Luigi Marattin attacca la flat tax e sul Terzo Polo dice: “Non fisso obiettivi numerici”
di Marco Baronti
Dopo aver ascoltato Mario Draghi al Meeting di Rimini, Luigi Marattin non ha dubbi: “Non mi è sembrato fare un discorso da chi ha la valigia pronta per trasferirsi in Costarica per aprire un ristorante”. Renziano, presidente della Commissione Finanze della Camera e candidato capolista in Piemonte con il Terzo Polo, Marattin spera più che mai di rivedere il premier uscente rientrare nuovamente a Palazzo Chigi dopo il 25 settembre. Un desiderio, più che una speranza. La flat tax? “Una proposta folle”. L’obiettivo percentuale del Terzo Polo? “Non sono così ingenuo da fissare obiettivi numerici”.
Onorevole, ieri Calenda se n’è uscito chiedendo la sospensione della campagna elettorale per l’emergenza sul gas. Cosa intende esattamente?
Quello che intendiamo è che c’è un governo in carica che lo sarà fino al passaggio della campanella con quello successivo. Quindi, se tutte le forze politiche sono d’accordo e anzi partecipano allo sforzo, può certamente prendere provvedimenti di urgenza legati a quanto sta avvenendo nel settore energetico. Già per l’Aiuti-bis siamo andati a Palazzo Chigi, un esponente per partito, per condividere col governo i contenuti del decreto. Lo possiamo fare ancora, nell’interesse non dei nostri partiti ma in quello “esclusivo della nazione”.
I provvedimenti di urgenza non possono essere comunque presi con la campagna elettorale in corso?
Certo che possono. Dal punto di vista giuridico-istituzionale, il governo è in carica per gli affari correnti e, quindi, anche per predisporre interventi dettati dalla reale necessità e urgenza. Dal punto di vista politico, i partiti possono “astrarre” dalla campagna elettorale per il tempo necessario a supportare il governo nella definizione degli interventi necessari a rispondere all’urgenza.
VERSO IL VOTO:
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Draghi, al Meeting di Rimini, ha detto che il futuro governo, qualunque esso sia, “riuscirà a superare le difficoltà”. Calenda è invece convinto che il prossimo esecutivo non durerà più di sei mesi. Sembra che il premier non sia affatto preoccupato dal possibile arrivo della Meloni al governo…
Draghi ha ricordato che noi italiani diamo il meglio di noi durante le fasi difficili, è stato sempre così nella nostra storia anche recente. E su quella base, ha formulato un auspicio sul prossimo futuro. Si trattava però di un auspicio e di un augurio, non certo di una premonizione. In tutta onestà, non mi è sembrato di cogliere nelle sue parole uno spirito da “comunque vada, sarà un successo”. Se dovesse prevalere una delle due coalizioni al momento avanti nei sondaggi, credo anch’io – come Calenda – che il governo che ne risulterebbe sarebbe assolutamente instabile e destinato a durare poco. A sinistra, perché al loro interno la pensano in modo opposto su tutto, dalle tasse all’ambiente, dalle riforme istituzionali a quelle economiche. A destra perché a parte gli slogan acchiappavoti non hanno la minima idea di come gestire la complessità del governo.
Il leader di Azione ha parlato di una maggioranza Ursula con Draghi premier. Escludendo chi?
Se gli italiani ci daranno un consenso sufficiente, e se nessuna coalizione sarà autonoma nel provare a governare, ci dichiareremo disponibili a far nascere un nuovo governo guidato da Mario Draghi che possa proseguire per cinque anni l’esperienza sciaguratamente interrotta un mese fa. Vedremo chi sarà disponibile a farlo, ma sulla base di un patto chiaro e di un’agenda riformista e europeista.
Ma siete davvero sicuri che Draghi sia disponibile a tornare a Palazzo Chigi dopo il 25 settembre?
Questo, nel caso le condizioni di cui parlo si realizzino, lo dirà Mario Draghi al Presidente della Repubblica durante la fase di consultazioni. A Rimini non mi è sembrato fare un discorso da chi ha la valigia pronta per trasferirsi in Costarica per aprire un ristorante “Dal banchiere centrale”, se mi consente una battuta.
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Quindi escludete totalmente la possibilità di appoggiare un governo di centrodestra?
Si. Quello che si presenta il 25 settembre non è un “centrodestra”, ma una coalizione a guida sovranista e nazionalista con tanti slogan e poche idee, oltretutto confuse. In cui i liberali moderati si sono svenduti completamente alle fantasie dei Siri, dei Salvini, dei Borghi, dei Bagnai. Basti guardare la composizione delle liste. Non ci interessa, grazie.
Renzi dice che Letta sta regalando la vittoria alla Meloni. Non avendo trovato un accordo col Pd, non pensate di aver favorito anche voi il centrodestra?
Ci rivolgiamo anche a quei milioni di elettori liberali e riformisti che hanno sempre votato centrodestra ma che ora proprio non ce la fanno a stare con chi, con le emergenze che abbiamo di fronte, ha buttato giù Draghi perché pensa sia meglio la Meloni. A chi vuole sostituire Daniele Franco con Armando Siri. Ecco perché non credo affatto che il Terzo Polo sia nato per favorire il centrodestra. Semmai per contribuire alla nascita di un quadro politico più trasparente, stabile, chiaro e ordinato.
Uno dei cavalli di battaglia del centrodestra è la flat tax. Lei è da sempre molto critico su questa misura. Perché?
“Flat tax” significa una cosa sola: l’applicazione di una sola aliquota sul reddito personale, al posto di un sistema a scaglioni. Non c’è nessun partito che avanzi una proposta del genere. Fratelli d’Italia propone una tassazione sostitutiva del 15% – e temporanea, dura solo 12 mesi – solo sugli incrementi di reddito da un anno all’altro. Una misura della cui rilevanza ed efficacia dubito fortemente, ma che comunque non è una flat tax, così come l’abbiamo definita prima. E la Lega propone una riforma dell’Irpef che dalle 4 aliquote attuali le porta a 18. Il primo scaglione ha un’aliquota del 15%, ma poi ne seguono altre 17. Ad esempio, una famiglia con 55 mila euro di reddito ha un’aliquota del 30%. Una proposta che considero folle perché sarebbe una complicazione incredibile, quando invece il nostro sistema fiscale ha bisogno di una radicale semplificazione.
Quali sono quindi le vostre proposte sul fisco?
Completare l’abolizione dell’Irap, che già quest’anno è sparita per le persone fisiche. Rifare daccapo l’Irpef, passando dall’attuale “manuale di istruzioni” di 341 pagine ad uno di non più di 10: minimo esente per tutti, unificare la detrazione per lavoro autonomo con quella per lavoro dipendente, spostare tutte le spese fiscali a rimborso diretto con carta di credito, e tre sole aliquote. L’Ires sarà semplificata – con l’unificazione tra bilancio civilistico e fiscale – e azzerata per chi trattiene gli utili in azienda e per le imprese che si fondono. E poi racchiudere tutta la normativa tributaria in tre codici: snelli, chiari, periodicamente aggiornati e tradotti in inglese.
Italia Viva aveva proposto una raccolta firme per l’abolizione del reddito di cittadinanza, che poi non è mai partita. Nel programma del Terzo Polo si legge però che volete solo modificarlo. Avete cambiato idea?
No, abbiamo sempre voluto abolire il reddito di cittadinanza e sostituirlo con qualcosa di profondamente diverso. Che è equivalente a fare direttamente qualcosa di diverso, senza passare formalmente per l’abolizione. Il sussidio sarà ritirato dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro e vedrà un ruolo maggiore per le agenzie private. E soprattutto, per i working poors un cambio radicale di prospettiva: al posto del sussidio, che ti incentiva a non lavorare o a lavorare in nero, l’imposta negativa, già applicata da decenni nel mondo anglosassone. Più ti impegni, più lo Stato ti copre la differenza tra il tuo reddito e quello base. L’esatto opposto, culturalmente, del reddito di cittadinanza.
VERSO IL VOTO, i ritratti:
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Sembra che il prossimo ministro della Giustizia, in caso di vittoria del centrodestra, possa essere l’ex magistrato Carlo Nordio. Le piacerebbe questa scelta?
Si.
Gli ultimi sondaggi di Demopolis danno il Terzo Polo vicino al 6%. A che percentuale si riterrebbe soddisfatto?
Non sono così ingenuo da fissare obiettivi numerici. Lo scopo di quest’avventura, finalmente iniziata dopo tante false partenze, non termina il 25 settembre, ma se volete “inizia” il 25 settembre. E il traguardo è la formazione del partito liberal-democratico. Un partito in grado di riunire tutti i riformisti liberali di questo paese, che per troppi anni sono stati lontani, imprigionati nelle catene mentali di un finto e deleterio bipolarismo.
In queste ore è scoppiata una polemica su due vostri candidati, il primo accusato di posizioni filo-Putin, il secondo di aver detto, anni fa, “sono fiero di essere camorrista”. Come avete scelto i candidati? C’è un problema di classe dirigente?
Sono due casi molto diversi. Il primo è un oggettivo errore da parte di chi ha fatto le liste: non è stato svolto un controllo accurato come sempre si deve fare in questi casi. Mi pare comunque che la cosa si sia risolta, la candidata ha dichiarato che concentrerà la sua attività solo nella materia di sua competenza, senza più occuparsi di cose su cui – in tutta evidenza – ha una conoscenza così superficiale. Il secondo caso invece mi pare una volgare mistificazione: quel candidato stava protestando contro lo scioglimento di un comune, a suo avviso totalmente ingiustificato, e stava facendo un’iperbole del tipo: “Se lui è un camorrista allora lo sono anch’io”. È come se dicessi “se Salvini è un liberale allora io sono un elefante”, e lei mi accusasse di essermi vantato di essere un elefante.
Il 26 settembre Enrico Letta sarà ancora segretario del Pd?
Non mi occupo di cosa accade negli altri partiti. Faccio anzi a tutti l’in-bocca-al-lupo per la campagna elettorale e per i loro dibattiti interni. Da osservatore, ribadisco quello che ho detto in precedenza: finché il Pd non rinuncerà alla “mission impossible” di essere riformista ma anche mai in disaccordo con la Cgil, di essere europeista ma anche ospitando gli anti-americani, non troverà mai un’identità definita e una prospettiva politica convincente.
Marco Baronti, 26 agosto 2022
https://www.nicolaporro.it/draghi-non-ha-la-valigia-pronta-cosi-tornera-premier/