Metaverso, cosa è accaduto finora?

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di Filomena Ferraioli, Junior Marketing and Communication Specialist di Finanza.tech

2030. Il suono dello smart speaker sveglia Jack che non lavora più in un ufficio dalla pandemia del 2020. Fa una doccia, mangia e si prepara per la prima call della giornata. In realtà non deve propriamente vestirsi dal momento che ha un avatar personalizzato con un’ampia scelta di outfits. Jack indossa le sue cuffie VR, ora non ha più un pc. Ci sono 20 mail vocali a cui risponde dettando le risposte o inoltrando ai colleghi, sempre con comandi vocali. Legge un documento che avrebbe dovuto leggere ieri, in realtà non legge, ascolta. Preferisce impostare la velocità a 1.5x, per risparmiare tempo. Dopo 4 ore sfila le cuffie che dovrebbero essere comode per tutto il giorno, ma in realtà lo affaticano dopo 4-5 ore. La giornata lavorativa è giunta al termine e Jack sceglie la festa a cui andare. Ma prima ha promesso alla sua (vera) mamma di farle visita nella sua casa (virtuale). Inoltre, sta pensando di cambiare auto, vorrebbe una Maserati GT 2005 che costa 50 Bit Dollari che corrispondono a 500 dollari nella vita reale. Ha messo da parte delle crypto che ha guadagnato dal vecchio lavoro virtuale come bartender.

(Racconto di Bobby Elliot)

Come siamo arrivati fin qui?

I cambiamenti tecnologici arrivano ad ondate. Nel 1980 c’è stata l’onda dei computer, nel 1990 quella di Internet e nel 2000 quella dei telefoni. La prossima onda, che stiamo vivendo in pieno, è quella del metaverso. Le onde sono concatenate tra loro: Internet necessita dei computer, i telefoni necessitano di Internet, il Metaverso ha bisogno sia di Internet che dei cellulari.

I meriti dell’invenzione del Metaverso sono da attribuire a Neal Stephenson, (non a Mark Zuckerberg come verrebbe facile pensare) autore del romanzo cyberpunk “Snow Crash” (1990), in cui si parlava di uno spazio virtuale tridimensionale, condiviso, prodotto dalla convergenza della realtà fisica e di uno spazio virtuale sempre attivo. È una sorta di spazio digitale in cui le persone reali coesistono simultaneamente, indossando speciali cuffie e occhiali, e possono interagire attraverso degli avatar.

Semanticamente il termine “Metaverso” è la congiunzione di due parole: meta e verso. La seconda parte è semplice, deriva dalla contrazione di “universo”. La parte del meta, invece, è leggermente più complessa. Vuol dire “in mezzo”, assume l’accezione di “funzione”, di oltrepassare, andare oltre, trascendere. Unendo, dunque, i due termini, Metaverso fa riferimento a “qualcosa che trascende e trasforma l’universo”. Si tratta di un mondo parallelo. Per altri, invece, il metaverso è “una perfetta convergenza di vita fisica e digitale”, come affermato da Cathy Hackl, CEO e Chief Metaverse Officer della società di consulenza Futures Intelligence Group (Fig). In altre parole, così come Internet offre servizi oggi, così il Metaverso offrirà servizi domani, ma in 3D.

I numeri sul Metaverso: investimenti e previsioni 

Secondo una stima di JPMorgan Chase, prima banca ad entrare nel Metaverso, si stanno spendendo miliardi per i beni virtuali: circa 54 miliardi di dollari all’anno, il doppio della spesa annuale per la musica. In una lettera inviata agli azionisti, Jamie Dimon, amministratore delegato della società, ha affermato che “La finanza decentralizzata (DeFi) e la blockchain sono nuove tecnologie reali che possono essere implementate pubblicamente o privatamente, autorizzate o senza autorizzazione”.

Altra previsione interessante proviene da Bloomberg Intelligence che sostiene che il mercato del Metaverso potrebbe raggiungere 800 miliardi di dollari entro il 2024. Con numeri alla mano, Bloomberg Intelligence certifica che questa nuova tecnologia non sia più da considerarsi fantascienza, bensì il futuro di Internet e addirittura una concreta opportunità di investimento nei prossimi anni. Nel complesso, si ritiene che il Metaverso rappresentasse nel 2020 un’opportunità di guadagno di 500 miliardi di dollari (poi cresciuti a circa 800 da qui a tre anni), generando, entro il 2030, un impatto economico globale che potrebbe raggiungere i 5 trilioni di dollari, interessando numerosi settori come e-commerce, gaming, education, retail e banking (stima di McKinsey). Dallo stesso report risulta che nel 2022 siano già stati investiti 120 miliardi di dollari nel Metaverso, più del doppio dei 57 miliardi investiti nel corso del 2021. Inoltre, secondo una stima di Gartner, entro il 2026 una persona su quattro trascorrerà almeno un’ora al giorno nel metaverso.
I pionieri del Metaverso: le prime aziende che hanno investito nella realtà virtuale

La prima a lanciarsi è stata Facebook che il 28 ottobre 2021 ha annunciato il suo rebranding in Meta. Mark Zuckerberg aveva grandi piani. Il ceo di Facebook ha impegnato decine di miliardi di dollari all’anno per i prossimi 5-10 anni. Ha, inoltre, annunciato la creazione di circa 10.000 nuovi posti di lavoro in Europa dedicati al Metaverso nel giro di 5 anni.

In una recente intervista Zuckerberg dichiara che “L’obiettivo, entro la fine del 2030, è quello di connettere oltre un miliardo di persone alla nuova realtà (le quali acquisteranno beni e contenuti digitali) per un valore di almeno 3-4mila miliardi di dollari derivanti da questa economia.” Queste le parole dello stesso Zuckerberg, fondatore di Facebook e ceo di Meta. Il ceo ha spiegato che, in 18 anni alla guida di Facebook, ha notato che le persone cercano “sistemi di comunicazione sempre più espressivi, veloci e ricchi, dagli SMS del 2004 alle foto, video e filmati/reel”. Questo, spiega, non è il punto di arrivo: con intelligenza artificiale e Metaverso è possibile realizzare qualcosa di ancora più coinvolgente, non trattandosi solo di realtà virtuale e aumentata ma di percepire una vera e propria presenza.

Ma Facebook non è la sola.  Poco tempo dopo il lancio di Meta, anche Microsoft, in un evento rivolto alle aziende, ha annunciato i suoi piani per il Metaverso, parlando di spazi personalizzati e immersivi per incontrarsi nel lavoro. Il ceo Satya Nadella al riguardo “Il Metaverso è qui e non sta solo trasformando il modo in cui vediamo il mondo, ma anche il modo in cui vi partecipiamo, dalla fabbrica alla sala riunioni”.

Altra big-tech che ha puntato nello stesso ambito è Nvidia, il colosso americano dei semiconduttori, ma anche la piattaforma di giochi Roblox. Tra le aziende cinesi che si sono mosse nella medesima direzione figurano Byte Dancer, Alibaba e Tencent.

Anche le grandi banche sono entrate nel Metaverso. Da una ricerca di Technology Vision di Accenture, il 67% dei dirigenti delle grandi banche prevede che il Metaverso abbia un impatto positivo sulla propria organizzazione. Il 38% è convinto del fatto che costituirà un punto di svolta o di trasformazione. A battere le altre sul tempo, è stata l’americana JP Morgan, con il suo ingresso su Decentraland, una delle piattaforme più popolari nel Metaverso (tra le altre figurano The Sandbox, Axie Infinity, Roblox, Spatial, Cryptovoxels e Somnium, ognuna con le proprie peculiarità e caratteristiche).

Altra grande banca ad entrare nel Metaverso è la britannica HSBC che ha preferito Sandbox. Tra le pioniere c’è anche la sudcoreana Kookmin Bank, che ha realizzato una banca virtuale in cui il cliente può effettuare operazioni e incontrare il suo consulente; qualcosa di simile proviene anche dalla francese BNP Paribas con la sua app per la realtà virtuale. Tra le banche che sono entrate nel Metaverso, l’unica, per il momento, intenzionata ad abilitare i pagamenti digitali all’interno della piattaforma è la britannica Sokin. Per tale scopo sta costruendo un ambiente digitale proprietario destinato a ospitare i brand di diversi settori, dallo sport alla moda.

C’è dell’altro. Recente è l’annuncio che alcune multinazionali del settore tecnologico e non solo, tra cui Alibaba, Huawei, Ikea, Meta, Microsoft, Sony Interactive Entertainment, ed altre, si sono riunite formando il Metaverse Standards Forum per promuovere lo sviluppo di standard aperti e inclusivi per questa nuova realtà virtuale.

Come sta evolvendo il mondo della finanza relativa al Metaverso? 

Uno dei più importanti contributi alla discussione sul Metaverso proviene da Matthew Ball, venture capitalist statunitense il quale considera questo mondo parallelo come ”La porta di accesso alla maggior parte delle esperienze digitali, una componente chiave di tutte quelle fisiche e la prossima grande piattaforma di lavoro.” Già nel 2021 Ball riteneva il Metaverso come la “nuova” o la “prossima Internet”, un modello 3D di Internet, da cui il grosso seguito e interesse mediatico riscosso. Ancora, Ball sostiene che “il Metaverso altererà il modo in cui distribuiamo e monetizziamo le risorse moderne.”, ma che questo avverrà lentamente, man mano che servizi e capacità  tecniche si integreranno. Ad oggi ci troviamo nel bel mezzo di questo processo e le opportunità nel settore finanziario sono inestimabili. Se il fintech ha rivoluzionato la tradizionale gestione dei servizi finanziari, digitalizzando il digitalizzabile, riducendo, talvolta annullando, tempi e distanze, che effetto avrà il Metaverso su questo settore e come interagirà col fintech? Assisteremo allo scoppio di una bolla o di un’accelerata dell’industria finanziaria? Per il momento sembra che la finanza afferente all’area del Metaverso stia funzionando. Il focus si concentra maggiormente sul mondo degli investimenti. Uno dei servizi attivi sono i Crypto Token Metaverse, che hanno acquisito popolarità tra gli investitori e che registrano ampi margini di crescita e di guadagno. Tra le crypto più interessanti figurano Sand, Gala, Enj, Mana, Axs, rispettivamente operanti su Sandbox, Gala Games, Enjin, Decentraland, Axie Infinity. Altro servizio fruibile nel mercato parallelo riguarda la compravendita di azioni legate al Metaverso. Parlare di azioni Metaverso significa parlare di azioni associate a titoli di società quotate che risultano, ad oggi, collegate o inserite del Metaverso. Tra queste rientrano sicuramente Nvidia (NVDA), Meta (FB), Autodesk (ADSK), Shopify (SHOP), Fastly (FSLY), Roblox (RBLX), Amazon (AMZN), Microsoft (MSFT). Tra i principali broker autorizzati per acquistare azioni nel Metaverso ci sono Etoro, Plus500, Capex, Trade.com, Freedom24. Altro business redditizio si basa sulla compravendita di terreni NFT, che costituisce una strategia di diversificazione del portafoglio investimenti. Notevole è il caso di Bored Ape (una raccolta di Non Fungible Token costruita sulla  blockchain di Ethereum, con una collezione di NFT, connubio tra il Metaverso e il mercato immobiliare) che in un solo giorno ha venduto più di mezzo miliardo di dollari di terreni NFT sul Metaverso, mandando in tilt il sistema Ethereum. Un successo, questo, però a rischio bolla, in effetti, ha attirato la malavita cibernetica che è riuscita ad accedere all’account Instagram di Bored Ape, rubando NFT del valore di milioni di dollari. Ma non solo, tra i servizi finanziari derivanti dal Metaverso, non possiamo non citare, oltre alla possibilità, finora descritta, di effettuare pagamenti in valuta digitale, anche il possibile impiego della realtà virtuale (VR) e aumentata (AR) in istituti finanziari e banche al fine di fornire un servizio migliore sia internamente (formazione per i dipendenti) sia esternamente con clienti e potenziali tali. Di recente istituzione è Metaverse 4 Finance Accelerator, il programma italiano di accelerazione per la finanza nel Metaverso, che abbiamo presentato in precedenza in questo articolo. Realizzato da Dpixel, il Venture Incubator del gruppo Sella, con il supporto di Ogr Torino, che ha l’obiettivo di individuare startup nazionali ed internazionali nell’ambito del Metaverso applicato alla finanza e sostenere la crescita.

Tiriamo le somme

Come per qualsiasi innovazione tecnologica che si rispetti, abbiamo parlato dei cosiddetti early adopter, quella nicchia di primi arrivati che, precedendo tutti gli altri sul mercato, hanno vestito la parte di pionieri, scegliendo di investire nel nuovo mondo virtuale. Ma perchè l’hanno fatto? Entrare nel Metaverso significa svecchiare il proprio brand, intercettare nuovi target di consumatori e, successivamente, costituire il punto di partenza per penetrare il segmento delle criptovalute e degli NFT. Inizialmente e, quasi fisiologicamente, c’è stata più visione che sostanza. Ma, come abbiamo appena analizzato, le condizioni e gli asset in ballo sono in espansione e sempre più intrecciati con l’effettiva realtà. Tra chi pensa che sia una bolla pronta a scoppiare e chi crede fortemente nel progetto, il Metaverso sta già registrando un business da centinaia di miliardi di euro, coinvolgendo anche il mercato azionario. Quindi, riprendendo la logica semantica alla base della parola Metaverso, definito come quell’elemento che trascenderà e trasformerà l’universo, sarà davvero così? Probabilmente no, ma sicuramente questo nuovo mondo parallelo cambierà il mondo.

Usa in recessione tecnica: è solo l’assaggio della crisi, il peggio arriverà nel 2023

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di Mariangela Tessa

Nuovi forti segnali che l’economia Usa rischia pesantemente la recessione. Ieri la prima lettura del Pil del secondo trimestre ha segnato un contrazione su base annuale dello 0,9% (-1,6% su base trimestrale). Si tratta della seconda crescita negativa consecutiva.
I dati, in assenza di revisioni, evidenziano quantomeno una la recessione tecnica (due trimestri di fila con Pil in calo). E, stando agli annali, l’unico caso di sei mesi di battute in ritirata del Pil che non sono diventate recessione risale al 1947.

Pil Usa peggiore delle attese

L’aspettativa era per un dato debole, frenato principalmente dalle scorte. Tuttavia, i dati hanno evidenziato, oltre a un ampio contributo negativo delle scorte, che hanno sottratto due punti all’andamento del Pil, anche un netto indebolimento della domanda finale domestica privata, invariata su base trimestrale. Sull’attività economica recente hanno pesato flessioni nelle scorte delle aziende. In forte calo anche anche gli investimenti immobiliari residenziali, scesi del 14%, e tagli nella spesa pubblica. La spesa per i consumi, che vale oltre due terzi dell’output, ha frenato bruscamente all’1%, con gli americani vittime di un’inflazione che nell’intero trimestre ha marciato dell’8,6%.

Il presidente americano Joe Biden nega che il Paese sia avviato a una pericolosa crisi: “Non è una sorpresa che l’economia stia rallentando mentre la Federal Reserve interviene per combattere l’inflazione. Ma anche davanti a storiche sfide globali siamo sul giusto cammino e supereremo questa fase di transizione più forti e sicuri”.

Il commento degli analisti sulle recessione Usa

Come fanno notare gli analisti di Intesa Sanpaolo, “con i dati correnti, l’economia Usa è in una fase di significativa debolezza, che però non si può definire (per ora) una recessione, alla luce della continua espansione dell’occupazione e dell’andamento del reddito più positivo rispetto a quello del PIL, almeno fino al 1° trimestre (ultimo dato disponibile). Le implicazioni dei dati del Pil per la politica monetaria sono miste. Infatti, a fronte della delusione sulla crescita della domanda finale domestica privata, si è registrato un andamento dell’inflazione in ulteriore aumento, con pressioni per il proseguimento dei rialzi dei tassi. Per ora prevediamo che la Fed mantenga la rotta di restrizione monetaria, ma l’incertezza è aumentata in misura significativa. La svolta ciclica è comunque ormai avviata”.

Anche per Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, “negli Usa la recessione è probabile nel corso del 2023, come anticipato dalla curva dei tassi, invertitasi ad inizio aprile e poi di nuovo e più marcatamente a luglio (2/10 anni). Escludo la recessione Usa nel 2022 se non tecnica. Mi spiego: la vera recessione comporta da manuale caduta del reddito e dell’occupazione, fenomeni che dovremmo vedere più realisticamente nel 2023. La recessione tecnica che potremmo vedere nel 2022 potrebbe invece essere una recessione solo simbolica, ossia rallentamento della crescita ma mercato del lavoro ancora forte”.

Gas, ora l’Europa ci chiede il “massimo sforzo”. Ma che vuol dire?

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di Leopoldo Gasbarro

Massimo sforzo“. Lo chiede l’Europa. Sarà infatti obbligatorio, e dettato dall’Unione Europea, il taglio dei consumi di gas, in caso di ulteriore riduzione delle forniture. Lo dice la bozza del nuovo piano europeo per la gestione della crisi legata al gas, piano che sarà presentato ufficialmente domani ma che è stato già visionato in anteprima dall’Ansa.
L’indiscrezione ci fa comprendere, se sarà confermata, quanto la crisi energetica dettata dalla gestione del gas naturale, in arrivo dalla Russia, stia assumendo dimensioni sempre più importanti. Nonostante tutti i problemi, che ormai sembrano scontati per l’ultimo trimestre dell’anno, la politica europea fatica a trovare le parole per dire chiaramente come stanno le cose. Eppure, i cittadini che sono anche elettori sono abbastanza maturi per comprendere la difficoltà di un momento che in qualche modo si tende a nascondere. L’Ansa evidenzia come siano spariti dal documento i riferimenti (contenuti in una prima versione del testo) all’obbligo, per gli edifici pubblici, di limitare il riscaldamento a 19 gradi e i condizionatori a 25. Introduce però un principio criptico e tutto da interpretare, perché “massimo sforzo” che vuol dire tutto e niente.

Il mistero del “massimo sforzo”

Speriamo che un giorno ce lo spieghino, ma la sensazione è che quelle due parole: massimo e sforzo, messe così insieme, rappresentano un problema di difficile soluzione. Insomma, è come dire senza aver detto. E’ come dire che con “massimo sforzo” se la situazione dovesse essere più seria di quanto si dica.  I limiti alle temperature di riscaldamento e condizionamento potrebbero essere modificati radicalmente, e potrebbero arrivare a zero. E non sarebbe questa l’unica scelta da fare. Forse è il caso di prepararsi davvero a decisioni dure.

“Massimo sforzo”. Ora ci chiedono il “massimo sforzo” non si parla più di limiti alla temperatura. Non si parla più di razionamento, ma di “massimo sforzo”, nel senso che vale qualunque cosa.

Gazprom non assicura la riapertura del gasdotto Nord Stream. A rischio le forniture europee!

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Segnalazione di Federico Prati

Il colosso russo Gazprom afferma di non poter garantire il buon funzionamento del gasdotto Nord Stream. “Gazprom non è in possesso di alcun documento che indichi che Siemens è in grado di portare la turbina a gas per la stazione di compressione di Portovaya fuori dal Canada, dove è in riparazione. In queste circostanze non è possibile garantire il funzionamento sicuro della stazione di compressione di Portovaya, che è una struttura fondamentale per il gasdotto Nord Stream”, afferma la nota del gruppo controllato dal Cremlino. Il gasdotto è fermo per la manutenzione annuale dallo scorso 11 luglio e dovrebbe riaprire il prossimo 21 luglio ma Berlino teme che il ritorno alla normalità possa essere procrastinato da Mosca come arma di ricatto. In teoria la Russia potrebbe anche aumentare la quantità di gas inviata in Germania attraverso altri gasdotti ma sinora non lo ha fatto.
La condotta che collega le coste russe con quelle tedesche attraversando il mare del Nord ha una capacità di 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno, è insomma una delle arterie vitali dell’infrastruttura energetica europea. A causa dello stop di questi giorni la Russia ha ridotto le forniture anche a Italia (del 30%) e all’Austria (- 70%). Per scongiurare l’incubo di una completa interruzione del gas russo la Germania è riuscita a ottenere lo “sblocco” delle turbine in riparazione in Canada che avrebbero potuto restare oltre oceano a causa delle sanzioni. Le turbine arriverebbero in Germania e dovrebbero poi essere traferite in Russia. Ora però Mosca afferma che i componenti potrebbero rimanere bloccate in territorio tedesco rendendo impossibile il ripristino del funzionamento della condotta. Uno stop al gas russo rischia di spingere l’Ue verso la recessione e di mettere in seria difficoltà operatori del settore. La settimana scorsa il gruppo tedesco Uniper (che compra gas russo e lo rivende ai suoi clienti tedeschi) ha chiesto un intervento di salvataggio al governo da 9 miliardi di euro.

Criptovalute, banche centrali sempre più orientate a una CBDC

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di Gianmarco Carriol

Poiché le banche centrali di tutto il mondo stanno ammettendo di non essere riuscite a tenere sotto controllo l’inflazione e di aver aumentato troppo velocemente i tassi, minacciando di spingere le economie in recessione. La Bank of International Settlements (Bis), a volte indicata come “la banca centrale delle banche centrali”, ha pubblicato un nuovo rapporto in cui colpisce l’industria delle criptovalute, mentre promuove quella che chiama “una visione più brillante del futuro sistema monetario” attraverso valute digitali della banca centrale (Central Bank Digital Currencies, o CBDC).

Cosa ne pensa la Bis delle CBDC

Nel rapporto, la Bis ha scritto che il sistema monetario del futuro “deve soddisfare una serie di obiettivi di alto livello per servire la società”. In particolare, il rapporto ha sottolineato che un futuro CBDC deve essere “sicuro e stabile” e ha affermato che “le entità chiave devono essere ritenute responsabili delle loro azioni”.

La Bis ha anche sottolineato che “al centro del sistema monetario c’è la banca centrale” e “la fiducia nel sistema monetario è in definitiva fondata sulla fiducia nella banca centrale”.

L’istituto sostiene “innovazioni finanziarie e di pagamento basate sulla fiducia nella banca centrale” e afferma che “mantenere questa fiducia è al centro dei mandati della banca centrale”.

“La Bank of International Settlements riconosce che il Bitcoin è un concorrente delle banche centrali con questa dichiarazione”, ha reagito l’analista di Bitcoin Willy Woo.

In entrambi i casi, la visione della Bis per le future CBDC faceva parte di un capitolo sul “futuro sistema monetario” nel suo ampio Rapporto economico annuale 2022 .

“Transazioni rapide, affidabili ed economiche dovrebbero promuovere l’efficienza e l’inclusione finanziaria, mentre i diritti degli utenti alla privacy e al controllo sui dati devono essere rispettati”, prosegue il rapporto della BRI.

Aggiungendo che le CBDC “devono essere adattabili e aperte”.

“Tra un decennio, gli utenti potrebbero dare per scontati pagamenti a basso costo in tempo reale e i pagamenti oltre confine potrebbero essere fluidi come lo scambio transfrontaliero che supportano. La scelta dei consumatori nei servizi finanziari dovrebbe essere aumentata e l’innovazione continuerà a spingere le frontiere di ciò che è possibile”, ha scritto la BRI a proposito del sistema monetario che prevede.

Ha continuato definendo la sua idea per le future CBDC “una visione più luminosa del futuro sistema monetario”.

I rischi delle criptovalute

Per quanto riguarda le criptovalute come le conosciamo oggi, il rapporto della Bis afferma che le recenti turbolenze nel mercato hanno rivelato “difetti strutturali” nel loro design. Tali difetti impediscono alle criptovalute di “raggiungere i livelli di stabilità, efficienza o integrità richiesti per un sistema monetario”.

A titolo di esempio, il rapporto ha menzionato “la prevalenza delle stablecoin nell’ecosistema delle criptovalute, spiegando che ciò indica la necessità di “fare leva sulla credibilità fornita dall’unità di conto emessa dalla banca centrale”.

Ha aggiunto che il crollo del token Terra ha “sottolineato la debolezza di un sistema sostenuto dalla vendita di monete per speculazione”.

“Invece di servire la società, le criptovalute e la DeFi sono afflitte da congestione, frammentazione, oltre alle preoccupazioni immediate sui rischi di perdite e instabilità finanziaria”, afferma il rapporto.

La Bis ha lavorato a lungo su un cosiddetto progetto multi-CBDC noto come progetto Dunbar, in cui l’idea è di collegare insieme CBDC di più giurisdizioni. Ha affermato che alla fine prevede “una serie di piattaforme multi-CBDC regionali” con un certo livello di interoperabilità tra di loro.

Nel marzo di quest’anno, la Bis ha affermato che il progetto Dunbar finora si è concentrato più sull’identificazione dei problemi che sulla loro risoluzione e che ha creato “più domande che risposte”.

Inflazione confermata all’8,1% a maggio nell’Eurozona

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di Mariangela Tessa

Resta confermata per il mese di maggio, linflazione dell’Eurozona. Secondo l’Ufficio statistico europeo, Eurostat, i prezzi al consumo segnano un +8,1% su base tendenziale, rispetto al +8,1% della stima flash e dal consensus. Il mese precedente si era registrato un incremento del 7,4%. Su base mensile i prezzi al consumo sono saliti dello 0,8%, in linea con il +0,8% della stima preliminare e dal consesus, e dopo il +0,6% del mese precedente.

L’inflazione core, depurata dalle componenti più volatili quali cibi freschi, energia, alcool e tabacco, evidenzia una crescita del 3,8% su base annua, rispetto al +3,8% della stima flash e del consensus. Il mese precedente si era registrato un +3,5%. Nell’intera Unione europea, l’inflazione sale dell’8,8% su base annua (dal +8,1% di aprile), mentre mese su mese si registra un +1%. Si tratta di dati nettamente al di sopra del target del 2% della BCE, che a luglio innalzerà i tassi per la prima volta in 10 anni.

L’inflazione in Italia mette in allarme le associazioni

Il dato arriva all’indomani di quello italiano. Ieri l‘Istat ha confermato che a maggio 2022 l’inflazione in Italia è salita al 6,8%, come non accadeva da novembre 1990. Significativa l’accelerazione per i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, passati dal +5,7 % di aprile a quasi il 7 per cento dello scorso mese. Coinvolti dagli aumenti anche i prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,8% a +6,7%). Tra i rincari che fanno salire la cifra finale dello scontrino c’è poi quello degli alimentari lavorati (+6,6% annuo).

Un dato che non ha mancato si sollevare preoccupazioni tra le associazioni. All’inflazione corrisponderà un aumento di circa 320 euro a famiglia, fa sapere Coldiretti secondo la cui stima, la categoria per la quale gli italiani spenderanno maggiormente sarà la verdura (nel 2022 costerà complessivamente circa 80 euro in più), seguita da pane, pasta e riso, che pagheremo circa 60 euro in più. Per carni e salumi si prevede un aumento di circa 55 euro all’anno. Seguiranno la frutta – continua Coldiretti – pesce, latte, formaggi e uova e olio, burro e grassi.

Preoccupazione anche da Assoutenti che definisce il dato “una sciagura per i consumatori” che parla di “un vero e proprio allarme, destinato purtroppo ad aggravarsi nei prossimi mesi” ha fatto sapere il suo presidente Furio Truzzi, secondo cui la spesa per una famiglia può arrivare a costare 550 euro in più: “Il Governo non può restare a guardare e, di fronte a quella che è una emergenza, deve adottare misure straordinarie a tutela delle famiglie e dell’economia, bloccando subito il prezzo dei carburanti e ricorrendo a tariffe amministrate per i beni primari come gli alimentari e l’energia”.

Russia: banca centrale taglia i tassi ai livelli pre-guerra

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di Alessandra Caparello

Mentre la Bce ha deciso un primo rialzo dei tassi di interesse in circa 10 anni, la Russia decide per un taglio dei tassi di interesse al livello prebellico.

Nel dettaglio, il Consiglio di amministrazione della Banca di Russia ha deciso oggi di ridurre il tasso di riferimento di 150 punti base, portandolo al 9,50% annuo. Il contesto esterno dell’economia russa rimane difficile e limita significativamente l’attività economica scrive la banca centrale.

Allo stesso tempo, l’inflazione sta rallentando più rapidamente e il calo dell’attività economica è di entità minore rispetto a quanto previsto dalla Banca di Russia ad aprile. I dati recenti suggeriscono che i tassi di crescita dei prezzi a maggio e inizio giugno sono stati bassi. Ciò è dovuto alle oscillazioni del tasso di cambio del rublo e al rallentamento dell’impennata della domanda dei consumatori nel contesto di un netto calo delle aspettative di inflazione di famiglie e imprese.

In futuro, scrive ancora la Banca centrale, nel processo decisionale sui tassi di riferimento la Banca di Russia terrà conto della dinamica dell’inflazione effettiva e attesa rispetto all’obiettivo e dei processi di trasformazione economica, nonché dei rischi posti dalle condizioni interne ed esterne e della reazione dei mercati finanziari.

L’inflazione e i tassi in Russia

L’inflazione attuale è sensibilmente inferiore alle previsioni di aprile della Banca centrale. Secondo le previsioni della Banca di Russia, dato l’attuale orientamento di politica monetaria, l’inflazione annuale sarà pari al 14,0-17,0% nel 2022, scenderà al 5,0-7,0% nel 2023 e tornerà al 4% nel 2024.giugno, l’inflazione annuale è scesa al 17,0% (contro il 17,8% di aprile). In base agli ultimi dati, i tassi di crescita dei prezzi al consumo sono stati bassi a maggio e all’inizio di giugno.

Lo scenario di base della Banca di Russia prevede un’inflazione annua del 14,0-17,0% entro la fine del 2022. L’andamento dell’inflazione sarà determinato anche da fattori d’impatto come l’efficienza dei processi di sostituzione delle importazioni e l’entità e la velocità di recupero delle importazioni di prodotti finiti, materie prime e componenti. Secondo le previsioni della Banca di Russia, dato l’attuale orientamento della politica monetaria, l’inflazione annuale si ridurrà al 5,0-7,0% nel 2023 per tornare al 4% nel 2024.

Il calo dell’attività economica in Russia, dice la banca centrale, è causato dall’andamento della domanda e dell’offerta. I dati delle indagini mostrano che le imprese stanno ancora lottando per sistemare la produzione e la logistica, nonostante la nascente diversificazione dei fornitori di prodotti finiti, materie prime e componenti, nonché dei mercati di vendita. L’attività dei consumatori in termini reali è in calo, poiché le famiglie mostrano un’elevata propensione al risparmio e i redditi reali si riducono.

L’ambiente esterno per l‘economia russa rimane difficile e limita significativamente l’attività economica. La contrazione delle importazioni dovuta all’introduzione di restrizioni commerciali e finanziarie esterne sta superando notevolmente il calo delle esportazioni. Nel complesso, il calo effettivo dell’attività economica nel 2022 T2 è meno pronunciato di quanto ipotizzato dalla Banca di Russia nello scenario di base di aprile. Alla luce di quanto sopra, la Banca di Russia stima che il calo del PIL nel 2022 potrebbe essere inferiore alle previsioni di aprile.

L’inflazione sta rallentando, anche a causa del rafforzamento del rublo e delle minori aspettative di inflazione. Ciò ha reso possibile una nuova riduzione del tasso di riferimento. Tuttavia, i tassi di crescita dei prezzi molto bassi osservati nelle ultime settimane non possono essere considerati un’inflazione costantemente bassa. Sono per lo più associati a un aggiustamento al ribasso dei prezzi dopo l’impennata di marzo. Inoltre, i rischi pro-inflazionistici sono ancora considerevoli.

Così Elvira Nabiullina, Governatore della Banca centrale della Federazione Russa.

Dobbiamo adeguare la nostra politica come segue. Da un lato, non deve ostacolare la trasformazione strutturale dell’economia. Dall’altro, dobbiamo evitare i rischi di stagflazione (…) Se la situazione si evolve in linea con le previsioni di base, ridurremo gradualmente il tasso di riferimento con il rallentamento dell’inflazione costante.

Allarme Dimon (Jp Morgan): “Tenetevi forte: è in arrivo un uragano economico”

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di Mariangela Tessa

La politica restrittiva della Fed insieme alla guerra in Ucraina causeranno “un uragano” economico di cui nessun conosce l’entità. A lanciare l’allarme è Jamie Dimonamministratore delegato di JPMorgan, che invita gli investitori a prepararsi al peggio.

“Ho detto che ci sono nuvole di tempesta, ma ora lo cambio… è un uragano”, ha detto ieri il banchiere americano, durante una conferenza finanziaria a New York, come riporta Cnbc. “In questo momento c’è un po’ di sole, le cose stanno andando bene, tutti pensano che la Fed possa gestire la situazione”, ha continuato l’ad, “ma quell’uragano è proprio là fuori, in fondo alla strada, in arrivo sulla nostra via. È meglio che vi teniate forte”, ha detto Dimon alla platea di analisti e investitori. “JPMorgan si sta preparando e saremo molto prudenti con il nostro bilancio”.

Come abbiamo anticipato sono due sono i fattori principali che preoccupano Dimon: in primo luogo, la Federal Reserve ha segnalato l’intenzione di invertire i programmi di acquisto di obbligazioni di emergenza e di ridurre il proprio bilancio. Il cosiddetto quantitative tightening, o QT, inizierà questo mese e aumenterà fino a 95 miliardi di dollari al mese di riduzione dei titoli.

“Non abbiamo mai avuto un QT di questo tipo, quindi si tratta di qualcosa su cui si potrebbero scrivere libri di storia per 50 anni”, ha detto Dimon, aggiungendo che “molti” programmi di quantitative easing “si sono ritorti contro”. Le banche centrali “non hanno scelta perché c’è troppa liquidità nel sistema”, ha detto Dimon. “Devono rimuovere un po’ di liquidità per fermare la speculazione, ridurre i prezzi delle case e cose del genere”.

L’altro grande fattore che preoccupa è la guerra in Ucraina e il suo impatto sulle materie prime, tra cui cibo e carburante. I prezzi del petrolio salgono a causa delle interruzioni causate dal peggior conflitto europeo dalla seconda guerra mondiale, “potenzialmente posizionandosi sulla strada per un rialzo fino a 150 o 175 dollari al barile”, ha detto Dimon. Secondo il numero di Jp Morgan, inoltre, non si stanno intraprendendo le azioni adeguate per proteggere l’Europa da ciò che accadrà al petrolio nel breve periodo. Insomma fa paura l’inflazione.

Mea culpa Yellen: “ho sbagliato sulla traiettoria dei prezzi”

E proprio sul rialzo dei prezzi, ieri è arrivato il mea culpa di Janet Yellen, segretario al Tesoro americano, ex numero uno della FED: “Ho sbagliato sulla traiettoria dell’inflazione” ha detto ai microfoni di Cnn, ammettendo il suo errore nel prevedere la corsa dei prezzi. Una galoppata che sembra quasi inarrestabile sulle due sponde dell’Atlantico – con tassi oltre l’8% sia in Europa che negli Usa – e che creando non poche difficoltà alle banche centrali.

All’interno della Bce intanto i falchi incalzano la più cauta Christine Lagarde e premono per un rialzo dei tassi di interesse da mezzo punto percentuale alla riunione di luglio.

In casa Fed, invece, la stagione dei rialzi del costo del denaro si è già aperta ed è destinata a continuare con strette da mezzo punto alle prossime riunioni. Nella lotta all’inflazione la banca centrale americana ha dispiegato anche l’arma della riduzione del bilancio. Il processo si apre ufficialmente l’1 giugno anche se i primi Treasury a maturare e non essere reinvestiti saranno il 15 giugno. Anche sulla riduzione del bilancio, esploso a quasi 9.000 miliardi di dollari con la pandemia, la Fed intende procedere a passo spedito con una velocità da 47,5 miliardi al mese fino a settembre, per poi balzare a 95 miliardi, ovvero quasi il doppio del ritmo del 2017. Per la Fed è un esperimento senza precedenti intorno al quale c’e’ non poca preoccupazione visto che gli effetti non sono ancora chiari.

Sanzioni Russia: l’UE stila il pacchetto più punitivo di sempre. Accordo UE-GB, veto sulle polizze delle navi russe

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di Aleksandra Georgieva

L’Unione Europea ha finalmente stillato i dettagli del sesto e più duro pacchetto di sanzioni economiche contro la Russia. Dopo una partenza in salita i 27 Paesi Ue hanno trovato il compromesso “giusto” per mettere in difficoltà il motore dell’economia russa ovvero il comparto energetico.

Sanzioni Russia, i nuovi divieti

L’accordo firmato ieri dai 27 paesi europei include l’embargo al petrolio russo importato soltanto via mare ma non quello che scorre attraverso l’oleodotto “Druzhba”, venendo così incontro alle richieste di Ungheria e Repubblica Ceca.

In sostanza entro sei mesi, a partire da gennaio 2023, verranno bloccati circa due terzi dell’”oro nero” di Putin facendo crescere progressivamente la percentuale fino al 90%.

“Ora le sanzioni mordono forte l’economia russa”, ha commentato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen concludendo il Consiglio straordinario.

Nel sesto pacchetto di sanzioni inevitabilmente vengono accolte molte delle esigenze dell’ungherese Victor Orbán, a causa della forte dipendenza di Budapest dal greggio russo, pari a circa due terzi delle importazioni del paese.

Se l’embargo del greggio è stato il punto principale sul tavolo del sesto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia, sono poi state inserite anche alcune novità per colpire la cerchia ristretta di Vladimir Putin e la sua propaganda di regime. Sberbank, il principale istituto bancario russo è stato escluso dal sistema Swift (che veicola le transizioni tra le banche).

L’ultimo pacchetto colpisce anche tre emittenti principali della Russia: Rossiya RTR/RTR Planeta, Rossiya 24 e TV Centre International.

È stato un Consiglio europeo un po’ lungo ma dei cui risultati possiamo essere soddisfatti”, ha detto il premier Mario Draghi in conferenza stampa. “L’accordo sulle sanzioni è stato un successo completo.”

Accordo UE-GB, stop alle polizze delle navi russe che trasportano greggio

Secondo quanto riporta il WSJ, l’UE e la Gran Bretagna hanno raggiunto anche un accordo per vietare le coperture assicurative delle navi russe che trasportano greggio. Il bando assicurativo rientra nell’ultimo pacchetto di sanzioni della UE contro Mosca nel tentativo di scombussolare ulteriormente l’economia russa. Il bando sulle polizze dovrebbe essere implementato nei prossimi sei mesi dando il tempo necessario agli stati specializzati nei noli come la Grecia e Cipro di adattarsi ai cambiamenti.

L’ultima mossa dei leader Europei di vietare le importazioni di petrolio via mare insieme al coinvolgimento del Regno Unito ed il bando sulle polizze rappresenta indubbiamente il colpo più duro nei confronti della Russia. Poche società sono disposte a noleggiare petroliere non assicurate. Ricordiamo che proprio questo tipo di blocco delle polizze ha frenato le esportazioni di greggio di Tehran, cercando di convincere il paese di rivedere i propri programmi nucleari.

L’ultima misura renderà difficile anche la rilocazione di Mosca anche verso il mercato Asiatico.

Secondo le previsioni degli organi di governo russo la produzione di petrolio diminuirà del 17% quest’anno a causa delle sanzioni dell’Occidente. Ciò rappresenta un problema di lungo termine per Mosca in quanto le infrastrutture del paese non sono adattate per rapidi e profondi tagli alla produzione.

La pandemia? Una manna per i ricchi. Ecco chi ha guadagnato di più

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di Mariangela Tessa

Si allarga la forbice tra ricchi e poveri del Pianeta. Complice anche la pandemia che ha fatto registrare profitti record per le aziende energetiche, farmaceutiche e alimentari. Risultato finale: negli ultimi 2 anni i miliardari che controllano grandi imprese dei settori alimentare ed energetico hanno visto crescere i loro patrimoni al ritmo di 1 miliardo di dollari (950 milioni di euro) ogni 2 giorni.
Complessivamente, la ricchezza dei miliardari è cresciuta del 13,9% del PIL mondiale, una quota più che triplicata dal 4,4% del 2000.

È quanto emerge da un report pubblicato da Oxfam, in occasione dell’apertura di Davos, in cui si sottolinea come mentre la spirale della povertà estrema rischia di inghiottire 1 milione di persone ogni giorno e mezzo nel 2022, i super ricchi che controllano le grandi imprese nei settori alimentare e dell’energia continuano ad accrescere le proprie fortune.

Oggi, 2.668 miliardari – 573 in più rispetto al 2020 – possiedono una ricchezza netta pari a 12.700 miliardi di dollari, con un incremento pandemico, in termini reali, di 3.780 miliardi di dollari.

Chi ha guadagnato di più

A trainare la ricchezza, come anticipato, i profitti record delle imprese nei settori caratterizzati da un forte monopolio, come quello energetico, alimentare e farmaceutico. Per dare un’ordine di grandezza, cinque delle più grandi multinazionali energetiche (BP, Shell, Total Energies, Exxon e Chevron) fanno 2.600 dollari di profitto al secondo.

Nel settore alimentare, la pandemia ha prodotto 62 nuovi miliardari. Insieme ad altre tre imprese, la famiglia Cargill controlla il 70% del mercato agricolo globale, e ha realizzato l’anno scorso il più grande profitto nella sua storia (5 miliardi di dollari di utile netto), record che potrebbe essere battuto nel 2022. La stessa famiglia conta ora 12 miliardari, rispetto agli 8 di prima della pandemia.

Anche nel settore farmaceutico, i cui profitti sono stati spinti alle stelle dalla pandemia, ci sono ben 40 paperoni in più. Imprese come Moderna e Pfizer hanno realizzato 1.000 dollari di profitto al secondo grazie al solo vaccino COVID-19 ed Oxfam ricorda che, nonostante abbiano usufruito di ingenti risorse pubbliche per il suo sviluppo, fanno pagare ai governi le dosi fino a 24 volte in più rispetto al costo di produzione stimato.

Ricchi sempre più ricchi, mentre salari rimangono stagnanti

Tutto questo mentre i salari invece rimangono stagnanti e i lavoratori sono esposti a un aumento esorbitante del costo della vita se paragonato agli ultimi decenni, spiega Oxfam. Un esempio su tutti: un lavoratore che si trova nel 50% degli occupati con retribuzioni più basse, dovrebbe lavorare 112 anni per guadagnare quello che un lavoratore nel top 1% guadagna in media in un solo anno. Da qui la richiesta ai Governi di tassare subito gli extraprofitti realizzati sulle spalle delle famiglie.

“I miliardari a Davos potranno brindare all’incredibile impulso che le loro fortune hanno ricevuto grazie alla pandemia e all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, – ha detto Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – ma allo stesso tempo decenni di progressi nella lotta alla povertà estrema rischiano di essere vanificati con milioni di persone lasciati senza mezzi per poter semplicemente sopravvivere”. “La marcata concentrazione della ricchezza – e di potere economico – nelle mani di pochi è il risultato di politiche di lungo corso, di decenni di liberalizzazioni e deregolamentazione della finanza e del mercato del lavoro, di anni in cui le regole del gioco sono state fortemente condizionate da interessi particolari a detrimento della maggioranza dei cittadini”, ha aggiunto Bucher.

Fonte: https://www.wallstreetitalia.com/la-pandemia-una-manna-per-i-ricchi-ecco-chi-ha-guadagnato-di-piu/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=Newsletter:%20Wall%20Street%20Italia&utm_content=la-pandemia-una-manna-per-i-ricchi-ecco-chi-ha-guadagnato-di-piu&utm_expid=24d0ca8f6aa04e501a1696e2bb16eb15a1464a4f6d2645e107c1efc8f8ee3e0f

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