Due aneddoti della vita di San Pio X

Condividi su:

Segnalazione del Centro Studi Federici

Presentiamo due aneddoti della vita di san Pio X nel periodo in cui fu Vescovo di Mantova (1884-1893).
A Mantova vi era l’uso che il 14 Marzo — genetliaco del re Umberto — le autorità civili e militari assistessero al Te Deum in Cattedrale e poi, con le stesse tube, con gli stessi abiti a coda di rondine e con le stesse fascie tricolori passassero, per una cerimonia consimile, alla Sinagoga.
Questa irriverente parificazione tra la Cattedrale e la Sinagoga non poteva non urtare il sentimento di Mons. Sarto, il quale, nel 1889, pochi giorni prima del 14 Marzo, si decise di mettere fine a questa indecorosa commedia, ponendo alle autorità cittadine questo chiaro dilemma: o in Cattedrale o in Sinagoga : o con il Vescovo o con il Rabbino !
Sconcertato per questo ultimatum del Vescovo, il Prefetto della città chiese istruzioni sul da farsi all’On. Crispi, allora Presidente del Consiglio dei Ministri e la risposta del vecchio garibaldino e fervido massone, a cui non andavano a genio i Te Deum, fu questa: «Nè in Cattedrale, nè in Sinagoga» !
La risposta non dimostrava un’ alta saggezza politica : tutt’altro !
«Ad ogni modo — conchiudeva Mons. Sarto, raccontando il curioso episodio — Crispi mi aiutò ad evitare per sempre Io scandalo».
************
S’ immagini ora se il Vescovo dei Mantovani poteva piegare davanti alle pressioni od ai capricci di un qualche Sindaco !
Il Sindaco di Cavriana — uno dei grossi paesi della Diocesi ci teneva a solennizzare il 20 Settembre, e, per imprimere meglio la data “fatidica” nella memoria dei suoi amministrati, tutti gli anni, abusando della debolezza del Parroco, voleva che fossero suonate le campane. (*)
Ma un bel giorno ecco capitare a Cavriana ín Visita Pastorale Mons. Sarto, il quale, informato in precedenza dell’ arbitrio del Sindaco, proibisce che al suo arrivo e per tutto il tempo della sua permanenza in paese si suonino le campane.
Meraviglia nel popolo che attende sulla piazza della Chiesa il Vescovo !
La sera, compiuta la Visita, prima di accomiatarsi, Mons. Sarto sale in pulpito e spiega il perchè quel giorno le campane non avevano fatto udire la loro voce perchè le campane — così disse — non devono servire per commemorare avvenimenti che hanno fatto piangere il Vicario di Cristo, offeso la Chiesa, contristato il cuore dei cattolici di tutto il mondo. L’ uso delle campane non è soggetto all’ arbitrio di alcuna autorità civile è soggetto solamente ed unicamente alla autorità ecclesiastica» .
E le campane, dietro ordine del Vescovo, allora suonarono. La commemorazione del 20 Settembre con il suono delle campane a Cavriana fu presto dimenticata.
(*)  20 Settembre era una data molto cara al Liberalismo ed alla Massoneria italiana, perchè ricordava l’ infausto 20 Settembre 1870, quando l’ esercito piemontese entrò a Roma attraverso la famosa Breccia di Porta Pia.
Fonte: P. G. Dal Gal, Beato Pio X, Il Messaggero di S.Antonio – Basilica del Santo – Padova – 1951, pagg. 188 – 190

Il mese di San Giuseppe

Condividi su:

A Voi, o beato Giuseppe, nella nostra tribolazione ricorriamo e dopo d’aver implorato l’aiuto della vostra santissima Sposa, anche il vostro Patrocinio fiduciosi invochiamo.
Deh! per quella carità che Vi strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno con cui abbracciaste il fanciullo Gesù, riguardate ve ne preghiamo, con occhio benigno all’eredità che Gesù Cristo acquistò col Suo Sangue e col vostro potere e aiuto sovvenite ai nostri bisogni.
Proteggete, o provvido Custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontanate da noi, o Padre amantissimo, ogni peste di errori e di vizi; propizio dal Cielo assisteteci, o nostro fortissimo protettore, in questo combattimento contro la potestà delle tenebre, e come un tempo scampaste dall’estremo pericolo della vita il pargoletto Gesù, così ora difendete la santa Chiesa di Dio dalle insidie nemiche e da ogni avversità; e sopra ciascuno di noi stendete ognora il vostro Patrocinio, acciocchè a vostro esempio e col vostro soccorso possiamo virtuosamente vivere piamente, morire e conseguire la eterna beatitudine in Cielo. Così sia.
Indulgenza di 7 anni e 7 quarantene ad ogni recita di questa orazione (S.P. Leone XIII, 15 Agosto 1889).

Litanie di San Giuseppe
Kyrie, eleison,
Christe, eleison
Kyrie, eleison,
Christe, audi nos,
Christe, exaudi nos,
Pater de coelis Deus, miserere nobis
Fili Redemptor mundi Deus,
Spiritus Sancte Deus,
Sancta Trinitas, unus Deus,
Sancta Maria, ora pro nobis
Sancte Joseph
Proles David inclyta,
Lumen Patriarcharum
Dei Genitricis Sponse,
Custos pudice Virginis,
Fili Dei nutricie,
Christi defensor sedule,
Almae Familiae praeses,
Joseph justissime,
Joseph castissime,
Joseph prudentissime,
Joseph fortissime,
Joseph oboedientissime,
Joseph fidelissime,
Speculum patientiae,
Amator paupertatis,
Exemplar opificum,
Domesticae vitae decus,
Custos Virginum,
Familiarum columen,
Solatium miserorum
Spes aegrotantium,
Patrone morientium,
Terror daemonum,
Protector Sanctae Ecclesiae,
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine,
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine,
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.
Ora pro nobis, Sancte Joseph
Ut digni efficiamur promissionibus Christi.
OREMUS
Deus qui ineffabili providentia beatum Joseph sanctissimæ Genitricis tuæ sponsum eligere dignatus es: præsta quæsumus, ut quem protectorem veneramur in terris, intercessorem habere mereamur in coelis. Qui vivis, ecc.
Il Sacro Manto a San Giuseppe
Il Sacro Manto è un particolare omaggio reso a San Giuseppe, per onorare la Sua persona e per meritare il Suo patrocinio. Si consiglia di recitare queste orazioni per 30 giorni consecutivi, in memoria dei trent’anni di vita vissuti da San Giuseppe in compagnia di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Sono senza numero le grazie che si ottengono da Dio, ricorrendo a San Giuseppe. Santa Teresa d’Avila (1515 – 1582) ha lasciato scritte queste parole illuminanti: “Chi vuol credere, faccia la prova, affinché si persuada.”
https://www.sodalitiumshop.it/epages/106854.sf/it_IT/?ObjectPath=/Shops/106854/Products/069

Catechismo Maggiore di San Pio X – Delle domeniche di Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima (nel 2023: 5, 12 e 19 febbraio)

Condividi su:

29 D. Quali sotto le domeniche che si chiamano di settuagesima, sessagesima e quinquagesima?

R. Si chiamano domeniche di settuagesima, sessagesima e quinquagesima la settima, sesta e quinta domenica avanti quella di Passione.

30 D. Per qual ragione la Chiesa dalla domenica di settuagesima fino al sabato santo tralascia nei divini uffici l’Alleluia, ed usa paramenti di color violaceo?

R. La Chiesa dalla domenica di settuagesima fino al sabato santo tralascia nei divini uffici l’Alleluia, che èvoce di allegrezza, ed usa paramenti di color violaceo, che é color di mestizia, per allontanare con questi segni di tristezza i fedeli dalle vane allegrezze del mondo ed insinuare ad essi Io spirito di penitenza.

31 D. Quali cose ci propone la Chiesa a considerare nei divini uffici delle settimane di settuagesima, sessagesima e quinquagesima?

R. Nei divini uffici della settimana di settuagesima la Chiesa ci rappresenta la caduta dei nostri progenitori, e il loro giusto castigo; in quelli della settimana di sessagesima ci rappresenta il diluvio universale mandato da Dio per castigo dei peccatori; in quelli poi dei primi tre giorni della settimana di quinquagesima ci rappresenta la vocazione di Abramo, e il premio dato da Dio alla sua obbedienza e alla sua fede.

32 D. Donde viene che, malgrado le intenzioni della Chiesa, nel tempo di settuagesima, sessagesima e quinquagesima, più che in qualunque altro, si vedono tanti disordini in una parte di cristiani?

R. In questo tempo più che in qualunque altro, si vedono tanti disordini in una parte di cristiani per malignità del demonio, il quale volendo contrariare i disegni della Chiesa, fa i maggiori suoi sforzi per indurre i cristiani a vivere secondo i dettami del mondo e della carne.

33 D. Che cosa dobbiamo fare per conformarci ai disegni della Chiesa nel tempo di carnevale?

R. Per conformarci ai disegni della Chiesa in tempo di carnevale bisogna star lontani dagli spettacoli e dai divertimenti pericolosi, e attendere con maggior diligenza all’orazione e alla mortificazione, facendo qualche visita straordinaria al Santissimo Sacramento, massime quando sta esposto alla pubblica adorazione; e ciò per riparare a tanti disordini, coi quali Iddio in questo tempo viene offeso.

34 D. Se vi fosse necessità di trovarsi a qualche pericoloso divertimento del carnevale, che cosa deve farsi?

R. Chi per necessità si trovasse a qualche pericoloso divertimento del carnevale, deve prima implorare l’aiuto della divina grazia per evitare ogni peccato; poi recarvisi con grande modestia e ritenutezza, e dopo, raccogliere lo spirito colla considerazione di qualche massima del vangelo.

Fonte: https://www.sodalitium.biz/catechismo-maggiore-di-san-pio-x-delle-domeniche-di-settuagesima-sessagesima-e-quinquagesima/

Killer uomo diventa donna, ora vuole la pappa: “Sono una bebè”

Condividi su:
La follia gender nel carcere scozzese: gli agenti costretti a tenerla per mano e a fornire i pannolini

 

In un istruttivo articolo pubblicato su La Verità, a firma di Giuliano Guzzo, abbiamo appreso, per usare il commento finale del pezzo, “a quali derive possa condurre un sistema carcerario succube delle rivendicazioni Lgbt.”

Siamo in Scozia, nella prigione di Polmont a Brightons, e c’è un detenuto condannato per un brutale omicidio nel 2004 e che, essendo stato nel frattempo folgorato sulla via dei transgender, nel 2018 ha ottenuto di essere trasferito/a in una unità riservata alle donne. Ma non basta. Sophie Eastwood, questo il suo nome dopo il cambio di indirizzo sessuale, non si è ritenuta soddisfatta, accusando le autorità carcerarie di averle riservato un trattamento razzista e transfobico. Trattamento che a suo insindacabile giudizio contrasterebbe con la sua nuova, ulteriore identità: quella di una bambina ancora da svezzare, tanto da richiedere una congrua dotazione di pannolini e pasti a base di pappe.

Per quanto riguarda l’utilizzo del biberon non si hanno notizie in merito. Inoltre, e qui raggiungiamo l’apoteosi del modello carcerario anglosassone, il feroce assassino/a avrebbe chiesto e regolarmente ottenuto di essere presa per mano dalle guardie quando si trova al di fuori della sua cella. D’altro canto questo sarebbe il minimo, dal momento che ci troviamo di fronte ad una indifesa bebè la quale, per la cronaca, quando si sentiva ancora un uomo nel pieno delle sue facoltà fisiche e mentali, finito in un altro carcere per guida pericolosa, strangolò con un laccio delle proprie scarpe un compagno di cella di 22 anni. Il delitto fu così efferato che il personale del carcere soprannominò la futura e indifesa bambina “Hannibal Lecter junior”. Una donna/bambina detenuta che, secondo fonti interne alla struttura carceraria, “nel corso del tempo si è rivelata una carcerata difficile da gestire e manipolatrice, ed è essenzialmente per questo che, dopo 17 anni, si trova ancora dietro le sbarre.”

Secondo Paul Bracchi, del Daily Mail, si tratta di una faccenda ridicola, sottolineando che “i protocolli di identità di genere e di riassegnazione di genere vigenti nelle carceri scozzesi, sviluppati con la Scottish trans alliance e il gruppo di pressione Stonewall, offrono ampi privilegi ai detenuti transgender.”

Tuttavia le stesse autorità carcerarie restano piuttosto dubbiose sul personaggio, che a tutta prima potrebbe sembrare un/a paraculo/a di prima grandezza, che considerano comunque intelligente. Anche se, puntualizzano, “risulta piuttosto esigente rispetto a quelle che sono le risorse della prigione e adora essere al centro dell’attenzione. Per questo è complesso stabilire se senta davvero ora un’inclinazione a essere trattata come una bambina o se, invece, sia appunto solo alla ricerca di attenzione.”

Sta di fatto che, mentre in Italia si è aperto un vasto e serrato dibattito sulla riforma del 41 bis, nel Regno Unito sono alle prese con gravissimi problema carcerari a base di pappe e pannolini.

C’era una volta qualcuno che teorizzava una sorta di tramonto dell’Occidente. Ma in questo caso siamo entrati nella notte più buia.

Claudio Romiti, 2 febbraio 2023

Abbiamo bisogno di verità

Condividi su:

di Marcello Veneziani

Cosa ti manca di più in questi mesi da cittadino, da giornalista e da “pensatore”? La verità. Sì, la verità, questa importuna signorina che sembra troppo antica, troppo perentoria, troppo assoluta per sposarsi e adattarsi al microclima dei nostri giorni, anzi al clima micragnoso e velenoso del presente. La vedo fuggire indignata e ferita dal circo mediatico-politico, rattrappirsi nelle bocche dei politicanti di Palazzo, spegnersi nelle menti degli intellettuali e pervertirsi sulle colonne infami dei giornali. Lo dico per esperienza quotidiana ripensando a troppi fatti recenti, tra pandemia, guerra e crisi economica, energetica e ambientale e che ritrovo esattamente rovesciati nella rappresentazione che ne hanno dato testimoni, attori e narratori. La realtà è una cosa, la rappresentazione dei media è un’altra. La storia è una cosa, la ricostruzione è un’altra. A nulla vale tentare di restituire la verità delle cose, resta solo quel che è sostenuto con mezzi più forti. L’ideologia vince sulla realtà, la ragion politica sulla verità. L’organizzazione sistematica della non-verità, fino al capovolgimento dei fatti e delle responsabilità vince sulla verità: la fiction si insinua anche nella vita e nella comunicazione e risponde a scopi propagandistici, manipolazioni dei fatti. Il falso vale più del vero, anche perché è più duttile e dunque si adatta a chi lo indossa. Chi detiene l’egemonia ideologica dell’informazione ti può far passare per vittima o per censore, per eroe o asservito, indipendentemente dalla verità dei fatti. Se la verità non coincide con i loro interessi ideologici o materiali, tanto peggio per la verità.

Troppo spesso allontanata dai Palazzi, compresi quelli di giustizia, la verità non viene risarcita nelle piazze, nelle case e nei luoghi pubblici e privati della vita odierna; ma anche qui svanisce perché prevale nella quotidianità corrente la simulazione e la dissimulazione, l’apparenza e il travestimento, l’ipocrisia e lo sdoppiamento. Anche il senso comune alla lunga cede alle convenienze. Anzi non c’è un mondo comune, ognuno vede le cose dal suo punto di vista e di utilità. Soggettivismo puro e relativismo. Chi pensa che la fine della verità oggettiva e comune sia l’inizio della libertà e la garanzia della democrazia, rovescia la realtà: senza una verità condivisa e fondata sulla realtà, vince la verità del più forte, fino a che è più forte. Altro che libertà e diritti umani.
E’ il problema più urgente dei nostri anni: la perdita della verità. E la sua subordinazione ad altro: alla volontà di dominio, alla necessità del Fatturato, al primato del Piacere o, più modestamente, della Comodità, alla vittoria del Partito, dell’Apparato o dell’Azienda, comunque del Potere. Non riusciremo più a dialogare se continueremo a disattendere la verità; smetteremo di vivere con gli altri, di condividere sorte e lavoro, vita, amore e morte, se continueremo questa demolizione della verità a scopo d’utile individuale o di parte. E’ stata costruita negli anni la giustificazione scientifica per la perdita della verità: da tempo ormai ci insegnano sin dalle scuole che la verità non esiste; esiste l’interpretazione, l’opinione, il punto di vista. Non c’è una verità che valga per tutti e per sempre, la mia verità diverge dalla tua e muta col mutare del tempo; così relativizzata, la verità viene ridotta ad uso singolo e temporaneo, e quindi sottomessa prima allo sguardo e poi alla volontà del soggetto. Sembra ormai una verità acquisita e indiscutibile che non ci sia una verità oggettiva; ma non è così, credetemi.

C’è una sfera di cose incerte e opinabili ma c’è anche una sfera di cose chiare ed evidenti, senza le quali non riusciremmo a vivere e a comunicare; e nel mezzo c’è una processione infinita di realtà che si avvicinano alla verità, che si incamminano verso di lei. Per vivere, per dialogare, per avere un rapporto con gli altri e per stare al mondo, non possiamo partire che dalle cose certe e vere: la certezza di essere uomini e mortali, in primo luogo, e poi la certezza della nostra identità come ce la disdegna il corpo, l’origine, la provenienza, il luogo in cui siamo nati, le persone da cui proveniamo, il mondo. La certezza dell’esperienza passata, la certezza di aver pronunciato certe parole, di aver assunto certi impegni, di aver compiuto certe scelte: il nostro passato presenterà pure zone d’incertezza dovute alla labilità della memoria, agli inganni delle apparenze e alla opinabilità di alcune cose, ma è anche un luogo di verità e di realtà realmente accadute che non possiamo revocare o relativizzare. Certo è il richiamo della natura, la comune certezza di vedere le cose che vediamo, di sentire le cose che sentiamo. Certo è il presente. I sensi, gli affetti, i bisogni mostrano esperienze reali. Anche quando ci neghiamo alle verità della vita, ne siamo dentro, fino in fondo. Nascere, invecchiare, morire, creare, distruggere non sono illusioni o punti di vista.

Prima della libertà e della giustizia, prima del pluralismo e dei diritti, c’è il riconoscimento della verità. Non è vero che la verità uccida la libertà. I dispotismi del passato non nascevano nel nome della verità ma dall’arroganza soggettiva di chi pretendeva di identificarsi nella verità e decidere in suo nome sugli altri: nessuno incarna la verità, tutti siamo in varia misura dentro la verità, ma nessun essere umano è la verità. I dispotismi e i terrorismi non nascono nemmeno dalla pretesa di rappresentare la verità, ma al contrario dalla distorsione della verità e dalla sua sottomissione ad un Assoluto: il Partito, il Potere, l’Assoluto, la Classe, la Razza, il Paradiso in terra. In nome di una supremazia, la verità viene modificata e cancellata.
La verità attiene alla conoscenza e non alla potenza, è una ricerca e non un monopolio, è un fine e non è un mezzo, e dunque non può essere usata per colpire, ma per sapere. Oggi, dicevamo, viviamo tra pensiero debole e poteri forti: la verità è il suo contrario, un pensiero forte in un corpo fragile.

Carlisti… italiani

Condividi su:

Segnalazione del Centro Studi Federici

di don Francesco Ricossa

Nello scorso numero di Sodalitium abbiamo recensito molto positivamente il volume di Francesco Maurizio Di Giovine sugli Zuavi pontifici. Dello stesso autore, sempre con la prefazione del principe Sisto Enrico di Borbone, riceviamo una “Breve storia del Carlismo nella penisola italiana”. 
 
Avendo parlato in un’altra recensione di questo numero della “storia dei tradizionalisti”, intendendo con questo termine designare gli oppositori alle riforme del Vaticano II, possiamo qui aggiungere un capitoetto sul tradizionalismo legittimista, dalla Restaurazione ai giorni nostri, nella versione spagnola del Carlismo. 
 
Se la storia del tradizionalismo carlista e legittimista, anche in Italia, è storia condivisa dall’inizio del Carlismo (verso il 1830) fino alla Guerra di Spagna (1936-1939), tanto è vero che nella nostra biblioteca ben figurano la collezione completa della Voce della Verità e della Voce della Ragione (e questo malgrado le riserve sul tradizionalismo filosofico e religioso di quei tempi, inteso nel senso fideistico), non lo stesso si può dire dei nostri giorni. 
 
Ho vissuto personalmente il passaggio, descritto dall’autore che ne fu protagonista, nel seno del Fronte Monarchico Giovanile dalla monarchia liberale a quella tradizionale, sono stato abbonato e sostenitore dell’Alfiere, rivista tradizionalista napoletana, sono stato e sono fiero di esser stato amico di personaggi come Pino Tosca, o di aver conosciuto Elias de Tejada, ma non ho mai condiviso quel tradizionalismo che combatte, nei convegni storici, i liberali dell’Ottocento, e poi si dice in comunione coi liberali di oggi, quelli che hanno imposto la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ personæ, ad esempio. 
 
Il ricordo delle cerimonie di “beatificazione” di Carlo d’Asburgo e dei martiri spagnoli da parte di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI includono ad esempio una insanabile contraddizione. Mi viene alla mente come caso emblematico una fotografia pubblicata recentemente sui giornali in occasione della morte del principe Lillio Ruspoli, nella quale si vede il principe inginocchiato davanti a Benedetto XVI mentre due valletti in abito di corte donano a Ratzinger la bandiera degli Zuavi pontifici, mentre ripenso all’elogio che lo stesso Ratzinger ha fatto dei bersaglieri della Breccia di Porta Pia e alla fine del potere temporale del Papa. I modernisti odierni sono mille volte più ingiuriosi a Dio dei liberali di ieri, e noi dovremmo giustamente inveire contro dei nemici morti, e poi omaggiare quelli vivi? 
 
Fatte queste debite riserve, non posso che raccomandare il libro recensito, sempre ricco di informazioni e scritto con acribia, che aggiunge un tassello importante alla storia del tradizionalismo italiano. 
 
Un’ultima perplessità: nella quarta di copertina si legge: “La Spagna non conobbe la riforma protestante… La penisola italiana, al contrario, subì tutte le influenze della riforma protestante…”: Paolo IV, che di protestanti, alumbrados e marrani se ne intendeva, non sarebbe certo stato d’accordo, tanto più che le influenze protestanti in Italia venivano dallo “spagnolo” Juan de Valdès. Viva Filippo II, certo, ma ancor più: viva san Pio V! 
 
Francesco Maurizio Di Giovine, Breve storia del Carlismo nella penisola italiana, Solfanelli, 2022. 
 
 
Per cancellarsi dalla lista di distribuzione:

Della preminenza della Filosofia e Teologia Tomistica

Condividi su:

Segnalazione del Centro Studi Federici

Il primo comunicato dell’anno del Signore 2023 lo dedichiamo ai fondamenti del pensiero cattolico, con la segnalazione di un opuscolo di don Paolo de Töth sulla filosofia e teologia tomista.
Don Paolo De Töth, l’ultimo cattolico integrale della scuola antimodernista di san Pio X (morì nel 1965), scrisse questo testo contro coloro che voleva seppellire l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino.
L’opuscolo è stato pubblicato sul sito del “Centro Studi Paolo Paolo de Töth”, dedicato alla figura e alle battaglie del sacerdote, che fu anche il direttore della rivista antimodernista “Fede e Ragione”.
 
Titolo dell’opera: “Della preminenza, in sé e secondo le dichiarazioni dei Sommi Pontefici Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e Pio XI, della Filosofia e Teologia Tomistica, a proposito di un opuscolo su “La scolastica e i suoi compiti odierni”.
 
 
Per conoscere don Paolo De Töth:
 

In odium fidei: da Erode all’abortismo

Condividi su:

Segnalazione di Corrispondenza Romana

di  

Il 28 dicembre, la Chiesa Cattolica ricorda i Santi Martiri innocenti, i primogeniti uccisi, in odium fidei, dalla follia omicida di Erode che non poteva accettare la legittima regalità di Nostro Signore. Alla luce di questa ricorrenza, una riflessione su quanto accade oggi sembra necessaria: ci apprestiamo a chiudere l’anno 2022 e il sito Worldometers riporta più di 42 milioni di aborti compiuti, accingendosi a ri-azzerare il macabro conto degli innocenti distrutti, per poi ri-avviarlo dalla mezzanotte del 1° Gennaio con il solito ritmo di circa 2 innocenti al secondo uccisi nel mondo.

Oggigiorno, Erode non è più un caso eccezionale di malvagità, ma la regola per molti paesi sedicenti “civili” e “al passo coi tempi”, tristemente inclusa l’Italia, dove da ormai quasi 45 anni la famigerata 194 continua a causare una inconcepibile strage di innocenti (il prossimo tremendo anniversario, 22 maggio 2023, sarà proprio il 45° della promulgazione). Non bisogna però illudersi che tutto sia cominciato con la 194/78: il processo messo in atto dalle lobby abortiste per ribaltare il giudizio dell’opinione pubblica sull’aborto procurato era già in atto da tempo e, prima ancora della 194, esso aveva già raggiunto un traguardo fondamentale: si tratta della sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975 con cui, per la prima volta, si introduceva nel nostro ordinamento giuridico la possibilità di abortire anche per semplici motivi di “salute” della donna. Questa sentenza è l’antesignano dell’iniqua legge 194, nonché spartiacque decisivo per la legalizzazione dell’aborto nel nostro paese.

La Corte sfruttò a proprio vantaggio il caso di una donna milanese, Minella Carmosina, che nel 1972 fu penalmente perseguita in base all’art. 546 del Codice Penale (abrogato successivamente dalla 194 assieme a tutto il Titolo X – Dei delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe) che vietava l’aborto di donna consenziente con la reclusione da due a cinque anni. Il giudice del Tribunale di Milano sollevò questione incidentale di legittimità costituzionale di tale articolo in quanto puniva l’aborto di donna consenziente anche laddove fosse stata “accertata” la pericolosità della gravidanza per il benessere fisico o per l’equilibrio psichico della gestante. Infatti, all’epoca, l’aborto poteva essere eccezionalmente esente da provvedimenti penali solo per un pericolo graveassolutamente inevitabile e, soprattutto, attuale di danno per la madre (secondo il dettame dell’art. 54 c.p. sullo stato di necessità) e non a scopo medico per evitare che la donna incinta subisse aggravamenti di preesistenti alterazioni fisiche. L’atteggiamento del legislatore era tutt’altro che favorevole all’aborto, ma semplicemente egli, pur preservando lo sfavore per la pratica, non riteneva opportuno punire una donna già fortemente provata per la propria condizione e spinta ad abortire probabilmente più per disperazione che per convinzione. A differenza della legislazione successiva, l’impunibilità non implicava l’approvazione (né in quel caso specifico, né tantomeno tout court).

La sentenza del ’75 costituì un totale rovesciamento di paradigma, in quanto riuscì a dire che il concepito partecipa dei princìpi contenuti nella nostra Costituzione: «Ritiene la Corte che la tutela del concepito […] abbia fondamento costituzionale. L’art. 31, secondo comma, della Costituzione impone espressamente la “protezione della maternità” e, più in generale, l’art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito», salvo poi affermare: «E, tuttavia, questa premessa – che di per sé giustifica l’intervento del legislatore volto a prevedere sanzioni penali – va accompagnata dall’ulteriore considerazione che l’interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito può venire in collisione con altri beni che godano pur essi di tutela costituzionale e che, di conseguenza, la legge non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione. Ed è proprio in questo il vizio di legittimità costituzionale, che, ad avviso della Corte, inficia l’attuale disciplina penale dell’aborto». Concludendo: «La scriminante dell’art. 54 c.p. si fonda sul presupposto d’una equivalenza del bene offeso dal fatto dell’autore rispetto all’altro bene che col fatto stesso si vuole salvare. Ora non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare».

La Corte si avvalse di un ipocrita escamotage, impiegando un termine, quello di “persona”, assolutamente estraneo alla giurisprudenza – giacché la legge non ha mai parlato di uomini persone e uomini non persone – e di tenore filosofico, per giustificare la pratica dell’aborto non tanto per stato di necessità, ma per tutelare il bene della “salute psico-fisica” della donna (cosa che sarà poi ripresa a piè pari nella 194). A rigore, dunque, bisognerebbe datare la legalizzazione dell’aborto in Italia non al 1978, ma al 1975, analogamente a quanto avvenne negli Stati Uniti, dove l’aborto fu reso lecito, appena due anni prima, dalla famosa sentenza Roe v. Wade, ribaltata il 24 giugno scorso dalla maggioranza pro-life della Corte Suprema americana. Far memoria delle tattiche della Corte è necessario, dal momento che, indipendentemente dal Parlamento, essa può ancora riservare delle (brutte) sorprese sul tema della vita umana innocente.

Strenne natalizie: il n. 73 della rivista Sodalitium

Condividi su:

Segnalazioni del Centro Studi Federici

Sodalitium n.73, dicembre 2022
Editoriale
 
Cari lettori, ci avviciniamo ormai al nuovo anno, anche se spero che questo nuovo numero di Sodalitium giungerà nelle vostre case prima del Santo Natale (non ci giurerei!). Abbiamo pensato di dedicare il nostro calendario bilingue per l’anno 2023 al papa Leone XIII, che morì nel 1903, e a cui successe sul trono di Pietro san Pio X.
 
Nel 2023 ricorrerà un altro anniversario, che riguarda più da vicino la nostra rivista: era il Natale del 1983 quando uscì il suo primo numero, per cui ci avviciniamo al quarantennale del nostro bollettino. Durante tutti questi anni, abbiamo constatato, purtroppo, il continuo aggravarsi della situazione nella Chiesa e nella società: la rivoluzione avanza, anche grazie al modernismo, il traditore della Chiesa. Abbiamo però anche vissuto e condiviso con voi tanti momenti di grazia – che forse non fanno rumore, ma che certamente hanno un maggior valore rispetto al male che ci circonda. Alcuni di voi mi hanno confidato che la prima rubrica che leggono nel bollettino è la “vita dell’Istituto”, e in fondo questo non mi dispiace, perché, al di là dell’elenco (che può sembrare freddo) di nomi, date e avvenimenti, vi è in realtà la traccia di tante grazie e dell’azione sovrannaturale di Dio nelle anime. 
 
Questo numero è un po’ particolare. Avevo promesso la pubblicazione di una risposta alla serie di 15 puntate di un confratello contro mons. Benigni e i cattolici integrali, e di questo studio avevo dato anche il sommario (provvisorio). Al di là del motivo occasionale dell’articolo, avevo colto la possibilità di tracciare un panorama dei primi trent’anni del Novecento nella storia della Chiesa, quando si posero le basi remote della crisi conciliare che mina la Chiesa dall’interno, portando tante anime alla rovina. Il lavoro, già corposo allora, è diventato ancora più impegnativo, per cui era proprio impossibile pubblicarlo in questo numero di Sodalitium. Mi riservo quindi di pubblicarlo a parte, o in un libro, o in un numero speciale della rivista interamente dedicato alla “difesa di mons. Benigni”.
 
Non mancano però anche nel presente numero di Sodalitium gli articoli sulla storia della Chiesa: uno più legato alla crisi attuale, di don Giugni, dedicato alla figura di Paolo VI; un altro di don Steenbergen per l’anniversario di papa Adriano VI, suo connazionale, che fu eletto nel 1522 e morì nel 1523, ultimo Papa (legittimo) non italiano, che sedette sulla Sede di Pietro in un periodo come il presente burrascoso e terribile per la Chiesa. Don Carandino nelle sue recensioni continua a presentarci la vita di tanti Santi piemontesi, e in questo numero ci presenta anche la vita religiosa com’è vissuta dai frati del nostro Istituto. Sodalitium annovera poi un nuovo collaboratore nella persona di don Coradello, che riceverà a Dio piacendo, l’ordinazione sacerdotale nel corso del 2023, ricordando il grande tesoro del Sacrificio della Messa e il modo di assistervi.
 
Spero che anche questo numero potrà essere di aiuto alle vostre anime e di sostegno alla vostra Fede, minacciata da tanti pericoli. La preparazione al Natale, la bella e cara festività della nascita del Signore, le feste che seguiranno fino all’Epifania, ci ricordano il cuore della nostra Fede cristiana: il mistero dell’Incarnazione, mistero al quale è inseparabilmente unita la Vergine Santissima, alla quale raccomando ciascuno di voi e le vostre famiglie.
 
Nella festa di Cristo Re
don Francesco Ricossa
 
 
 

Sopravvivere alla volontà di annientamento del sistema statunitense

Condividi su:

di Maurizio Murelli

Fonte: Maurizio Murelli

Non serve sprecare energie per controbattere alle deliranti argomentazioni di chi sta dalla  parte della “causa ucraina”, argomentazioni portate avanti tanto da agitatori palesemente disturbati condizionati da aberranti contorcimenti ideologici o da individui intossicati dalla propaganda atlantista che sguazzano nell’ignoranza più assoluta: tanto gli uni che gli altri reagiscono istericamente con la bava alla bocca insultando, mostrificando e stravolgendo la realtà dei fatti. Lasciamoli perdere e che si consumino nel loro nefasto liquame in ebollizione e cerchiamo di mantenere freddo distacco rispetto alle loro performance.
Serve invece impegnarsi per chiarificare con dati oggettivi l’evolversi  della “meta-guerra planetaria” rispetto alla quale quanto accade in Ucraina è da considerarsi una battaglia e, estremizzando, così pure la Prima quanto e Seconda guerra mondiale, anch’esse da ritenersi gigantesche battaglie se si considera il fatto che hanno avuto il loro fondamentale epicentro nel perimetro Europeo e, soprattutto, sono state “tappe” per la realizzazione di un preciso ordine mondiale il cui disegno complessivo si evidenzia con quanto imposto nel Trattato di Versailles (1919). Poco importa stabilire se il progetto sia stato chiaro e definito nei dettagli fin dall’inizio e si deva risalire fin alla Rivoluzione Francese per rintracciarne i semi (tesi complottista) o se il progetto si è implementato (sviluppato) cammin facendo. Sta di fatto che la Prima Guerra Mondiale ha gettato le basi per la Seconda e consentito agli USA di impiantare le proprie malefiche radici in Europa; la SGM ha posto le basi per le battaglie successive fino a giungere a quella che ha attualmente epicentro in Ucraina. Ovviamente questa chiave di lettura avrebbe necessità di essere ben esposta e supportata co appropriate esposizioni, ma questa non è la sede adatta – necessiterebbe uno scritto chilometrico. Mi limiterò dunque a porre un paio di sintetici tasselli esplicativi.
La realizzazione dell’Ordine Mondiale variamente concepito dagli USA ha la necessità di disintegrare la Russia indipendentemente dal sistema politico che lo regge. La questione non è chi governa la Russia, se lo Zar, il comunista Stalin, il semiliberale Putin o anche Topolino: la questione è la Russia in quanto tale perché la sua esistenza come entità statale è posseditrice di gigantesche materie primarie è ostacolo alla realizzazione dell’Ordine Mondiale unipolare. Dal 24 febbraio ci si è concentrati a mettere in evidenza quanto fatto dagli atlantisti in Serbia, Kosovo, Iraq, Siria, Libia etc. dando l’idea che l’attuale fase sia stata innescata con l’implosione dell’URSS, ma se si vuole supportare la tesi sopra esposta, bisogna fare alcuni passi in dietro, andando ben oltre l’ingordigia imperialista palesatasi nel 1990. Il primo passo da farsi ci porta nella seconda metà degli anni Quaranta primi anni Cinquanta.
Nel 1949 la SGM era terminata da appena 4 anni e alla Russia, alleata con gli USA contro la Germania, era costata 20 milioni di morti e una imponente devastazione; senza la Russia gli angloamericani avrebbero avuto poche possibilità di vincere, almeno non prima del 1945, quando avrebbero potuto far conto sulla bomba atomica poi impiegata in Giappone e dunque desertificate l’Europa. In quell’anno, il 3 dicembre 1949, gli USA concepirono un piano per regolare i conti con quello che era stato il suo alleato. Si tratta del “Piano Trojan” per l’invasione dell’Unione Sovietica, insieme all’alleato britannico.
Il piano prevedeva il lancio di 300 bombe atomiche e 20.000 bombe ordinarie su 100 città dell’URSS. Pertanto furono programmati 6.000 voli. L’inizio dell’invasione era prevista per il 1 gennaio 1950, ma in seguito fu posticipata al 1 gennaio 1957, assieme a tutti i paesi della NATO. La NATO era stata fondata nell’aprile del 1949 ma aveva bisogno di essere rodata e ben organizzata per diventare operativa. GLI USA ritennero fosse meglio che l’operazione venisse targata NATO piuttosto che solo USA, questa la ragione del posticipo dell’operazione.
Nel 1952, il presidente degli Stati Uniti Harry Truman disse:« Rimuoveremo dalla faccia della terra tutti i porti e le città che devono essere distrutti per raggiungere i nostri obiettivi». Vi devo specificare quali erano e sono i loro obbiettivi?
La ragione per la quale il piano non prese corpo è semplice: nei primi anni Cinquanta la Russia era diventata a sua volta una potenza atomica in grado di colpire con i suoi missili il territorio USA. In attesa del ritorno alla “guerra calda” si aprì l’epoca della “guerra fredda” terminata nel 1990 con l’avvento della “guerra tiepida” per arrivare ad oggi con l’accensione del “fornello ucraino” che ha in prospettiva l’opzione “guerra surriscaldata”.
Allo stato dell’arte gli USA hanno conseguito un primo obiettivo: devastazione dell’Europa ancorata al gorgo ucraino che progressivamente la sta inghiottendo. Il secondo, la disintegrazione della Russia è l’allettante prospettiva.
Allora non si tratta di “stare con la Russia” perché irrazionalmente filorussi. Possiamo qui divagare su cosa è la Russia e divagare sui concetti di civiltà e sistemi politici, ma il punto principale è come posizionarsi da europei, quindi sottrarsi dall’abisso verso il quale gli USA stanno spingendo l’Europa. E per fare questo è imprescindibile schierarsi a fianco della Federazione russa contro lo schieramento atlantista impegnato in Ucraina dove, prima di tutto, è in corso una guerra civile tra la parte ovest occidentalizzata e la parte est che non accetta l’occidentalizzazione. La guerra civile è un fatto interno all’Ucraina, il mascherato posizionamento della NATO con tutto il suo supporto è una questione che riguarda noi europei, noi italiani. La disintegrazione della Russi pone irrimediabilmente una pietra tombale sull’Europa lasciandoci in balia della UE che è la marionetta USA. Tutto questo è quel che deve essere chiaro e opposto ai gioppini atlantici qualsiasi vestito ideologico calzino. Tutto questo dovrebbe portarci a dire che non è la una pace o tregua in Ucraina che risolverà la questione. Pace e tregua servono solo a permettere all’atlantismo di riorganizzarsi. Una volta per tutte il “Grande Conflitto”, la “Grande guerra planetaria” deve essere risolta con un vinto e un vincitore. E se come europei e italiani dobbiamo essere tra i vinti ce ne faremo una ragione ben sapendo che comunque prima o poi l’intero sistema imploderà… magari tra un secolo, perché questo sistema imperante è disumano e l’umano non lo può reggere: o lo disintegra o scompare. E per intanto, ognuno nella sua trincea di competenza, si continua a battersi cosicché, per quanto riguarda le armi, quelle italiane, quelle dei veri nazionalisti italiani, passi almeno l’idea che esse dovrebbero essere date al fronte dell’Est. Il vortice ucraino va chiuso.
Chiarito questo poi possiamo affrontare tutti gli altri argomenti a cominciare da quello teorico dell’multipolarismo da opporre all’unipolarismo, della contrapposizione tra concezioni di Civiltà e sistemi politici pere finire sui terreni dell’economia, della finanza, del liberisimo, della geoenergia e quant’altro. Prima di tutti sopravvivere alla volontà di annientamento del sistema USA.

 

1 2 3 4 5 6 22