente dalla fede e dalle buone opere. Purtroppo pure la devozione alla “Divina Misericordia” di Suor Faustina tende a diffondere il medesimo errore.
Nella sua terza Enciclica (del 1986) Giovanni Paolo II – Dominum et vivificantem n. 50 – scrive: «Et Verbum caro factum est. Il Verbo si è unito ad ogni carne [creatura], specialmente all’uomo, questa è la portata cosmica della Redenzione. Dio è immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro. […] l’Incarnazione del Figlio di Dio significa l’assunzione all’unità con Dio, non solo della natura umana ma in essa, in un certo senso, di tutto ciò che è carne: di… tutto il mondo visibile e materiale […]. Il Generato prima di ogni creatura, incarnandosi… si unisce, in qualche modo con l’intera realtà dell’uomo […] ed in essa con ogni carne, con tutta la creazione». Questa è una vera e propria professione di panteismo e di salvezza universale, senza la necessità della cooperazione da parte dell’uomo alla grazia divina tramite le buone opere, influenzata dalla teologia ereticale di padre Teilhard de Chardin.
Insomma, la dottrina panteista di Karol Wojtyla e la teoria soggiacente alla devozione alla “Divina Misericordia” di Suor Faustina sono parallele. Si sa che Karol Wojtyla ha attinto molto dalla teoria di Suor Faustina e poi l’ha esplicitata ed elaborata non solo da sacerdote, ma persino da Pontefice in tre Encicliche (1979/1986), spingendo avanti il processo di riabilitazione degli scritti della Suora polacca.
Un padre carmelitano Theodore Roriz, di origine polacca, ci spiega in un interessante articolo
(https://www.traditioninaction.org/polemics/F_07_DM_06.htm 7), sul quale mi soffermerò verso la fine di questo mio scritto, che il Cardinale Alfredo Ottaviani, nel 1965, permise all’allora Arcivescovo monsignor Karol Wojtyla, alla fine del Concilio Vaticano II, di dirigere un’indagine su richiesta dello stesso Wojtyla. L’Arcivescovo Wojtyla, come molti polacchi, aveva
già sviluppato una profonda ammirazione per Suor Faustina e per la sua devozione ben prima delle condanne del 1958 e del 1959. Così, nel 1965, Wojtyla chiese ed ottenne il permesso di raccogliere testimonianze e aprire un altro processo informativo sulla vita della religiosa, appena 6/7 anni dopo le condanne.
In secondo luogo, con questo permesso, monsignor Wojtyla e i suoi assistenti si misero all’opera per tentare di giustificare la devozione e ottenere la revoca delle condanne. Per molti versi, la devozione della “Divina Misericordia” rifletteva una visione teologica che seguiva da vicino la linea delle teorie teilhardiane, riprese poi da quelle panteiste e quietiste dell’Arcivescovo di Cracovia. Fu quello stesso team che lavorava con monsignor Wojtyla a sollevare la questione delle traduzioni errate come causa della condanna da parte del Sant’Uffizio.
In terzo luogo, nonostante la relazione estremamente favorevole alla dottrina della “Divina Misericordia” presentata nel 1965 da monsignor Wojtyla, la condanna rimase in vigore per altri tredici anni, ossia dal 1965 fino all’aprile del 1978, qualche mese prima che morisse Paolo VI (6 agosto 1978) e che venisse eletto Papa proprio monsignor Wojtyla (16 ottobre 1978), il paladino di Suor Faustina.
Fu solo nell’aprile 1978 – negli ultimi mesi del pontificato di Paolo VI – che la Congregazione per la Dottrina della Fede dichiarò nulla la triplice censura del Sant’Uffizio, adducendo come ragione «l’opinione di molti Vescovi polacchi», nonché la vaga asserzione del «cambiamento delle circostanze» (il Concilio Vaticano II…).
Una volta divenuto Giovanni Paolo II (16 ottobre 1978), monsignor Wojtyla, stabilì la Domenica della “Divina Misericordia” come festa ufficiale nel calendario della liturgia riformata, beatificò Suor Faustina e, in seguito, la dichiarò santa.
Insomma questa diversità di pronunciamenti sulla devozione di Suor Faustina alla “Divina Misericordia” può essere spiegata solo dal cambiamento di dottrina apportato all’interno dell’ambiente ecclesiale dal Concilio Vaticano II. Infatti, c’è opposizione di contraddizione tra la dottrina della Chiesa prima di quelle condanne (1958/59) e quella dopo di esse. Sino al 1959 la dottrina cattolica era la stessa che la Chiesa aveva sempre professato. Poi, il Vaticano II cambiò le cose introducendo una dottrina completamente diversa. Fu proprio perché Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno seguito la nuova dottrina conciliare che cambiarono posizione sulla devozione di Suor Faustina alla “Divina Misericordia” e l’approvarono.
Suor Faustina anticipa il Vaticano II
In breve, ciò che fece revocare a Paolo VI le precedenti condanne della devozione di Suor Faustina alla “Divina Misericordia” e indusse Giovanni Paolo II a promuoverla non fu un errore o un malinteso del Sant’Uffizio, che si sarebbe basato su traduzioni false del messaggio riportato nelle opere di Suor Kowalska, ma fu un cambiamento nell’orientamento della dottrina. Ciò che prima del 1962 era giusto, dopo il Concilio (1965) è divenuto sbagliato e viceversa. Pertanto, si può dire che gli scritti di Suor Faustina sono stati approvati da Giovanni Paolo II perché la devozione di Suor Faustina alla “Divina Misericordia” favorisce una spiritualità influenzata dalla teologia di padre Teilhard de Chardin, tendenzialmente panteista e quietista, che è stata fatta propria dal progressismo neo/modernista che ha impregnato i Decreti del Concilio Vaticano II.
Alcuni esempi degli errori di Suor Faustina
Monsignor Perez fa qualche esempio molto chiaro e significativo, prendendo alcune citazioni dagli scritti della Suora polacca. Per esempio, il 2 ottobre 1936, la Kowalska afferma che il «Signore Gesù» le apparve e le disse: «Ora so che non è per le grazie o i doni che mi ami, ma perché la mia Volontà ti è più cara della vita. Per questo mi unisco a te così intimamente come a nessun’altra creatura» (Cfr. Divine Mercy in My Soul, The Diary of Sr. Faustina, Marian Press, Stockbridge, 1987, pag. 288).
Monsignor Perez giustamente obietta: Come possiamo credere che Nostro Signore si sia unito più intimamente a Suor Faustina che alla Beata Vergine Maria, “Madre di Dio” e “Immacolata Concezione”?
Poi porge un altro esempio: Suor Faustina ha affermato che Nostro Signore le avrebbe detto che ella sarebbe stata esente dal giudizio, da qualsiasi giudizio, per cui si può anche intendere sia dal giudizio particolare (che avviene dopo la morte di ogni individuo) sia dal giudizio universale (che avverrà per tutti gli esseri umani alla fine del mondo). Già il 4 febbraio 1935 la religiosa affermò di aver sentito questa voce nella sua anima: «Da oggi in poi non temere il giudizio di Dio, perché non sarai giudicata» (Cfr. Divine Mercy in My Soul, The Diary of Sr. Faustina, Marian Press, Stockbridge, 1987, p. 400) Invece in San Paolo è rivelato che «è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio» (Eb., IX, 27).
Inoltre la Chiesa ha definito la ineluttabilità del giudizio particolare al Concilio di Lione, nella “Professione di fede di Michele Paleologo”, nella Costituzione “Benedictus Deus”, al Concilio di Firenze.
Ora, nessuno uomo (tranne l’Immacolata Concezione), è stato esente dal giudizio particolare né lo sarà da quello universale.
Infine, mons. Perez aggiunge a questi esempi l’affermazione secondo cui l’Ostia consacrata sarebbe saltata fuori dal tabernacolo per tre volte posandosi sulle mani di Suor Faustina, cosicché lei avrebbe dovuto aprire il tabernacolo e rimettere la sacra Particola al suo posto: «E l’Ostia uscì dal tabernacolo e venne a posarsi nelle mie mani e io, con gioia, la riposi nel Tabernacolo. Questo fatto si è ripetuto una seconda volta, e io ho fatto la stessa cosa. Nonostante questo, è successo una terza volta» (Cfr. Divine Mercy in My Soul, The Diary of Sr. Faustina, Marian Press, Stockbridge, 1987, p. 168).
Molte volte la Chiesa ha dichiarato che solo le mani consacrate di un sacerdote possono toccare le Sacre Specie e che, dopo averle toccate, egli deve purificarle per non far cadere a terra i frammenti dell’Ostia consacrata che contengono realmente il Corpo di Gesù. Che tipo di lezione si darebbe al mondo con questo esempio di un’Ostia consacrata che salta in mano a una suora affinché la deponga nel Tabernacolo, senza purificarsi nemmeno le mani? Nostro Signore non contraddice la Sua Chiesa con parole o gesti assurdi, ma con quel gesto sarebbe Nostro Signore stesso a svilire la Presenza Reale e tutto ciò che essa rappresenta.
Un’aggiunta di padre Teodoro Roriz
Inoltre, un padre carmelitano, Theodore Roriz, ha scritto un articolo (che è stato tradotto anch’esso dall’originale inglese) in difesa di quello di monsignor Perez, in cui sostiene che, riguardo alla dottrina della devozione alla “Divina Misericordia”, occorre asserire chiaramente che questa devozione potrebbe indurre le persone a credere di non dover lottare contro le conseguenze del peccato originale, né contro le cattive influenze del mondo, né contro le tentazioni del diavolo, ma solo a confidare nella Divina Misericordia. Questa fiducia sarebbe sufficiente per sradicare ogni cattiva azione, tendenza o influenza, e condurre l’uomo alla salvezza eterna. (Cfr. Divine Mercy in My Soul, The Diary of Sr. Faustina, Marian Press, Stockbridge, 1987, p. 23).
Si tratta di una riedizione dell’eresia del Quietismo di Miguel de Molinos (1628-1696), che fu condannata con la Costituzione Coelestis Pastor da papa Innocenzo XI nel 1687 (DS, 2201-2269), secondo la quale l’uomo non avrebbe bisogno di fare nulla per essere salvato, ma dovrebbe semplicemente affidarsi interamente a Dio per lasciare che la grazia agisca in lui.
Molinos ha tratto questa sua erronea conclusione acetica dall’eresia luterana del “pecca fortiter sed fortius crede” e della “fede fiduciale” condannata da papa Leone X con la Bolla dogmatica Exurge Domine nel 1520 (DS, 1451-1492).
Padre Roriz afferma, pastoralmente, che, sebbene lo spirito soggiacente alle rivelazioni di Suor Faustina contenga un orientamento teologico sbagliato, si può, nonostante ciò, ammettere che molti individui i quali praticano in buona fede la devozione alla “Divina Misericordia” lo facciano mossi da un’intenzione onesta e possano, quindi, ricevere alcune grazie dalla loro preghiera, nonostante le ambiguità della dottrina soggiacente a queste rivelazioni private.
Padre Roriz, infine, risponde all’obiezione secondo cui il significato dei testi delle rivelazioni di Suor Faustina è stato male interpretato solo a causa di errori nella traduzione e non è erroneo in sé.
Egli scrive di avere sotto mano sia un elenco delle più importanti traduzioni errate del Diario originale di Suor Faustina, sia anche una copia del suo Diario che è stata tradotta correttamente; infine specifica che a) le citazioni fatte da lui degli errori contenuti negli scritti di Suor Faustina sono state riprese dalla versione aggiornata, correttamente tradotta e approvata dai moderni sostenitori della “Divina Misericordia” e che b) le condanne emesse dalla Santa Sede nel 1958/59 riportano errori contenuti realmente negli scritti della Kowalska e non attribuiti a lei falsamente tramite traduzioni erronee.
Conclusione
Riassumendo brevemente il contenuto dei lavori di Monsignor Perez e di padre Roriz si può dire che:
1°) Le preghiere della devozione alla “Divina Misericordia” non contengono nulla di contrario alla fede e alla morale; tuttavia, vi sono alcuni errori luterani e quietisti nella dottrina che soggiace a questa nuova devozione: a) la fede senza le opere; b) la speranza fiduciale di salvarsi senza merito; c) la totale passività nella vita spirituale senza la necessità di cooperare alla grazia divina.
2°) I singoli fedeli possono ricevere alcune grazie pregando e praticando in buona fede la devozione alla “Divina Misericordia”, senza però aderire alla dottrina che essa presuppone, la quale non è stata esplicitata in quelle preghiere, che non contengono errori.
3°) Le vere devozioni (conformi alla fede e alla morale cattolica) presuppongono sempre la cooperazione alla grazia di Dio mediante il pentimento e la riparazione per i nostri peccati; al contrario di quanto insegna il Luteranesimo e il Quietismo, dei quali è impregnata la dottrina di Suor Faustina.
4°) La dottrina di Suor Faustina è stata condannata (1958/59) dalla Chiesa prima della Rivoluzione conciliare ed è stata sdoganata solo nel 1978 specialmente da Giovanni Paolo II, che era impregnato degli errori contenuti nella dottrina professata da Suor Faustina e che ha diffuso nelle sue prime tre Encicliche (Redemptor hominis, 1979; Dives in Misericordia, 1980; Dominum et vivificantem, 1986).
5°) La dottrina panteista di Karol Wojtyla e la teoria soggiacente alla devozione alla “Divina Misericordia” di Suor Faustina sono oggettivamente parallele.
6°) La perniciosità di questa devozione di sapore luterano e quietista potrebbe indurre le persone a credere di non dover lottare contro le conseguenze del peccato originale, né contro le cattive influenze del mondo, né contro le tentazioni del diavolo, ma solo a confidare nella Divina Misericordia. Questa fiducia sarebbe sufficiente per sradicare ogni cattiva azione, tendenza o influenza, e condurre l’uomo alla salvezza eterna. Tuttavia questa è la “presunzione di salvarsi senza merito”, che è un “peccato contro lo Spirito Santo”, il quale ci porta all’impenitenza finale, ossia a non chiedere perdono dei nostri errori sino alla fine, e quindi alla perdizione eterna.
7°) Infine, il significato dei testi delle rivelazioni di Suor Faustina è stato condannato giustamente poiché è erroneo in sé e non solo a causa degli errori della loro traduzione.
A partire da quanto ci hanno spiegato monsignor Perez e padre Roriz è bene stare alla larga dalla dottrina di Suor Faustina e di Karol Wojtyla, praticando le devozioni tradizionali della Chiesa.
Curzio Nitoglia
Articolo completo: “Salvi tutti”: la strana teologia di suor Faustina Kowalska | don Curzio Nitoglia (wordpress.com)
Redatto da: Sodalitium
Preghiera a San Giuseppe Patrono della Chiesa Universale
A Voi o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il Vostro patrocinio, dopo quello della Vostra SS. sposa. Deh! Per quel sacro vincolo di carità che Vi strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio; e per l’amore paterno che portaste al fanciullo Gesù, riguardate, Ve ne preghiamo, con occhio benigno, la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col Vostro potere ed aiuto sovvenite ai nostri bisogni.
Proteggete, o provvido custode della divina Famiglia l’eletta prole di Gesù Cristo; cessate da noi, o padre amantissimo, cotesta peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; assisteteci propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre o nostro fortissimo protettore; e come un tempo scampaste dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendete la Santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità, estendete ognora sopra ciascuno di noi il vostro patrocinio, acciocché col vostro esempio e mercé il vostro soccorso possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo. R. Così Sia.
Ind. 3 a.; 7 a. al mese di ottobre, dopo la recita del rosario; 7 a. quals. mercoledì; plen. s.c. (solite condizioni) p.t.m. (se si recita ogni giorno per un mese intero).
Comunicato n. 18/24 del 19 febbraio 2024, San Gabino
Discorso di Pio XII ai parroci di Roma per la Quaresima
Discorso di Sua Santità Pio XII ai Parroci di Roma e ai Predicatori della Quaresima, 6 Febbraio 1940
Una cara e veneranda consuetudine Ci porge la gioia e il conforto di vedere, all’approssimarsi del tempo quadragesimale, riuniti intorno a Noi i Parroci e gli oratori sacri dell’Urbe. In mezzo a voi proviamo una vicinanza e un affetto antico e nuovo; sentiamo come la responsabilità di Supremo Pastore e l’amore di Padre comune, che Ci uniscono con tutte le diocesi del mondo, Ci legano in più stretto vincolo e si ravvivano con il clero della città Nostra natale, ora affidato a Noi dallo Spirito Santo, il quale nella sua infinita degnazione Ci ha posto a reggere la Chiesa di Roma e a un tempo l’universale Chiesa di Dio (Act., XX, 28).
Ma le gravi sollecitudini sempre crescenti per il governo della Chiesa universale obbligano i Sommi Pontefici, oggi ancor più che nei tempi passati, a porre con fiducia in altre esperte mani le cure giornaliere della diocesi romana; onde in questa felice circostanza godiamo di esprimere e altamente manifestare dinanzi a voi gratitudine e sommo riconoscimento al Nostro carissimo e Venerabile Fratello il Cardinale Vicario e ai suoi collaboratori per lo zelo illuminato e indefesso con cui Ci coadiuvano nel ministero episcopale. Perciò mentre Ci rallegriamo, o diletti Figli, di salutarvi qui presenti, vogliamo ringraziare anche voi e, poiché conosciamo le vostre opere, le vostre fatiche e la vostra costanza (Apoc., II, 2), bramiamo di significarvi l’intima Nostra soddisfazione per la vostra commendevole attività.
Che se questo Nostro compiacimento Ci offre ora l’occasione d’intrattenerCi con voi su alcune esigenze della cura parrocchiale in Roma, desideriamo che nelle Nostre parole vediate e sentiate soprattutto un’approvazione per quello che avete conseguito o a cui aspirate, un paterno incoraggiamento a proseguire nella via iniziata, un’assicurazione che voi e Noi siamo animati e mossi dalle stesse intenzioni e dai medesimi disegni. Non è forse vero che noi tutti, sacerdoti, siamo costituiti mediatori di riconciliazione fra Dio e gli uomini? Mediatori, bensì, subordinati a Cristo, unico Mediatore fra Dio e gli uomini «unus mediator Dei et hominum homo Christus Iesus», che diede se stesso in redenzione per tutti, e per il quale Dio ci ha a sé riconciliati e ha dato a noi il ministero della riconciliazione «dedit nobis ministerium reconciliationis », e ci ha incaricati della parola di riconciliazione «posuit in nobis verbum reconciliationis. Pro Christo ergo legatione fiingimur» (I Tim., II, 5 -6; II Cor., V, 18-20). Siamo ambasciatori per Cristo in mezzo al mondo, come se Dio esortasse gli uomini per bocca nostra. A quest’alto concetto sacerdotale propostoci dal Dottore delle Genti solleviamo, diletti Figli, il nostro sguardo, le nostre aspirazioni e i nostri intendimenti; e con l’operoso nostro zelo esaltiamo e rendiamo in mezzo al popolo cristiano veneranda la nostra dignità di mediatori e ambasciatori di Cristo. Ma nella sacra gerarchia chi è mai più vicino al popolo se non il parroco, la cui missione caratterizzano e definiscono tre parole: apostolo, padre, pastore?
Siete cooperatori del Vescovo, successore degli Apostoli, col quale costituite un’unità morale, sicché anche per ognuno di voi vale il mandato della grande missione di Cristo; siete padri dei vostri parrocchiani, e potete ripetere loro le parole dell’Apostolo ai novelli Cristiani : «Filioli mei, quos iterum parturio, donec formetur Christus in nobis» (Gal., IV, 19); siete pastori del vostro gregge, secondo le impareggiabilmente belle ed esaurienti descrizioni e l’irraggiungibile modello del Buon Pastore, Gesù Cristo. Attorno a queste parole di così densa comprensione: apostolo, padre, pastore, vogliamo esporvi alcuni brevi punti, che concernono il benessere e la prosperità della Nostra diocesi di Roma.
1) Ogni parroco è un apostolo; ma soprattutto colui, che svolge l’opera sua in una grande città, deve sentire in sé le fiamme dello spirito apostolico e missionario e dello zelo conquistatore di un San Paolo. Se considerate i tempi moderni coi loro eventi politici e religiosi e col multiforme disviarsi dell’indagine filosofica e scientifica e dell’istruzione ed educazione civile dalle credenze religiose, voi non tarderete a vedere come si siano talmente mutate le antiche condizioni spirituali della società, che neanche in questa Nostra diletta Roma può più parlarsi di un terreno puramente, intieramente e pacificamente cattolico; perché, accanto a coloro — e sono magnifiche legioni — rimasti fermi nella fede, non mancano in ogni parrocchia circoli di persone, le quali, fattesi indifferenti o estranee alla Chiesa, costituiscono quasi un territorio di missione da riconquistare a Cristo.
Di tale duplice aspetto del suo popolo è dovere del parroco di formarsi con pronto ed agile intuito un quadro chiaro e minutamente particolareggiato, vorremmo dire topograficamente strada per strada, — cioè, da un lato, della popolazione fedele, e segnatamente dei suoi membri più scelti, da cui trarre gli elementi per promuovere la Azione Cattolica; e dall’altro, dei ceti che si sono allontanati dalle pratiche di vita cristiana. Anche questi sono pecorelle appartenenti alla parrocchia, pecorelle randage; e anche di queste, anzi di loro particolarmente, siete responsabili custodi, Figli dilettissimi; e da buoni pastori non dovete schivare lavoro o pena per ricercarle, per riguadagnarle, né concedervi riposo, finché tutte ritrovino asilo, vita e gioia nel ritorno all’ovile di Gesù Cristo. Tale è per il parroco il significato ovvio ed essenziale della parabola del Buon Pastore, di quel Pastore che è insieme Padre e Maestro. Tale è l’apostolo della parrocchia, il quale, al pari di Paolo, « Si fa debole coi deboli per guadagnare i deboli, e si fa tutto a tutti per far tutti salvi » (I Cor., IX, 22).
2) Il parroco è pastore e padre, pastore di anime e padre spirituale. Dobbiamo tener sempre presente, diletti Figli, che l’azione della Chiesa, tutta rivolta al regno di Dio che non è di questo mondo, se non vuol essere sterile, ma svolgersi vivificante, sana ed efficace, ha da tendere allo scopo che gli uomini vivano e muoiano nella grazia di Dio. Istruire i fedeli nel pensiero cristiano, rinnovare l’uomo nella sequela e nella imitazione di Cristo, spianare la via, pur sempre angusta, al regno del cielo e rendere veramente cristiana la città, tale è la missione propria del parroco come maestro, padre e pastore della sua parrocchia.
Nell’adempimento di questi doveri non lasciate distogliere e inceppare il vostro zelo dai lavori di amministrazione. Forse non pochi di voi hanno giornalmente a condurre aspra lotta per non restare oppressi dalle occupazioni amministrative e trovare il modo e il tempo indispensabile per la vera cura di anime. Ora, se l’organizzazione e l’amministrazione sono pure senza dubbio mezzi preziosi di apostolato, debbono però essere adattate e subordinate al ministero spirituale e al verace e proprio ufficio operosamente pastorale.
3) Per divino consiglio, anche il sacerdote, come ogni Vescovo «ex hominibus assumptus, pro hominibus constituitur in iis quae sunt ad Deum, ut offerat dona et sacrificia pro peccatis» (Hebr., V, I); e perciò il sacro carattere di lui, intermediario tra Dio e gli uomini, si palesa, si svolge, si espande, si innalza e pienamente si sublima circondato e avvolto dalla suprema e somma luce del suo ministero, nel sacrificio della Santa Messa e nell’amministrazione dei Sacramenti. All’altare, al fonte battesimale, al tribunale di penitenza, alla mensa eucaristica, alla benedizione degli sposi, al letto degli infermi, all’agonia dei morenti, fra i fanciulli avidi ,del futuro e del cammino della vita, nelle famiglie e nelle scuole, negli asili del dolore e nelle case agiate, sul pulpito e nelle pie adunanze, dai sorrisi e dai vagiti delle candide culle ai silenti cimiteri dei riposanti nell’aspettazione di una rinascita immortale, il sacerdote è, nelle mani di Dio, il ministro, lo strumento più operante della poema, dell’amore, del perdono, della redenzione largita all’uomo decaduto per sottrarsi alla schiavitù e alle insidie di Satana, e ritornare al Padre celeste, come pellegrino rigenerato, rivestito di grazia, erede del cielo, ristorato dal viatico di un pane più vivo e salutifero che non fosse il frutto dell’albero della vita piantato in mezzo all’Eden. Tanto piacque al Figlio di Dio, Redentore del mondo, di esaltare a salute degli uomini il suo sacerdote!
Ponete quindi cura che la vostra dignità risplenda sempre innanzi al vostro popolo, e che questo del Santo Sacrificio e dei Sacramenti che amministrate conosca e comprenda con viva fede il significato e il valore, di guisa che con intelligente e personale partecipazione possa seguirne le mirabili cerimonie, come pure tutte le ineffabili bellezze della sacra liturgia. Ci è perciò di sommo conforto e letizia che quest’anno i Santi Sacramenti saranno, o diletti quaresimalisti, il tema centrale della vostra predicazione.
Voi tutti dunque, come certamente avete fatto sinora, celebrate con dignitosa e intima devozione i Santi Misteri, evitando con ogni sollecitudine che i riti sacri, per così dire, inaridiscano nelle mani del sacerdote. Senza dubbio non dipende dal personale merito del ministro l’effetto essenziale dei Sacramenti e si correrebbe il pericolo di ridurli a un mero atto esterno, se si attribuisse importanza principalmente alla loro efficacia psicologica. Ma proprio per stimolare i fedeli ad accostarsi a queste fonti soprannaturali e disporli a riceverne la grazia, dovete tenere come vostro sacro dovere il celebrare il Santo Sacrificio e l’amministrare i Sacramenti con quel profondo rispetto, con quella cosciente riverenza, con quell’interiore pietà che rendono le sacre funzioni esempi di edificazione e incitamenti di devozione. Premuto dalle dure contingenze della vita giornaliera, quando l’ora o la campana della parrocchia lo invitano, e destano, in mezzo al tumulto dei suoi affetti, il pensiero di Dio e il palpito dello spirito, allorché mette il piede sul limitare del tempio ed entra ad accomunarsi coi fedeli per assistere ai Sacri Misteri ed ascoltare la parola di Dio, che cerca mai, che desidera il cristiano? Che vuole il popolo? Esso vuole trovare alimento e ristoro anzitutto e soprattutto nella grazia che lo conforta, ma anche — e questo pure è volontà di Cristo — nell’effetto elevante che la magnificenza della casa di Dio e il decoro degli offici divini offrono all’occhio e all’orecchio, all’intelletto e al cuore, alla fede e al sentimento.
Dopo il Santo Sacrificio, il vostro atto più grave e rilevante è l’amministrazione del sacramento della Penitenza, che fu detto la tavola di salvezza dopo il naufragio. Siate pronti e generosi a offrire questa tavola ai naviganti nel procelloso mare della vita. Insistetevi con speciale zelo e piena dedizione; sedete in quel divino tribunale di accusa, di pentimento e di perdono, come giudici che nutrono in petto un cuore di padre e di amico, di medico e di maestro. E se lo scopo essenziale di questo sacramento è di riconciliare l’uomo con Dio, non perdete di vista che a raggiungere così alto fine giova potentemente quella direzione spirituale, per la quale le anime, più vicine che mai alla paterna voce del sacerdote, versano in lui le loro pene, i loro turbamenti e i loro dubbi e ne ascoltano fiduciose i consigli e gli ammonimenti; perché il popolo sente acuto il bisogno di confessori, che per virtù e per scienza teologica e ascetica, per maturità e ponderatezza, valgano a fornire illuminate e sicure norme di vita e di bene in maniera semplice e chiara, con tatto e benevolenza.
4) Quanto abbiamo detto fin qui riguarda specialmente il devoto e vigile ministero del parroco; ma oltre a questo, è suo stretto dovere di annunziare la parola di Dio (Can., 1344), dovere essenziale dell’apostolo, al quale viene affidato il «verbum reconciliationis» non meno che il «ministerium reconciliationis» (II Cor., V, 18-19). «Vae enim mini est, si non evangelizavero» (I Cor., IX, 16). Perché «fides ex auditu, auditus autem per verbum Christi . . . Quomodo credent ei, quem non audierunt? Quomodo autem audient sine praedicante?» (Rom., X, 14-17). Come l’intelletto preluce alla volontà, così la verità è la lampada della buona azione. La parola è il veicolo della verità, e pur troppo anche dell’errore, che battono alla porta dell’intelletto e della volontà. Voi comprendete perché le ammonizioni dell’Apostolo connettano fede e udito, udito e predicatore, e perché, a sanare la cecità del mondo nel conoscere Dio parlante dalla sapienza lucente nell’universo «placuit Deo per stultitiam praedicationis salvos facere credentes» (I Cor., I, 21). Sublime stoltezza è questa; giacché la stoltezza di Dio è più saggia degli uomini (I Cor., I, 25) e il « disonor del Golgota » è la gloria di Cristo. Queste verità convengono pure, al pari degli ammonimenti dell’Apostolo, ai nostri tempi, in cui profonda è l’ignoranza religiosa e gravida di pericoli. Predicate la dottrina, le umiliazioni e le glorie del Salvatore divino; e poiché specialmente ogni domenica e nel tempo della quaresima numerosissimi cristiani si adunano intorno ai pulpiti, si offre a voi un’occasione unica, — che viene osservata con gelosia dagli araldi di altre concezioni — per rendere più potente e salda e profonda la fede nel popolo; e chi non si giovasse con ardente zelo di un’ora così opportuna, mancherebbe del senso d’illuminata responsabilità nel promuovere il bene, tanto necessario al vivere cristiano, dell’istruzione sacra.
Rendete con la predicazione familiari la persona e gli esempi dell’Uomo-Dio, poiché la vita religiosa dei singoli sboccia e si sviluppa con divina freschezza nella personale relazione e unione con Gesù Cristo. Predicate i misteri della fede; predicate la verità nella sua purezza e integrità fino nelle sue ultime conseguenze morali e sociali: di questo ha fame il popolo. Predicate con semplicità, mirando a quel senso pratico che arriva alla mente e si fa guida dello spirito. Non la scintillante e ricercata facondia conquista, oggi specialmente, le anime, bensì la parola con-vinta che parte dal cuore e va al cuore.
Coi grandi e coi maturi siate, ad immagine dell’apostolo Paolo, padri e dottori di perfezione; coi piccoli e coi giovani fatevi piccoli a guisa di madri «tamquam si nutrix foveat filios suos» (I Thess., II, 7). Non crediate coi piccoli e con gl’ignoranti di umiliarvi: uguale in valore alla predica è la catechesi, l’istruzione dei fanciulli come l’istruzione degli adulti. In tale ufficio il clero della parrocchia può certo contare sull’appoggio e sul concorso dell’Azione Cattolica; e a tutti quelli, che a così santa opera collaborano, Noi con sentimento paterno lieti mandiamo il Nostro profondo ringraziamento e la Benedizione Apostolica. Questa importante missione non dimenticate che i sacri canoni (1329-33) la suppongono come naturale e prima cura, a cui debba por mano colui che è messo curatore di anime. Lo zelo del sacerdote e la sua abilità sarà stimolo e modello ai collaboratori laici; e l’ora di catechismo offrirà al parroco propizia occasione di ritrovarsi con la giovane generazione della parrocchia. Non vi lasciate sfuggire l’occasione di preparare personalmente, quando vi riuscirà possibile, i fanciulli alla prima confessione e comunione : è il primo segreto incontro di voi e di Cristo, il divino amante dei piccoli, con anime ingenue che si accostano a voi e all’altare e si aprono, come fiori di primavera ai primi raggi del sole, e ne serbano indimenticato il ricordo attraverso il corso fluttuante della vita.
5) Non vogliamo infine tralasciare un tratto caratteristico della figura del Buon Pastore, il quale, oltre ad essere la Luce vera che illumina ogni uomo, veniente in questo mondo, nella verità, nella via e nella vita, prodigava fuori di sé la virtù sanatrice anche dei corpi e di ogni miseria umana «benefaciendo et sanando omnes» (Act., X, 38), e lasciando ai suoi Apostoli e alla sua Chiesa il mandato dell’amore misericordioso ai poveri, ai sofferenti, ai derelitti; perché la vita di quaggiù è un flusso e riflusso di beni e di mali, di pianto e di gioia, di bisogni e di soccorsi, di cadute e di risorgimenti, di lotte e di vittorie. Ma l’amore verso i fratelli tutti redenti da Cristo è il misterioso balsamo di ogni dolore e miseria.
Sull’inizio del secondo secolo, come voi ben sapete, S. Ignazio di Antiochia alla Chiesa di Roma, il cui anfiteatro egli, quasi leone morente fra i ruggiti dei leoni, stava per consacrare col suo sangue, dava già il titolo di «προκαζημένε τησ αγάπης»: espressione in cui, tra l’altro, si manifesta un riconoscimento onorevole e nobile della carità di lei, vale a dire che essa « ha il primato (anche) nell’amore » (Epist. ad Rom., II). La carità romana non è mai venuta meno nei secoli : essa brillò nelle catacombe, nelle case dei cristiani, negli ospedali, nei ricoveri dei pellegrini, degli orfani, nei randagi figli del popolo, nei pericoli delle famiglie e delle fanciulle, nei mille aspetti della sventura. Mostratevi degni dei vostri avi. Non vi è parrocchia, dove non vi sia penuria da sollevare; né può disinteressarsene una vita parrocchiale fiorente. Non conoscete voi ogni giorno quanto cresca il bisogno e la povertà, dove manifesta, dove occulta? Organizzate l’operosità della beneficenza, perché si svolga in maniera ordinata, giusta, uguale, vasta; animatela con vivo spirito d’amore, con rispetto delicato, con provvido sguardo verso coloro che senza colpa sono caduti nell’indigenza : qui miseretur, ammonisce S. Paolo, lo faccia in hilaritate (Rom., XII, 8), «con quel tacer pudico, che accetto il don ti fa» (Manzoni, Pentec.).
Attingete il coraggio e la luce nella storia della città e della diocesi di Roma. Per le sue grandezze, le sue decadenze e durezze di eventi, Roma non ha simili, e, in pari tempo, per le potenti manifestazioni della misericordia di Dio non ha uguali. Quanta è la dignità di questo colle Vaticano e di queste sponde del Tevere! Quanta è la gloria delle parrocchie e dei sacri titoli romani, dalle cui pareti mille ricordi e lapidi parlano e ammoniscono chi li contempla! Che se è pur dovere che gli animi nostri restino consapevoli della grave ed aspra ora che volge, la nostra vita e l’ardore nostro vogliono essere sostenuti dalla fiducia che la forza di Dio creerà anche oggi opere grandi e perfette; perché ogni sufficienza nostra viene da Lui: «Sufficit tibi gratia mea; nam virtus in infirmitate perficitur» (II Cor., III, 5 ; XII, 9).
Rivolgete in alto i vostri sguardi agli innumerevoli uomini, ché col loro sangue, come testimoni di Cristo, hanno abbeverato il suolo di questa città, agli eroi dello zelo, della parola e della carità, che con la santità della vita lo hanno reso fertile e rigoglioso, dai Principi degli Apostoli e dai Protomartiri della Chiesa romana sotto Nerone ai ministri di Dio, sacerdoti, religiosi, prelati e Pontefici, che in quest’Urbe furono lucerne ardenti e lucenti in secoli a noi più vicini. Con piena fiducia nella loro intercessione e specialmente in quella della Santissima Vergine, aiutandovi vicendevolmente con fraterno spirito sacerdotale, consacrandovi con piena e assidua dedizione all’opera di Cristo e della sua Chiesa, fate che questa città, diocesi Nostra particolare e anche cura vostra, tanto ampliatasi in pochi decenni e cresciuta, con straordinaria rapidità, di popolazione e splendore, sia, in faccia al mondo che qui conviene da ogni paese, modello di profonda fede, di costume cattolico e di cristiana carità.
Per questo impartiamo, diletti Figli, a voi e ai vostri collaboratori, a tutte le speranze e le intenzioni vostre, ai vostri parrocchiani, e specialmente alla gioventù, dalla pienezza del Nostro cuore paterno l’Apostolica Benedizione.
Articolo completo: https://www.centrostudifederici.org/discorso-di-pio-xii-ai-parroci-di-roma-per-la-quaresima%E2%80%A8/?fbclid=IwAR33jrNNwQ3YY6bEVDpbA4pSvEaSaGZpQ1BZosU9Rkpb8Swo7zybNVPVBQU
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