La nuova campagna elettorale di Biden costerà molti aborti

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Mauro Faverzani

Come già fu per il primo mandato, anche l’eventuale rielezione di Joe Biden potrebbe costare molte vite umane. La sua campagna elettorale ha fatto dell’aborto, infatti, uno dei propri cavalli di battaglia. A colpi di spot, come quello intitolato «These Guys», lanciato lo scorso 1° settembre e programmato per due settimane in sette Stati americani ovvero Arizona, Georgia, Michigan, Pennsylvania, Nevada, Wisconsin e Carolina del Nord.

Forti le critiche giunte in merito dalle associazioni pro-life, che han definito, senza mezzi termini, «estreme» le politiche abortiste promosse da un Biden, che solo a parole ama proclamarsi “cattolico”. Laura Echevarría, portavoce di National Right to Life, ha evidenziato come Biden sia «il presidente più favorevole all’aborto nella storia della nostra nazione», al punto da coinvolgere l’intera amministrazione «per promuovere e proteggere l’aborto illimitato», oltre tutto a spese dei contribuenti.

D’altra parte, la lobby pro-choice negli Stati Uniti può contare su finanziatori potenti. E non si tratta solo della multinazionale dell’aborto, Planned Parenthood, che ovviamente è parte in causa, bensì anche di miliardari pronti a sostenere coi propri soldi la ferale causa. Come l’amministratore delegato della multinazionale Berkshire Hathaway, Warren Buffett, quinto uomo più ricco al mondo: ad un’età (93 anni), in cui bene sarebbe fare i conti con la propria anima, ha deciso invece di sponsorizzare la campagna abortista. Negli ultimi vent’anni ha destinato per questo decine di miliardi di dollari, convinto della necessità di ridurre la popolazione del pianeta, come ha rivelato un dettagliato reportage in due puntate, firmato da Hayden Ludwig per Restoration News. L’agenzia d’informazione InfoCatólica ha riportato anche le dichiarazioni della figlia di Buffett, Susie, che nel 1997 ha specificato come il controllo demografico sia «ciò che mio padre ha sempre ritenuto essere il problema più grande e più importante».

Quest’indagine giornalistica ha permesso di evidenziare come dal 2000 ad oggi Buffett abbia versato almeno 5,3 miliardi di dollari a favore di attivisti ed esecutori di aborti. Dal 2002 avrebbe elargito anche 41 miliardi di dollari a quattro fondazioni, impegnate a promuovere l’aborto all’estero. Assolutamente fittizio e fuorviante, dunque, quanto dichiarato dallo stesso Buffett nel 2003, quando annunciò che le azioni della Berkshire Hathaway non sarebbero più state donate a gruppi abortisti: in realtà, ha spiegato Hayden Ludwig nel proprio reportage, «migliaia di sovvenzioni sono state versate negli ultimi due decenni» dalla Howard G. Buffett Foundation, dalla NoVo Foundation e dalla Susan Thompson Buffett Foundation, tutti organismi gestiti da membri della famiglia Buffett. Da qui sarebbero usciti più di 3 miliardi di dollari, destinati tutti ad organizzazioni dichiaratamente pro-choice quali Planned ParenthoodMarie Stopes International, la National Abortion FederationNaralDKT International e molte altre. Con questi soldi sarebbero stati finanziati aborti non solo negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito, in Africa ed altrove.

L’ideologia mortifera però si serve anche di altri strumenti, per imporsi come pensiero dominante ovunque, anche cancellando chiunque abbia un’opinione differente. Ed il web in questo torna a distinguersi una volta di più quale veicolo privilegiato dell’incubo orwelliano.YouTube, ad esempio, secondo quanto rivelato dalle agenzie InfoCatólica Zenit, starebbe predisponendo una nuova politica atta a censurare i contenuti pro-life od, in ogni caso, contrari all’aborto ed alle linee-guida dell’Oms in materia (linee-guida, che considerano l’aborto un “diritto umano”), con modalità ancora da definire, ma tali in ogni caso da vanificare i dubbi di quei pochi, che ancora ne nutrissero, circa l’imparzialità dei social media – come anche Meta (o Facebook, che dir si voglia) e Twitter nella moderazione dei contenuti.

 

Ecco perché la 194 non va blindata, ma abrogata

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Fabio Fuiano

Il 24 gennaio scorso, alla Camera, è stato approvato, con 257 favorevoli e 3 astenuti su 260 deputati, praticamente l’unanimità, un ordine del giorno (ODG) proposto dalla deputata Stefania Ascari (M5S), nel quale si legge quanto segue: «La Camera, impegna il Governo ad astenersi dall’intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978». Il documento è stato presentato come reazione alle proposte di legge dei senatori Maurizio Gasparri (FI) prima e Roberto Menia (FdI) poi, volte a modificare il primo articolo del Codice Civile al fine di riconoscere soggettività giuridica al concepito. Un tale disegno di legge è risultato inaccettabile tanto a sinistra quanto a destra, in quanto sarebbe entrato necessariamente in conflitto con la legge 194/78 che rende l’aborto legale in Italia e che, purtroppo, gode di vasti consensi anche tra chi, proclamandosi pro-life, dovrebbe avversarla. L’ODG è stato presentato in maniera tale da far cadere il centrodestra in un tranello diabolicamente ben congegnato. Infatti, se, da un lato, esso è stato presentato nella più ampia cornice dell’istituzione di una Commissione d’inchiesta sul c.d. “femminicidio”, dall’altro, seguendo l’intervento dell’onorevole Fratoianni (AVS), riportato nel resoconto stenografico (p. 40), ben si intuisce quale fosse lo scopo finale: «Quello che, invece, mi preme sottolineare ancora una volta è che un voto che respinga questo ordine del giorno avrebbe un significato preciso di cui il Governo e la maggioranza devono essere consapevoli. Bocciare questo ordine del giorno significa dichiarare che Governo e maggioranza intendono mettere in discussione la legge n. 194».

Il centrodestra è stato come “inchiodato” di fronte ad una (falsa) alternativa: o votare contro l’ODG e quindi risultare (a) apparentemente a favore delle violenze sulle donne e (b) incoerente rispetto a quanto prospettato in campagna elettorale sulla 194, oppure votare a favore e salvare la faccia, mettendo però la 194 in una botte di ferro, con grande esultanza degli abortisti. In realtà, sarebbe bastato prender coraggio e rigettare l’interpretazione della sinistra al voto contrario, ribadendo che il Governo ha piena autonomia di giudizio e che non deve provare niente a nessuno, tantomeno con un ODG del genere. Per di più, come si vede dal resoconto (p. 41), inizialmente è stato proposto un ODG più estremo (allegato A ai resoconti, p. 33), per poi accontentarsi della riformulazione più “moderata”, ma egualmente sufficiente a centrare l’obiettivo di intoccabilità della 194, dando alla destra l’illusione di aver “scongiurato” il peggio. Tale decisione, invece, rappresenta un grave vulnus, forse il più grave dall’approvazione della 194. Gli stessi politici di destra, ormai impregnati della medesima logica femminista di sinistra (come giustamente osservato dal dott. Tommaso Scandroglio) hanno difeso una “legge” che continua a mietere vittime innocenti.

Le virgolette alla parola “legge” non sono casuali. Il mondo della politica, specialmente dall’avvento della Democrazia Cristiana, sembra ormai svincolato dalla legge morale naturale. I cardinali Francesco Roberti (1889-1977) e Pietro Palazzini (1912-2000), nel loro Dizionario di Teologia Morale (Editrice Studium, 1955, p. 931) affermano che si chiama naturale ogni legge che «scaturendo dalla costituzione stessa delle cose, ha valore obbligante antecedentemente ad ogni libera statuizione di legislatore umano. Avuto riguardo alla sua prima fonte, che è Dio, la legge naturale è la partecipazione della legge eterna nella creatura razionale […]. Considerata nella coscienza umana, ove si manifesta, è la legge che si rivela a noi attraverso le nostre naturali tendenze, vagliate e regolate dalla retta ragione».

Ora, la prima fra le naturali tendenze dell’uomo è proprio la vita, senza la quale l’uomo non può ambire a nulla. Essa merita dunque d’essere protetta come il bene naturale più elevato. Attentare a questo bene è andare contro l’ordine della ragione. Come ricorda San Tommaso d’Aquino (Ia-IIae, q. 93, a. 3, ad 2): «La legge umana ha ragione di legge in quanto è conforme alla retta ragione; a questo titolo, è manifesto che essa deriva dalla legge eterna. Ma, nella misura in cui si allontana dalla ragione, è dichiarata legge iniqua, quindi non ha più ragione di legge, ma è piuttosto una violenza».

E ancora (Ia-IIae, q. 95, a. 2): «Ogni legge posta dagli uomini non ha ragione di legge che nella misura in cui deriva dalla legge naturale. Se in qualche punto si allontana dalla legge naturale, allora non è più una legge, ma una corruzione della legge».

La 194 risponde a tali caratteristiche di iniquità, essendo la sua “ragion d’essere” la soppressione di esseri umani innocenti nel grembo materno. Per questo non ci sono mezze misure attuabili, essa va abrogata. Per chi si ostina pervicacemente ad affermare che ciò è un’utopia, o chi addirittura, come il Ministro Eugenia Roccella, si spinge ad affermare contro l’evidenza che essa «stabilisce il valore sociale della maternità», rispondiamo che la vera utopia non è l’abrogazione di una legge positiva (ogni legge umana, proprio in quanto tale, è sempre abrogabile). La vera utopia è pensare di poter applicare uno strumento concepito per uccidere per tutelare la vita umana innocente. Sarebbe come pretendere di utilizzare una macelleria per coccolare agnellini. Anche i primi cinque articoli della 194 sono funzionali alla sua ragion d’essere: infatti, essi continuano a frenare una reale opposizione del mondo pro-life.

Ciò avviene perché essi sembrano voler apparentemente porre dei “paletti” alla pratica abortiva, affermando ipocritamente che (a) lo Stato tutelerebbe la vita umana dal suo inizio; (b) i consultori dovrebbero svolgere un’attività di dissuasione della donna intenta ad abortire, includendo eventualmente delle associazioni di volontariato; (c) ordinariamente si dovrebbe lasciare alla donna una settimana per riflettere prima di rilasciare il certificato.

Questi articoli, nell’immaginario comune, permetterebbero una “applicazione pro-life” della 194. Ma come possono essere letti in maniera avulsa dal contenuto successivo della norma? In particolare, si noti come (a) furbescamente si parli di «tutela della vita umana dal suo inizio» senza specificare quale sia per non entrare in conflitto con gli articoli successivi; (b) attualmente un obiettore di coscienza non può partecipare alla procedura della 194, perché altrimenti verrebbe coinvolto in atti che ha deciso di non compiere per ragioni morali, giuridiche e deontologiche (cooperazione materiale prossima o formale al male); (c) il tutto è pienamente in linea con la concessione alla donna della facoltà di uccidere suo figlio, senza che alcuno possa frapporsi tra lei e tale “decisione”.

Paradossalmente, se quegli articoli non fossero presenti, la 194 sarebbe suscettibile di maggiori attacchi e, dunque, la probabilità di abrogarla sarebbe maggiore. Con la loro presenza, invece, l’attacco è disinnescato e la sopravvivenza della norma è praticamente garantita. Ecco perché la 194 non va blindata, ma abrogata. Ed è incredibile che la blindatura sia avvenuta sotto un governo non di sinistra, ma di centrodestra. Non si deve però cedere allo scoraggiamento: se anche si impedisse il dibattito e qualunque intervento sulla 194, chi sa la verità dovrà continuare a testimoniarla, anche a costo di grandi sacrifici ed incomprensioni, persino da parte del mondo pro-life, certo che la Divina Provvidenza non mancherà mai d’assistere coloro che amano Dio e la Sua Legge.

 

La Vita avanza negli Usa ed in Spagna

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Mauro Faverzani

La Corte d’Appello federale, negli Stati Uniti, ha bloccato definitivamente le controverse leggi volute su mandato dello stesso presidente americano Joe Biden, per costringere i medici cristiani a praticare gli aborti ed interventi chirurgici di transizione sessuale, contro la propria coscienza ed annullando una norma di segno esattamente opposto varata a suo tempo dall’amministrazione Trump. Ciò – è stato notato dai giudici – viola la legge federale, che tutela la libertà religiosa.

I funzionari del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani vorrebbero obbligare i sanitari di strutture religiose no-profit for-profit ad eseguire operazioni, nonché a porre in atto procedure, consulenze e trattamenti, mirati ad alterare il sesso biologico dei pazienti, nonché ad uccidere i figli nel grembo materno. Vasto il dissenso scoppiato evidentemente tra i sanitari, decisi a fermare tali provvedimenti liberticidi.

A fronte di una vittoria, altri scenari foschi si addensano all’orizzonte, come il tentativo posto in essere dalla Commissione americana per le pari opportunità e per l’Impiego, che, applicando in modo errato il Titolo VII della normativa sulla discriminazione sessuale, vorrebbe obbligare i datori di lavoro di enti religiosi a pagare ai propri dipendenti la copertura assicurativa necessaria per aborti ed interventi di transizione sessuale, ricorrendo anche all’antilingua e quindi rimpiazzando il termine «sesso» con quello, molto diverso, di «genere», come tristemente avvenuto in Europa. Insomma, non essendoci arrivati in un modo, da irriducibili coerenti, cercano di arrivarci nell’altro, ma v’è da auspicare che anche questo ennesimo tentativo venga azzerato.

Intanto, il Consiglio Superiore della Magistratura spagnolo ha messo in guardia: togliere l’obbligo del consenso dei genitori dalla scelta, compiuta da sedicenni e diciassettenni, di abortire – come previsto nel progetto di riforma della legge di merito, presentato dal ministro dell’Uguaglianza Irene Montero, esponente di Podemos – va contro la Costituzione, poiché si scontra con l’obbligo del padre e della madre di svolgere «funzioni inerenti alla potestà genitoriale», come previsto dall’art. 154 del Codice Civile. Della questione, comunque, il Consiglio discuterà in sessione plenaria il prossimo 22 dicembre: il parere dell’organo giudiziario è obbligatorio, ma non vincolante.

Intanto, lo scorso 8 dicembre, nonostante le minacce di azioni legali giunte dalla galassia pro-choice,la Contea di Lea, nel Nuovo Messico, ha approvato all’unanimità un’ordinanza relativa alla costituzione di una «Città-santuario per i non nati». È stata la prima iniziativa del genere negli Stati Uniti, come ricavato da Mark Lee Dickson, direttore di Right to Life of East Texas, ma un’altra sessantina di città ha già fatto altrettanto e molte altre sono pronte a provvedere entro l’inverno. Risoluzioni a favore della vita, benché non formulate quali leggi vincolanti, sono state approvate, inoltre, in Arkansas e nella Carolina del Nord.

A seguito di tale ordinanza, Whole Woman’s Health,catena di cliniche abortiste, ha deciso di non trasferirsi nella Contea di Lea, facendo saltare l’accordo immobiliare raggiunto. Si tenga presente che Whole Woman’s Health è una presenza molto strutturata, già presente in altre zone del Nuovo Messico: assicura l’organizzazione di aborti entro 24 ore e l’invio di pillole abortive per posta. Se questa volta ha rinunciato, è perché evidentemente ha intuito non esservi a Lea l’humus adatto per insediarsi. Da quando il Texas, con la legge sul battito cardiaco, ha limitato l’accesso all’aborto, l’industria pro-choice ha dirottato la propria utenza verso le città di confine del Nuovo Messico – come Lea per l’appunto -, potendo in questo Stato uccidere i figli in grembo senza particolari restrizioni. Ma l’iniziativa delle «Città-santuario per i non nati» sposta di nuovo l’attenzione verso la vita e, di conseguenza, verso le responsabilità intrinseche di chi la voglia spegnere. Sarebbe bello che tale iniziativa potesse essere assunta anche all’estero, magari anche in Italia.

Usa, sentenza storica: la Corte Suprema cancella il diritto all’aborto

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La decisione lascia liberi gli Stati di usare la loro legislazione in materia. Insorgono gli abortisti

 

Da oggi, 24 giugno 2022 il diritto costituzionale all’aborto negli Stati Uniti d’America non esiste più. Da quando a maggio, il giornale americano Politico, in un atto che non ha precedenti nella storia, aveva pubblicato la bozza della sentenza che in qualche modo annunciava quello che solo oggi è certo, negli Usa di Biden si è scatenato l’inferno. Una guerra civile di cui pochissimi hanno raccontato. Non solo, infatti, le abitazioni dei giudici della Corte Suprema coinvolti nella stesura della sentenza, sono state prese d’assalto.

La rivolta abortista

Ma, in queste settimane, i violenti gruppi abortisti hanno incendiato diversi centri pro life in Wisconsin, Alaska, Washington, Oregon e New York; hanno vandalizzato più di una dozzina di chiese e centri di gravidanza; hanno incendiando con bombe molotov un altro centro di aiuto alla gravidanza in Oregon e distruggendone uno in Florida. Ci sono poi le indagini sulle cause dell’incendio che ha distrutto la chiesa cattolica di Nostra Signora del Santo Rosario di Hostyn, in Texas (l’indagine è ancora in corso e non si esclude la causa dolosa).

Il gruppo Jane’s Revenge solo il 15 giugno invitava tutti i suoi adepti ad iniziare, anzi, a proseguire la guerra contro chiese, giudici e centri pro vita del Paese. Lunedì 13 giugno gli stessi terroristi avevano bloccato le vie d’accesso alla Corte Suprema, dopo averlo ampiamente annunciato e solo per la solerzia della polizia, non sono passati all’assalto dei giudici. Per settimane il New York Times ha aizzato le folle e spinto verso l’occupazione permanente di strade e piazze per protestare sine die. Secondo il Guardian, in sintonia con la stampa liberal americana, la possibile decisione della Corte Suprema porterà ad una grande “guerra civile”. Il sindaco di Chicago, Lori Lightfoot, del Partito Democratico, ha chiesto pubblicamente sui social di “imbracciare le armi” per difendere l’aborto contro la Corte Suprema.

Il segretario al Tesoro Janet Yellen, in un’audizione al Senato, a maggio, sulla preoccupante situazione economica e la crescita dell’inflazione nel Paese, si è preoccupata di dilungarsi sulla decisione della Corte sostenendo che “avrebbe portato a una grave crisi economica”. I grandi gruppi editoriali hanno vietato ai propri giornalisti di prendere le distanze dalle manifestazioni pro aborto e introdurre opinioni pro life nei propri articoli. Il Washington Post ha addirittura chiesto ai produttori di videogame di schierarsi chiaramente contro la sentenza attesa.

Sentenza capovolta

Ma cosa è accaduto oggi e perché si parla di un capovolgimento della sentenza Roe v Wade? Sulla scrivania dei giudici della Corte Suprema c’era il caso Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization che vede contrapposto lo Stato del Mississippi alle organizzazioni abortiste. Considerato da subito, dagli addetti ai lavori il più importante fin dai tempi della Casey contro Planned Parenthood, la sentenza del 1992 che confermò il diritto di abortire introdotto dalla Roe nel ’73, è nato in Mississippi.

Il 19 marzo 2018, il governatore repubblicano dello Stato meridionale, Phil Bryant, firmò una legge che dichiarava illegali in Mississippi tutti gli aborti praticati entro le 15 settimane di gravidanza. Si è trattato di un affronto diretto alle sentenze Roe v. Wade e Planned Parenthood v. Casey, nelle quali è stato stabilito principalmente che l’aborto è legittimo in qualunque caso fino a quando il bambino non è in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno. La legge del Mississipi non è mai entrata in vigore, perché l’Organizzazione di Jackson per la salute delle donne, che gestisce l’unica clinica abortista di tutto lo Stato di 3 milioni di abitanti, presentò un esposto alla corte federale distrettuale, che bloccò la legge nel novembre del 2018. Il Mississippi non è il primo Stato ad approvare una legge simile nella speranza di riuscire a portarla davanti alla Corte Suprema. Ma nessuno c’era mai riuscito.

Stati liberi di legiferare

Il ministro della Salute del Mississippi, Thomas Dobbs, che ha dato il nome alla causa, ha chiesto che agli Stati, cioè ai cittadini, sia restituito il diritto di legiferare a piacimento in materia. La clinica, invece, voleva porre la parola fine alla possibilità da parte dei Parlamenti locali di intralciare la libertà delle donne. Ora che la Corte Suprema si è pronunciata a favore della norma del Mississippi le opzioni saranno diverse diverse: ci sarà una revisione della Roe v. Wade che renderebbe liberi gli Stati di vietare l’aborto al primo e secondo trimestre di gestazione, oppure di vietare a tutti gli Stati gli aborti oltre la 15esima settimana. Un passo ulteriore sarebbe invece quello di permettere ai parlamenti locali non solo di limitare l’aborto ma di proibirlo del tutto, con sanzioni e pene per chi vi partecipasse.

I giudici della sentenza Roe legalizzarono l’aborto puntellandosi al principio della privacy che discendeva implicitamente da un altro principio contenuto nel XIV emendamento: il principio di libertà. Con quella sentenza, nel 1973, venne stabilito che il bambino nel grembo materno non fosse, come dicono gli americani, una “persona costituzionale” e che l’aborto potesse rientrare nei diritti costituzionali statunitensi.

La sentenza pubblicata oggi stabilisce, invece, che Roe e Casey debbano essere annullate perché la Costituzione Usa non fa alcun riferimento all’aborto, e nessun diritto del genere è implicitamente tutelato da alcuna disposizione costituzionale. E che la decisione non si basa su alcun giudizio in merito a quando uno Stato dovrebbe considerare la vita prenatale come avente dei diritti o interessi legalmente riconoscibili. La Corte quindi demanda ai singoli Stati tale questione legata all’eventuale soggettività giuridica del nascituro e, a monte, allo status personale dello stesso. Le due sentenze di cui sopra sono illegittime. Ritengono che il Quattordicesimo Emendamento non tuteli il diritto all’aborto, e, soprattutto, hanno confermato quando per decenni, fior fiori di giuristi hanno dimostrato: la struttura della decisione Roe nel 1973 somigliò più che a una sentenza, a un testo di legge, cosa che creò un’anomalia giurisprudenziale enorme.

“Non possiamo permettere che le nostre decisioni siano influenzate da condizionamenti esterni come la preoccupazione per la reazione del pubblico al nostro lavoro. […] Non pretendiamo di sapere come reagirà il nostro sistema politico o la nostra società alla decisione odierna di annullare Roe e Casey. E anche se potessimo prevedere cosa accadrà, non ci potremmo permettere che questa conoscenza influenzi la nostra decisione”, c’era scritto a pagina 63 e 65 della bozza della sentenza trapelata a maggio. I giudici sono stati di parola, ma tutto lascia intende che davvero ci sarà una guerra civile dopo questa sentenza.

Lorenza Formicola, 24 giugno 2022 – https://www.nicolaporro.it/usa-sentenza-storica-la-corte-suprema-cancella-il-diritto-allaborto/

Il “cattolico” Biden contro la Corte Suprema: accesso ai farmaci abortivi a tutte le donne

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Dopo la sentenza della Corte Suprema sull’aborto, il presidente Joe Biden ha annunciato che garantirà l’accesso delle donne ai farmaci abortivi

A seguito della decisione della Corte Suprema Usa di cancellare la sentenza Roe vs Wade, che dal 1973 garantisce su scala federale la facoltà per le donne incinte di praticare l’aborto, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato che proteggerà l’accesso delle donne ai farmaci approvati dalla Food and Drug Administration che consentano la “contraccezione” e in particolare al “mifepristone”, un farmaco approvato dalla FDA che interrompe in modo sicuro una gravidanza precoce fino a 10 settimane.

La reazione della Casa Bianca

Dal suo profilo Twitter, il capo della Casa Bianca fa sapere che, sebbene la decisione odierna della Corte Suprema di rovesciare la sentenza Roe v. Wade “metta a rischio la salute e la vita delle donne in tutta l’America”, la maggior parte degli Stati di questo Paese “riconosce ancora il diritto di scelta delle donne”.

Biden annuncia di aver dato ordine al Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani di garantire che farmaci per la contraccezione e il mifepristone siano “disponibili nella misura più ampia possibile”.

Le parole di Jill Biden

Sulla sentenza della Corte Suprema che sta facendo discutere gli Stati Uniti e il mondo intero dice la sua anche la First Lady, Jill Biden.

In un tweet, afferma che, per quasi 50 anni, “noi donne abbiamo avuto il diritto di prendere le nostre decisioni sul nostro corpo. Oggi quel diritto ci è stato rubato”. La First Lady promette, tuttavia, che “non resteremo ferme mentre i progressi che abbiamo ottenuto svaniscono”, annunciando una dura battaglia.

Che cosa stabiliva la Roe vs. Wade

È il 1973 quando Norma McCorvey – chiamata con lo pseudonimo Jane Roe per una questione di privacy – decide di fare causa contro lo stato del Texas, con il supporto delle avvocatesse Sarah Weddington, Linda Coffee e Gloria Allred, per poter interrompere la sua terza gravidanza.

aborto-protesteFonte foto: ANSA Proteste a Washington, DC, dopo la sentenza della Corte Suprema

La giovane decide quindi di andare a processo davanti alla Corte Distrettuale contro le leggi anti-aborto del Texas, come ricorda il Corriere della Sera. La sua richiesta viene accolta, ma il rappresentante legale dello Stato, l’avvocato Henry Menasco Wade, decise di appellarsi alla Corte Suprema.

Il resto è storia: il verdetto della Corte Distrettuale dà ragione a McCorvey e i giudici dichiarano incostituzionale la legge texana.

Fonte: https://notizie.virgilio.it/aborto-il-presidente-usa-joe-biden-promette-ampio-accesso-ai-farmaci-abortivi-a-tutte-le-donne-1534003

Ultra abortisti SCONFITTI

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Segnalazione di Antonio Brandi

E’ stata dura, durissima, ma ce l’abbiamo fatta.

Sono state settimane di fuoco, con attacchi feroci da parte della politica, dei media, dei collettivi radicali, dei centri sociali e dei gruppi ultra-femministi.

A Torino hanno fatto di tutto per rimuovere i nostri manifesti per la Vita (come successo a Roma), ma ne sono usciti con le ossa rotte.

Il Partito Democratico aveva già avviato la procedura per la censura amministrativa, ma era necessario il via libera dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP).

Doccia fredda: lo IAP ha risposto che i nostri manifesti sono tutelati dal diritto di opinione ed espressione e non contengono messaggi violenti, offensivi o discriminatori.

La propaganda femminista e ultra-abortista che ci ha infangato per settimane è stata clamorosamente smentita… e sconfitta!

Abbiamo combattuto, abbiamo resistito, abbiamo vinto.

Sì, abbiamo vinto una battaglia, ma la guerra è ancora lunga.

La sinistra continua a lavorare per mettere fuori legge chiunque dica la verità sull’aborto e difenda la sacralità della Vita, cioè me e te.

Per continuare a combattere, a resistere agli attacchi e difendere la vita dei bimbi nel grembo delle loro mamme ho bisogno di tutto l’aiuto possibile.

“Se gli aborti non sono sicuri, non lo siete nemmeno voi” (FIRMA LA PETIZIONE)

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Segnalazione di CitizenGO

Le notizie che ci stanno giungendo dagli USA sono sconcertanti!

Dopo l’illecita fuga di notizie di stampo radicale sul possibile ribaltamento della sentenza Roe vs Wade – che di fatto eliminerebbe il diritto all’aborto negli USA e nel mondo – le lobby pro-aborto hanno sguinzagliato l’assurda violenza dei loro peggiori attivisti:

  • Hanno attaccato le chiese irrompendo durante le messe, compiendo atti blasfemici e di vandalismo e offendendo e minacciando i fedeli.
  • Di fronte alla Basilica di San Patrizio di Manhattan (New York), i fedeli si sono allineati fuori dalla chiesa armati di rosario per difenderla dall’ira dei manifestanti pro-aborto che gridavano “Grazie a Dio per l’aborto”, oppure, “Dio ha ucciso il suo bambino, perché io non posso uccidere il mio? Aiutatemi ad abortire i miei bambini“;
  • La polizia è stata costretta a mettere in sicurezza diverse chiese nello stato di New York, Wagshinton e Virginia per paura di altri attacchi ai fedeli;
  • Sono stati resi pubblici gli indirizzi delle residenze dei Giudici della Corte Suprema così che migliaia di attivisti pro-aborto hanno potuto accerchiare in modo minaccioso le loro case mentre i giudici si trovavano li con le loro famiglie;
  • E ancora peggio, gli attivisti pro-aborto hanno attaccato i centri alla vita e dato fuoco con bombe molotov alla sede di una associazione provita a Madison, nel Wisconsin.

Immagine degli attacchi alla sede dell’associazione provita a Madison. La frase sul muro recita: “Se gli aborti non sono sicuri, non lo siete nemmeno voi”

Le lobby pro-aborto stanno scatenando l’inferno e i loro atacchi blasfemi e violenti sono la riprova della radice demoniaca dell’aborto e di chi sostiene che il genocidio di milioni di bambini innocenti sia un “diritto”.

Come puoi vedere, la posta in gioco è altissima. È in atto una rivoluzione in favore della vita, e abbiamo la possibilità di fare la storia infliggendo un colpo radicale all’aborto.

Se non agisci ora, vinceranno loro. Non permettere che questo accada!

AGISCI SUBITO! Firma per sostenere la sentenza che eliminerà il diritto all’aborto negli Stati Uniti e nel mondo.

Il ribaltamento della sentenza rappresenterebbe un vero e proprio contraccolpo all’aborto e all’economia che gira intorno all’uccisione di vite innocenti. Tutto potrebbe cambiare… e loro questo lo sanno, ecco perché la loro reazione è così violenta.

Ed ecco perché non puoi rimanere indifferente di fronte a tutto questo!

Ti prego, una volta che avrai firmato, condividi immediatamente questa petizione con tutti i tuoi contatti su tutti i tuoi social (Whatsapp, Facebook, Twitter, Telegram, Instagram) per fare in modo che il sostegno di più persone possibili raggiunga i Giudici della Corte Suprema.

In ballo c’è la vita di milioni di vite di bambini innocenti. Conto su di te!

Grazie di cuore!

Matteo Fraioli e tutto il team di CitizenGO

PS: Se hai già firmato, per favore condividi subito la petizione coi tuoi amici!

Di seguito l’e-mail che ti ho mandato giorni fa:


Era inimmaginabile, ma ora è possibile.

La maggioranza conservatrice della Corte Suprema degli Stati Uniti potrebbe ribaltare la sentenza Roe vs Wade che ha introdotto l’aborto negli USA e nel mondo (compresa l’Italia!)

Questo avrebbe un impatto enorme nei confronti delle legislazioni a favore dell’aborto in tutto il mondo e nel nostro paese. Per questo le lobby pro-aborto si stanno mobilizzando per fare pressioni sui Giudici della Corte affinché nulla cambi.

Non possiamo rimanere in silenzio! Firma subito la petizione e manda un messaggio ai giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti affinché facciano la cosa giusta.

FIRMA CONTRO L’ABORTO

 

 

 

È giunto il momento.

Ammetto che non pensavo che l’avrei mai visto arrivare, ma ora è qui, davanti a noi.

Ecco cosa sta succedendo: la Corte Suprema degli Stati Uniti sarebbe pronta a rovesciare la sentenza Roe vs Wade, la sentenza che, con l’ausilio di menzogne e false testimonianze, ha spalancato la porta all’aborto legale negli USA dal 1973 e che ha favorito la legalizzazione dell’aborto in tutto il mondo (anche in Italia!)

A causa di Roe vs Wade, milioni di bambini innocenti sono stati brutalmente uccisi nel grembo delle loro madri (65 milioni di bambini uccisi solo negli USA).

Ma oggi potremmo assistere al rovesciamento della sentenza che, inevitabilmente, innescherà una rivoluzione provita capace di salvare milioni di bambini in Italia e in tutto il mondo!

La Corte Suprema è attualmente composta da cinque conservatori contro tre progressisti. Abbiamo quindi la possibilità di vincere, ma non ne abbiamo la certezza.

Infatti, a livello nazionale ed internazionale, gli attivisti pro-aborto si stanno armando e stanno promuovendo violente strategie per fare pressione sui Giudici conservatori della Corte Suprema.

Hai la possibilità di infliggere un colpo storico all’aborto. Hai la possibilità di salvare vite innocenti innescando una rivoluzione provita di portata mondiale. Ma è importante che tu agisca ora!

Firma subito la petizione e manda un messaggio immediato ai giudici della Corte Suprema degli USA: Signori Giudici della Corte Suprema, avete l’opportunità storica di difendere la vita umana dal momento del concepimento, non sprecatela. Noi siamo con voi!

Il momento è favorevole:

  • La maggioranza della popolazione statunitense è contraria all’esistenza di un “diritto” all’aborto.
  • Diversi Stati negli USA hanno già approvato leggi in difesa della vita nascente, come le leggi che impediscono l’aborto a partire dall’esistenza del battito cardiaco del feto (sono in attesa dell’approvazione della Corte);
  • La Corte ha una maggioranza conservatrice in questo momento;
  • Inoltre, è stato già dimostrato che la sentenza Roe v Wade si fondava su vere e proprie menzogne. Jane Roe era lo pseudonimo della giovane Norma McCorvey che mentì alla Suprema Corte sostenendo di essere rimasta incinta a seguito di uno stupro, che in realtà non era mai avvenuto. Molti anni dopo ha ammesso di aver mentito dichiarando di essere stata manipolata da attivisti pro-aborto. Lo stesso Dottor Nathanson ammesse di aver gonfiato le statistiche degli aborti illegali per aumnetare le pressioni sulla Corte all’epoca dell’approvazione della legge.

Il momento è favorevole, ma le violente pressioni dei gruppi pro-aborto hanno il potere di far cambiare idea ai Giudici. Persino il presidente degli Stati Uniti, il “cattolico” Biden, sta mobilitato i suoi affermando che “il diritto costituzionale all’aborto stabilito nel caso Roe v. Wade quasi 50 anni fa è oggi sotto attacco come mai prima”.

Per questo motivo è fondamentale che tu agisca ora!

Firma questa petizione che sarà consegnata direttamente ai giudici della Corte Suprema, per convincerli a porre fine alla Roe V. Wade e dunque all’aborto.

A causa della sentenza Roe v. Wade, negli Stati Uniti sono stati praticati circa 62 milioni di aborti – un vero e proprio genocidio!

E non solo: a causa di quella sentenza fondata su infide bugie, la piaga dell’aborto è dilagata in tutto il mondo, arrivando anche in Italia e provocando altrettanti milioni di aborti.

Se riuscissimo a invertire la rotta, sarebbe un vero e proprio tsunami pro-vita che coinvolgerebbe non solo gli USA, ma anche l’Italia e tutto il mondo.

Riesci a renderti conto dell’importanza dell’occasione ci si è presentata?

Ti dico cosa faremo:

  • Firmando questa campagna, invierai un messaggio eprsonale al Citizens Advice Bureau della Corte Suprema USA.
  • Insieme al team di CitizenGO degli USA, organizzeremo raduni e manifestazioni davanti alla Corte.
  • Promuoveremo inoltre incontri professionali con gli esperti legali per far conoscere ai Giudici le nostre posizioni e il tuo sostegno.

Insieme a CitizenGO potrai essere protagonista in questa rivoluzione fondamentale per la vita. Questa è la tua e la nostra occasione! Ti chiedo di non sprecarla.

Firma qui per salvare i nascituri innocenti e porre fine per sempre alla Roe vs. Wade.

La tua azione è fondamentale, ma anche la tua preghiera. Per favore, prega affinché i giudici della Corte Suprema prendano la decisione migliore. Grazie

Matteo Fraioli e tutto il team di CitizenGO

P.S: il ribaltamento della sentenza Roe vs Wade rappresenterebbe un momento storico per la nostra battaglia provita (milioni di vite di bambini innocenti potrebbero essere risparmiate). Ti chiedo di prendere seriamente questa campagna e di agire immediatamente.

Una volta firmata, per favore, condividila su tutte le tue piattaforme social. Aiutami ad innescare la scintilla della nostra rivoluzione in favore della vita. Conto su di te!

Maggiori informazioni:
La Roe vs Wade rischia. E gli abortisti scatenano l’inferno (LNBQ)
Usa, media e Biden gettano benzina sul fuoco pro aborto (LNBQ)
La storica sentenza Roe v. Wade, una bugia che ci è costata migliaia di vite umane (PuntoFamiglia.net)
Il movimento per la vita è appena iniziato (Tebigeek)

Sarà abolito l’aborto negli Stati Uniti?

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Tommaso Scandroglio

Forse la Corte Suprema degli Stati Uniti potrà mandare in soffitta la famigerata sentenza Roe vs Wade del 1973 che legalizzò l’aborto in tutto il Paese, a cui seguì nel 1992 un’altra storica sentenza dello stesso tenore: Planned Parenthood v. Casey. Ma, come vedremo, la prudenza è doverosa per più motivi.

La Corte è stata chiamata a vagliare una decisione della 5th Circuit Court of Appeals con sede a New Orleans che riteneva incostituzionale la legge del 2018 del Mississippi la quale prevede la possibilità di vietare l’aborto dopo la 15esima settimana di gestazione. Sui media per ora sta circolando solo la prima bozza di proposta di voto della Corte per cancellare la due sentenze appena citate, a cui forse sono già seguite altre bozze. Questo documento – redatto dal giudice Samuel Alito a febbraio, ma diventato di dominio pubblico solo in questi giorni–- ha ricevuto il placet di altri quattro giudici repubblicani che siedono presso la Corte: Clarence Thomas, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett. I giudici democratici, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan, pare che stiano elaborando una contro-bozza. Il presidente della Corte suprema John Roberts non si sa che decisione prenderà al riguardo.

C’è da appuntare che raramente nella storia della Corte un documento così riservato è stato pubblicato anzi tempo. Pare proprio che questa fuga di notizie sia stata architettata da qualcuno per danneggiare l’iniziativa dei giudici conservatori. Infatti ora, prima di arrivare al verdetto finale atteso tra un paio di mesi, ci sarà tutto il tempo per aizzare le piazze, per mobilitare i media e soprattutto per votare al Congresso una norma, già annunciata da Biden, che legittimi l’aborto in tutto il Paese, vanificando così un’eventuale pronuncia della Corte contro l’aborto.

Ma veniamo al contenuto della bozza, evidenziandone solo alcune parti per motivi di spazio. Innanzitutto il documento di certo non pecca in quanto a chiarezza: «Riteniamo […] che la Costituzione non attribuisca il diritto all’aborto. Roe e Casey devono essere annullate. È tempo di dare ascolto alla Costituzione e l’autorità di regolamentare l’aborto deve essere restituita al popolo e ai suoi rappresentanti eletti». Ciò a voler dire che, se anche la Corte buttasse nel cestino queste due sentenze, l’aborto non diventerebbe automaticamente reato in tutta la Nazione, ma “semplicemente” la sua disciplina verrebbe demandata ai parlamenti dei singoli stati, parlamenti che, ad oggi, hanno dovuto legiferare in materia rispettando i vincoli giuridici presenti nelle sentenze Roe e Casey. E quindi alcuni stati probabilmente continuerebbero a legittimare l’aborto pienamente, altri lo permetterebbero ma prevedendo alcuni vincoli e altri ancora, forse, lo vieterebbero in toto.

Nel testo della bozza si possono sottolineare anche altre affermazioni dinamitarde per il mainstream attuale: «Roe aveva terribilmente torto sin dall’inizio. Il suo ragionamento è stato eccezionalmente debole e la decisione ha avuto conseguenze dannose. E lungi dal portare a una soluzione nazionale sulla questione dell’aborto, Roe e Casey hanno acceso il dibattito e approfondito la divisione». Sul tema della divisione sociale provocata dalla legittimazione dell’aborto la bozza insiste ancora: «Roe non è certo riuscita a porre fine alla divisione sulla questione dell’aborto. Al contrario, Roe ha ‘infiammato’ una questione nazionale che è rimasta amaramente divisiva nell’ultimo mezzo secolo. […] L’incapacità di questa Corte di porre fine al dibattito sulla questione non avrebbe dovuto sorprendere. Questa Corte non può tendere ad una soluzione permanente di una polemica nazionale che genera rancori semplicemente dettando un accordo e dicendo al popolo di andare comunque avanti. Qualunque sia l’influenza che la Corte può avere sull’atteggiamento della gente, [questa influenza] deve derivare dalla forza delle nostre argomentazioni, non da un tentativo di esercitare il ‘crudo potere giudiziario’». Insomma, per Alito e i suoi colleghi, la Corte suprema che decise dei casi Roe e Casey impose la propria decisione ad un’intera Nazione non con la forza delle idee, ma con la forza dell’ideologia. E infatti un’altra critica riguarda l’irrigidimento della disciplina normativa statuale su questa materia provocata dalla Roe vs Wade: «Negli anni precedenti [a Roe v. Wade], circa un terzo degli Stati aveva liberalizzato le proprie leggi, ma Roe ha interrotto bruscamente quel processo politico. Ha imposto lo stesso regime fortemente restrittivo all’intera Nazione e ha di fatto demolito le leggi sull’aborto di ogni singolo Stato».

Alito poi insiste che il presunto diritto ad abortire non fa parte del portato culturale statunitense, né è presente nella tradizione giuridica americana: «la conclusione inevitabile è che il diritto all’aborto non è profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni della Nazione», anche perché esiste «una tradizione ininterrotta di proibire penalmente l’aborto [… ] dai primi giorni della Common law fino al 1973. […] Fino all’ultima parte del 20° secolo, nella legge americana non c’era nessun puntello per avvalorare un diritto costituzionale ad abortire. Zero. Nessuno. Nessuna disposizione costituzionale statale aveva riconosciuto un tale diritto».

La bozza poi afferma giustamente che la distinzione presente in Roe vs Wade tra feto che può sopravvivere o non sopravvivere una volta nato «non ha senso». Ma proseguiamo: il parere, anticipando una possibile obiezione degli avversari, afferma che non è inusuale che la Corte sconfessi se stessa e ribalti certi orientamenti da lei assunti nel passato. Ed efficacemente cita alcuni propri pronunciamenti sulla segregazione razziale. Inoltre il giudice Alito tiene a precisare che non ci può essere fissismo giuridico da parte della Corte riguardo ad un tema su cui, in questi decenni, la sensibilità sociale è cambiata ed è cambiata in favore della vita: «La Corte ha mandato in cortocircuito il processo democratico, impedendo di parteciparvi ad un gran numero di americani che hanno dissentito in vari modi da Roe». Da qui la conclusione: «Roe e Casey rappresentano un errore che non può essere lasciato in piedi».

Il giudice Alito, inoltre, sa bene che questa decisione entrerà in rotta di collisione con il politicamente corretto: «Non possiamo permettere che le nostre decisioni siano influenzate da condizionamenti esterni come la preoccupazione per la reazione del pubblico al nostro lavoro. Non pretendiamo di sapere come reagirà il nostro sistema politico o la nostra società alla decisione odierna di annullare Roe e Casey . E anche se potessimo prevedere cosa accadrà, non ci potremmo permettere che questa conoscenza influenzi la nostra decisione».

La conclusione è chiarissima: «Riteniamo che Roe e Casey debbano essere annullate. La Costituzione non fa alcun riferimento all’aborto e nessun diritto del genere è implicitamente tutelato da alcuna disposizione costituzionale».

Questi sono solo alcuni estratti della bozza, composta da ben 93 pagine. Come accennato, la decisione definitiva arriverà tra circa due mesi e in questo lasso di tempo tutto potrà ancora accadere.

Difendere la vita, in Francia e in Spagna, ora sarebbe un crimine

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Mauro Faverzani

Ormai è noto, l’Assemblea Nazionale francese lo scorso 30 novembre ha tragicamente esteso il limite per abortire, dalla 12ma alla 14ma settimana. Senza più nemmeno lasciare alla donna il tempo per riflettere: cancellato, infatti, il periodo minimo di almeno 48 ore, prima vigente, tra il colloquio con i consulenti psicosociali e l’appuntamento in sala operatoria. Ed ha consentito anche alle ostetriche di eseguire aborti chirurgici, interventi prima riservati ai soli medici. In seconda lettura è stato approvato il testo, bocciato nel gennaio scorso dal Senato. Intendiamoci, non è ancora detta l’ultima parola, poiché, prima che la legge venga definitivamente approvata, deve passare ancora dal voto del Senato e non è detto che ciò avvenga entro l’attuale legislatura.

La responsabilità principale del voto favorevole in Assemblea va all’assenteismo: in aula, dei 577 deputati, ne erano presenti al voto solo 123. E già questo la dice lunga circa la superficialità con cui i parlamentari d’Oltralpe affrontano temi viceversa estremamente importanti, delicati e tali da poter pregiudicare il futuro del Paese. Alla fine il progetto di legge è passato con soli 79 sì ovvero col voto favorevole del 13,2% degli aventi diritto. Una vergogna. 36 i no ed un’astensione.

Sono rimaste così inascoltate le critiche degli esperti, come quella espressa dal dottor Israel Nisand, ex-presidente del Collegio Nazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici, in un’intervista rilasciata al quotidiano Le Figaro: più tardi si esegue l’aborto, ha detto, e peggio è, sia perché maggiore è il pericolo per la salute fisica e psicologica delle donne, sia perché alla 14ma settimana il bambino in grembo è già lungo circa 120 millimetri e la testa è già ossificata, per cui l’estrazione comporta il taglio del feto e lo schiacciamento del cranio, il che «è insopportabile per molti professionisti» o, per meglio dire, per molti uomini davvero degni di questo nome.

Provvidenzialmente, unica nota positiva, l’intervento dei «Républicains» ha permesso di mantenere almeno la possibilità per il personale sanitario dell’obiezione di coscienza, possibilità richiesta a gran voce dagli stessi medici ed in particolare dalle associazioni professionali di categoria, come quella dei Ginecologi e degli Ostetrici. Persino il comitato etico nazionale si era espresso a favore nel dicembre 2020.

Contro questo disegno di legge si erano subito mobilitate le organizzazioni pro-life, da En marche pour la vie alla Fondazione «Jérôme Lejeune», inascoltate. Ma non mancheranno di dire la loro in occasione della prossima Marcia per la Vita nazionale, già in agenda a Parigi per il 16 gennaio. Se la loro voce sarà forte, com’è da auspicarsi che sia, la speranza è che chi siede in Senato ne tenga conto al momento del voto definitivo sullo sciagurato disegno di legge.

Ma c’è anche di peggio ed è quanto sta avvenendo in Spagna, dove il governo socialcomunista al potere – in particolare, nel caso specifico, i partiti alleati Psoe e Podemos – concordano nel prevedere pene addirittura detentive, vale a dire il carcere da tre mesi ad un anno per chiunque cerchi, anche individualmente, di convincere una donna a non abortire, come se salvare il bimbo nel suo grembo, anziché l’opposto, fosse un atto intrinsecamente criminale. Secondo quanto riferito dall’autorevole quotidiano spagnolo Abc, la convergenza sarebbe stata trovata attorno ad un emendamento al progetto di legge presentato dal Partito Socialista Operaio, che si propone di criminalizzare quanti – singoli o gruppi organizzati – svolgano attività pro-life nelle vicinanze delle cliniche abortiste. Un progetto a dir poco diabolico.

Vietato dunque allestire bancarelle per informare le donne, vietato anche offrire loro aiuto, qualsiasi forma di aiuto – morale, economico, tanto meno spirituale –, tutte azioni travisate deliberatamente dalla Sinistra spagnola come se si trattasse di vere e proprie molestie, condotte «per mezzo di atti fastidiosi, offensivi, intimidatori o coercitivi, che minano la libertà» delle donne ovvero «promuovendo, incoraggiando o partecipando a raduni nelle vicinanze di luoghi, in cui le gravidanze possono essere interrotte». E questa rappresenta veramente, concretamente, pienamente lo stravolgimento della realtà, la mistificazione della verità, l’obnubilamento della ragione. Rendiamoci conto: cercare di aiutare una donna che soffre e salvare il figlio che porta in grembo viene presentato dalle forze progressiste iberiche come un gesto compiuto da pericolosi criminali, mentre abbandonare una donna, lasciarla sola con i suoi dubbi, i suoi tormenti, i suoi problemi nella sala operatoria, mentre i freddi strumenti del chirurgo devastano la vita innocente di cui è madre sino a spegnerla, tutto questo sarebbe lecito, anzi giusto, anzi un “diritto”! Appare evidente a chiunque non sia schiavo dell’ideologia come si sia di fronte alla notte dell’umano, all’avanzare di tenebre e tenebre di morte.

Non è più possibile transigere, sopportare, mediare, fingere che nulla accada! Combattere la Buona Battaglia per la vita con fede, forza e coraggio oggi significa, dunque, anche questo: arrestare l’incredibile incedere della creatura con la falce. Ed il martello.

 

Usa: sdoganato l’aborto, “salta” l’obiezione di coscienza

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Mauro Faverzani

Quanto accaduto a fine ottobre in Vaticano ha lasciato il segno. E non poteva essere altrimenti. Il fatto che, dopo l’incontro avuto, papa Francesco si sia detto felice che il presidente americano Biden «sia un buon cattolico» ed abbia dichiarato ch’egli debba «continuare a ricevere la Comunione», secondo quanto dichiarato dall’interessato, pur in assenza di conferme dirette da parte del Vaticano, non può passare sotto silenzio. Il fatto che, come riferito dall’agenzia Associated Press, l’attuale inquilino della Casa Bianca con le sue idee filoabortiste abbia ricevuto nonostante tutto, come tutti gli altri fedeli, la Santa Comunione nel corso di una Messa, celebrata presso la chiesa di St. Patrick, a Roma, vuole essere – ed è! – un segno molto chiaro. Il cui primo, triste frutto è stato l’atteso testo generale sul Mistero dell’Eucaristia nella vita della Chiesa, approvato dai Vescovi statunitensi al termine della loro assemblea autunnale, svoltasi dal 15 al 18 novembre scorsi a Baltimora, con ben 222 voti favorevoli, solo 8 contrari e 3 astensioni. Nel documento, proposto un anno fa per ribadire quel che la Dottrina cattolica dice a chi, anche se presidente, pur dichiarandosi cattolico, si opponga agli insegnamenti della Chiesa promuovendo aborto e gender, è improvvisamente sparito qualsiasi riferimento al fatto di negare a lui o a chiunque altro la Santa Comunione, ricordando soltanto ai fedeli, che rivestano cariche pubbliche e che occupino posizioni d’autorità, come essi abbiano «una speciale responsabilità» nel dover rispettare la legge della Chiesa. Tutto qui. Nessuna condanna, nessun provvedimento, nessuna restrizione.

Del resto, era già tutto contenuto nella lettera inviata nel maggio scorso dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Louis Ladaria, al presidente della Conferenza episcopale americana, l’arcivescovo di Los Angeles José Gomez. In essa si invitava espressamente al dialogo, raccomandando di evitare che «la formulazione di una politica nazionale» su di una questione «potenzialmente controversa» (sic!)possa diventare «fonte di discordia piuttosto che di unità all’interno dell’episcopato e della più grande Chiesa negli Stati Uniti». Per poi concludere, specificando come ogni discussione in merito debba «essere contestualizzata nella più ampia cornice della dignità di ricevere la Comunione da parte di tutti i fedeli, anziché da parte di una sola categoria di cattolici», ritenendo il documento dei Vescovi Usa, allora in fase ancora embrionale, «fuorviante se desse l’impressione che l’aborto e l’eutanasia costituissero da soli le uniche questioni gravi dell’insegnamento morale e sociale cattolico, che richiedono l’intervento della Chiesa».

Dunque, «Roma locuta, causa soluta»? No, certo! Biden e le lobby abortiste, che lo hanno sostenuto durante la campagna elettorale, non considerano questo un punto di arrivo, bensì solo un punto di partenza. Intendono anzi “capitalizzare” il via libera vaticano, per rilanciare. Ed ecco l’Ufficio per i Diritti Civili ed il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani lanciati in una nuova sfida: cancellare i provvedimenti dell’amministrazione Trump, in particolare l’Rfra-Religious Freedom Restoration Act, e costringere così i medici e le cliniche cattolici a praticare aborti ed interventi di transizione di genere. Grazie ai documenti giudiziari ottenuti, la Catholic Benefits Association ha dimostrato una stretta relazione sussistente tra il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani americano e numerose organizzazioni attiviste di Sinistra, come la Leadership Conference on Civil and Human Rights.

L’eventuale prevalere della linea Biden ammazzerebbe il diritto a qualsiasi obiezione di coscienza, nonché l’autonomia della Sanità cattolica (e non solo). Se ad un posto in una clinica cattolica ambisse un medico abortista, questi dovrebbe essere comunque assunto, benché in chiaro contrasto coi principi etici della struttura.

Non solo. L’amministrazione Biden starebbe introducendo anche il “diritto” dei single socialmente infertili e delle coppie Lgbt a ricevere trattamenti di fertilità, per poter comunque “avere figli”. Una novità subito ben accolta dall’industria sanitaria, che vede in ciò l’occasione per nuovi, insperati business, per quanto disumani. La strategia è quella di giungervi grazie alle sentenze dei tribunali, bypassando così anche gli eventuali ostacoli resi possibili da un dibattito in sede di Congresso. È, questa, la democrazia “fai-da-te”, che si costruisce e si smonta a piacimento, a seconda di dove portino gli interessi di bottega e di lobby. Non va dimenticato come della squadra di Biden facciano parte anche numerose altre sigle di Sinistra quali l’Aclu, gli Atei americani, l’Anti-Defamation League, la Human Right Campaign, il Southern Poverty Law CenterPlanned Parenthood ed il Center for American Progress, da sempre ontologicamente ostili alla presenza cattolica.

Sarebbe buona cosa che chi ha posto le premesse della rivoluzione in atto riflettesse, almeno ora, sulle conseguenze…

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