L’invalidità delle consacrazioni episcopali post-conciliari

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di Matteo Castagna

Si parla di un problema reale, sottovalutato o incompreso in gran parte del mondo della cosiddetta tradizione, perché particolarmente scomodo, e neppure valutato in altri ambienti. Purtroppo, la DRASTICA RIDUZIONE DELLA VISIBILITA’ DELLA CHIESA comporta riti invalidi, poche vere Messe offerte nel mondo, e pochi cattolici realmente tali. Il teologo recentemente scomparso, don Anthony Cekada ha realizzato un panphlet, in cui con linguaggio chiaro e paragoni logici, spiega l’invalidità delle consacrazioni episcopali riformate nello spirito e nelle formule nel 1968, che comportano l’invalidità delle ordinazioni sacerdotali. L’autore del testo qui sotto aggiunge una parte finale dedicata alla Tesi di Cassiciacum, cui noi non aderiamo. Il Magistero Perenne della Chiesa e le spiegazioni di don Cekada appaiono sufficienti a riconoscere quanto risulta evidente nei fatti.

Segnalazione del Centro Studi Federici

Del tutto invalido e assolutamente nullo. Il rito di consacrazione episcopale del 1968 
 
Il Centro librario Sodalitium ha già in passato pubblicato in italiano le opere di don Cekada (Non si prega più come prima e Frutto del lavoro dell’uomo) e adesso presenta in un opuscolo, questi due articoli (risalenti al 2006 e 2007) sulla questione dei nuovi riti di ordinazione. Don Cekada, scomparso nel 2020, si è sempre interessato alle questioni liturgiche e già nel 1981 scrisse un articolo in The Roman Catholic sul49 l’invalidità del nuovo rito di ordinazione sacerdotale. Questo portò poi, dopo varie vicissitudini, nel 1983 all’uscita dalla Fraternità dei “nine bad priests” (i nove cattivi preti, come vennero chiamati). Si può quindi dire con verità che la questione dell’invalidità degli ordini sacri secondo il nuovo rito, ha interessato il nostro autore fin dal principio del suo ministero sacerdotale. 
Questa questione è estremamente importante poiché ha delle conseguenze dottrinali e pratiche che toccano la vita spirituale e la salvezza eterna dei cattolici: se infatti un prete o vescovo non è validamente ordinato ne consegue che i sacramenti che amministra sono per la maggior parte invalidi. In questi due articoli il nostro confratello americano affronta unicamente la questione della validità della nuova formula della consacrazione episcopale, che è il gradino più alto del sacramento dell’Ordine. Nel primo articolo spiega perché la nuova formula è da considerarsi invalida e nel secondo risponde ad alcune obiezioni che gli sono state fatte dopo la pubblicazione del primo articolo. Pio XII, nel 1947, con costituzione apostolica Sacramentum ordinis, per fugare ogni dubbio, aveva definito che era necessaria, per la validità del sacramento, solo l’imposizione delle mani ed il prefazio, e non più la “tradizione degli strumenti”. Questa definizione aprirà poi purtroppo la strada (non per volontà di Pio XII ma dei novatori che sono venuti dopo) con la riforma liturgica a seguito del Concilio Vaticano II, all’abolizione della consegna degli strumenti e poi degli stessi ordini minori che nel rito di conferimento hanno appunto come materia e forma la sola tradizione degli strumenti. Questo spiega perché don Cekada nel suo studio analizzi unicamente la questione della invalidità della nuova formula di consacrazione episcopale dimostrando che essa non ha niente a che vedere con le formule (valide) degli Orientali e che le sue parole non esprimono adeguatamente il potere episcopale che viene conferito, concludendo così alla assoluta invalidità e nullità del rito di Paolo VI. 
Sarebbe interessante uno studio accurato su tutto il nuovo rito di ordinazione con tutte le preghiere e i riti che lo compongono e non soltanto limitato alla forma, poiché le orazioni e i riti che stanno intorno significano a volte e specificano le formule stesse. 
Padre Guérard des Lauriers non ha trattato direttamente la questione dell’invalidità dei nuovi riti di ordinazione mentre ha invece trattato ampiamente la questione dell’invalidità del NOM (Novus Ordo Missæ), prima nel Breve esame critico del NOM e poi nello studio Réflexion sur le Novus Ordo Missæ (pubblicato in francese dal nostro Centro Librario nel 2019) che non ebbe il tempo di completare, ma si può dire che la questione è da lui abbordata indirettamente e per analogia con la nuova messa. Nel B.E.C. scriveva: «Le parole della Consacrazione, quali sono inserite nel contesto del Novus Ordo, (…) possono non esserlo [valide] perché non lo sono più ex vi verborum o più precisamente in virtù del modus significandi che avevano finora nella Messa», quindi un cambiamento della forma che ne mutasse il senso la renderebbe invalida (come insegna la rubrica del Messale Romano). Questo principio può essere applicato per analogia anche al nuovo rito di ordinazione episcopale di cui trattano i presenti due articoli di don Cekada. Però padre Guérard concludeva, nei suoi studi, non con la certezza dell’invalidità di diritto del N.O.M. ma con il dubbio sulla sua validità [il N.O.M. è dubbiosamente valido], il che comporta nella prassi che esso sia da ritenersi invalido quindi assolutamente 50 nullo (poiché per la validità dei sacramenti bisogna essere tuzioristi). 
Era poi l’argomento “en sagesse” cioè dall’alto, che risolveva definitivamente la questione concludendo alla nullità di fatto della Nuova Messa e per analogia, potremmo dire delle nuove formule di ordinazione. Don Bernard Lucien, presentando lo studio di padre Guérard sul N.O.M., scriveva così: «Il N.O.M. e i suoi effetti, ora manifestati a tutti gli osservatori hanno una causa: l’intenzione che ne è all’origine. Padre Guérard mostra che tramite questa via, con tutti i dati che possediamo su Paolo VI, possiamo ottenere una certezza oggettiva della non-validità del N.O.M. (e non più soltanto una certezza soggettiva che porta sull’utilizzo del N.O.M.) [e qui per analogia possiamo dire la stessa cosa per i nuovi riti di ordinazione] (…). Padre Guérard studia in dettaglio il caso di Paolo VI, partendo dall’osservazione dei suoi atti. Prova che ciò che succedeva sotto questo Pontificato, e che il Papa sembrava disapprovare, in realtà lo voleva. Da questa osservazione ben chiara derivano la non consistenza di questa (pseudo-) autorità e la non-validità del N.O.M. [e sempre per analogia dei nuovi riti di ordinazione]: non-validità fondata, insieme, sull’identità tra l’intenzione del papa e ciò che oggettivamente è significato (il N.O.M. è equivoco) e sull’inesistenza di una promulgazione autentica che avrebbe garantito questi riti con l’infallibilità del Magistero ordinario» (GUÉRARD DES LAURIERS, Réflexion sur le Novus Ordo Missæ, ed C.L.S. Verrua Savoia 2019, Prefazione pag. XII). 
Ecco quindi l’argomento ex sapientia; dall’alto, la mancanza di autorità in Paolo VI, e la spiegazione della Tesi di Cassiciacum, illuminano e chiarificano definitivamente il problema dell’invalidità del N.O.M. e dei nuovi riti di ordinazione. Questo argomento completa quindi, a nostro avviso, con saggezza l’interessante analisi della nuova formula di ordinazione che don Antony Cekada presenta con la sua abituale competenza e facilità divulgativa in questi due articoli. 
Possa la lettura di questo libretto illuminare le menti di molti fedeli – e dei sacerdoti in particolare – sulla gravità della situazione in cui si trova la Chiesa a causa delle riforme che sono state fatte in seguito al Concilio Vaticano II e che rendono invalidi e nulli la maggior parte dei sacramenti amministrati con il nuovo rito di Paolo VI (si salvano, se correttamente amministrati, il battesimo e il matrimonio). 
don Ugolino Giugni 
 
Anthony Cekada, Del tutto invalido e assolutamente nullo. Il rito di consacrazione episcopale del 1968. Gli ordini sacri secondo il nuovo rito di Paolo VI sono validi? C.L.S. Verrua Savoia 2021, pagg. 68, € 6,00.
 
 
 

I.M.B.C.: I video delle conferenze contro il ’68 di don Francesco Ricossa

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Risultati immagini per contro il 68

Segnalazione del Centro Studi Federici

Modena, 20/10/2018, XIII giornata per la regalità sociale di Cristo, seminario di studi: “Non serviam: il ’68 contro il principio dell’autorità”.
 
Le basi del nuovo diritto di famiglia: contro l’autorità del padre
 
Humanae vitae e contraccezione: la desistenza dell’autorità” I parte
 
Humanae vitae e contraccezione: la desistenza dell’autorità” II parte
 

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I.M.B.C., Modena, 20/10/2018: per Cristo Re contro il ’68

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Risultati immagini per convegno di Modena IMBCQuest’anno parteciperanno alcuni sostenitori del nostro Circolo “Christus Rex – Traditio”

Segnalazione del Centro Studi Federici

Si invitano gli interessati a iscriversi al più presto al pranzo. Grazie.
 
Sabato 20 ottobre 2018, presso il salone delle conferenze del “Ristorante Vinicio” a Modena, in Via Emilia Est n. 1526, fraz. Fossalta, 
la rivista “Sodalitum” e il Centro Studi “Giuseppe Federici” presentano la XIII GIORNATA PER LA REGALITÀ SOCIALE DI CRISTO, col seminario di studi:
 “NON SERVIAM: IL ’68 CONTRO IL PRINCIPIO DELL’AUTORITÀ”.
Vi sarà un’esposizione di libri e oggettistica a cura di case editrici e associazioni culturali.
 
Programma della giornata:
– ore 10,30 caffè di benvenuto.
– ore 11,00 recita del “Veni Sancte Spiritus”, presentazione della giornata e apertura dell’esposizione.
– ore 11,15 prima lezione: “LE BASI DEL NUOVO DIRITTO DI FAMIGLIA: CONTRO L’AUTORITÀ DEL PADRE”.
– ore 12,15 pausa per il pranzo.
– ore 15,00 seconda lezione: “’HUMANAE VITAE E CONTRACCEZIONE: LA DESISTENZA DELL’AUTORITÀ”.
– ore 16,00 pausa.
– ore 16,30 terza lezione: “IL VATICANO II ANTICIPAZIONE DEL ’68: LA QUESTIONE DELL’AUTORITÀ NELLA CHIESA”.
– ore 17,30 conclusione della giornata con il canto del “Christus Vincit”.
 
Le lezioni saranno tenute da don Francesco Ricossa, direttore della rivista “Sodalitium”.
L’ingresso al seminario di studi e all’esposizione è libero. Non è permessa la distribuzione di materiale informativo da parte di associazioni non accreditate con l’organizzazione.
La quota per il pranzo (che comprende anche la colazione del mattino e le bevande della pausa del pomeriggio) è di 30,00 euro a persona. E’ necessario iscriversi al pranzo entro giovedì 16 ottobre 2018 presso il Centro Studi Giuseppe Federici.

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Berlusconi ha realizzato il sessantotto?

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di Roberto Pecchioli

Berlusconi ha realizzato il  sessantotto?

Fonte: Ereticamente

Le piccole librerie e i bouquinistes di strada sono preziosi. Da loro si riescono a trovare vecchie edizioni, libri che si credevano esauriti, autori e testi dei piccoli editori, presidio di libertà. Visitando una libreria nel centro storico di una piccola città ci siamo imbattuti in un libriccino di poche pagine scritto nel 2011 dal filosofo e storico dell’arte Mario Perniola, scomparso recentemente. Intrigante il titolo, interessante il testo che si legge d’un fiato: Berlusconi o il ’68 realizzato…

La tesi dell’intellettuale astigiano è che il Cavaliere sarebbe la prova del successo della rivoluzione antropologica innescata dalle idee, parigine e californiane, del 1968. Strano davvero che le posizioni eterodosse di pochi pensatori considerati reazionari, insieme con voci potenti ma isolate tacciate di “rossobrunismo” (Costanzo Preve) vengano in qualche modo accolte, o almeno rivisitate, da un figura come quella di Perniola. Già estremista di sinistra, vicino all’Internazionale Situazionista in gioventù sino all’amicizia personale con Guy Debord, successivamente storico e filosofo dell’arte su posizioni assai critiche della post modernità, nemico del “pensiero debole”, protagonista di accese polemiche con Gianni Vattimo, presenta una tesi sorprendente e non priva di un certo fascino. Il cavaliere di Arcore sarebbe, nella visione dell’allievo di Luigi Pareyson, colui che ha realizzato quanto il Sessantotto aveva sostenuto.

Da insider del movimento (Perniola nacque nel 1941 e cominciò a intervenire nel dibattito culturale a metà degli anni 60) egli scorge nella figura di Berlusconi “quella volontà di potenza, quel trionfalismo farneticante, quella estrema volontà di destabilizzare tutta la società di cui il Sessantotto fu pervaso. Fine del lavoro e della famiglia, descolarizzazione, distruzione dell’università, deregolamentazione della sessualità, contro-cultura, e discredito delle competenze mediche e crollo delle strutture sanitarie, ostilità nei confronti delle istituzioni giudiziarie considerate come repressive, vitalismo giovanilistico, trionfo della comunicazione massmediatica, oblio della storie e presentismo spontaneistico, tutto ciò è ormai diventato realtà.” Continua a leggere

«Maggio ’68» e modernismo pedagogico

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Segnalazione di Corrispondenza Romana

di Giovanni Tortelli

Nel precedente articolo «Maggio ‘68», la rivoluzione del nulla insistevo sull’essenzialità del carattere di rivoluzione culturale della contestazione del ’68 in quanto veicolo di un nuovo impianto totalizzante di conoscenza che si sostituiva in modo repentino, antitetico e manifesto a quello precedente.

Il pensiero nullificante di Sartre e dei nouveaux philosophes – che costituiva chiaramente l’arché entro la quale si muoveva tutto il preteso rinnovamento pedagogico della contestazione studentesca – era attualissimo nel 1968, ma non era altro che l’ultima versione aggiornata di quella filosofia postmoderna che da Kant in poi, a partire dalla rivoluzione francese, aveva chiuso all’uomo le porte della vita soprannaturale, aveva ridotto la religione a un fatto tutt’al più personale e ridimensionato la Chiesa nei suoi valori e nel suo magistero universale.

Ma per la Chiesa – la quale, va ricordato, esercita la sua azione educativa sia nelle scuole della società civile attraverso accordi presi con gli Stati, sia direttamente attraverso le scuole cattoliche – quel pensiero filosofico scettico, ateo e agnostico era da considerarsi un pericolo tutto sommato meno insidioso, perché esterno, rispetto al modernismo, che invece vi covava dentro e si insinuava sia nel metodo di insegnamento dei maestri cattolici che nel modo di apprendimento dei discepoli cattolici, futura classe docente. Continua a leggere

La sinistra ridotta a pensiero unico delle élites

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di Carlo Freccero

La sinistra ridotta a pensiero unico delle élites

L’AUTOCRITICA DI CERTA SINISTRA (N.D.R.)

Fonte: Il Manifesto

La sinistra è oggi in crisi e si chiede come potrebbe parlare ai nuovi populismi per ricondurli nei binari di una democrazia elitaria che assomiglia più ad un’oligarchia che ad una democrazia in senso proprio.

Viceversa, anche quando dice di voler ascoltare il malessere di cui i populismi sono espressione, la sinistra si trincera nei luoghi comuni del politicamente corretto. Mentre, secondo me, basterebbe un’autoanalisi oggettiva per capire le cose da un’altra angolazione. La domanda è cos’è oggi la sinistra e cos’era una volta la sinistra? Perché c’è stato un così radicale cambiamento? So già la risposta. Ci sbagliavamo. E se ci sbagliassimo adesso?

In ogni caso riflettere su cosa sia stata la sinistra alle sue origini, contiene già la risposta al problema del populismo oggi.

Prima il populismo di destra non c’era perché molte delle istanze del populismo di oggi erano a sinistra. E la crescita dei diritti del popolo non era considerata reazionaria, ma progressista.

La grande frattura a sinistra inizia con la cosiddetta terza via e la resa completa dai progressisti nei confronti del neoliberismo. Da allora siamo immersi nel pensiero unico tanto da aver perso la memoria di noi stessi. Continua a leggere

Radical-chic e ignoranti-pop

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di Marcello Veneziani

Lunedì scorso è morto in America Tom Wolfe e io vorrei dire qualcosa sui radical chic, di cui lui fu scopritore e brillante stroncatore. Li critico anch’io da quando li conobbi, lessi da ragazzo il libro di Wolfe contro di loro che aveva pubblicato Alfredo Cattabiani nel ’73 da Rusconi. Anzi, prima dei radical-chic conobbi il loro antenato, lo snob di cui sparlava Panfilo Gentile, notando che snob sta per sine nobilitate, finto nobile che si atteggia a tale. Oltre che supponenti, i radical chic e gli snob diventano detestabili quando si fanno intolleranti verso chi non appartiene alla loro razza.

Ma non mi piace per nulla neanche il loro rovescio, la rozza ignoranza pop. Quella di chi detesta ogni lettura e disprezza tutto ciò che odora d’arte, pensiero e cultura, quella di chi spara giudizi sprezzanti quanto dementi in rete senza capire, senza sapere; quella di chi odia il mondo ed erutta e scoreggia contro l’universo e ogni grandezza nel nome della libertà e dei diritti. Quella di chi soffre d’invidia egualitaria, vuol far patire chi sta meglio di loro e far loro confiscare quel che hanno meritato e conquistato. Insomma quelli che fanno valere la loro ignoranza enciclopedica come un diritto e una virtù. A volte è gente anche di destra, anche se di solito l’homunculus-tipo è al di sotto della destra e della sinistra. Non saprei dire quale sia peggio tra i radical-chic e i cafonal-pop. O meglio, saprei: i peggiori sono quelli che fanno ricadere sugli altri la loro spocchia o la loro ignoranza. Continua a leggere