L’ABC DEI VALORI TRADIZIONALI: LA FAMIGLIA FORTE

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QUINTA COLONNA

di Konstantin Malofeev, Arciprete Andrei Tkachev, Aleksandr Dugin

Konstantin Malofeev: Un’altra parte del nostro “ABC dei valori tradizionali” è dedicata alla famiglia – la lettera “S” [N.d.T.: in russo “famiglia” si scrive sem’ya, семья]. Il documento Foundations of State Policy for the Preservation and Strengthening of Traditional Spiritual and Moral Values (I fondamenti della politica statale per la conservazione e il rafforzamento dei valori spirituali e morali tradizionali) elenca la famiglia forte come uno di questi.

Arciprete Andrei Tkachev: Inizierò con una citazione di San Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Nuova Roma, Costantinopoli. Egli dice: «Il mondo è costituito da città, da case, da mariti e mogli, perciò quando ci sarà inimicizia tra mariti e mogli, allora verrà la guerra nelle case, e quando queste saranno disturbate, anche le città saranno disturbate; ma quando le città saranno in disordine, allora per forza di cose tutto l’universo sarà pieno di disordine, guerra e discordia».

La leggerezza e l’ovvietà della frase sono pari alla sua genialità. Sì, le epoche sono diverse e la famiglia ha sempre dovuto lottare, ma oggi è stata dichiarata una guerra di principio contro la famiglia. Pertanto, anche la nostra resistenza contro la distruzione della famiglia deve essere diversa. La famiglia è un valore basilare, fondamentale. Come diceva il giurista romano Modestino, «il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna, la comunione di tutta la vita, la complicità nella legge divina e umana».

Si tratta di una formulazione classica, che fino a poco tempo fa non è mai stata messa in discussione; ma poiché oggi è stata smentita, non è più la famiglia tradizionale a dover essere combattuta, ma la famiglia biblica. Cercherei di sostituire la parola “tradizionale” con “biblica” ogni volta che è possibile. Voglio dire, cosa dice la Bibbia? “Per ogni uomo Cristo è il capo, e per la moglie il marito è il capo, e per Cristo Dio è il capo”. “Né la moglie senza il marito, né il marito senza la moglie sono nel Signore; perché come la moglie è dal marito, così il marito è dalla moglie; e tutto è da Dio”.

L’insieme dei testi sacri concisi e sintetici, aforistici come le espressioni alate latine, dovrebbe diventare una sorta di arma lessicale. Hanno bisogno, in senso figurato, di riempire il corno di un automa spirituale per difendersi da tutti coloro che mettono in discussione un valore immutabile come la famiglia. La famiglia è autosufficiente; deve essere protetta indipendentemente dalla geopolitica o da altri fattori. Dopo tutto, se distruggiamo la famiglia, uccidiamo lo Stato.

Alla fine, incendieremo l’intero universo su quattro lati e lo sottoporremo alla conflagrazione sodomitica. Ma anche se non ci poniamo questo obiettivo globale, marito e moglie sono sufficienti di per sé a proteggere la loro unità dal serpente che si insinua nel giardino dell’Eden. La famiglia è l’unica cosa rimasta del paradiso dopo la caduta del peccato. Tutto è crollato, ma la famiglia è rimasta. Le onde del diluvio non hanno sommerso la famiglia, il fuoco di Sodoma non ha bruciato la famiglia.

Oggi, però, l’esistenza della famiglia è messa in discussione. Quindi, naturalmente, ci armiamo del Nome di Dio. E non vogliamo che l’universo venga messo a ferro e fuoco a causa dell’eterna inimicizia stabilita dal diavolo tra marito e moglie.

K.M.: La Sodoma occidentale globale ha raggiunto la famiglia. Al posto di mamma e papà, ci sono “genitore n. 1” e “genitore n. 2”, accoppiamento incomprensibile di tutti con tutti, 56 generi al posto dei due sessi divini. Tutto questo mira a distruggere la famiglia. Hanno già distrutto molte cose: l’appartenenza religiosa, l’appartenenza nazionale, e ora stanno distruggendo la cosa più importante, la famiglia, l’ultima fortezza. La piccola chiesa di cui stavate parlando, la fortezza che Dio stesso ha creato, la fortezza benedetta.

A.T.: In seguito, la personalità si dividerà, fino a che non ci sarà più nulla da dividere.

K.M.: Ci sono già arrivati. Purtroppo, come diceva San Paisio Svyatogorets, le principali malattie del XX secolo sono il cancro e il divorzio. Il divorzio è diventato il nostro flagello: in Russia, che ha raggiunto il picco dell’80% dei divorzi rispetto ai matrimoni contratti nello stesso anno, anche questa cifra è stata superata nell’ondata di covi. L’anno scorso abbiamo registrato il massimo storico di divorzi nella storia del Paese.

Una famiglia forte non è solo una famiglia senza perversioni occidentali, ma anche una famiglia normale composta da un uomo e una donna che non divorziano. Ora è diventato così comune che non tutte le famiglie divorziano, ma la maggior parte, e questo orrore deriva proprio dal fatto che i valori tradizionali di cui parla il DPR 809 sono stati dimenticati. Una famiglia forte è un valore così grande che deve essere preservato il più possibile. Tutti lo capiscono, perché questo problema riguarda tutti.

È molto facile parlare di costruzioni effimere e teoriche che potrebbero non verificarsi nella vostra vita, ma sta arrivando nella vostra vita qui e ora, ogni giorno, e mantenere una famiglia forte è, ovviamente, il nostro valore tradizionale, è un valore tradizionale dell’umanità. Se non la designiamo, se non comprendiamo cosa sia una famiglia forte, seguiremo questa Sodoma globale in un luogo dove non ci saranno più bambini. Nei Paesi di tradizione musulmana la natalità è molte volte superiore a quella dei Paesi europei ricchi.

Tuttavia, il problema demografico non può essere risolto con la ricchezza materiale. C’è un certo paradosso in questo e lo capisce bene qualsiasi credente: non si tratta di quanto denaro diamo per un bambino. La ricca Norvegia ha lo stesso tasso di fertilità per donna che abbiamo noi: 1,5; nei ricchi Emirati Arabi Uniti il tasso di natalità si è dimezzato negli ultimi 30 anni e le giovani famiglie sono semplicemente imborghesite.

Perché è così? Perché sia lì che lì, alle donne sono state fatte molte cose. Hanno rotto la chiesa domestica, in cui la moglie e il marito hanno un ruolo proprio; detto che la moglie è il “marito”; detto alle donne: siete “uomini”. Uscite e lavorate come uomini. Costruire una carriera. E con queste “belle” parole hanno camuffato ciò che in realtà volevano dire: non partorire, non procreare, porre fine alla razza umana. Perché senza donne nessuno partorirà.

Se una donna cessa di essere moglie e madre, se cessa di essere la custode della piccola chiesa, allora nulla funzionerà. In questo caso non ci sarà una continuazione, perché il primo comandamento della donna è quello di generare figli.

A.T.: A proposito, sarà salvata dalla procreazione.

K.M.: Cosa hanno detto all’uomo? In origine gli era stato detto: “Con il sudore del tuo volto, guadagnati il pane”; poiché oggi non guadagna, non si assume la responsabilità della sua famiglia e pensa che se per lui è molto difficile, sarà più facile andarsene in un’altra famiglia. La donna ha paura di questo e dice: “Vivrò come un uomo sposato, risolverò tutti i miei problemi da sola”. L’uomo diventa un “uomo-donna”. Se non sono responsabile per tutti, se posso comportarmi come una donna, allora non sono un uomo.

Ecco da dove vengono il femminismo e la sodomia e alla fine entra in gioco la giustizia minorile, quando un bambino non dovrebbe accettare di essere mamma e papà. Fanno a pezzi la famiglia. Il femminismo è per le donne, la sodomia per gli uomini e la giustizia minorile per i bambini e per risolvere questo problema, è necessaria una famiglia forte.

Aleksandr Dugin: È molto importante capire come la tradizione sacra – non solo quella cristiana, ma anche quella islamica e di altre confessioni tradizionali – intende la metafisica della famiglia. L’unità più primordiale dell’uomo era in paradiso. E l’interezza stessa dell’uomo eterno era che era un solo uomo. Abbiamo tutti bisogno di ripristinare questa umanità unificata in noi stessi. Perché siamo parte o aspetto di questo unico uomo, ma a un certo punto si è diviso e si è verificato un disastro.

La separazione dell’uomo in due generi è stata un disastro. È stato un movimento verso la dannazione, verso la perdita del paradiso, perché l’unità si è spezzata, ma grazie alla famiglia è stato restaurato. Pertanto, l’uomo non è un individuo separato. Secondo l’antropologia religiosa tradizionale, l’uomo non è un individuo, ma almeno due individui di sesso diverso uniti in una famiglia. Cioè, quando diciamo “uomo”, intendiamo la famiglia.

Non a caso il sacramento del matrimonio dice: “E i due diventeranno una sola carne”. Cioè, attraverso il matrimonio si ricrea l’unità dell’uomo originario. La procreazione, l’aiuto reciproco e la cura della casa sono aspetti molto importanti, ma ancora secondari del mistero del matrimonio. Un matrimonio che ripristina l’unità dell’uomo. Tutti – marito, moglie, figli, antenati e genitori – hanno un ruolo da svolgere nella costruzione di questa nuova unità.

La cultura moderna presenta il matrimonio come un contratto e non importa più chi e chi – uomo e donna, o due uomini, o donna e un cane o una capra – si arriva già a questa perversione del mondo moderno. Se il matrimonio è solo un contratto, un contratto tra due soggetti giuridici, allora tutto è possibile. In questo atteggiamento verso la famiglia è insita la negazione della sua essenza spirituale tradizionale.

Quando arriviamo alla distruzione della famiglia già su scala pianificata, dobbiamo renderci conto che questa ha origine dall’ignorare la nozione di essere umano. L’uomo non è semplicemente legato al genere. L’uomo diventa umano quando crea una famiglia. Non solo genera il futuro, ma crea se stesso. Perché un uomo è un uomo, non solo un uomo, ma di fronte a una donna, e una donna non è solo una donna, ma anche un uomo, e il loro rapporto deve creare una nuova essenza. L’essenza della salvezza, l’essenza di un uomo.

L’umanità è la famiglia. Non ci può essere piena umanità senza famiglia.

K.M.: Vorrei aggiungere qualche parola sul ruolo dei bambini. Sapete, l’arciprete Vladimir Vorobiev una volta mi disse che “il bambino è un angelo nella famiglia”. Ma solo più tardi ho capito cosa intendeva. È successo quando mio figlio aveva 16 anni e mia figlia un anno: io parlavo con lei, naturalmente, in una lingua, e con lui, un adolescente, in un’altra. Un giorno la tenevo in braccio e, quando è arrivato mio figlio, gli ho parlato con la mia voce normale e poi la bambina ha pianto, perché non aveva mai sentito quel tono da parte mia.

Allora mi son chiesto: cosa c’è che non va? Mi ha colpito molto. Mi sono resa conto che stavo parlando a uno dei miei bambini con un tono di voce completamente diverso da quello che avrei dovuto, non è così maturo come credo. Questo è molto importante perché i bambini che vengono direttamente dal cielo, e che vedono il bene e il male per davvero, forniscono la giusta sintonia per l’amore in una famiglia. In una famiglia forte con bambini, questo amore regna, quei bambini regnano.

La famiglia è l’unica unità della società che si basa sull’amore e solo sull’amore. Nient’altro. E questo regno dell’amore, la famiglia, è il più prezioso e il più caro. Perché, finché c’è una famiglia, l’amore non è morto nel mondo. Naturalmente uscirà dalla famiglia e andrà allo Stato.

A.T.: Sì, penso che nella famiglia ci sia spazio per tutte le virtù. San Basilio il Grande diceva che è un nido dal quale le aquile volano in diverse direzioni. Ha spazio per la pazienza, la diligenza, la responsabilità collettiva. Uno ha “sbagliato” – tutti sono responsabili. C’è spazio per le preoccupazioni, per l’ansia, per il tutto-esaurito. È un paletto di pioppo conficcato nella gola dell’egoismo. Cioè, la famiglia distrugge alla radice ogni egoismo, ti fa vivere non per te stesso.

Secondo la rivelazione biblica, la moglie è l’aiutante del marito. Il marito deve avere una causa. Se un uomo non ha un lavoro serio, normale, buono, significa che non c’è un alveare, una famiglia, dei figli. In breve, non c’è nessuno che possa aiutare. Gli uomini hanno molte pretese sulle donne, le donne hanno molte pretese sugli uomini. I bambini hanno pretese sugli adulti, gli adulti hanno pretese sui bambini.

Dobbiamo smettere di avanzare pretese l’uno sull’altro. Dovete basare la vostra vita sulla rivelazione. Su quella cosa immutabile e sacra che definisce il vostro posto nell’universo, le vostre responsabilità. Ed è in quello specchio che ci si deve controllare “per la schifosità”.

C.M.: In famiglia si impara l’obbedienza.

A.T.: Sì, solo lì.

C.M.: Se siete stati educati correttamente, sarete un eccellente dipendente, un eccellente combattente, un eccellente marito, un eccellente padre e nonno.

A.T.: Ecco cosa disse l’apostolo Paolo a Timoteo: “Non rimproverare l’anziano come un padre, ma esorta i giovani come fratelli, le vecchie come madri, i giovani come sorelle, con ogni purezza. Si tratta di categorie familiari.

A.D.: È molto importante che la famiglia sia definita “forte” in questo elenco di valori tradizionali. Deve diventare forte, cioè una famiglia senza divorzio, senza aborto. Infatti, il divorzio è proibito dalla Chiesa proprio perché viola questa comprensione mistica, profonda e ontologica della famiglia. Ma come risolvere questo problema? Risolvere il problema attraverso il denaro, attraverso condizioni artificiali create dall’esterno, è impossibile.

Come dice la sociologia, le condizioni di vita in una società tradizionale (cioè sulla terra, meglio nelle proprie case, in un collettivo limitato, dove ci si conosce tutti) creano automaticamente una famiglia forte. In altre parole, una famiglia forte è semplicemente una transizione dalla società moderna alla società tradizionale. Da un luogo di residenza urbano a uno rurale. Il ritorno alla terra è l’unica forma e soluzione al problema demografico.

Tutti i metodi artificiali non sono affatto adatti. Quindi l’unico modo per rendere forte la famiglia – che purtroppo ora non abbiamo – è tornare alla società tradizionale, ai suoi valori.

Tutti i valori di cui stiamo discutendo si riversano l’uno nell’altro, l’uno convalida l’altro. Sta emergendo un’intera visione del mondo, un’intera teoria su come salvare la Russia, come salvare il nostro popolo, la nostra società, il nostro potere, le nostre famiglie.

K.M.: Questa era la lettera “S” – famiglia.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini Fonte:  https://www.geopolitika.ru/it/article/labc-dei-valori-tradizionali-la-famiglia-forte

La difesa della famiglia: “Catechesi cattolica del matrimonio”

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QUINTA COLONNA

Segnalazione del Centro Studi Federici

Noël Barbara, Catechesi cattolica del matrimonio, Centro Librario Sodalitium, euro 25,00, pag. 622.
 
Prefazione del Dottor Jean Rivière, Professore alla Facoltà di medicina di Bordeaux 
Ho accettato volentieri di scrivere la prefazione alla “Catechesi cattolica del matrimonio” del Rev.do Padre Barbara, dopo averla letta con attenzione sotto un duplice punto di vista: quello dell’uomo sposato cattolico medio, di mezza età, padre di famiglia numerosa, ogni giorno alle prese con i diversi aspetti della vita coniugale, e anche quello di medico, ancor più in grado di constatare ogni giorno lo smarrimento delle intelligenze e dei cuori in questo campo. Per quanto ne so, questo libro non ha attualmente nulla di equivalente. Già a questo solo titolo esso merita di interessare, e l’esperienza ha già permesso di verificare che il suo contenuto, il suo stile, la sua preoccupazione di non lasciare nell’equivoco i problemi più delicati, hanno sollevato molte domande, turbato delle coscienze troppo ignoranti della dottrina della Chiesa. 
Dovremo stupirci se in futuro la lettura di questa catechesi susciterà delle obiezioni e delle discussioni? Non credo, perché a ben pensarci ci si accorge facilmente che la Chiesa cattolica ha sempre rivendicato e rivendica ancora un imprescindibile diritto di sguardo sulla morale. 
Quanti coniugi cercano, senza trovarlo sempre, l’aiuto del consiglio di un prete nei loro problemi di sposi! Quanto appare necessario lo sviluppo di un lavoro d’équipe fra clero, sociologi, medici, ecc…, se si vuole arrivare a delle soluzioni veramente cristiane in questo o quel caso concreto! ll sacerdote non ha per missione di insegnare la morale? Questo libro non ci dice altro che la condotta dei “figli di Dio impegnati nello stato del matrimonio”. La qualità sacerdotale dell’autore lungi dallo scandalizzare, non può che ispirare fiducia in quelli che lo leggeranno. 
Nella nostra epoca che si vanta di essere illuminata, il ricordare il concetto cristiano dell’amore e il senso profondo degli “obblighi” del matrimonio sembrerà forse desueto. Infatti si constata ogni giorno che numerosi focolari ignorano tutto della dottrina della Chiesa sul matrimonio oppure non ne conoscono che dei frammenti sparsi, scoordinati, raccolti per caso. Questa ignoranza, diciamolo senza rancore, non risparmia gli ecclesiastici.
Non bisognerebbe d’altra parte equivocare sulle intenzioni dell’autore. Gli applicherei volentieri questa bella definizione: “lo spirito duro e il cuore dolce”. 
Questo catechismo non costituisce una requisitoria. Anzi, Padre Barbara non ha consacrato dei mesi a questo lavoro per il piacere di soddisfare qualche “integrismo” di principio o di fatto in un campo in cui tante coscienze oneste cercano delle soluzioni a situazioni spesso dolorose. 
Ma schivare i problemi, annegare le difficoltà nel sentimentalismo o nei fantasmi di una sessualità più o meno incosciente, non ha mai aiutato ne mai aiuterà un’anima a camminare nella luce di Dio. Ora, chi possiede ancora la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo se non la Chiesa cattolica? 
Il primo dovere della carità non è di illuminare coloro che camminano nell’oscurità?
La dottrina della Chiesa sul matrimonio resta la pietra d’angolo delle unioni cristiane. Se su certi punti la discussione rimane aperta, preferibilmente fra persone competenti e al di fuori dello spazio pubblico, nell’insieme, la via tracciata dalla Chiesa in questo campo come in altri, è l’unica capace di portare la pace nelle anime, talvolta a prezzo di una pesante croce. Ma piacere e felicità non si confondono, e Nostro Signore Gesù Cristo ha parlato più spesso di via stretta che di via larga. 
Bisogna ringraziare Padre Barbara di averlo saputo ricordare, nascondendo la sua persona dietro l’autorità del pensiero della Chiesa. 
Quarta di copertina
Papa Pio XI, già nel 1930, osservava nella Casti Connubi che “dobbiamo considerare di primaria importanza che i fedeli siano bene istruiti circa il matrimonio, a voce e in iscritto non una volta sola e superficialmente, ma spesso e ampiamente, con argomenti chiari e solidi”. Memore di questo insegnamento l’autore di questo libro, P. Barbara, quando era giovane prete in Algeria francese, su mandato del suo Vescovo cominciò ad occuparsi della preparazione dei fidanzati al matrimonio e continuò questo ministero quando predicava gli Esercizi spirituali di s. Ignazio. Egli faceva notare giustamente come i sacerdoti, che non si devono sposare, studiano bene la dottrina sul matrimonio in teologia morale per poter confessare e consigliare al meglio, mentre invece i laici, che si devono sposare, non la studiano per niente e questa è una anomalia che se era vera negli anni sessanta è purtroppo ancor più vera oggi, quando l’ignoranza religiosa, in seguito al Concilio Vaticano II, ha raggiunto livelli un tempo inimmaginabili.
Questo libro, che non aveva ad oggi in Italia nulla di equivalente, si propone di colmare questa lacuna, cioè la non conoscenza del catechismo sul matrimonio da parte delle persone che si impegnano in esso, mettendo a loro disposizione in maniera semplice e accessibile, sotto forma di catechismo con domande e risposte, la dottrina cristiana, per vivere al meglio e con la grazia di Dio questo sacramento così importante per la vita e la salvezza di molti cattolici. Quanti coniugi cercano, spesso senza trovarlo, l’aiuto del consiglio di un sacerdote nei loro problemi di sposi! La qualità sacerdotale dell’autore, lungi dallo scandalizzare, non può che ispirare fiducia in quelli che lo leggeranno.
Nella nostra epoca che si vanta di essere illuminata e che confonde spesso l’amore con il piacere, ricordare il vero concetto cristiano dell’amore che è il sacrificio potrà sembrare forse desueto ma è più che mai necessario. La via tracciata dalla Chiesa in questo campo come in altri, è l’unica capace di portare la pace nelle anime, talvolta a prezzo di una pesante croce. Ma piacere e felicità non si confondono, e Nostro Signore Gesù Cristo ha parlato più spesso di via stretta che di via larga. La dottrina della Chiesa sul matrimonio resta la pietra angolare delle unioni cristiane.
Questo libro è utile sia alle coppie sposate e ai fidanzati che si preparano al matrimonio, sia ai sacerdoti o ai catechisti che si occupano della catechesi prematri-moniale. È di notevole interesse, inoltre, la seconda parte del libro che raccoglie moltissimi documenti del magistero, in particolare di Pio XII, Pastor Angelicus, su tutte le questioni inerenti al matrimonio.

L’inarrestabile ascesa dell’ipocrita morale progressista

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Riceviamo per la pubblicazione questo articolo, che contiene spunti interessanti e di sicura attualità, coi nostri ringraziamenti all’autore (n.d.r.)

di Riccardo Sampaolo

Jean Gabin (1904 – 1976) è stato un grande attore francese, che non ha avuto difficoltà a giganteggiare in molti ruoli che gli sono stati conferiti.

Tra i suoi film è bene ricordare “Il clan degli uomini violenti”, datato 1970.

In tale film Gabin impersona un rude campagnolo, che nonostante una delle figlie gli ricordi che il mondo è cambiato, lui risponde lapidariamente: “Si, ma io no”.

L’uomo di campagna sopracitato, radicato in un suolo, che coltiva la terra  da cui ritrae gran parte del suo sostentamento, è un francese dalle convinzioni solide, pragmatico, poco influenzato, e quindi poco dipendente, dal mondo esterno in rapido aggiornamento.

La risposta più significativa il rude agricoltore la rivolge però a un magistrato, che nel chiedergli la professione, risponde senza esitazioni, proprietario, al che il magistrato sconcertato gli dice che “proprietario” non è una professione, e Gabin precisa, “per me si”; sta tutto qui il nemico attuale della odierna Unione Europea a sfondo progressista, l’uomo proprietario di un luogo e in larga misura autonomo; tale uomo è molto meno dipendente, rispetto ad altri, dallo Stato e dall’opinione pubblica e basa le sue convinzioni non su principi astratti, prima che vengano dimostrati, ma sulla solida esperienza di vita che lo fa diffidare delle mode passeggere del buonismo modaiolo della modernità.

L’ecologismo che fa frequentemente capolino dalle parti di Bruxelles è di matrice chiaramente urbana, ossia nasce nella mente degli uomini delle città, ed ha quasi sempre una profonda ostilità verso il mondo rurale, intriso di senso del sacro e  composta unità familiare. Non è un caso che l’ipotesi, circolata un po’ di tempo fa negli ambienti politici dell’UE, di mettere fuori mercato le abitazioni energeticamente dispendiose, avrebbe colpito prioritariamente i vecchi, ariosi e dimensionalmente generosi manufatti colonici agricoli, a favore delle piccole, anguste ed energeticamente efficienti anonime case cittadine.

L’ecologismo di moda negli ambienti progressisti europei a matrice urbana, punta alla colpevolizzazione dell’uomo e del suo operato, in uno stile fortemente antirurale che vede l’agricoltore come una figura marginale nella migliore delle ipotesi, e quindi non come un riferimento da cui poter ottenere il governo del territorio e cibi salutari; l’ambientalismo urbano e progressista è quindi in larga misura una serie di “buoni propositi” in cui gli adepti, dalle città vogliono intervenire su ciò che gli è esterno, dimenticando che l’urbanesimo è una delle principali cause del degrado ambientale, e il loro stile di vita è solo cosmeticamente allineato con gli elementi base della naturalità.

Mentre l’agricoltore vive sulla terra e della terra, ha come obiettivo il mantenimento della fertilità dei suoli nel corso del tempo, da cui ricava il proprio sostentamento, l’uomo delle città, irreligioso, cosmopolita, progressista, si limita a imporre al bifolco le sue certezze delle buone intenzioni, volendo difendere l’ambiente dal punto di vista delle città, ma non stringendo alcun reale rapporto con la natura, intesa come base da cui ritrarre l’utile per poter vivere. Il capitalismo internazionale dopo aver vinto sul marxismo, ne ha assorbito alcune componenti compatibili con esso, e non sono poche.

Ecco quindi che si fa strada anche grazie alla digitalizzazione, all’urbanesimo, alla liberalizzazione dei rapporti sessuali, al disfacimento della famiglia, un sotterraneo e subdolo attacco alla proprietà diffusa e all’uso dei contanti, per denudare l’individuo, privarlo di “area di protezione” e porlo indifeso alla mercé di uno Stato, che assume atteggiamenti di fastidio verso l’esistenza di un tessuto comunitario dotato di autonomie economiche e valoriali, che ostacolano la riduzione di un popolo a somma di individui standardizzati su cui applicare efficientemente leggi, continuamente sfornate, non tanto per migliorare la qualità della vita di un popolo, ma per orientarlo al perseguimento di principi astratti in linea con il bene del pianeta e dell’umanità; si fa strada in sostanza una dimensione messianica della politica, genericamente rivolta, più che a uno specifico popolo, con le sue caratteristiche, a una indistinta umanità, priva di radici e storia, ma proiettata a comportarsi secondo regole ritenute appropriate dalla elitaria classe dirigente.

La riduzione di un popolo a somma di liberi individui nudi di fronte allo Stato e alla Legge ,(che garantiscono l’efficienza del sistema anche grazie alla montante digitalizzazione dei processi, la quale se da un lato ha il merito di velocizzare e efficientare il sistema, dall’altro rischia di spersonalizzare e inaridire i rapporti umani), non può che passare attraverso l’ attacco alla famiglia, quella che un tempo era considerata la cellula fondamentale della società e oggi rischia di divenire un intralcio alla libera espressione degli individui, presi come sono, dal loro io ipertrofico a guardarsi l’ombelico, e a gareggiare nel mercato dei rapporti affettivi, sempre più votati all’efficienza prestazionale e sempre meno alla profondità relazionale. La famiglia preesiste allo Stato, e nel passato la struttura pubblica è sempre stata piuttosto discreta nell’intromettersi nelle questioni coniugali e affettive, salvo ovviamente i casi di rilevanza penale. Oggi non è più così e lo Stato moderno guarda con sospetto comunità che si autoregolano; gli attuali poteri pubblici anziché considerare la Legge come il perimetro all’interno del quale potersi muovere, tentano di alzare l’asticella, arrivando a concepire la Legge come l’unico strumento regolatore dei rapporti tra persone; da ciò ne deriva ovviamente un altro aspetto tipico della modernità ossia la normazione ossessiva in ambiti un tempo non presi in considerazione.

In Italia il partito più agguerrito nel normare gli aspetti più intimi della vita delle persone è sicuramente stato il Partito Radicale, i cui modesti risultati elettorali non hanno impedito l’imporsi delle sue tematiche anche grazie all’aiuto che ha sempre ricevuto dalle altre e più grandi formazioni politiche, soprattutto della sinistra.

I radicali hanno sempre messo in atto battaglie apparentemente per la liberazione dell’individuo, ma ad una analisi più attenta si evince che la liberazione è avvenuta dai legami comunitari e dalle sensibilità di chi ti stava più vicino, per sostituire ciò, con l’ ossessivo e continuo ricorso a tribunali e leggi sotto l’egida dello Stato.

Lo stesso Marco Cappato, esponente di punta di +Europa, nella sua considerevole esposizione mediatica, non si risparmia di certo nel ricorso ai tribunali per le sue iniziative politiche.

Il risultato di tali azioni porta progressivamente al ridimensionamento di tutti i legami umani intermedi tra la persona e la comunità, e il denudamento dell’individuo così indebolito di fronte allo Stato, definito “il più freddo di tutti i mostri” da Friedrich Wilhelm Nietzsche, per derimere le sue intime questioni, senza il filtro del “dialogo profondo” con i membri della sua comunità.

Una delle prime battaglie radicali, di cuii si può tentare un’analisi, data oramai la piena maturazione dei suoi amari frutti, è sicuramente quella sul divorzio, dato l’oltre mezzo secolo raggiunto di diffusa applicazione.

Orbene come precedentemente ricordato, la famiglia è antecedente alla nascita dello Stato, e questo è un elemento che “il più freddo di tutti i mostri”, nella definizione alla Nietzsche, ha dovuto tenere conto, evitando per molto tempo di mettersi al buco della serratura, se non giustamente, per motivazioni di carattere penale. Tuttavia ad un certo punto della Storia, la decadenza della comunità, l’inurbamento, il declino della religiosità, l’avanzare del femminismo e dell’individualismo, fecero si che i tempi fossero maturi per tentare un intervento dall’alto, su quella che era la cellula fondamentale della società e da lì a breve lo sarebbe stata sempre meno; ecco pronta a partire dunque la macchina divorzista, che si presentava come strumento di scioglimento dei rapporti problematici tra coniugi, ma in realtà si dimostrerà essere qualcosa di ben più sofisticato e deleterio.

Per prima cosa lo Stato e la Legge non si accontenteranno di mediare tra i coniugi, garantendo la parità di trattamento tra i genitori, ma attraverso l’ideazione di artifici giuridici che vanno dall’affido del minore al concetto di casa coniugale, tenderanno a “sostituirsi” ad uno dei genitori (nella maggior parte dei casi al padre), statalizzando di fatto questo ultimo, che a tutti gli effetti diventerà un “concorrente perdente per legge”, estromettendolo dalla piena genitorialità e dalla fruizione della propria abitazione, anche quando di sua esclusiva proprietà.

In cinquant’anni si è verificato in Italia, per mezzo dello Stato e della Legge un vero e proprio scippo della genitorialità maschile, con il colpevole silenzio dei principali media.

L’utilizzo del principio astratto dell’esclusivo/superiore interesse del minore, grondante ipocrisia a livelli altissimi, dato che il massimo interesse del minore è quello di mantenere rapporti con entrambi i genitori, è stato il grimaldello con cui poter giustificare l’opinabilissima disparità di trattamento tra i genitori, come se una persona fosse titolare non di pieni diritti ma residuali; tutto ovviamente perfettamente in linea con il montante femminismo rancoroso della modernità.

Il Sistema divorzista non è neanche scevro da palesi iniquità, grazie all’astuzia giuridica di disgiungere l’affido del minore dalla colpa del naufragio coniugale, facendo verificare l’aberrante  scenario, che il genitore a cui è attribuita la colpa del naufragio familiare possa comunque ottenere l’affido del minore e beneficiare dell’affidamento della casa, anche se proprietario è l’altro.

Nonostante in oltre 50 anni, il divorzismo abbia dimostrato una forte ostilità nei confronti del padre, portata avanti con un impegno degno di miglior causa, il Sistema non si preoccupa delle ombre misandriche che rischiano di calare su di esso, forse confortato dallo spirito femminista dei tempi e dal sostegno, piuttosto acritico dei media conformisti, ma è proprio per questo che le persone è ora che guardino al di là della maschera divorzista e inizino a decifrarne il vero volto, che non è particolarmente rassicurante, soprattutto se si è il genitore marginalizzato dall’Istituto giuridico dell’affido, che guarda caso è quasi sempre di sesso maschile.

Il personaggio impersonato da Jean Gabin, (depurato da tutti gli “eccessi cinematografici”, nel film “Il clan degli uomini violenti”), il padre, proprietario di un vecchio casale di campagna, è il nemico principale del modaiolo progressismo odierno, e nel contempo, una delle poche figure credibili, di quotidiana, ostinata e pervicace resistenza al Sistema Mondialista.

Riccardo Sampaolo per www.agerecontra.it 

ANCORA SU UE, UNGHERIA E ‘STATO DI DIRITTO’: RISORSE PNRR SOLO CON PROPAGANDA LGBTIQ PER I BAMBINI

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Segnalazione del Centro Studi Livatino

di Renato Veneruso

Si intensifica lo scontro fra la Commissione europea e l’Ungheria: il veto del governo magiaro all’introduzione della ‘global minimum tax’ induce Bruxelles a portare la procedura di infrazione per violazione dello ‘stato di diritto’ alla Corte di giustizia, e a mantenere il blocco alla erogazione dei fondi del PNRR di Budapest, dopo averlo appena tolto alla Polonia, per contrastare la legge ungherese che vieta l’ideologia gender nelle scuole.

1. In occasione della seduta a Strasburgo del 6 luglio 2022, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione con cui invita il Governo ungherese a ritirare il parere contrario al sistema di tassazione delle multinazionali – Big Tech comprese – elaborato dall’OCSE e approvato dal G20 con un accordo al vertice di Roma di ottobre 2021, denominato global minimum tax (su cui cf. www.centrostudilivatino.it/global-minimum-tax-1-tassazione-senza-rappresentanza/ e https//www.centrostudilivatino.it/global-minimum-tax-2-chi-guadagna-e-chi-perde/).

Secondo Budapest, il maggior onere fiscale, nel generale contesto della guerra russo-ucraina, potrebbe essere “fatale” per le aziende manifatturiere e andrebbe a danno della competitività Ue.

Il Parlamento invece ritiene che il veto ungherese sia stato opposto, come già accaduto con la Polonia (che lo ha ritirato, appena prima che lo ponesse l’Ungheria, solo lo scorso 18 giugno, una volta ottenuta l’ammissione da parte della Commissione UE al PNRR–Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), in modo strumentale per superare, per l’appunto, la sospensione nell’erogazione dei fondi del Next Generation UE, pari a circa 7 miliardi di euro, vincolata alla verifica del rispetto da parte del Paese magiaro dei princìpi dello ‘stato di diritto’.

I deputati europei sollecitano la Commissione e il Consiglio “a non entrare in contrattazioni politiche”, e ad “astenersi dall’approvare il piano nazionale ungherese per la ripresa e la resilienza fintanto che l’Ungheria non avrà pienamente rispettato tutti i criteri stabiliti nel regolamento”.

Da un lato, quindi, ci si lamenta che il veto ungherese sia lesivo dell’esigenza di rendere efficace la nuova tassazione sui profitti delle multinazionali operanti all’interno dell’Unione; dall’altro, si mantiene la pretesa di bloccare l’erogazione dei fondi europei di aiuto ai singoli Stati membri finché questi non dimostrino che i propri ordinamenti domestici siano rispettosi delle regole dello ‘stato di diritto’.

2. Mettiamo un momento da parte i problemi che il nuovo sistema di tassazione comunque pone (su cui cf. www.centrostudilivatino.it/global-minimum-tax-iii-quando-gli-stati-sono-estromessi-dalla-decisione/): il che rende non peregrina la preoccupazione della sua introduzione in un contesto geopolitico profondamente aggravatosi dalla sua approvazione. Veniamo al dato politico: censurare la strumentalità dell’opzione ungherese dopo avere imposto tale condizionalità agli aiuti economico-finanziari somiglia tanto al detto popolare del “bue che chiama cornuto l’asino”; resta di fondo che il contrasto tra gli organi dell’Unione, principalmente il Parlamento europeo, e con minore veemenza la Commissione europea, contro alcuni degli Stati membri, segnatamente Polonia ed Ungheria, continua a mostrarsi più ideologico che politico-giuridico.

Va infatti ribadito che le materie controverse con i Paesi dell’Est, per le quali questi sono richiesti da anni dal Parlamento europeo di procedura di infrazione davanti alla Corte di Bruxelles, e oggi sono inflitti della condizionalità economica applicata al Next Generation EU, non sono, in base ai Trattati istitutivi, di competenza della UE, ma rimangono di pertinenza dei singoli Stati membri. Se così è, riesce difficile non leggere nella pretesa del Parlamento e della Commissione UE il tentativo di imporre una visione dei princìpi dello ‘stato di diritto’ ispirata al ‘politicamente corretto’ del pensiero unico globalizzante; per esso, vietare la propaganda di contenuti omossessuali ai minori è condotta qualificata come “vergognosa”, come conferma la Presidente della Commissione, Ursula von del Leyen: «I capi di stato e di governo hanno condotto una discussione molto personale ed emotiva sulla legge ungherese, praticamente l’omosessualità viene posta a livello della pornografia, e questa legge non serve alla protezione dei bambini, è un pretesto per discriminare. Questa legge è vergognosa».

Se l’Ungheria non «aggiusterà il tiro», ha aggiunto la Presidente, la Commissione «userà i poteri ad essa conferiti in qualità di garante dei trattati, dobbiamo dirlo chiaramente noi ricorriamo a questi poteri a prescindere dallo stato membro». «Dall’inizio del mio mandato abbiamo aperto circa quaranta procedure di infrazione legate alla protezione dello stato diritto e altri valori Ue e se necessario apriremo altre procedure», ha specificato Ursula von der Leyen.

La Commissione ha infatti appena deferito lo Stato ungherese alla Corte di Giustizia per l’asserito contrasto della propria legge sul ‘divieto di promozione dell’omosessualità ai minori’, che vieta di mostrare ai minori qualsiasi contenuto, nei media e nelle scuole, che ritragga o promuova l’omosessualità o il cambio di sesso: secondo la Commissione, la legge viola le regole del mercato interno, i valori europei e i diritti fondamentali degli individui, in particolare delle persone Lgbtiq. Bruxelles, che ribadisce come la protezione dei bambini sia una priorità assoluta per l’Ue e gli Stati membri, ritiene che il provvedimento ungherese contenga disposizioni che “non sono giustificate sulla base della promozione di questo interesse fondamentale o sono sproporzionate a raggiungere l’obiettivo dichiarato“!

3. La legge magiara, che il premier ungherese Viktor Orban qualifica come “non omofoba” e tesa unicamente alla protezione dei minori, nella prospettazione della Commissione viola invece “in modo sistematico diversi diritti fondamentali” sanciti dalla Carta dei diritti Ue, tra cui l’inviolabilità della dignità umana, il diritto alla libertà di espressione e di informazione, il diritto alla vita privata e familiare, nonché il diritto alla non discriminazione. “Per la gravità di tali violazioni – scrive Bruxelles – le disposizioni impugnate violano anche i valori comuni di cui all’articolo 2 Tue“. Il deferimento alla Corte è la fase successiva della procedura d’infrazione avviata dalla Commissione il 15 luglio 2021 con l’invio a Budapest di una lettera di messa in mora; a essa ha dato riscontro il Governo magiaro con l’invio di un parere motivato, ma le autorità ungheresi – rileva l’Esecutivo UE – non hanno risposto in misura sufficiente alle preoccupazioni sollevate in merito all’uguaglianza e alla protezione dei diritti fondamentali, e non hanno mostrato alcun impegno a porre rimedio all’incompatibilità.

Nella medesima occasione della discussione all’Assemblea plenaria di Strasburgo, Von der Leyen ha stigmatizzato l’istituzione in Polonia delle cosiddette zone «Lgbt free», ovvero le amministrazioni del Paese che si autoqualificano come libere dalla «ideologia Lgbt». «Non possiamo – ha detto von der Leyen – restare a guardare quando ci sono regioni che si dichiarano libere dagli Lgbt. Non lasceremo mai che parte della nostra società sia stigmatizzata a causa di quello che si pensa, dell’etnia, delle opinioni politiche o credi religiosi».

Tale dura presa di posizione, fortemente criticata dalla presidente della coalizione parlamentare europea ‘Conservatori e riformisti’, Giorgia Meloni, come «l’ennesimo inaccettabile ricatto politico contro il legittimo governo di una nazione sovrana», è del 6 luglio; il giorno dopo, l’ANSA ha dato notizia che “Dopo il via libera di Bruxelles al piano di ripresa e resilienza polacco, si sono registrati significativi passi in avanti nei negoziati tra Ue e Ungheria. Budapest ha accettato le condizioni della Commissione europea per l’approvazione del piano di ripresa e resilienza ungherese. Ad annunciarlo Gergely Gulyas, capo di gabinetto del premier: la posizione dell’Esecutivo europeo è stata accolta su quattro punti che riguardano, tra gli altri, la lotta alla corruzione, gli appalti pubblici e l’uso di parte significativa dei fondi europei per il raggiungimento del livello più alto possibile di indipendenza energetica, ma non è dato sapere, al momento, quale sarà la conclusione di possibile accordo sullo ‘stato di diritto’.

4. Il 13 luglio è stato approvato il progetto di relazione della LIBE-la commissione per le libertà civili del Parlamento europeo, con 47 voti favorevoli, 10 contrari e 2 astensioni, che verrà discusso e messo al voto nella prossima sessione plenaria in programma dal 12 al 15 settembre a Strasburgo: in base a esso la mancanza di un’azione decisiva dell’Ue ha contribuito all’emergere in Ungheria di un “regime ibrido di autocrazia elettorale“, e un ulteriore ritardo nella procedura di cui all’articolo 7 equivarrebbe a una violazione dello stato di diritto da parte dello stesso Consiglio dell’Ue.

Gli eurodeputati esortano, pertanto, la Commissione europea a ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione e, alla luce della guerra russa contro l’Ucraina e delle azioni anti-Ue di Budapest, chiedono all’Esecutivo di non approvare il PNRR magiaro fino a quando l’Ungheria non avrà rispettato le raccomandazioni contenute nel semestre europeo e applicato le sentenze della Corte di giustizia dell’Ue e della Corte europea dei diritti dell’uomo. Tra le aree che destano preoccupazione: l’indipendenza della magistratura, la corruzione e i conflitti di interesse, la libertà di espressione, tra cui il pluralismo dei media, il diritto alla parità di trattamento, compresi i diritti Lgbtiq, i diritti delle minoranze, migranti, richiedenti asilo e rifugiati.

5. E’ un caso che tutto ciò sia avvenuto appena qualche giorno dopo che l’Ungheria ponesse il veto all’introduzione della ‘global minimum tax’ in Europa, per la quale occorre l’unanimità dei consensi da parte dei 27 Stati membri, o è pensar male che si tratti della ennesima strumentalizzazione nell’ambito dello scontro, appunto, ideologico sopra descritto?

Ed è pensar male anche che chi vuole – come il Presidente del Consiglio, ovvero l’appena rieletto Presidente della Francia, Emmanuel Macron – introdurre meccanismi di superamento del criterio della unanimità (nonostante i casi di suo utilizzo siano già, a Trattati vigenti, ben limitati), non lo faccia solo per rendere la UE più capace di adottare misure adeguate contro le emergenze belliche o economiche, bensì per più agevolmente perseguire il disegno di una Europa ispirata non al rispetto della sua identità plurale, bensì alla omologazione del pensiero unico ‘progressista’?

 

Disney: arriva il bacio gay, firmate la petizione?

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Segnalazione di Pro Vita & Famiglia

“c’era una volta…”

C’era una volta la Walt Disney, un’azienda che realizzava cartoni animati e film per intrattenere e divertire le famiglie e i loro figli…

C’era una volta, ma oggi non c’è più.

Adesso c’è la Walt Disney ‘politicamente corretta’ che aiuta le potenti lobby omosessuali e transgender a plasmare la società passando dalle menti dei bambini.

Hanno deciso di inserire un esplicito bacio gay nel cartone animato Lightyear. La vera storia di Buzz (il celebre space ranger del cartone Toy Story) in uscita a giugno.

Genitori e nonni dovrebbero boicottare il film al cinema e sulla piattaforma Disney (magari annullare l’abbonamento).

La Disney sta abusando della fiducia delle famiglie per fare politica sulla pelle dei bambini, e se adesso non reagiamo con forza il “bacio gay” sarà solo l’inizio.

Aiutami a fermare la deriva: firma la petizione rivolta al responsabile della Walt Disney in Italia Daniel Frigo: BASTA usare i cartoni animati per fare propaganda gender LGBT davanti ai bambini di tutto il mondo! [clicca qui per firmare in pochi secondi]

Foto di un gay pride a Disneyland 

Facendo pressione sulla filiale italiana della Disney (con la petizione) faremo sapere alla ‘casa madre’ americana che la politica aziendale in salsa LGBT non conviene alle casse dell’azienda.

Se firmeremo in migliaia, spargendo l’allarme ai nostri familiari e conoscenti, la Disney ci penserà dieci volte prima di ripetere l’errore in futuro.

Basta propaganda LGBT nei cartoni Disney!

[firma qui la petizione]

Ma se non faremo niente, il bacio gay del cartone animato molto presto diventerà un bambino con “due padri” avuto tramite utero in affitto, e non voglio immaginare cos’altro.

Non è una questione di ‘discriminazioni’ o di ‘intolleranza’.

Molto semplicemente, la Disney NON deve fare politica con i suoi cartoni animati.

Se la fa, deve accettarne le conseguenze: il boicottaggio e l’indignazione di milioni di famiglie in tutto il mondo, a partire dall’Italia.

Ho bisogno anche di te: firma qui la petizione per chiedere al responsabile italiano della Walt Disney, Daniel Frigo, di far sapere all’azienda americana che migliaia di famiglie italiane stanno protestando contro l’uso politico dei loro prodotti [clicca qui per firmare in pochi secondi]

Ti anticipo che su questo tema non ci fermeremo alla petizione (importantissima, da firmare), ma metteremo in campo un’azione di denuncia su vasta scala per sensibilizzare il maggior numero possibile di famiglie italiane.

Se oggi mi aiuti firmando la petizione, questo sarà ancor più facile e veloce.

 

La differenza tra uomo e donna ci salverà perché lì c’è la vita

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di Claudio Risè

Fonte: La Verità

La tesi del disegno di legge Zan sulle pretese identità sessuali percepite è una teoria che cerca di smontare una delle maggiori e più significative evidenze umane, per sostituirla con una serie di caselle burocratiche

Il bizzarro decreto Zan contro un reato introvabile nelle statistiche nazionali forse non passerà. Un risultato notevole l’ha però già ottenuto: ha suscitato il panico tra genitori e educatori, impegnati nel loro lavoro e spaventati dal quadro della situazione affettiva giovanile fornita da giornali e media, devoti al loro zelo zannofilo. Da ciò che molti adulti riferiscono all’analista, il mondo giovanile secondo i media appare come qualcosa tra Sodoma e Gomorra, tra imbellettati Pride e cambi di sesso di massa. Genitori e maestri, per lo più sofferenti per il loro scarso potere e incisività, sono poi sbalorditi dalla tesi gender dell’identità sessuale ridotta a “produzione culturale” inventata dalla società. Non si erano mai accorti di avere con le loro idee o speranze il potere di determinare addirittura il sesso dei loro figli e allievi; anzi erano convinti di non avere nessun potere. Le figure educative sono disorientate. Vorrei, per quanto posso, rassicurarli.
E, già che siamo nello Sguardo selvatico, li inviterei a “scendere dal pero”, albero che nel folclore contadino ha spesso rami complicati e contorti, fragili, spesso intaccati da parassiti, da cui è facile cadere. Per giunta di frequente sterili, come protesta un detto popolare siciliano: “Pira ‘un facisti, e miraculi vöi fari?” (“Non hai fatto pere, e vuoi fare miracoli?”). Presunzioni  contorte come i ragionamenti della supponente Gender theory, con la quale una ricca sociologa americana, Judith Butler, pretende di spiegarci come siamo fatti e come si fa ad amare.
Giù dal pero, dunque. Non impressioniamoci. I molti scrivani o opinion maker simpatizzanti o comunque colpiti dalla LGBT etc, (spesso non giovanissimi), non rappresentano tutti i giovani italiani, e neppure quelli europei. Sono persone testardamente devote a una teoria nata nel decostruzionismo del ‘900, che ha cercato di smontare la differenza sessuale, una della maggiori e più significative evidenze umane, per sostituirla con una serie di caselle burocratiche corrispondenti neppure a sessi, ma a pratiche sessuali, anche molto minoritarie e private, sostanzialmente irrilevanti ai fini dell’identità personale. Ma non ci stanno riuscendo. I popoli dei paesi del Nord, che la teoria del gender l’hanno scoperta già prima del terzo millennio, hanno pagato da tempo il loro scotto di cambiamenti di sesso infelici, disagi mentali, rotture familiari e peggio. I governi di quei Paesi hanno ora atteggiamenti più cauti e smagati, anche per i costi sul piano umano e sociale delle pretese “identità sessuali percepite”. Noi invece stiamo ancora scoprendo l’acqua calda, e allestendo i corrispondenti finanziamenti, giornate celebrative e burocrazie nuove di zecca, apprestate per l’occasione. Certo, se non smettiamo in fretta, ahimè qualcuno si farà male. Sarà doloroso, non però la fine del mondo.
Perché, anzi, il mondo è cominciato, e continua a funzionare, non con la pur importante (anche se spesso traditrice) tecnologia o su stravaganti teorie sociologiche, ma proprio grazie a quella Differenza essenziale, tra donne e uomini, di cui ci parla (ad esempio) sir Simon Baron-Cohen, professore di psicologia dello sviluppo all’Università di Cambridge, nel suo The essential difference (Penguin). Una differenza sulla quale poggia il mondo degli esseri umani, e che non ha nulla a che vedere con il mondo degli stereotipi, come Baron-Cohen precisa fin dalle prime pagine. A dimostrare però le resistenze dei templi della cultura italiana verso le decine di ricerche raccolte dall’autore, che molto elegantemente svuotano la teoria del genere (senza neppure mai nominarla perché scientificamente inesistente), basti notare che questo libro, fra i primi e più noti del giovane e brillante psichiatra, è quasi l’unico a non essere stato ancora tradotto in italiano. I nostri soloni della cultura non vogliono neppure sentire parlare della “differenza essenziale” tra maschi e femmine.
Forse perché Simon Baron-Cohen nel libro svelava (già nel 2003) con grande chiarezza e understatement: “Nei passati decenni l’idea stessa di differenze psicologiche nei due sessi avrebbe sollevato pubbliche proteste. Gli anni 60 e 70 videro un’ideologia che svalutò le differenze psicologiche dei sessi come o mitiche o comunque non essenziali… riflessi di forze culturali diverse in azione nei due sessi. Il cumulo però di evidenze prodotte per molti decenni da studi e ricerche di laboratori indipendenti mi hanno persuaso che ci sono differenze essenziali che devono essere studiate e riconosciute: la vecchia idea che possano essere soltanto culturali è oggi troppo semplicista”. Le “differenze essenziali” , spiega l’autore, sono presenti fin dalla nascita: troppo presto per attribuirle tutte alla cultura. I fattori biologici sono gli unici candidati in grado di spiegarli, almeno in gran parte.
Nel libro, l’analisi del cervello e della mente incrocia poi la riflessione neuroscientifica sull’evoluzione, dove emerge molto presto la differenza essenziale tra uomo e donna: l’uomo procura il cibo e difende la donna e la prole, la donna  fa i bambini e li nutre. La capacità specifica del femminile è l’empatia, con la sua capacità di accoglienza e scambio affettivo, quella del maschile è il costruire sistemi che aiutano e sviluppano la vita; con il necessario accompagnamento della funzione di difesa/aggressione, presente fin dalla prima infanzia dell’uomo. Naturalmente poi, entrambi gli aspetti fanno un po’ di tutto, a seconda delle necessità e anche delle inclinazioni. Giovanna d’Arco è stata (anche) un grande capo militare e Francesco d’Assisi un campione assoluto di accoglienza ed empatia: sono le dimostrazioni estreme della possibilità di sviluppare anche le qualità dell’altro sesso, che confermano la fondamentale libertà dell’essere umano. Tuttavia i due, donna e uomo, sono fatti così, e tali rimangono, anche se si iscrivono a un’altra casella. Il maschio crea continuamente sistemi: di ragionamento, di produzione, di vita spirituale (san Benedetto). E la manager emancipata e superaffermata porta in analisi il suo desiderio di maternità.
Baron-Cohen poi, approfondisce, qui e anche altrove (per esempio ne: I geni della creatività. Come l’autismo guida l’invenzione umana appena uscito da Cortina), anche gli aspetti “autistici”, fortemente introversi del maschile, a cui si deve gran parte dello sviluppo tecno-scientifico. Ma che spesso fanno perdere la pazienza alle donne: “Perché mio marito non parla mai?”
Genitori e insegnanti si possono tranquillizzare: la “differenza essenziale” ci salverà. Perché lì c’è la vita.

Il ddl Zan & C. produrrebbe l’effetto di rovesciare l’ordine etico della società

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In Parlamento si discute sul testo unificato che contiene il Ddl contro l’omotransfobia. Quali saranno le ricadute se dovesse diventare legge? Cosa si potrà dire e cosa no? Avremo ancora un diritto d’opinione o questo segnerà la fine del libero pensiero? Ne abbiamo parlato con Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita.

di Ida Giangrande

Il quotidiano Avvenire ha ospitato l’onorevole Alessandro Zan per spiegare che il testo unificato delle proposte di legge in materia di omotransfobia non sono liberticide e che per i cattolici non c’è nessun problema per quanto riguarda il diritto d’opinione e di credo religioso. L’hanno convinta le rassicurazioni dell’on. Zan?

In effetti l’on. Zan ha precisato che l’estensione dell’attuale art.604 bis del Codice penale non riguarderebbe la «propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico». Sembrerebbe, quindi, che in caso di approvazione delle modifiche proposte, ai cattolici sarà possibile affermare che gli eterosessuali sono superiori agli omosessuali o, se si preferisce, che gli omosessuali sono inferiori agli eterosessuali. Sarebbe inoltre consentito, sempre secondo Zan, affermare pubblicamente che l’omosessualità è una «grave depravazione», come sancisce il punto 2357 del Catechismo della Chiesa cattolica. Bene, questo ci tranquillizza. Ciò che, invece, ci lascia alquanto perplessi è il secondo aspetto del ragionamento di Zan. Secondo il deputato del PD, infatti, ciò che verrebbe punito è la discriminazione o l’istigazione alla discriminazione basata su motivi di genere, orientamento sessuale e identità di genere, e la violenza o la provocazione alla violenza basata sempre sui predetti motivi.

Quali sono gli elementi che la lasciano perplessa circa la discriminazione e la violenza?

Ci sono due obiezioni che subito mi vengono in mente. La prima riguarda la definizione del concetto di discriminazione che la proposta di legge non chiarisce. E non è un problema da poco se si formulano alcune ipotesi che certamente interessano cattolici e relativa Chiesa. Se, per esempio, il Rettore di un Seminario diocesano decidesse di non ammettere o di espellere un seminarista perché pratica l’omosessualità, integrerebbe evidentemente un atto di discriminazione sanzionabile ai sensi dell’art. 604 bis, lett. a) del Codice penale, secondo la riforma voluta da Zan. Stessa cosa se un parroco decidesse di non dare un incarico pastorale ad un omosessuale convivente e militante per i diritti LGBT, o decidesse di non affidare i ragazzi dell’oratorio per un campo estivo ad un responsabile scout che si trovasse nelle stesse condizioni. Nell’identica situazione di troverebbe un parroco che rifiutasse la provocazione di due lesbiche conviventi e militanti per i diritti LGBT che chiedessero, per la strana coppia, una benedizione in chiesa.  Discriminazione sarebbe considerata anche quella di un pasticciere cattolico che si rifiutasse di confezionare una torta “nuziale” per la cerimonia di un’unione civile tra due omosessuali. O un fotografo cattolico che rifiutasse di prestare il proprio servizio fotografico per un’analoga cerimonia. Le ipotesi potrebbero proseguire fino all’esclusione di un uomo che si “sente” donna dall’accesso ai bagni riservati alle donne, o dall’accesso agli spogliatoi femminili di una piscina. In questo caso la discriminazione avverrebbe sulla base dell’identità di genere. Sempre rispetto a questo tema, un istituto scolastico non potrebbe imporre un codice di abbigliamento ad un insegnante transessuale o persino ad un docente Drag Queen, perché il variopinto trucco e l’eccentrico costume costituirebbero un’espressione dell’identità di genere tutelata per legge. La scuola non potrebbe porre in essere una discriminazione nei confronti dell’insegnante come i genitori non potrebbero rifiutarsi di mandare i propri bimbi a scuola con una simile maestra. Raccogliere, poi, le firme per protestare contro l’istituto scolastico integrerebbe un’istigazione alla discriminazione. Né sarebbe, ovviamente, consentito ai genitori impedire che i propri figli partecipino ai cosiddetti “corsi gender”, quelli appunto basati sul concetto di identità di genere.  Continua a leggere

Culle vuote, il piano di Fontana: “Assegno unico per le famiglie”

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Roma, 3 giu – Assegno unico per le famiglie da inserire a breve in un disegno di legge per contrastare la denatalità, realizzazione del primo Codice delle persone con disabilità in osservanza dei principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone, convocazione del Piano nazionale delle non autosufficienze per il prossimo 25 giugno che affronterà il tema della disparità fra Regioni. Ecco i prossimi obiettivi che il ministro della Famiglia e Disabilità Lorenzo Fontana intende raggiungere a breve termine, sempre se – sia chiaro – il governo verdegiallo proseguirà la sua corsa.

Fino a più di duemila euro a famiglia

Alle famiglie con più figli potranno essere erogati assegni anche superiori ai duemila euro – spiega Fontana all’Agi. E ancora: abbiamo investito 80 milioni di euro per il welfare aziendale. Nel campo della disabilità abbiamo aumentato tutti i fondi, a partire dal Fondo per la non autosufficienza, per i più gravi, potenziato di 100 milioni di euro, strutturali”. “Nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri, con il Ministro Bussetti, abbiamo introdotto importanti novità nel campo dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità. Dopo anni, inoltre, è stato ricaricato il fondo antidroga, per 7 milioni di euro, altri 2 milioni potranno essere destinati alle comunità terapeutiche e 3 alla prevenzione nelle scuole. Abbiamo inoltre potenziato la parte di controllo delle droghe sottoscrivendo accordi di collaborazione con le forze dell’ordine e siamo partner delle reti di cooperazione di area Mediterranea e Atlantica contro il narcotraffico”.

“Un assegno unico fino alla maggiore età”

“Abbiamo già formalizzato all’ultimo preconsiglio e il nostro testo è già depositato al Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi – spiega ancora Fontana – la proposta di un assegno unico per le famiglie, che presto confluirà in un disegno di legge”. Fontana spiega: “Da mesi stiamo lavorando al progetto: i nostri tecnici hanno svolto un approfondito studio sulle coperture e sulle misure che si sono stratificate negli anni, che sono frammentarie e disorganiche e soprattutto non strutturali”. “Con questi fondi, e altri che si potranno aggiungere in legge di Bilancio, vogliamo realizzare un assegno unico – prosegue il ministro – che darà a quasi tutte le famiglie italiane con bimbi, comprese finalmente quelle del cosiddetto ceto medio, alcune centinaia di euro ogni mese. Contiamo che possa essere di 2-300 euro dal settimo mese di gravidanza fino alla maggiore età, con delle specifiche e necessarie maggiorazioni in caso di figli con disabilità. E’ l’investimento più sicuro e più di valore per il futuro del Paese”.

fonte – https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/culle-vuote-piano-fontana-assegno-unico-famiglie-120273/

L’Alabama si oppone al matrimonio gay nel cartone animato per bambini

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No alla messa in onda del cartone animato con un matrimonio gay: l’Alabama si oppone e blocca l’intera stagione di Arthur.

Avevamo parlato dell’episodio del cartone animato per bambini Arthur con un matrimonio gay. L’episodio, però, non è andato in onda in Alabama. E pare che non ci andrà mai, per evitare ai piccoli il trauma di assistere a uno show del genere.

In sostanza, l’Alabama Public Television ha rifiutato di mostrare la premiere della nuova stagione, intitolato “Mr Ratburn and the Special Someone”. Proprio l’episodio che presenta il matrimonio omosessuale del maestro  di Arthur, Mr Ratburn .

L’episodio di Mr Ratburn è stato anche criticato dal gruppo One Million Moms, che ha iniziato una petizione chiedendo a PBS di “cancellare immediatamente questo contenuto controverso”.

Nel 2005, Alabama Public Television si era già battuta per questo genere di cause, impedendo la messa in onda sempre di un episodio di Arthur in cui Buster, un coniglio, ha visitato una ragazza che aveva due madri.

In quel caso la PBS e il Department of Education ritirarono i fondi per Arthur.

fonte – https://vocecontrocorrente.it/lalabama-si-oppone-al-matrimonio-gay-nel-cartone-animato-per-bambini/