Due aneddoti della vita di San Pio X
Segnalazione del Centro Studi Federici
Segnalazione del Centro Studi Federici
A Voi, o beato Giuseppe, nella nostra tribolazione ricorriamo e dopo d’aver implorato l’aiuto della vostra santissima Sposa, anche il vostro Patrocinio fiduciosi invochiamo.
Deh! per quella carità che Vi strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno con cui abbracciaste il fanciullo Gesù, riguardate ve ne preghiamo, con occhio benigno all’eredità che Gesù Cristo acquistò col Suo Sangue e col vostro potere e aiuto sovvenite ai nostri bisogni.
Proteggete, o provvido Custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontanate da noi, o Padre amantissimo, ogni peste di errori e di vizi; propizio dal Cielo assisteteci, o nostro fortissimo protettore, in questo combattimento contro la potestà delle tenebre, e come un tempo scampaste dall’estremo pericolo della vita il pargoletto Gesù, così ora difendete la santa Chiesa di Dio dalle insidie nemiche e da ogni avversità; e sopra ciascuno di noi stendete ognora il vostro Patrocinio, acciocchè a vostro esempio e col vostro soccorso possiamo virtuosamente vivere piamente, morire e conseguire la eterna beatitudine in Cielo. Così sia.
Indulgenza di 7 anni e 7 quarantene ad ogni recita di questa orazione (S.P. Leone XIII, 15 Agosto 1889).
29 D. Quali sotto le domeniche che si chiamano di settuagesima, sessagesima e quinquagesima?
R. Si chiamano domeniche di settuagesima, sessagesima e quinquagesima la settima, sesta e quinta domenica avanti quella di Passione.
30 D. Per qual ragione la Chiesa dalla domenica di settuagesima fino al sabato santo tralascia nei divini uffici l’Alleluia, ed usa paramenti di color violaceo?
R. La Chiesa dalla domenica di settuagesima fino al sabato santo tralascia nei divini uffici l’Alleluia, che èvoce di allegrezza, ed usa paramenti di color violaceo, che é color di mestizia, per allontanare con questi segni di tristezza i fedeli dalle vane allegrezze del mondo ed insinuare ad essi Io spirito di penitenza.
31 D. Quali cose ci propone la Chiesa a considerare nei divini uffici delle settimane di settuagesima, sessagesima e quinquagesima?
R. Nei divini uffici della settimana di settuagesima la Chiesa ci rappresenta la caduta dei nostri progenitori, e il loro giusto castigo; in quelli della settimana di sessagesima ci rappresenta il diluvio universale mandato da Dio per castigo dei peccatori; in quelli poi dei primi tre giorni della settimana di quinquagesima ci rappresenta la vocazione di Abramo, e il premio dato da Dio alla sua obbedienza e alla sua fede.
32 D. Donde viene che, malgrado le intenzioni della Chiesa, nel tempo di settuagesima, sessagesima e quinquagesima, più che in qualunque altro, si vedono tanti disordini in una parte di cristiani?
R. In questo tempo più che in qualunque altro, si vedono tanti disordini in una parte di cristiani per malignità del demonio, il quale volendo contrariare i disegni della Chiesa, fa i maggiori suoi sforzi per indurre i cristiani a vivere secondo i dettami del mondo e della carne.
33 D. Che cosa dobbiamo fare per conformarci ai disegni della Chiesa nel tempo di carnevale?
R. Per conformarci ai disegni della Chiesa in tempo di carnevale bisogna star lontani dagli spettacoli e dai divertimenti pericolosi, e attendere con maggior diligenza all’orazione e alla mortificazione, facendo qualche visita straordinaria al Santissimo Sacramento, massime quando sta esposto alla pubblica adorazione; e ciò per riparare a tanti disordini, coi quali Iddio in questo tempo viene offeso.
34 D. Se vi fosse necessità di trovarsi a qualche pericoloso divertimento del carnevale, che cosa deve farsi?
R. Chi per necessità si trovasse a qualche pericoloso divertimento del carnevale, deve prima implorare l’aiuto della divina grazia per evitare ogni peccato; poi recarvisi con grande modestia e ritenutezza, e dopo, raccogliere lo spirito colla considerazione di qualche massima del vangelo.
In un istruttivo articolo pubblicato su La Verità, a firma di Giuliano Guzzo, abbiamo appreso, per usare il commento finale del pezzo, “a quali derive possa condurre un sistema carcerario succube delle rivendicazioni Lgbt.”
Siamo in Scozia, nella prigione di Polmont a Brightons, e c’è un detenuto condannato per un brutale omicidio nel 2004 e che, essendo stato nel frattempo folgorato sulla via dei transgender, nel 2018 ha ottenuto di essere trasferito/a in una unità riservata alle donne. Ma non basta. Sophie Eastwood, questo il suo nome dopo il cambio di indirizzo sessuale, non si è ritenuta soddisfatta, accusando le autorità carcerarie di averle riservato un trattamento razzista e transfobico. Trattamento che a suo insindacabile giudizio contrasterebbe con la sua nuova, ulteriore identità: quella di una bambina ancora da svezzare, tanto da richiedere una congrua dotazione di pannolini e pasti a base di pappe.
Per quanto riguarda l’utilizzo del biberon non si hanno notizie in merito. Inoltre, e qui raggiungiamo l’apoteosi del modello carcerario anglosassone, il feroce assassino/a avrebbe chiesto e regolarmente ottenuto di essere presa per mano dalle guardie quando si trova al di fuori della sua cella. D’altro canto questo sarebbe il minimo, dal momento che ci troviamo di fronte ad una indifesa bebè la quale, per la cronaca, quando si sentiva ancora un uomo nel pieno delle sue facoltà fisiche e mentali, finito in un altro carcere per guida pericolosa, strangolò con un laccio delle proprie scarpe un compagno di cella di 22 anni. Il delitto fu così efferato che il personale del carcere soprannominò la futura e indifesa bambina “Hannibal Lecter junior”. Una donna/bambina detenuta che, secondo fonti interne alla struttura carceraria, “nel corso del tempo si è rivelata una carcerata difficile da gestire e manipolatrice, ed è essenzialmente per questo che, dopo 17 anni, si trova ancora dietro le sbarre.”
Secondo Paul Bracchi, del Daily Mail, si tratta di una faccenda ridicola, sottolineando che “i protocolli di identità di genere e di riassegnazione di genere vigenti nelle carceri scozzesi, sviluppati con la Scottish trans alliance e il gruppo di pressione Stonewall, offrono ampi privilegi ai detenuti transgender.”
Tuttavia le stesse autorità carcerarie restano piuttosto dubbiose sul personaggio, che a tutta prima potrebbe sembrare un/a paraculo/a di prima grandezza, che considerano comunque intelligente. Anche se, puntualizzano, “risulta piuttosto esigente rispetto a quelle che sono le risorse della prigione e adora essere al centro dell’attenzione. Per questo è complesso stabilire se senta davvero ora un’inclinazione a essere trattata come una bambina o se, invece, sia appunto solo alla ricerca di attenzione.”
Sta di fatto che, mentre in Italia si è aperto un vasto e serrato dibattito sulla riforma del 41 bis, nel Regno Unito sono alle prese con gravissimi problema carcerari a base di pappe e pannolini.
C’era una volta qualcuno che teorizzava una sorta di tramonto dell’Occidente. Ma in questo caso siamo entrati nella notte più buia.
Claudio Romiti, 2 febbraio 2023
di Marcello Veneziani
Cosa ti manca di più in questi mesi da cittadino, da giornalista e da “pensatore”? La verità. Sì, la verità, questa importuna signorina che sembra troppo antica, troppo perentoria, troppo assoluta per sposarsi e adattarsi al microclima dei nostri giorni, anzi al clima micragnoso e velenoso del presente. La vedo fuggire indignata e ferita dal circo mediatico-politico, rattrappirsi nelle bocche dei politicanti di Palazzo, spegnersi nelle menti degli intellettuali e pervertirsi sulle colonne infami dei giornali. Lo dico per esperienza quotidiana ripensando a troppi fatti recenti, tra pandemia, guerra e crisi economica, energetica e ambientale e che ritrovo esattamente rovesciati nella rappresentazione che ne hanno dato testimoni, attori e narratori. La realtà è una cosa, la rappresentazione dei media è un’altra. La storia è una cosa, la ricostruzione è un’altra. A nulla vale tentare di restituire la verità delle cose, resta solo quel che è sostenuto con mezzi più forti. L’ideologia vince sulla realtà, la ragion politica sulla verità. L’organizzazione sistematica della non-verità, fino al capovolgimento dei fatti e delle responsabilità vince sulla verità: la fiction si insinua anche nella vita e nella comunicazione e risponde a scopi propagandistici, manipolazioni dei fatti. Il falso vale più del vero, anche perché è più duttile e dunque si adatta a chi lo indossa. Chi detiene l’egemonia ideologica dell’informazione ti può far passare per vittima o per censore, per eroe o asservito, indipendentemente dalla verità dei fatti. Se la verità non coincide con i loro interessi ideologici o materiali, tanto peggio per la verità.
Troppo spesso allontanata dai Palazzi, compresi quelli di giustizia, la verità non viene risarcita nelle piazze, nelle case e nei luoghi pubblici e privati della vita odierna; ma anche qui svanisce perché prevale nella quotidianità corrente la simulazione e la dissimulazione, l’apparenza e il travestimento, l’ipocrisia e lo sdoppiamento. Anche il senso comune alla lunga cede alle convenienze. Anzi non c’è un mondo comune, ognuno vede le cose dal suo punto di vista e di utilità. Soggettivismo puro e relativismo. Chi pensa che la fine della verità oggettiva e comune sia l’inizio della libertà e la garanzia della democrazia, rovescia la realtà: senza una verità condivisa e fondata sulla realtà, vince la verità del più forte, fino a che è più forte. Altro che libertà e diritti umani.
E’ il problema più urgente dei nostri anni: la perdita della verità. E la sua subordinazione ad altro: alla volontà di dominio, alla necessità del Fatturato, al primato del Piacere o, più modestamente, della Comodità, alla vittoria del Partito, dell’Apparato o dell’Azienda, comunque del Potere. Non riusciremo più a dialogare se continueremo a disattendere la verità; smetteremo di vivere con gli altri, di condividere sorte e lavoro, vita, amore e morte, se continueremo questa demolizione della verità a scopo d’utile individuale o di parte. E’ stata costruita negli anni la giustificazione scientifica per la perdita della verità: da tempo ormai ci insegnano sin dalle scuole che la verità non esiste; esiste l’interpretazione, l’opinione, il punto di vista. Non c’è una verità che valga per tutti e per sempre, la mia verità diverge dalla tua e muta col mutare del tempo; così relativizzata, la verità viene ridotta ad uso singolo e temporaneo, e quindi sottomessa prima allo sguardo e poi alla volontà del soggetto. Sembra ormai una verità acquisita e indiscutibile che non ci sia una verità oggettiva; ma non è così, credetemi.
C’è una sfera di cose incerte e opinabili ma c’è anche una sfera di cose chiare ed evidenti, senza le quali non riusciremmo a vivere e a comunicare; e nel mezzo c’è una processione infinita di realtà che si avvicinano alla verità, che si incamminano verso di lei. Per vivere, per dialogare, per avere un rapporto con gli altri e per stare al mondo, non possiamo partire che dalle cose certe e vere: la certezza di essere uomini e mortali, in primo luogo, e poi la certezza della nostra identità come ce la disdegna il corpo, l’origine, la provenienza, il luogo in cui siamo nati, le persone da cui proveniamo, il mondo. La certezza dell’esperienza passata, la certezza di aver pronunciato certe parole, di aver assunto certi impegni, di aver compiuto certe scelte: il nostro passato presenterà pure zone d’incertezza dovute alla labilità della memoria, agli inganni delle apparenze e alla opinabilità di alcune cose, ma è anche un luogo di verità e di realtà realmente accadute che non possiamo revocare o relativizzare. Certo è il richiamo della natura, la comune certezza di vedere le cose che vediamo, di sentire le cose che sentiamo. Certo è il presente. I sensi, gli affetti, i bisogni mostrano esperienze reali. Anche quando ci neghiamo alle verità della vita, ne siamo dentro, fino in fondo. Nascere, invecchiare, morire, creare, distruggere non sono illusioni o punti di vista.
Prima della libertà e della giustizia, prima del pluralismo e dei diritti, c’è il riconoscimento della verità. Non è vero che la verità uccida la libertà. I dispotismi del passato non nascevano nel nome della verità ma dall’arroganza soggettiva di chi pretendeva di identificarsi nella verità e decidere in suo nome sugli altri: nessuno incarna la verità, tutti siamo in varia misura dentro la verità, ma nessun essere umano è la verità. I dispotismi e i terrorismi non nascono nemmeno dalla pretesa di rappresentare la verità, ma al contrario dalla distorsione della verità e dalla sua sottomissione ad un Assoluto: il Partito, il Potere, l’Assoluto, la Classe, la Razza, il Paradiso in terra. In nome di una supremazia, la verità viene modificata e cancellata.
La verità attiene alla conoscenza e non alla potenza, è una ricerca e non un monopolio, è un fine e non è un mezzo, e dunque non può essere usata per colpire, ma per sapere. Oggi, dicevamo, viviamo tra pensiero debole e poteri forti: la verità è il suo contrario, un pensiero forte in un corpo fragile.
Segnalazione del Centro Studi Federici
di don Francesco Ricossa
Segnalazione del Centro Studi Federici
Segnalazione di Corrispondenza Romana
di Fabio Fuiano
Il 28 dicembre, la Chiesa Cattolica ricorda i Santi Martiri innocenti, i primogeniti uccisi, in odium fidei, dalla follia omicida di Erode che non poteva accettare la legittima regalità di Nostro Signore. Alla luce di questa ricorrenza, una riflessione su quanto accade oggi sembra necessaria: ci apprestiamo a chiudere l’anno 2022 e il sito Worldometers riporta più di 42 milioni di aborti compiuti, accingendosi a ri-azzerare il macabro conto degli innocenti distrutti, per poi ri-avviarlo dalla mezzanotte del 1° Gennaio con il solito ritmo di circa 2 innocenti al secondo uccisi nel mondo.
Oggigiorno, Erode non è più un caso eccezionale di malvagità, ma la regola per molti paesi sedicenti “civili” e “al passo coi tempi”, tristemente inclusa l’Italia, dove da ormai quasi 45 anni la famigerata 194 continua a causare una inconcepibile strage di innocenti (il prossimo tremendo anniversario, 22 maggio 2023, sarà proprio il 45° della promulgazione). Non bisogna però illudersi che tutto sia cominciato con la 194/78: il processo messo in atto dalle lobby abortiste per ribaltare il giudizio dell’opinione pubblica sull’aborto procurato era già in atto da tempo e, prima ancora della 194, esso aveva già raggiunto un traguardo fondamentale: si tratta della sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975 con cui, per la prima volta, si introduceva nel nostro ordinamento giuridico la possibilità di abortire anche per semplici motivi di “salute” della donna. Questa sentenza è l’antesignano dell’iniqua legge 194, nonché spartiacque decisivo per la legalizzazione dell’aborto nel nostro paese.
La Corte sfruttò a proprio vantaggio il caso di una donna milanese, Minella Carmosina, che nel 1972 fu penalmente perseguita in base all’art. 546 del Codice Penale (abrogato successivamente dalla 194 assieme a tutto il Titolo X – Dei delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe) che vietava l’aborto di donna consenziente con la reclusione da due a cinque anni. Il giudice del Tribunale di Milano sollevò questione incidentale di legittimità costituzionale di tale articolo in quanto puniva l’aborto di donna consenziente anche laddove fosse stata “accertata” la pericolosità della gravidanza per il benessere fisico o per l’equilibrio psichico della gestante. Infatti, all’epoca, l’aborto poteva essere eccezionalmente esente da provvedimenti penali solo per un pericolo grave, assolutamente inevitabile e, soprattutto, attuale di danno per la madre (secondo il dettame dell’art. 54 c.p. sullo stato di necessità) e non a scopo medico per evitare che la donna incinta subisse aggravamenti di preesistenti alterazioni fisiche. L’atteggiamento del legislatore era tutt’altro che favorevole all’aborto, ma semplicemente egli, pur preservando lo sfavore per la pratica, non riteneva opportuno punire una donna già fortemente provata per la propria condizione e spinta ad abortire probabilmente più per disperazione che per convinzione. A differenza della legislazione successiva, l’impunibilità non implicava l’approvazione (né in quel caso specifico, né tantomeno tout court).
La sentenza del ’75 costituì un totale rovesciamento di paradigma, in quanto riuscì a dire che il concepito partecipa dei princìpi contenuti nella nostra Costituzione: «Ritiene la Corte che la tutela del concepito […] abbia fondamento costituzionale. L’art. 31, secondo comma, della Costituzione impone espressamente la “protezione della maternità” e, più in generale, l’art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito», salvo poi affermare: «E, tuttavia, questa premessa – che di per sé giustifica l’intervento del legislatore volto a prevedere sanzioni penali – va accompagnata dall’ulteriore considerazione che l’interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito può venire in collisione con altri beni che godano pur essi di tutela costituzionale e che, di conseguenza, la legge non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione. Ed è proprio in questo il vizio di legittimità costituzionale, che, ad avviso della Corte, inficia l’attuale disciplina penale dell’aborto». Concludendo: «La scriminante dell’art. 54 c.p. si fonda sul presupposto d’una equivalenza del bene offeso dal fatto dell’autore rispetto all’altro bene che col fatto stesso si vuole salvare. Ora non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare».
La Corte si avvalse di un ipocrita escamotage, impiegando un termine, quello di “persona”, assolutamente estraneo alla giurisprudenza – giacché la legge non ha mai parlato di uomini persone e uomini non persone – e di tenore filosofico, per giustificare la pratica dell’aborto non tanto per stato di necessità, ma per tutelare il bene della “salute psico-fisica” della donna (cosa che sarà poi ripresa a piè pari nella 194). A rigore, dunque, bisognerebbe datare la legalizzazione dell’aborto in Italia non al 1978, ma al 1975, analogamente a quanto avvenne negli Stati Uniti, dove l’aborto fu reso lecito, appena due anni prima, dalla famosa sentenza Roe v. Wade, ribaltata il 24 giugno scorso dalla maggioranza pro-life della Corte Suprema americana. Far memoria delle tattiche della Corte è necessario, dal momento che, indipendentemente dal Parlamento, essa può ancora riservare delle (brutte) sorprese sul tema della vita umana innocente.
Segnalazioni del Centro Studi Federici
di Maurizio Murelli
Fonte: Maurizio Murelli
Non serve sprecare energie per controbattere alle deliranti argomentazioni di chi sta dalla parte della “causa ucraina”, argomentazioni portate avanti tanto da agitatori palesemente disturbati condizionati da aberranti contorcimenti ideologici o da individui intossicati dalla propaganda atlantista che sguazzano nell’ignoranza più assoluta: tanto gli uni che gli altri reagiscono istericamente con la bava alla bocca insultando, mostrificando e stravolgendo la realtà dei fatti. Lasciamoli perdere e che si consumino nel loro nefasto liquame in ebollizione e cerchiamo di mantenere freddo distacco rispetto alle loro performance.
Serve invece impegnarsi per chiarificare con dati oggettivi l’evolversi della “meta-guerra planetaria” rispetto alla quale quanto accade in Ucraina è da considerarsi una battaglia e, estremizzando, così pure la Prima quanto e Seconda guerra mondiale, anch’esse da ritenersi gigantesche battaglie se si considera il fatto che hanno avuto il loro fondamentale epicentro nel perimetro Europeo e, soprattutto, sono state “tappe” per la realizzazione di un preciso ordine mondiale il cui disegno complessivo si evidenzia con quanto imposto nel Trattato di Versailles (1919). Poco importa stabilire se il progetto sia stato chiaro e definito nei dettagli fin dall’inizio e si deva risalire fin alla Rivoluzione Francese per rintracciarne i semi (tesi complottista) o se il progetto si è implementato (sviluppato) cammin facendo. Sta di fatto che la Prima Guerra Mondiale ha gettato le basi per la Seconda e consentito agli USA di impiantare le proprie malefiche radici in Europa; la SGM ha posto le basi per le battaglie successive fino a giungere a quella che ha attualmente epicentro in Ucraina. Ovviamente questa chiave di lettura avrebbe necessità di essere ben esposta e supportata co appropriate esposizioni, ma questa non è la sede adatta – necessiterebbe uno scritto chilometrico. Mi limiterò dunque a porre un paio di sintetici tasselli esplicativi.
La realizzazione dell’Ordine Mondiale variamente concepito dagli USA ha la necessità di disintegrare la Russia indipendentemente dal sistema politico che lo regge. La questione non è chi governa la Russia, se lo Zar, il comunista Stalin, il semiliberale Putin o anche Topolino: la questione è la Russia in quanto tale perché la sua esistenza come entità statale è posseditrice di gigantesche materie primarie è ostacolo alla realizzazione dell’Ordine Mondiale unipolare. Dal 24 febbraio ci si è concentrati a mettere in evidenza quanto fatto dagli atlantisti in Serbia, Kosovo, Iraq, Siria, Libia etc. dando l’idea che l’attuale fase sia stata innescata con l’implosione dell’URSS, ma se si vuole supportare la tesi sopra esposta, bisogna fare alcuni passi in dietro, andando ben oltre l’ingordigia imperialista palesatasi nel 1990. Il primo passo da farsi ci porta nella seconda metà degli anni Quaranta primi anni Cinquanta.
Nel 1949 la SGM era terminata da appena 4 anni e alla Russia, alleata con gli USA contro la Germania, era costata 20 milioni di morti e una imponente devastazione; senza la Russia gli angloamericani avrebbero avuto poche possibilità di vincere, almeno non prima del 1945, quando avrebbero potuto far conto sulla bomba atomica poi impiegata in Giappone e dunque desertificate l’Europa. In quell’anno, il 3 dicembre 1949, gli USA concepirono un piano per regolare i conti con quello che era stato il suo alleato. Si tratta del “Piano Trojan” per l’invasione dell’Unione Sovietica, insieme all’alleato britannico.
Il piano prevedeva il lancio di 300 bombe atomiche e 20.000 bombe ordinarie su 100 città dell’URSS. Pertanto furono programmati 6.000 voli. L’inizio dell’invasione era prevista per il 1 gennaio 1950, ma in seguito fu posticipata al 1 gennaio 1957, assieme a tutti i paesi della NATO. La NATO era stata fondata nell’aprile del 1949 ma aveva bisogno di essere rodata e ben organizzata per diventare operativa. GLI USA ritennero fosse meglio che l’operazione venisse targata NATO piuttosto che solo USA, questa la ragione del posticipo dell’operazione.
Nel 1952, il presidente degli Stati Uniti Harry Truman disse:« Rimuoveremo dalla faccia della terra tutti i porti e le città che devono essere distrutti per raggiungere i nostri obiettivi». Vi devo specificare quali erano e sono i loro obbiettivi?
La ragione per la quale il piano non prese corpo è semplice: nei primi anni Cinquanta la Russia era diventata a sua volta una potenza atomica in grado di colpire con i suoi missili il territorio USA. In attesa del ritorno alla “guerra calda” si aprì l’epoca della “guerra fredda” terminata nel 1990 con l’avvento della “guerra tiepida” per arrivare ad oggi con l’accensione del “fornello ucraino” che ha in prospettiva l’opzione “guerra surriscaldata”.
Allo stato dell’arte gli USA hanno conseguito un primo obiettivo: devastazione dell’Europa ancorata al gorgo ucraino che progressivamente la sta inghiottendo. Il secondo, la disintegrazione della Russia è l’allettante prospettiva.
Allora non si tratta di “stare con la Russia” perché irrazionalmente filorussi. Possiamo qui divagare su cosa è la Russia e divagare sui concetti di civiltà e sistemi politici, ma il punto principale è come posizionarsi da europei, quindi sottrarsi dall’abisso verso il quale gli USA stanno spingendo l’Europa. E per fare questo è imprescindibile schierarsi a fianco della Federazione russa contro lo schieramento atlantista impegnato in Ucraina dove, prima di tutto, è in corso una guerra civile tra la parte ovest occidentalizzata e la parte est che non accetta l’occidentalizzazione. La guerra civile è un fatto interno all’Ucraina, il mascherato posizionamento della NATO con tutto il suo supporto è una questione che riguarda noi europei, noi italiani. La disintegrazione della Russi pone irrimediabilmente una pietra tombale sull’Europa lasciandoci in balia della UE che è la marionetta USA. Tutto questo è quel che deve essere chiaro e opposto ai gioppini atlantici qualsiasi vestito ideologico calzino. Tutto questo dovrebbe portarci a dire che non è la una pace o tregua in Ucraina che risolverà la questione. Pace e tregua servono solo a permettere all’atlantismo di riorganizzarsi. Una volta per tutte il “Grande Conflitto”, la “Grande guerra planetaria” deve essere risolta con un vinto e un vincitore. E se come europei e italiani dobbiamo essere tra i vinti ce ne faremo una ragione ben sapendo che comunque prima o poi l’intero sistema imploderà… magari tra un secolo, perché questo sistema imperante è disumano e l’umano non lo può reggere: o lo disintegra o scompare. E per intanto, ognuno nella sua trincea di competenza, si continua a battersi cosicché, per quanto riguarda le armi, quelle italiane, quelle dei veri nazionalisti italiani, passi almeno l’idea che esse dovrebbero essere date al fronte dell’Est. Il vortice ucraino va chiuso.
Chiarito questo poi possiamo affrontare tutti gli altri argomenti a cominciare da quello teorico dell’multipolarismo da opporre all’unipolarismo, della contrapposizione tra concezioni di Civiltà e sistemi politici pere finire sui terreni dell’economia, della finanza, del liberisimo, della geoenergia e quant’altro. Prima di tutti sopravvivere alla volontà di annientamento del sistema USA.
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