Uccidere il padre sta diventando un titolo di merito? Dopo le castronerie sul patriarcato questo diventerà sempre più comune

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di Angelo Paratico 

Simeu Panic, un 46enne bosniaco, è stato ucciso a coltellate dal figlio Bojan di 19 anni, all’interno della loro abitazione a Mezzolombardo (Trento). Il ragazzo, che studia a Bolzano, sostiene di essere intervenuto per difendere la madre, che in quel momento dice che stesse subendo l’ennesima aggressione da parte del marito. È stato lo stesso 19enne, rimasto sul posto, a chiamare con la madre i carabinieri. Il giovane, arrestato e poi scarcerato, ha detto al pm: “L’ho colpito con un coltello da cucina, stava ancora maltrattando la mamma. Ho cercato di rianimarlo, ma era già morto”.  Il giovane è stato rimesso in libertà, perché secondo la procura non sussisterebbe la necessità della carcerazione. Questo è un fatto a dir poco incredibile, dato che esiste il pericolo di inquinamento delle prove.

In molte civiltà del passato l’assassinio del proprio padre era il crimine più abominevole, paragonabile al regicidio. Nell’antica Roma, indipendente dalle giustificazioni possibili, il colpevole veniva chiuso in un sacco, con un gallo e una vipera e poi gettato nel Tevere.

In Cina il parricida veniva squartato sulla pubblica piazza, dato che quel crimine veniva giudicato una ribellione nei confronti dell’imperatore e una empietà verso Dio, che andava a minare alle fondamenta l’assetto sociale. Secondo Confucio una Nazione è in pace e prospera quando un figlio si comporta bene con i fratelli anziani e i genitori, e quando i genitori rispettano e onorano i propri vecchi.

Di notte, sentendo i genitori urlare, Bojan e il fratello di 17 anni, sarebbero intervenuti. A quel punto la discussione è degenerata: il 19enne avrebbe aggredito il padre, colpendolo ripetutamente con un coltello da cucina. Il ragazzo, davanti alla pm Patrizia Foiera, assistito dall’avvocato Veronica Manca, avrebbe detto di non essersi reso conto di aver ucciso il padre!

A 19 anni uno non è più un ragazzo ma un uomo e chiunque non sia un delinquente o un imbecille dovrebbe sapere che quando prende a coltellate un uomo lo sta uccidendo. Il racconto del giovane è stato ritenuto attendibile e suffragato dalla testimonianza della madre e di altri parenti che erano a conoscenza del carattere aggressivo del papà, che di professione faceva il muratore.

Non si capisce tutta questa comprensione per Bojan perché non serve uccidere il proprio padre, basta cercare di portare la calma e se questo non sarà possibile bisognerà chiamare i carabinieri. Se si giustificano questo genere di azioni, rilasciando subito il colpevole, rischieremo il disfacimento della nostra società.

Fonte: https://giornalecangrande.it/uccidere-il-padre-sta-diventando-un-titolo-di-merito-dopo-le-castronerie-sul-patriarcato-questo-diventera-sempre-piu-comune/

La famiglia naturale esiste anche se voi la negate

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di Marcello Veneziani

La famiglia naturale non esiste, sentenzia già nel titolo un libro-intervista appena uscito da Laterza di Chiara Saraceno, a cura di Maria Novella De Luca. Ma quale famiglia naturale, ripete perentorio a tutta pagina, il Corriere della sera in un commento di Maurizio Ferraris al libro-intervista. La famiglia naturale non è mai esistita, echeggiano in coro intellettuali e media. Quel che sapevamo e vivevamo da sempre era solo un’illusione ottica, una scemenza oscurantista millenaria. Ora, per fortuna, ci sono i supereroi che ci svelano la verità.
Ferraris parte dalla Costituzione, la Sacra, Bella, Intoccabile Costituzione, che in tema di famiglia può essere invece violata, irrisa, demolita. Per la nostra Costituzione “la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio”. Ferraris obietta: “Come può un istituto giuridico, storicamente definito e mutevole, fondare un fatto naturale?”. Non facciamo i sofisti, sappiamo bene cosa significa quell’articolo della Costituzione: la legge non fonda la natura ma riconosce la base naturale della società, la famiglia, nella forma giuridica e storica del matrimonio. Non erano così scemi i padri costituenti. Alla base è il riconoscimento della famiglia come una società naturale, con un padre, una madre e i figli, che in quel tempo nessuno metteva in discussione, nemmeno i comunisti, che infatti votarono la Costituzione ed erano all’epoca non meno “familisti” dei cattolici.
La tesi della famiglia innaturale non è nuova, si ripete ormai da decenni. La famiglia non è una società naturale, dicono, ma è una costruzione culturale che muta nel tempo e nello spazio. E le famiglie non sono solo quelle composte da un padre (maschio), una madre (femmina) e dei figli nati da loro. Relativizziamo il monolite famigliare, ce ne sono tante quanti sono gli orientamenti, i gusti, le scelte individuali. Anzi, l’individuo con i suoi diritti, desideri e libertà è la cellula base della società, altro che la famiglia. Il core business, per così dire, di questa così appassionata perorazione contro la famiglia naturale, è il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso; poi dei figli ottenuti in altro modo, inclusi gli uteri in affitto; infine, ammettendo il ricco caleidoscopio della transizione di genere. La famiglia è un insieme fluido.
Il libro-intervista della Saraceno entra poi nel merito dell’attualità, delle strutture sociali e sanitarie, del governo Meloni; ma qui siamo nel campo delle opinioni sulle politiche attuali, che poco ci interessano. Ci interessa invece il rilancio di questo nuovo dogma anticostituzionale, “la famiglia naturale non esiste”, che dà il titolo e l’emblema a tutta la questione; qui si condensa da una parte il rifiuto con odio della famiglia come è stata finora concepita, naturale e tradizionale; dall’altra il rigetto della natura, a cui non a caso si preferiscono parole asettiche come ambiente o ecologia, perché natura indica il mondo preesistente, creato prima di noi, con le differenze naturali, i diritti naturali, i limiti naturali e l’ordine naturale; ossia tutto ciò che ci precede ed è irriducibile alla cultura, all’ideologia, al progresso e alle scelte individuali.
“La famiglia naturale – scrive Jacopo Fo sul Fatto – composta da un padre e da una madre che si amano e che crescono con affetto i figli, non è mai esistita. Cercarla nel passato è come dare la caccia al mitico elefante bianco che sulla schiena ha la mappa di Gardaland”. Sarà ma io l’ho conosciuta dal vivo la famiglia naturale, così composta e così fondata, e ne ho conosciute altre, tante persino nel presente. Sono l’umanità di sempre. Non erano e non sono elefanti bianchi, frutto di immaginazione, ma persone vere con rapporti autentici, che hanno speso una vita in quel solco, per quella dedizione. E chi lo nega deve solo prendersela con il suo occhio cieco o torvo, la sua mente malata o maligna, la sua incapacità o malavoglia di capire ciò che è reale e ciò che non lo è, ciò che è naturale e ciò che è fantastico. Pure Fo che tuttora difende la memoria di suo padre, di sua madre e dei suoi nonni e zii, lo fa solo per scelta ideologica, perché erano compagni antifascisti come lui, lo fa solo per convenienza personale perché é una buona rendita essere loro figlio, o c’è pure un legame naturale e affettivo di un figlio verso suo padre, sua madre, la sua famiglia? Comunque loro non scelsero lui come figlio, lui non scelse loro come genitori. Nè lo decise il Collettivo di un Centro Sociale.
Torniamo alla realtà, e alla natura. La forma universale che da sempre esiste, popola il mondo e lo rigenera è la famiglia naturale, prima cellula sociale, architrave di ogni società, fondamento di ogni civiltà. Riguarda pure gli animali, e passa dalla procreazione, la nascita, il nutrimento, l’accudimento e l’allevamento, la cura dei piccoli e dei fragili, la premura reciproca. È un fatto naturale, istintivo, precede ogni forma storica e culturale, esiste già in natura. Poi verranno i legami affettivi, e sul piano umano verrà poi la storia, verrà la cultura, a differenziare le forme e le espressioni di quel legame, a generare tipi diversi di unioni e aggregazioni. Nessuno nega che si possano formare altre unioni, altre reti interpersonali, vari tipi di legami amicali, sessuali, affettivi, comunitari; e nessuno nega il diritto di fare altre scelte. E nessuno nega la crisi della famiglia, crisi vasta e radicale.
Ma ciò non toglie che il fondamento naturale e universale sia quello, e che quella sia la famiglia. Così come i sessi, da che mondo è mondo, sono due; poi ciascuno può avere tendenze diverse e fare scelte diverse. Non c’era bisogno di Trump per scoprirlo, basta conoscere il libro della natura, la storia dell’uomo e delle società umane, infine la Bibbia e gli altri libri sacri.
Ci sono cose che precedono le nostre scelte, le nostre volontà, i nostri orientamenti; il mondo stesso che ci precede non lo abbiamo fatto noi, lo abbiamo trovato. Noi non abbiamo deciso di avere questi genitori, questo corpo, questi tratti genetici, né abbiamo deciso di nascere in quei luoghi, in quel tempo; ci siamo trovati, o come direbbe Heidegger, siamo stati gettati. I nostri tratti identitari li abbiamo ereditati, ci sono dati, trasmessi. La nostra volontà, la nostra scelta si esercita dopo, riguarda una sfera di ambiti e una fase successiva.
Tutto questo cosa significa? Che la famiglia come società naturale esiste davvero, ed è esistita dacché esiste la vita sulla terra, non l’umanità ma la vita: quel legame primario, quell’inseminazione e fecondazione, quel cordone ombelicale, quell’istinto materno che è più diretto e biologico, come quello filiale; e poi quell’istinto meno diretto e mediato che è l’istinto paterno. Poi possiamo ridimensionare questi istinti e questi legami, declinarli in modo diverso, persino ripudiarli, ma il punto di partenza, l’origine è quella.
Insomma la famiglia naturale non è un elefante bianco inesistente: la famiglia naturale è tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli, i tuoi figli. Nessuno di loro è stato da noi scelto o inventato, eppure sono i nostri legami più forti e più veri, nonostante tutto. L’uomo è una corda tesa tra la natura e il destino. Nel mezzo c’è la libertà, la storia, la cultura. Ma l’origine e la fine non dipendono da noi.

 

Fonte: https://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-famiglia-naturale-esiste-anche-se-voi-la-negate/

“Solo due sessi”. Ecco l’ordine esecutivo di Trump contro l’ideologia gender

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Pubblichiamo integralmente il testo tradotto dell’ordine esecutivo firmato dal Presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump nel giorno del suo insediamento sulla “Difesa delle donne dall’estremismo dell’ideologia di genere e ripristino della verità biologica nel governo federale”.




Con l’autorità di Presidente conferitami dalla Costituzione e dalle leggi degli Stati Uniti d’America, inclusa la sezione 7301 del titolo 5 del Codice degli Stati Uniti, si ordina quanto segue:

Sezione 1. Scopo.

In tutto il Paese, ideologie che negano la realtà biologica del sesso hanno sempre più utilizzato mezzi legali e altre forme di coercizione sociale per permettere agli uomini di autoidentificarsi come donne e accedere a spazi e attività riservati esclusivamente alle donne, come i rifugi per vittime di violenza domestica o le docce nei luoghi di lavoro. Questo è sbagliato. Gli sforzi per eliminare la realtà biologica del sesso attaccano fondamentalmente le donne, privandole della loro dignità, sicurezza e benessere. La cancellazione del concetto di sesso nel linguaggio e nelle politiche ha un impatto corrosivo non solo sulle donne ma sull’intero sistema americano. Fondare le politiche federali sulla verità è fondamentale per la ricerca scientifica, la sicurezza pubblica, il morale e la fiducia stessa nel governo.

Questa strada malsana è alimentata da un attacco continuo e intenzionale contro l’uso ordinario e consolidato di termini biologici e scientifici, sostituendo la realtà biologica immutabile del sesso con un senso interno, fluido e soggettivo di identità, scollegato dai fatti biologici. Invalidare la vera categoria biologica di “donna” trasforma impropriamente leggi e politiche progettate per proteggere opportunità basate sul sesso in leggi e politiche che le minano, sostituendo diritti legali e valori consolidati con un vago concetto sociale di identità.

Di conseguenza, la mia Amministrazione difenderà i diritti delle donne e proteggerà la libertà di coscienza utilizzando un linguaggio chiaro e accurato e politiche che riconoscano che le donne sono biologicamente femmine e gli uomini sono biologicamente maschi.

Sezione 2. Politica e definizioni.

È politica degli Stati Uniti riconoscere due sessi, maschile e femminile. Questi sessi sono immutabili e fondati su una realtà fondamentale e incontestabile. Sotto la mia direzione, il ramo esecutivo applicherà tutte le leggi a tutela del sesso per promuovere questa realtà, e le seguenti definizioni guideranno l’interpretazione e l’applicazione delle leggi federali e delle politiche amministrative:

  • (a) Il termine “sesso” si riferisce alla classificazione biologica immutabile di un individuo come maschio o femmina. “Sesso” non è sinonimo e non include il concetto di “identità di genere”.
  • (b) I termini “donne” o “donna” e “ragazze” o “ragazza” indicano rispettivamente esseri umani di sesso femmilie adulte e giovani.
  • (c) I termini “uomini” o “uomo” e “ragazzi” o “ragazzo” indicano rispettivamente esseri umani di sesso maschile adulti e giovani.
  • (d) “Femmina” significa una persona appartenente, al concepimento, al sesso che produce la grande cellula riproduttiva.
  • (e) “Maschio” significa una persona appartenente, al concepimento, al sesso che produce la piccola cellula riproduttiva.
  • (f) L’”ideologia di genere” sostituisce la categoria biologica del sesso con un concetto sempre mutevole di identità di genere auto-percepita, consentendo la falsa affermazione che i maschi possano identificarsi e quindi diventare donne e viceversa, obbligando tutte le istituzioni della società a considerare vera questa falsa affermazione. Include anche l’idea di un vasto spettro di generi scollegati dal sesso. L’ideologia di genere è internamente incoerente poiché, pur sminuendo il sesso come categoria identificabile, sostiene che una persona possa nascere nel corpo del sesso sbagliato.
  • (g) L’”identità di genere” riflette un senso di sé totalmente interno e soggettivo, scollegato dalla realtà biologica e dal sesso, esistente su un continuum infinito, che non fornisce una base significativa per l’identificazione e non può essere riconosciuta come sostituto del sesso.

Sezione 3. Riconoscere che le donne sono biologicamente distinte dagli uomini.

(a) Entro 30 giorni dalla data di questo ordine, il Segretario della Salute e dei Servizi Umani fornirà al governo degli Stati Uniti, ai partner esterni e al pubblico linee guida chiare che approfondiscano le definizioni basate sul sesso stabilite in questo ordine.

(b) Ogni agenzia e tutti i dipendenti federali applicheranno le leggi che governano i diritti, le protezioni, le opportunità e le sistemazioni basate sul sesso per proteggere uomini e donne come sessi biologicamente distinti.

(c) Nell’amministrare o applicare distinzioni basate sul sesso, ogni agenzia e tutti i dipendenti federali che agiscono in veste ufficiale per conto della propria agenzia utilizzeranno il termine “sesso” e non “genere” in tutte le politiche e i documenti federali applicabili.

(d) I Segretari di Stato e della Sicurezza Interna, insieme al Direttore dell’Ufficio di Gestione del Personale, implementeranno modifiche per richiedere che i documenti di identificazione emessi dal governo, inclusi passaporti, visti e tessere Global Entry, riflettano accuratamente il sesso del titolare, come definito nella Sezione 2 di questo ordine. Il Direttore dell’Ufficio di Gestione del Personale assicurerà che i registri del personale federale riportino accuratamente il sesso dei dipendenti federali, come definito nella Sezione 2 di questo ordine.

(e) Le agenzie elimineranno tutte le dichiarazioni, politiche, regolamenti, moduli, comunicazioni o altri messaggi interni ed esterni che promuovano o altrimenti inculchino l’ideologia di genere, cessando di emettere tali messaggi. I moduli delle agenzie che richiedono il sesso di un individuo includeranno solo le opzioni “maschio” o “femmina” e non richiederanno l’identità di genere. Le agenzie adotteranno tutte le misure necessarie, nei limiti della legge, per cessare i finanziamenti federali all’ideologia di genere.

(f) L’Amministrazione precedente aveva sostenuto che la decisione della Corte Suprema in Bostock v. Clayton County (2020), riguardante il Titolo VII del Civil Rights Act del 1964, richiedesse l’accesso basato sull’identità di genere agli spazi riservati a un unico sesso, ad esempio in base al Titolo IX degli Emendamenti Educativi. Questa posizione è legalmente insostenibile e ha danneggiato le donne. Pertanto, il Procuratore Generale emetterà immediatamente linee guida per correggere l’applicazione errata della decisione della Corte Suprema in Bostock v. Clayton County (2020) alle distinzioni basate sul sesso nelle attività delle agenzie. Inoltre, il Procuratore Generale fornirà assistenza e linee guida alle agenzie per proteggere le distinzioni basate sul sesso, che sono esplicitamente consentite dai precedenti costituzionali e statutari.

(g) I fondi federali non saranno utilizzati per promuovere l’ideologia di genere. Ogni agenzia valuterà le condizioni di concessione di sovvenzioni e le preferenze dei beneficiari per garantire che i fondi non promuovano l’ideologia di genere.

Sezione 4. Privacy negli spazi intimi.

(a) Il Procuratore Generale e il Segretario della Sicurezza Interna garantiranno che i maschi non siano detenuti in carceri femminili o ospitati in centri di detenzione femminili, anche attraverso l’emendamento, se necessario, della Parte 115.41 del titolo 28 del Codice dei Regolamenti Federali e delle linee guida interpretative relative all’Americans with Disabilities Act.

(b) Il Segretario per l’Edilizia Abitativa e lo Sviluppo Urbano preparerà e presenterà una proposta per commento pubblico per revocare la regola finale intitolata “Accesso equo in conformità con l’identità di genere nei programmi di pianificazione e sviluppo comunitario” del 21 settembre 2016 (81 FR 64763). Presenterà inoltre una proposta per proteggere le donne che cercano rifugi per vittime di violenza sessuale riservati a un solo sesso.

(c) Il Procuratore Generale garantirà che l’Ufficio delle Prigioni riveda le sue politiche riguardanti le cure mediche per renderle conformi a questo ordine e assicurerà che nessun fondo federale sia speso per procedure mediche, trattamenti o farmaci destinati a conformare l’aspetto di un detenuto a quello del sesso opposto.

(d) Le agenzie adotteranno misure appropriate per garantire che gli spazi intimi riservati a donne, ragazze o femmine (o uomini, ragazzi o maschi) siano designati in base al sesso e non all’identità di genere.

Sezione 5. Protezione dei diritti.

Il Procuratore Generale emetterà linee guida per garantire la libertà di esprimere la natura binaria del sesso e il diritto a spazi riservati a un unico sesso nei luoghi di lavoro e nelle entità finanziate a livello federale ai sensi del Civil Rights Act del 1964. In conformità con tali linee guida, il Procuratore Generale, il Segretario del Lavoro, il Consigliere Generale e il Presidente della Commissione per le Pari Opportunità sul Lavoro (EEOC) e ogni altro capo di agenzia con responsabilità di applicazione delle leggi ai sensi del Civil Rights Act, daranno priorità alle indagini e alle controversie per far rispettare i diritti e le libertà identificati.

Sezione 6. Testo di legge.

Entro 30 giorni dalla data di quest’ordine, l’Assistente del Presidente per gli Affari Legislativi presenterà al Presidente una proposta di testo legislativo per codificare le definizioni contenute in questo ordine.

Sezione 7. Attuazione e relazioni delle agenzie.

(a) Entro 120 giorni dalla data di quest’ordine, ciascun capo agenzia presenterà al Presidente, attraverso il Direttore dell’Ufficio di Gestione e Bilancio, un aggiornamento sull’attuazione di questo ordine. Tale aggiornamento includerà:
(i) modifiche ai documenti dell’agenzia, inclusi regolamenti, linee guida, moduli e comunicazioni, effettuate per conformarsi a questo ordine; e
(ii) requisiti imposti dall’agenzia a entità finanziate a livello federale, inclusi appaltatori, per raggiungere gli obiettivi di questo ordine.

(b) I requisiti di questo ordine sostituiscono disposizioni contrastanti di eventuali precedenti ordini esecutivi o memorandum presidenziali, inclusi, ma non limitati agli Ordini Esecutivi 13988 (20 gennaio 2021), 14004 (25 gennaio 2021), 14020 e 14021 (8 marzo 2021), e 14075 (15 giugno 2022). Tali Ordini Esecutivi sono revocati, e il Consiglio per la Politica di Genere della Casa Bianca, istituito con l’Ordine Esecutivo 14020, è sciolto.

(c) Ogni capo agenzia revocherà prontamente tutti i documenti guida non conformi ai requisiti di questo ordine o alle linee guida emesse dal Procuratore Generale ai sensi di questo ordine, oppure modificherà le parti di tali documenti che risultano non conformi.

Sezione 8. Disposizioni generali.

(a) Nulla in questo ordine deve essere interpretato per pregiudicare o altrimenti influenzare:
(i) l’autorità conferita dalla legge a un dipartimento o agenzia esecutiva, o al suo capo; o (ii) le funzioni del Direttore dell’Ufficio di Gestione e Bilancio relative a proposte di bilancio, amministrative o legislative.

(b) Questo ordine sarà attuato in conformità con le leggi applicabili e subordinatamente alla disponibilità di stanziamenti.

(c) Questo ordine non intende, e non crea, alcun diritto o beneficio, sostanziale o procedurale, che sia esigibile per legge o in equità da qualsiasi parte contro gli Stati Uniti, i loro dipartimenti, agenzie o entità, i loro funzionari, dipendenti o agenti, o qualsiasi altra persona.

(d) Se una qualsiasi disposizione di questo ordine, o la sua applicazione a una persona o circostanza, è dichiarata invalida, il resto di questo ordine e l’applicazione delle sue disposizioni ad altre persone o circostanze non saranno influenzati.

 

LA CASA BIANCA, 20 gennaio 2025

DONALD J. TRUMP

Presidente

 

Fonte: https://www.provitaefamiglia.it/blog/solo-due-sessi-ecco-lordine-esecutivo-di-trump-contro-lideologia-gender-testo-integrale

Grave voto del Parlamento europeo su aborto, gender e contro le associazioni pro life

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di ProVita & Famiglia

Il Parlamento Europeo, lo scorso giovedì 19 dicembre, ha approvato una Relazione contenente le raccomandazioni destinate al Consiglio in merito alle priorità dell’Unione Europea e in vista della 69esima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile. Un voto dai risvolti gravi e pericolosi, poiché non solo promuove ancora una volta l’aborto e l’Agenda Lgbtqia+, ma è anche un vero e proprio attacco diretto alle associazioni pro life e pro family.

Tra i punti più controversi, infatti, la condanna esplicita dei cosiddetti “movimenti anti-diritti” – termine con cui vengono etichettati coloro che si battono per la vita e la famiglia naturale – accusandoli di ostacolare l’accesso sicuro e legale all’aborto. Si parla persino di adottare misure per limitare i finanziamenti delle associazioni pro life, colpevoli, secondo questa visione, di “attaccare” le persone LGBTQIA+.

Un’Europa che ignora il vero significato della tutela femminile, arrivando a sostenere pratiche e politiche che discriminano proprio le donne o che impediscono loro di essere aiutate e accompagnate durante una gravidanza difficile o indesiderata, è la conseguenza di politiche progressiste e radicali, che niente hanno a che fare con il bene comune e con la salvaguardia dei più fragili. Inoltre, come se non bastasse, una delle ipocrisie più grandi è la promozione dell’utero in affitto, definito eufemisticamente “gestazione per altri”, che schiavizza le donne, riducendole a strumenti di mercato. Allo stesso tempo, si vogliono appiattire le differenze naturali tra uomini e donne, consentendo agli uomini di accedere a spazi riservati alle donne, come sport e spogliatoi, minacciando così la loro sicurezza e dignità, il tutto con la sfiancante propaganda dell’Agenda arcobaleno.

I punti controversi della Relazione

Nel dettaglio ecco quali sono i punti più allarmanti e vergognosi della Relazione, che nelle sue premesse contiene anche un esplicito riferimento alla “risoluzione dell’11 aprile 2024 sull’inclusione del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE”. Innanzitutto il punto K cita il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne che “in un’indagine relativa alla legislazione polacca in materia di aborto, ha concluso che la configurazione dell’aborto come reato e la sua limitazione discriminano le donne”.  Dopodiché l’articolo 1 (al comma “al”) parla di “eliminare le restrizioni e gli ostacoli giuridici, sociali e pratici all’accesso all’aborto sicuro e legale in tutto il mondo” e sostenere la lotta contro le reti che “si oppongono al diritto della donna di decidere sulla continuazione di una gravidanza”.

Per quanto riguarda, inoltre, le associazioni pro life e pro family, che vengono etichettate come “anti-scelta”, sempre l’articolo 1 (ai punti C e Q) parla di finanziamenti “in crescita a livello mondiale” a favore dei “movimenti anti-genere”. Gli stessi, chiamati anche “anti-diritti”, sarebbero sempre più influenti e secondo la Relazione bisogna condannare i presunti tentativi di “far arretrare, limitare o eliminare le tutele esistenti della parità di genere, anche riguardo alla salute materia sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti, nonché tutte le forme di minaccia, intimidazione e molestie, online e offline, nei confronti dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni della società civile che si adoperano per far progredire tali diritti”.

La posizione degli eurodeputati italiani firmatari del Manifesto Valoriale

In questo panorama desolante, vale la pena sottolineare che tutti gli eurodeputati italiani che hanno aderito al Manifesto Valoriale di Pro Vita & Famiglia hanno votato contro questa Relazione. Un gesto significativo che dimostra come la battaglia per i valori della vita, della famiglia e della libertà educativa sia più che mai attuale e necessaria, nonostante la Relazione sia stata comunque approvata.

Un traguardo storico per Pro Vita & Famiglia

Il voto contrario degli eurodeputati firmatari del nostro Manifesto conferma l’importanza dell’azione di Pro Vita & Famiglia, che ha avviato con decisione i lavori del proprio Dipartimento dell’Unione Europea. Inoltre, l’associazione ha recentemente raggiunto un traguardo storico: l’iscrizione nel Registro di Trasparenza dell’UE, un riconoscimento che le permetterà di influenzare direttamente le politiche europee per la vita, la famiglia, la tutela dei minori e la libertà educativa.

Ora più che mai, dunque, è fondamentale unire le forze per contrastare questa deriva ideologica e promuovere una cultura che valorizzi la vita, difenda la dignità della donna e tuteli i diritti della famiglia naturale.

il femminismo è suicida!

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di Emilio Giuliana

Dalla notte dei tempi le società solari sono patriarcali; l’asse orizzontale su cui poggia il patriarcato è la maternità, simbioticamente si elevano su l’asse verticale che li proietta spiritualmente verso il cielo;   le società telluriche lunari matriarcali, fondano la loro esistenza unicamente su un asse orizzontale, priva di spinte verso l’alto, limitata alla dimensione materialista. Oggi, ma non per sempre, gruppi di uomini matriarcali, si sono imposti mondialmente sulle civiltà solari, attraverso molti stratagemmi e mezzi, nel caso di specie il FEMMINISMO, movimento creato da maschi, che a questo gioco al massacro, non hanno fatto sconti neanche ai loro “strumenti”, le femmine (la rivoluzione mangia sempre i suoi figli), privandole della cosa più grande, un bene prezioso che le rende uniche, la maternità!

L’etimologia della parola madre è da ricondursi alla lingua sanscrita; essa rimanda alla radice sanscrita “ma-“ con il significato primario di misurare, ma anche di preparare, formare. Da questa radice deriva poi il termine “matr”, che diventerà mater in latino, colei che ordina e prepara, donando il suo corpo e sopportando il dolore, il frutto dell’amore, alla vita.

Il primo suono che un bambino percepisce nella pancia della mamma è il battito del suo cuore. Il primo segnale di vita di ciò che si svilupperà in embrione e poi in feto è un piccolo battito nell’uovo formato dallo spermatozoo e l’ovulo: è il battito che permetterà a quel piccolo seme di vita, quell’essere umano in potenza, di svilupparsi, crescere, vivere.

In questo suono è racchiuso il legame con la vita, con la madre e di conseguenza con tutto ciò che riguarda il nostro stare al mondo: va dal sentirsi amati all’essere consapevoli che essere nutriti, sostenuti e curati sono nostri diritti di nascita, sono le radici che ci permetteranno di diventare delle persone sicure delle proprie capacità, fiduciose nella vita e con un rapporto sano con gli altri.

C’è tutto un universo in un battito, ecco perché a volte basta posare la testa sul petto di qualcuno che ci offre un riparo tra le sue braccia e lasciarsi andare al ritmo del suo cuore per lasciare vecchie ferite sfociare in un pianto catartico.

Il mistero della vita sta lì: in un battito, è quindi naturale tornare a quel suono primordiale per guarire alcune ferite del nostro bambino interiore.

È il battito della madre, e per estensione di Madre Terra ‒ la madre di tutti gli esseri viventi ‒ che i primi uomini e donne hanno cercato di riprodurre: ascoltare musica è un modo per ritornare ad uno stato tale di coscienza da permettere una comunicazione diretta tra l’archetipo materno e l’individuo.

In questo caso non si tratta più della madre individuale ma del principio materno per eccellenza con il quale ci si ricollega, come se fosse una porta sull’infinito. Nel battito del cuore c’è il suono, la frequenza della creazione, della vita stessa.

Nazione, nascita, NATALE è la Festa per eccellenza, dal greco festaio  che indica l’atto di accogliere presso il focolare (in sanscrito il focolare si indica con il termine vastya) confermando il significato originario e di condivisione, accoglienza, e di comunione gioiosa della “festa”, festa del nascituro che riporta alla maternità, cioè la mamma, perché la mamma è perpetuamente festa, così come l’etimologia del termine, spiega: “Riporta al focolare domestico/focolare della casa”.

Gli orchi della modernità, adelfi della dissoluzione, che nel nome di pari opportunità ed un femminismo antropologicamente selvaggio vorrebbero relegare la mamma ad un insensato quanto sterile e vuoto neologismo genitore 1 o 2, se non lo hanno mai fatto, o se lo hanno fatto e l’hanno scordato, prendano il tempo di poggiare la propria testolina sul petto di una madre, ne troverebbero immediato beneficio e rinsavimento.

 

Elezioni europee 2024: gli amici eletti che hanno firmato i nostri principi fondamentali

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del Circolo Christus Rex-Traditio

Come gruppo, in campagna elettorale abbiamo dato indicazione di seguire le istruzioni del Manifesto di Pro-Vita e tutti i candidati che lo hanno firmato, verso la cui preferenza ci siamo rivolti per conoscenza diretta, sono stati eletti, anche grazie al nostro contributo. Il presidio fisso a Bruxelles di Pro-Vita è garanzia di vigilanza per le battaglie, che, a causa dei globalisti, si proporranno presto. Ci faremo trovare pronti!

di Toni Brandi

Sono state settimane intense e di duro lavoro, ma finalmente possiamo dirlo: i risultati di queste elezioni europee dimostrano che la nostra campagna è stata un successo!

Grazie all’impegno di tutti coloro che hanno sostenuto il nostro lavoro con una donazione o firmando il nostro appello ai candidati, siamo riusciti ad ottenere un risultato straordinario e, nonostante il ritardo di alcuni conteggi, possiamo già da ora annunciare che 20 dei candidati che hanno firmato il nostro manifesto valoriale sono stati eletti!

Eccoti un elenco più dettagliato:

Italia Nord Occidentale


Fratelli d’Italia
: Carlo Fidanza, Mario Mantovani, Pietro Fiocchi, Mariateresa Vivaldini, Paolo Inselvini

Forza Italia-Noi Moderati: Massimiliano Salini

Lega: Roberto Vannacci, Isabella Tovaglieri


Italia Nord Orientale


Fratelli d’Italia
: Elena Donazzan, Stefano Cavedagna, Sergio Antonio Berlato, Daniele Polato

Lega: Paolo Borchia


Italia Centrale


Fratelli d’Italia
: Nicola Procaccini, Marco Squarta, Antonella Sberna, Francesco Torselli

Lega: Susanna Ceccardi


Italia Meridionale


Fratelli d’Italia
: Denis Domenico Nesci, Michele Picaro

 

Congratulazioni a tutti i cittadini attivi e a questi candidati! 

La loro elezione rappresenta non solo una vittoria significativa per tutti noi che sosteniamo i valori della vita, della famiglia e della libertà, ma anche la speranza di un nuovo inizio per la costruzione di una nuova Europa che metta al centro della sua missione la difesa e la promozione del Bene Comune.

E ti assicuro che non ci limiteremo ad osservare il loro operato a distanza… ti spiego subito cosa abbiamo in mente.

Il successo della nostra campagna ci ha reso più chiara la responsabilità del nostro impegno per influenzare le elezioni europee. Ma, appunto, si è trattato solo di un primo passo. 

Continueremo a seguire il lavoro dei politici eletti che hanno firmato il nostro manifesto in Europa, affinché venga rispettato il patto sottoscritto con te e con gli elettori.

Per questo motivo, ti annuncio che presto inaugureremo una rappresentanza stabile di Pro Vita & Famiglia a Bruxelles, per vigilare meglio sulle politiche promosse dall’UE e influenzarle, con lo scopo di riportare in Europa la giustizia, la ragione, il buon senso, e il rispetto incondizionato della dignità umana.

Sì Matteo, hai capito bene: presto Pro Vita & Famiglia avrà la sua succursale europea a Bruxelles!

Questo ulteriore passo ci permetterà di essere ancora più efficaci e presenti nelle decisioni che riguardano il futuro delle nostre famiglie, dei nostri figli e dei nostri nipoti.

Ma le buone notizie non si fermano qui…

Abbiamo anche altre ragioni per celebrare: un punto particolarmente positivo emerso da queste elezioni è che Più Europa di Emma Bonino, una delle principali avversarie dei nostri valori, non ha superato la soglia di sbarramento e quindi è rimasta fuori dal Parlamento Europeo!

Questo è un segnale forte da parte degli italiani contro le politiche pro-aborto, pro-eutanasia e pro-LGBTQIA che ha sempre sostenuto. 

Inoltre, i risultati internazionali di queste Elezioni Europee ci consegnano due fatti chiari e significativi: in primo luogo, oltre la metà degli elettori di tutta Europa ha scelto di non votare, rivelando una crisi profonda all’interno del progetto politico dell’Unione Europea, con meno di un elettore su due che si identifica con esso a livello continentale.

In secondo luogo, abbiamo osservato un notevole calo dei partiti progressisti e un’affermazione decisa dei partiti conservatori. Questo dimostra che sempre più cittadini sono stanchi delle politiche ideologiche relativiste e desiderano un ritorno ai valori fondamentali che hanno costruito la nostra civiltà, tra cui il rispetto della vita umana, il sostegno socio-economico alla famiglia e alla natalità, e la fine delle campagne ideologiche aggressive contro l’educazione dei più giovani.

Non vediamo l’ora di inaugurare la nostra nuova rappresentanza a Bruxelles per lavorare fianco a fianco con i candidati eletti e tenerti aggiornato su ogni sviluppo.

Avanti tutta, con coraggio e determinazione, per la vita, la famiglia e la libertà!

 

 

 

Basta, devo partire

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Segnalazione Jacopo Coghe

Il SILENZIO ASSOLUTO che circonda questa notizia è scioccante.

L’Europa è sull’orlo del burrone, sta per cadere nel baratro… e nessuno dice nulla? Ci siamo assuefatti?

Tu lo sapevi? Scommetto di no.

L’11 aprile, giovedì prossimo, il Parlamento Europeo voterà una mozione per inserire l’Aborto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

La prossima settimana – nell’indifferenza più assoluta – il Parlamento Europeo potrebbe dichiarare solennemente che uccidere un bimbo nel grembo materno è un nostro “valore comune”. Ti rendi conto del grado di orrore…?

Non resterò a guardare in silenzio, Matteo, ho deciso di andare a Bruxelles per protestare anche a nome tuo. Sei con me?

Il voto dell’11 aprile potrebbe avere conseguenze gravissime.

Se il Parlamento Europeo approverà la mozione per inserire l’Aborto tra i “valori comuni” dell’Unione Europa, tutti gli Stati membri subiranno una pressione politica enorme per adeguarsi, compresa l’Italia.

Già oggi è quasi impossibile organizzare in Italia campagne per difendere la Vita nascente senza ricevere attacchi, minacce, insulti e violenze di ogni genere.

Guarda che fine hanno fatto i nostri manifesti affissi nelle Marche sulla campagna “Semplicemente Umano”, con cui ci limitiamo a ricordare che per 9 biologi su 10 la vita inizia dal concepimento:

Tutti i manifesti sono stati imbrattati e vandalizzati. Gli autori del gesto hanno sfregiato con particolare accanimento proprio l’immagine del piccolo feto. Sciacalli.

Poco prima dell’attacco era partita una richiesta di censura da parte del collettivo trans-femminista Non Una Di Meno, spalleggiato dal Partito Democratico.

Matteo, se l’11 aprile il Parlamento Europeo approverà la mozione per inserire l’Aborto tra i “valori comuni” dell’Unione Europea – NEL SILENZIO PIÙ ASSOLUTO – attacchi, minacce e violenze contro le nostre campagne si moltiplicheranno ovunque in Italia.

Per questo non possiamo restare in silenzio, dobbiamo AGIRE.

A proposito di minacce… c’è una novità SCANDALOSA su un fatto di qualche mese fa.

Come forse ricorderai (ne scrivemmo all’epoca) lo scorso dicembre era apparsa per le strade di Como questa ‘simpatica’ scritta anonima:

“ProVita morto non obbietta”

Un messaggio minatorio in perfetto stile mafioso per intimidirci e convincerci a smettere di difendere la sacralità della vita umana (ovviamente non ci siamo fatti suggestionare).

Qualche giorno fa, su iniziativa di Fratelli d’Italia, il Consiglio comunale di Como ha votato una mozione per condannare la minaccia ricevuta.

Incredibilmente, la mozione di condanna è stata BOCCIATA dalla maggioranza, composta dalla lista civica legata al Sindaco Rapinese.

Questo pericoloso clima di odio, intolleranza e discriminazione contro Pro Vita & Famiglia e tutti i cittadini che come te condividono i nostri valori e sostengono le nostre campagne potrà soltanto peggiorare se l’11 aprile – giovedì prossimo – il Parlamento Europeo chiederà di inserire l’Aborto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

CORAGGIO, UNIAMO LE FORZE! Aiutaci a noleggiare un camion-vela che giri intorno al Parlamento Europeo per influenzare il dibattito e il voto dell’11 aprile: unisciti a noi in questa protesta donando 5 euro, 10 euro o qualsiasi altra cifra ti sia oggi possibile. Serve il tuo aiuto!

Per aiutarci con bonifico bancario o bollettino postale trovi i dati utili alla fine di questa mail. Per aiutarci subito con una donazione tramite Carta o PayPal clicca Qui

Matteo, chiaramente non posso dirti come andrà il voto dell’11 aprile al Parlamento Europeo.

Da una parte, spero che prevarrà non solo il buon senso ma anche il Diritto, dato che, secondo i Trattati dell’Unione Europea, un tema come l’Aborto dovrebbe essere di esclusiva competenza degli Stati nazionali.

D’altro canto, abbiamo già visto come la Lobby della Morte non si è mai fatta lo scrupolo né del buon senso né del Diritto, avendo interesse a forzare la mano proprio per fare pressione politica e mediatica sui singoli Stati, come l’Italia.

Una cosa, però, posso dirtela.

Comunque andrà, il nostro dovere morale è di non tacere, di alzare la voce, di gridare la verità anche in mezzo al più solitario deserto morale.

È per questo che andrò personalmente a Bruxelles: per denunciare quanto sta accadendo e dare voce anche al tuo sdegno.

Spero potrai aiutarmi a dar voce ai piccoli senza voce con una donazione di qualsiasi cifra ti sia oggi possibile (Clicca qui)

Grazie infinite, ti aggiornerò prossimamente sugli sviluppi.

In alto i cuori,

Jacopo Coghe
Portavoce
Pro Vita & Famiglia Onlus

 

NOTE CIRCA LA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE SUL SUICIDIO ASSISTITO

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Segnalazione del Centro Studi Livatino

di Francesco Farri

1. La proposta di legge regionale di iniziativa popolare su “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per l’effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019” richiede, anzitutto, di chiarire un equivoco di fondo, che essa si presta a generare fin dalla sua intitolazione.

Il richiamo fin dal titolo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 sembra presentare la proposta di legge come qualcosa di costituzionalmente necessario, ossia di indispensabile per dare attuazione ai principi costituzionali, come affermati – secondo la proposta stessa – dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019.

Sennonché, essa in verità non ha e non può avere tale portata.

Infatti, la sentenza n. 242/2019 ha un ambito ben preciso, che è quello di dichiarare incostituzionale la norma che puniva in ogni caso e senza differenziazione l’aiuto al suicidio; non è una sentenza la cui portata precettiva investe l’organizzazione amministrativa e sanitaria; non è una sentenza che istituisce un “diritto al suicidio”.

La sentenza stabilisce che, in alcuni casi peculiari, l’aiuto al suicidio non deve essere punito in maniera identica alla generalità dei casi; non dichiara illegittime le norme sul servizio sanitario nazionale nella parte in cui non stabiliscono procedure e tempi per l’aiuto al suicidio. La sentenza si limita a dichiarare la non punibilità di alcuni comportamenti, non fonda un diritto pretensivo a ottenere dall’amministrazione pubblica il comportamento scriminato (come efficacemente precisato da G. Razzano, Le proposte di leggi regionali sull’aiuto al suicidio, in Consulta Online, 2024, 77). E non fonda un simile “diritto pretensivo”, non già per ragioni formali o processuali, ma ben più radicalmente perché esclude nel merito che un tale diritto esista: la sentenza afferma infatti, a chiare lettere, che “la presente declaratoria di illegittimità costituzionale si limita a escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici” (par. 6) e che dalla Costituzione “discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire” (par. 2.2.).

Questa differenza di portata precettiva è fondamentale e va tenuta ben presente quando si affronta il tema.

La sentenza è quindi di per sé già del tutto autosufficiente per conseguire il risultato che essa ritiene costituzionalmente doveroso, ovvero differenziare il trattamento di alcuni casi di aiuti al suicidio rispetto agli altri. Essa non richiede affatto come costituzionalmente necessario un intervento del legislatore per completarla.

La Corte “auspica” solamente che la materia formi oggetto di compiuta disciplina da parte del legislatore, ma non detta un obbligo vincolante in tal senso, né detta tempi, né suggerisce contenuti.

Tanto meno la Corte ha imposto al servizio sanitario nazionale di erogare prestazioni di suicidio assistito: essa ha unicamente affidato al servizio sanitario nazionale una fase di verifica delle condizioni e delle modalità del protocollo suicidario, non certo la diretta erogazione del servizio o assistenza per la sua esecuzione materiale, come invece propugna la proposta di legge di cui si discute (art. 2, comma 5; art. 3, commi da 5 a 7; art. 4).

Occorre quindi sgombrare il campo dal possibile equivoco che la proposta di legge in questione sia costituzionalmente doverosa. Essa non lo è e rappresenta unicamente una proposta politica, rispondente a una precisa scelta ideologica.

2. Appurato che la proposta di legge non è costituzionalmente necessaria, se la si esamina nel dettaglio balzano agli occhi – per converso – macroscopici profili di incostituzionalità, che rendono pressoché certo il suo annullamento da parte della Corte Costituzionale, nella ipotesi in cui venisse approvata.

I profili di incostituzionalità si possono dividere in due gruppi.

Un primo gruppo attiene all’incompetenza delle regioni a legiferare in materia.

Un secondo gruppo attiene ai contenuti della proposta di legge stessa, che violano i paletti posti dalla Corte Costituzionale nella stessa sentenza n. 242/2019 cui pure la proposta ambirebbe a dare esecuzione.

Vediamoli con ordine.

3. A dispetto del titolo, la proposta di legge va ben oltre il perimetro dell’organizzazione sanitaria di competenza (concorrente) regionale e impinge in modo consistente in materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Tale aspetto è stato analiticamente dimostrato, tra l’altro, da un parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato ai Presidenti dei Consigli Regionali del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, nn. 39326/23 e 40525/23 del 15 novembre 2023.

3.1. Anzitutto, è evidente che la proposta normativa in questione incide in modo diretto sul diritto alla vita, introducendo un “diritto al suicidio”, ossia a disporre della propria vita, addirittura esigendo la cooperazione dell’amministrazione pubblica per renderlo effettivo.

Ebbene, come ben evidenziato anche nella prima parte del parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato in data 15 novembre 2023, la Corte Costituzionale, per giurisprudenza costante (ribadita sia nella sentenza n. 242/2019, sia nella giurisprudenza successiva, si pensi, in particolare, alla sent. n. 50/2022), qualifica il diritto alla vita come diritto inviolabile supremo, “cioè tra quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”, costituendo “la matrice prima di ogni altro diritto, costituzionalmente protetto, della persona”.

Se così è, ogni bilanciamento che lo riguardi non può che attenere ai livelli essenziali delle prestazioni attinenti ai diritti civili che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.

Il discorso va oltre la formale individuazione dei LEA e attiene al cuore dello stesso concetto di “livello essenziale” dei diritti civili, utilizzato dalla Costituzione (art. 117, c. 2, lett. m). Se per la Corte Costituzionale il diritto alla vita attiene “all’essenza dei valori supremi”, ne consegue che tutto ciò che direttamente lo riguarda integra per sua natura un nucleo “essenziale” dei diritti civili. Come tale, ciò rientra nella competenza esclusiva statale perché non può che essere disciplinato in modo unitario su tutto il territorio nazionale, pena una radicale compromissione dei principi supremi di pari dignità sociale di tutti i cittadini (art. 3 Cost.) e di unità della Repubblica (art. 5 Cost.).

3.2. In materia affine, quella delle d.a.t., dove una regione aveva tentato di introdurre una regolamentazione regionale prima di una legge nazionale (poi approvata con legge n. 219/2017), la Corte ha chiaramente affermato che si tratta di temi che “necessita[no] di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di uguaglianza” (Corte Cost., n. 262/2016), pena la violazione anche di un altro ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ossia l’ordinamento civile e penale della Repubblica (art. 117, c. 2, lett. l Cost.).

Invero, se rientrano nel concetto di ordinamento civile tutte quelle norme suscettibili di incidere “su aspetti essenziali della identità e della integrità della persona” (Corte Cost., n. 262/2016), appare evidente come una norma, che sancisca un “diritto al suicidio” e lo disciplini per esigere una cooperazione di soggetti terzi per realizzarlo, non potrebbe che essere emanata – sul puro piano delle competenze (e ferma la sua incostituzionalità nel merito, cfr. infra par 4.1.) – unicamente dal legislatore statale. Una norma del genere, infatti, inciderebbe in sommo grado sulla “integrità della persona”, compromettendola alla radice (F. Piergentili, Progresso tecnologico e nuove questioni costituzionali: la (in)competenza delle Regioni sul fine vita, in Dir. Merc. Tecn., 2023, par. 4).

3.3. E’ chiarissimo, d’altronde, che l’invito – non vincolante – che la Corte rivolge al legislatore affinché intervenga a disciplinare compiutamente la materia è rivolto specificamente al Parlamento, e non al legislatore regionale. E’ il Parlamento cui si rivolge la propedeutica ord. n. 207/2018 ed è il Parlamento a essere evocato nei passaggi della sent. n. 242/2019 che al possibile intervento del legislatore si riferiscono.

A ciò si aggiunga che, come rilevato dall’Avvocatura Generale dello Stato, “i criteri dettati dalla Corte nella sentenza n. 242/2019 scontano un inevitabile tecnicismo (si pensi, ad esempio, alla nozione di “trattamenti di sostegno vitale”), che, inevitabilmente, si prestano ad interpretazioni non omogenee, le quali potrebbero determinare una ingiustificabile disparità di trattamento, per casi analoghi, sul territorio nazionale”, laddove la normativa fosse dettata da leggi regionali, così ledendo anche sotto questo ulteriore profilo la competenza esclusiva statale in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, di cui all’articolo 117, c. 2, lett. m), Cost..

3.4. Alla luce di quanto sopra esposto, risulta chiaro come sia dunque privo di attinenza il richiamo, compiuto dalla proposta di legge, al principio di “cedevolezza invertita”, secondo cui l’intervento del legislatore regionale potrebbe anticipare l’inerzia del legislatore statale, nelle more e fino a un intervento di quest’ultimo. Tale principio, infatti, “attiene pur sempre (e soltanto) a materie di competenza concorrente della Regione” (Corte Cost., n. 1/2019), per cui non vale neppure in parte nel caso di specie dove, come si è detto, vengono in rilievo competenze legislative esclusive dello Stato.

Anche sul punto, davvero nessun dubbio può sussistere, poiché il tema è già stato affrontato dalla Corte Costituzionale nel già menzionato affine caso del “testamento biologico” regionale. Anche in quel caso la Regione interessata (il Friuli Venezia Giulia) ritenne di aver titolo a intervenire a fronte della mancata regolamentazione da parte del legislatore nazionale (poi, in qual caso, superata dalla l. n. 219/2017). La Corte, tuttavia, non ebbe dubbi nel dichiarare incostituzionale la legge regionale, statuendo che, in una materia affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, l’affermata inerzia del Parlamento “non vale a giustificare in alcun modo l’interferenza della legislazione regionale” (Corte Cost., n. 262/2016).

Risulta quindi confermata, sotto ogni aspetto, l’incompetenza della Regione a legiferare su aspetti come quelli fatti oggetto della proposta di legge sul suicidio assistito in commento.

4. Vi è di più, in quanto l’incostituzionalità della proposta di legge in commento non attiene soltanto al versante dell’incompetenza legislativa regionale, ma anche al merito dei contenuti.

Una legge del genere sarebbe incostituzionale anche se fosse in ipotesi approvata dallo Stato, poiché essa non viola soltanto i criteri di riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, ma anche altri principi costituzionali e gli stessi criteri di fondo della sent. n. 242/2019 cui pretenderebbe di dare esecuzione.

4.1. Anzitutto, contrasta alla radice con la Costituzione una proposta di legge che sancisca un “diritto al suicidio” e ne affidi l’esecuzione al sistema sanitario nazionale. L’art. 32 della Costituzione afferma che la Repubblica e, dunque, il sistema sanitario pubblico tutela la “salute” e garantisce “cure” alle persone, mentre per definizione il farmaco suicidario non tutela la salute della persona e non la cura, bensì la sopprime. La sentenza della Corte, n. 242/2019 è ben attenta a distinguere il profilo su cui si pronuncia della non punibilità della condotta di aiuto al suicidio, in alcuni frangenti, rispetto all’affermazione di un diritto a suicidarsi con l’aiuto di terzi, che essa al contrario nega.

La Corte, infatti e sulla base di costante giurisprudenza (cfr. par. 2.2.), afferma che “dall’art. 2 Cost. – non diversamente che dall’art. 2 CEDU – discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire. Che dal diritto alla vita, garantito dall’art. 2 CEDU, non possa derivare il diritto di rinunciare a vivere, e dunque un vero e proprio diritto a morire, è stato, del resto, da tempo affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, proprio in relazione alla tematica dell’aiuto al suicidio (sentenza 29 aprile 2002, Pretty contro Regno Unito)”.

4.2. Ferma tale preclusiva ragione, la proposta di legge in esame viola i paletti posti dalla Corte Costituzionale anche se si limitasse a disciplinare i casi di non punibilità, anziché debordare nella costituzione di un preteso diritto al suicidio e alla cooperazione di terzi per realizzarlo.

La Corte Costituzionale, infatti, ha indicato chiaramente tra i pre-requisiti per la non punibilità dell’aiuto al suicidio che “il paziente sia stato adeguatamente informato … in ordine alle possibili soluzioni alternative, segnatamente con riguardo all’accesso alle cure palliative ed, eventualmente, alla sedazione profonda continua”. Requisito, questo, totalmente dimenticato dalla proposta di legge in commento.

La proposta di legge in questione, quindi, non appare idonea neppure a regolare validamente le condizioni scriminanti rispetto alla condotta di aiuto al suicidio.

Da ciò discende, altresì, un ulteriore profilo di violazione dell’art. 117, c. 2, lett. l, Cost.: omettendo di considerare il pre-requisito delle cure palliative, la proposta di legge di fatto allarga l’esimente introdotta dalla Corte Costituzionale, così intervenendo in modo diretto e illegittimo sull’ordinamento penale, riservato in via esclusiva allo Stato (M. Ronco – D. Menorello, “Legge Cappato”: la scorciatoia regionale è incostituzionale, in www.centrostudilivatino.it, 30 ottobre 2023, par. 3).

Occorre osservare, al riguardo, che la dimenticanza delle cure palliative non appare casuale, bensì al contrario consentanea rispetto all’impianto assiologico di fondo della proposta di legge in discorso. La palliazione, infatti, risponde a un modello di cura della persona opposto rispetto al suicidio.

4.3. Oltre a ciò, la proposta è costituzionalmente illegittima anche nella misura in cui, in violazione del principio di libertà di coscienza (derivante dagli artt. 2 e 19 Cost.) non consente ai medici l’obiezione di coscienza, espressamente richiesta dal par. 6 della sentenza della Corte (M. Ronco – D. Menorello, op. cit., par. 1).

La proposta è ulteriormente incostituzionale nella parte in cui impone al Servizio Sanitario Nazionale una prestazione da offrire gratuitamente agli utenti (art. 4) senza indicare analiticamente la copertura degli oneri per farvi fronte e senza addirittura allegare una relazione tecnica, in doppia violazione dell’art. 81 Cost.. Non sarebbe possibile, infatti, attingere le somme per finanziare il suicidio assistito dal fondo per le cure palliative, poiché la legislazione nazionale ne ha previsto l’utilizzo per una finalità diversa – e opposta – rispetto all’aiuto al suicidio e ha espressamente stabilito il vincolo delle somme all’utilizzo per il fine stabilito dalla legge (ossia appunto le cure palliative, non il suicidio assistito) (art. 12, c. 2 della l. n. 38/2010), nonché rigorosi meccanismi di monitoraggio dell’effettivo utilizzo per tali finalità, a pena della perdita per la Regione dei finanziamenti integrativi del sistema sanitario a carico dello Stato (art. 5, c. 4-bis della l. n. 38/2010).

Altri profili di incostituzionalità potrebbero essere individuati nella proposta di legge in commento (si rinvia, sul punto, a M. Ronco – D. Menorello, op. cit.). Si confida, tuttavia, che quanto sopra sia sufficiente a dimostrare come l’approvazione di una legge del genere da parte del Consiglio Regionale costituirebbe un’operazione giuridicamente priva di fondamento e destinata al sicuro insuccesso di fronte alla Corte Costituzionale.

 

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California, scatta obbligo scaffali di giocattoli di “genere neutro”

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Il provvedimento non richiede l’eliminazione delle sezioni per maschio o femmina ma solo un’aggiunta. Chi non si adegua sarà soggetto al pagamento di una multa di 250 dollari la prima volta e fino a 500 dollari per le volte successive

 

In California entra in vigore la legge che obbliga i principali rivenditori di giocattoli ad avere una sezione dedicata al “genere neutro”, cioè a chi non si identifica nella tradizionale divisione dei sessi.

In particolare il provvedimento interessa i rivenditori dello Stato con almeno 500 dipendenti e la nuova sezione dovrà avere quella che è stata definita una “reasonable selection”, ossia una scelta ragionevole di giocattoli che possono essere commercializzati per i bambini di entrambi i sessi. La legge fu approvata nel 2021 dopo essere sponsorizzata dal deputato democratico dello stato, Evan Low.

Lo stesso Low fu ispirato da una bambina di 8 anni che chiese “perché un negozio deve dirmi se una maglietta o un giocattolo è per una ragazza?”. “La legge – spiegò Low – aiuterà i bambini ad esprimersi liberamente e senza pregiudizi”.

Il provvedimento non richiede l’eliminazione delle sezioni per maschio o femmina ma solo l’aggiunta di una sezione neutra. Chi non si adegua sarà soggetto al pagamento di una multa di 250 dollari la prima volta e fino a 500 dollari per le volte successive.

Fonte: https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/california-obbligo-scaffali-giocattoli-genere-neutro_75253804-202402k.shtml?utm_medium=Social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR1Dl2qHLHkokH1U4sBesnaiaC3Nftt70npT4PlgZhOHIQwVP-E1bRH7qQE#Echobox=1704298101

Gender nelle scuole italiane. Cosa è successo nel 2023?

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di Luca Marcolivio

Il 2023 che si è appena chiuso lo ha fatto con decine di casi di progetti educativi a sfondo Lgbt+ segnalati a Pro Vita & Famiglia. Circa 30, per la precisione 28, addirittura quelli eclatanti segnalati nel Dossier di Pro Vita & Famiglia, e che non tengono ovviamente conto dei piccoli e mai conosciuti piccoli progetti o piccole o grandi allusioni al gender e al mondo Lgbt che, purtroppo, possono verificarsi quotidianamente nelle scuole di ogni ordine e grado.

Dei 28 casi, ben 16 si sono verificati in regioni del Nord, 7 in regioni del Centro e – unica nota positiva – soltanto 2 in regioni del Sud. Senza contare due iniziative di scala nazionale, di derivazione ministeriale.

STOP GENDER A SCUOLA – FIRMA QUI!

Non mancano i casi in cui, i progetti di marca arcobaleno vengono intrapresi all’insaputa del preside o del dirigente scolastico o, comunque, contro la volontà di quest’ultimo. Così è avvenuto, lo scorso gennaio, al liceo classico “Ariosto” di Ferrara. In quell’occasione, a margine di un dibattito su «identità sessuale, eteronormatività, binarismo di genere e patriarcato», il presidente di Arcigay Ferrara, Manuela Macario, aveva “arringato” gli studenti, chiedendo loro pubblicamente: «alzatevi in piedi se siete Lgbt+». Una vera forzatura nei confronti di adolescenti ancora fortemente manipolabili, che suscitò, a suo tempo, la reazione di Pro Vita & Famiglia, che espresse solidarietà alla preside.

A febbraio, sempre in Emilia, per la precisione a San Lazzaro (BO), presso l’Itc Enrico Mattei, è stato distribuito un opuscolo che veicolava espressamente l’ideologia gender, dal titolo più che mai eloquente: «Ognun* decide la propria identità di genere autonomamente e questa identificazione può cambiare nel tempo». A denunciarle l’episodio sono stati il capogruppo della Lega a Bologna Matteo Di Benedetto e Alessandro Russo, consigliere leghista a Rastignano, raccogliendo la testimonianza di un genitore che è voluto rimanere anonimo. «Anni fa – commentarono con amara ironica i due politici locali – si diceva che il Gender non esiste, ora viene propagandato nelle scuole spacciato come percorso di educazione civica».

Ben cinque sono state le segnalazioni relative alla carriera alias a scuola. È avvenuto a marzo, a Brescia, dove persino il ministero del Lavoro e l’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia si sono fatti promotori di un corso totalmente impregnato di ideologia gender indirizzato ai docenti delle scuole medie, dei licei e di altri istituti secondari di secondo grado. In questa occasione si è parlato di «superamento del binarismo» sessuale, e del «processo di transizione e ricadute sulla scuola, nome di elezione, carriere alias».

STOP GENDER A SCUOLA – FIRMA QUI!

In aprile, a Rimini, presso il Liceo Serpieri è circolato persino un questionario a luci rosse, articolato su domande estremamente imbarazzanti, ai limiti della pornografia; il tutto a supporto di una tesi di laurea in Psicologia e con l’immancabile facoltà di indicare il proprio genere non come femminile o maschile con la “X” di neutro. Tra i morbosi quesiti si chiedeva la frequenza nel guardare i film porno, quali sostanze liquide escono dagli organi sessuali, domande sulle eventuali fantasie erotiche e persino sulla «percezione nell’atto sessuale», E ancora: «Ti senti efficace nel toccare l’altro/a e in quali zone erogene?». Di fronte alle contestazioni dei genitori, il preside del liceo riminese Francesco Tafuro si è difeso asserendo si trattasse di un’iniziativa didattica facoltativa: tesi non condivisa, però, dai politici locali di centrodestra e da un gran numero degli stessi genitori.

Sempre in aprile, stavolta al liceo Grigoletti di Pordenone, la preside Ornella Varin ha comunicato agli studenti che in un piano dell’istituto avrebbero preso forma i «bagni unisex», mentre i servizi degli altri piani avrebbero continuato ad essere «separati per genere», quasi a cercare di imbarazzare meno persone possibili. Se, però, «la novità sarà apprezzata, potremo estenderla», ebbe modo di aggiungere la preside.

Bagni “gender neutral” sono stati adottati anche all’Istituto Comprensivo “Simonetta Salacone” di Roma. Allo scoppio del caso, lo scorso ottobre, fu lo stesso vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, Jacopo Coghe, a ricordare che «l’amministrazione scolastica non ha alcun potere di modificare il nome e l’identità sessuale di un individuo. L’Alias è poi già anacronistica – aggiunse Coghe – se pensiamo che paesi un tempo pionieri nella transizione sociale e chirurgica come Paesi Bassi, Belgio, Gran Bretagna e vari stati degli Usa stanno facendo marcia indietro sui protocolli per il cambio di sesso, addirittura chiudendo le cliniche come il Tavistock Center di Londra al centro di un pesante scandalo».

Carriera Alias, infine, anche al Liceo classico Pietro Giannone di Benevento, guidato dalla dirigente Teresa De Vito, dove dallo scorso ottobre, i bagni e gli spogliatoi “gender neutrali” vengono scelti in base al criterio del «genere auto-percepito».

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Fonte: https://www.provitaefamiglia.it/blog/gender-nelle-scuole-italiane-cosa-e-successo-nel-2023

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