Bankitalia choc: “Il prezzo dell’energia deve aumentare per la transizione green”

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Il catechismo green

Le parole del governatore e del dg di Banca d’Italia: in nome dell’ambiente devono crescere i costi dei cittadini

di Matteo Milanesi

Se dovessimo indicare la religione del nostro tempo, i cui dogmi non possono mai essere discussi e smentiti, faremmo riferimento, senza alcun dubbio, al fondamentalismo climatico. Ecolatria, ossessioni apocalittiche, previsioni sulla fine del mondo: questo e molto altro rappresenta l’altra faccia dell’ecologismo, quello che, in modo efficace, il giornalista Giulio Meotti ha riassunto con la formula “Il Dio Verde”.

In nome del climatismo, tutto può essere sostituito e abbattuto: meno smog, meno industria, meno circolazione a motore. Insomma, meno tutto. Per ultimo, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha deciso che i diesel euro 4 e 5 non potranno più circolare nell’Area B di Milano, se non rispettando un limite massimo di chilometri percorribili. Più di mezzo milione di auto soffriranno l’impatto di questa misura: si tratta di lavoratori che non potranno più entrare in città, proprio in nome del conclamato rispetto ambientale. Non importa se, ogni mattina, i cittadini debbano percorrere chilometri e chilometri per raggiungere il posto di lavoro. No, non importa: tutto deve essere subordinato all’intoccabile “Dio Verde”.

“Sì all’aumento dei prezzi”

Di questo avviso sono anche il governatore Ignazio Visco ed il dg di Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini. Per il primo, l’attuale aumento dei prezzi, causa crisi inflattiva ed energetica, sarebbe uno straordinario incentivo per la transizione: “Viviamo in momenti difficilissimi, con rischi di razionamenti, ma non dobbiamo perdere la loro utilità ad accelerare la transizione energetica”. Basta carbone o fossili, ben vengano solo le rinnovabili, indipendentemente dalle esigenze materiali dell’economia, delle imprese, delle famiglie. Ma soprattutto, indipendentemente dal fatto che la Cina, ovvero il principale pericolo alla democrazia ed alla globalizzazione mondiale, sia la prima produttrice di carbone a livello globale, con oltre il 50 per cento della produzione totale. Insomma, noi siamo ecologici – con conseguente danno economico – mentre il nostro principale competitor rimane tutt’altro che sostenibile. Due pesi e due misure.

A ciò, si aggiungono le parole del dg Signorini, il quale ha espresso il proprio consenso alle misure attuate dal governo, proprio perché sarebbero una straordinaria opportunità affinché “i prezzi crescano per raggiungere i nostri obiettivi di lungo termine della transizione climatica”. Insomma, nonostante 2 milioni di famiglie italiane vivano sotto la soglia di povertà, a cui si affiancano quasi 6 milioni di cittadini nelle stesse condizioni, per i vertici di Banca d’Italia, l’aumento dei prezzi sarebbe una vera e propria grazia climatistica.

Crisi economica

Il calo del Pil, dopo il primo anno di pandemia da Covid-19, ha sfiorato la mastodontica cifra del 9 per cento; pochi giorni fa, Confindustria ha ribadito come la crescita del 2023 sarà pari a zero, fino ad arrivare ad una percentuale inflattiva record – oggi al 9 per cento, mai così alta dal 1983 – che sarà destinata a crescere inesorabilmente. Tutto ciò è subordinato alla religione ambientale: “Meglio concentrare le limitate risorse di bilancio pubblico disponibili sulle famiglie più colpite, sugli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica”, ha concluso Signorini. Non c’è spazio per aziende, privati oppure per uno choc fiscale che possa risollevare il potere d’acquisto degli italiani.

Dalla nostra umiltà, desidereremmo offrire un consiglio assolutamente gratuito: perché non stanziare gli oltre 40 miliardi, che l’Italia attualmente spende in sussidi, direttamente per una radicale riduzione di tasse? Si tratterebbe, peraltro, di una cifra che il nostro Paese non ha mai conosciuto per applicare una misura di sani principi liberisti. Inoltre, significherebbe eliminare anche tutte le imposizioni fiscali verdi, cosa che non piacerebbe ai vertici di Banca d’Italia. Ma, si sa, questa è la principale differenza tra liberali e socialisti. E i primi non hanno mai primeggiato.

Matteo Milanesi, 11 ottobre 2022

Fonte: https://www.nicolaporro.it/bankitalia-choc-il-prezzo-dellenergia-deve-aumentare-per-la-transizione-green/

Una Cappa ci impedisce di pensare

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QUINTA COLONNA

Ci si sente come don Abbondio, un “[…] vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro […], ma in questo secolo non si parla più di bravacci, di soprusi tangibili, chiaramente additabili, bensì di un clima impalpabile che permea tutto e se ne impossessa subdolamente, una brodaglia di mainstream e di politically correct che monitora attentamente che cosa sia giusto dire, fare. Non è semplice comprendere il contesto e sembra quasi che il nostro obiettivo sia ormai solo quello di ammaccarci il meno possibile e arrivare indenni alla fine della storia.

È il principio della rana bollita di Chomsky e, in fondo, ne siamo tutti consapevoli, d’altronde è così piacevolmente tiepido questo consoChomsky, rana bollita, salute, involucro, spirito, libertà, pensiero liberommé che non vale la pena scalpitare più di tanto e deglutire. Che qualcuno si prenda la responsabilità, di grazia!  Non io che non posso, ho troppo o nulla da perdere.

Marcello Veneziani ne La Cappa, suo ultimo saggio, lo fa, si prende questa responsabilità e da libero pensatore ci aiuta a osservare il presente: “Una Cappa ci opprime, la sua densità ci impedisce di vedere oltre, di leggere dentro. […] Esiste solo ciò che è dentro, tutto è inglobato, e chi vorrebbe esserne fuori, alla fine viene fatto fuori; non espulso, ma evacuato, e non in un altrove, ma nel vuoto dell’inesistenza, cancellato. La nuova inquisizione censura e corregge”.

Le fasi acute della pandemia ci hanno obnubilato, ma la cappa non è solo pandemica. C’era già prima, ma, come Proteo, si adatta ai tempi, alle paure del momento, chiude i cuori e le menti servendosi di elementi nuovi. È un’impalpabile e moderata condizione che brutalmente non permette l’oppure, l’alternativa “Eppure la vita, l’intelligenza, la libertà nascono proprio dalla possibilità d’alternativa. L’intelligenza è la spada che salva o almeno perfora la Cappa asfissiante”.

Si parla di ambiente non di Natura

Grandi temi etici e sociali sono stati delineati proprio escludendo a priori idee alternative; pensiamo all’ambiente, una definizione asettica, neutra, pulita dal terriccio, che prescinde dalla Natura intesa nella sua completezza: “Perché si parla di ambiente anziché di Natura? La Natura è la realtà che noi non abbiamo creato ma che abbiamo trovato, e non dipende da noi. La Natura è un nome antico, originario che comprende con il pianeta tutti i suoi abitanti, compresi noi umani e in quanto tali ci troviamo di fronte alla malattia, alla guerra, a fare i conti con la morte, con quel mistero che abbiamo allontanato al punto da non pensarci più: “L’accettazione della morte come orizzonte della vita è l’unico modo per vivere in libertà, coraggio e dignità, senza paura. Amor fati”.

Attenti solo alla salute dell’involucro

Spaventati, ci siamo così isolati e separati dal nostro io e dagli altri, badiamo alla salute dell’involucro, ci riflettiamo narcisisticamente e onanisticamente allo specchio, curando le sopracciglia e trascurando lo spirito, abbiamo perso la passione e l’attrazione, troppo compromettente e rischioso, preferiamo rinunciare all’amore e ai legami intensi perché comportano dolore, non sono totalmente controllabili. “Il vero organo sessuale è lo smartphone. […] Chi ama se stesso sopra ogni cosa, chi vive nel proprio riflesso, fino ad autoritrarsi di continuo (selfie made man), si defila da ogni rapporto o legame per dedicarsi al culto di sé.” È una storia senza sugo, una mortadella vegana: “Propter vitam vivendi perdere causas, diceva Giovenale, per salvare la vita perdiamo le ragioni della vita stessa”.

Politicamente corretto

Usiamo le parole giuste e il lessico è sorvegliatissimo, ma deformato; cancelliamo ciò che è fuori dai parametri 2030, cancelliamo la storia, perché è imperfetta, anzi, estremamente imperfetta: “Ci sono due modi per stuprare la storia: forzarla nell’attualità o cancellarla fino a negarla. […] C’è una cappa che impedisce ormai di vedere liberamente il passato, gli autori classici e soprattutto la storia, i suoi personaggi ed eventi. Quella cappa cancella tutto quel che non è compatibile, non omogeneo all’oggi. È l’insofferenza per ogni vera differenza: è permessa la variabilità, non la varietà. […] Eleva un punto di vista ad assoluto e perenne: tutto viene relativizzato rispetto a quel punto di vista e tutto può essere rimosso e cancellato in suo nome” Il nostro tempo diventa allora protagonista assoluto e non riconosce altre autorità all’infuori di se stesso.

Bisogna stare attenti a fare le battute, anche con i colleghi, l’ironia è bandita, perché è bandito il contesto, il tessuto complesso e intelligente di strati e registri diversi, in cui un sorriso, un’occhiata aggiustava il peso della parola; ora invece solo gli emoji ci salvano.

Si creano delle crepe, tuttavia, nella cappa e nonostante vengano per lo più additate e stuccate, se ne creano delle altre… e poi altre che fanno filtrare alternative, perché gli analgesici e i palliativi non bastano e la verità si fa spazio, sempre. Nei varchi di dolore, negli spazi di realtà si ode la voce di chi non ha smesso di esercitare un pensiero libero: “E se invece compito del pensatore fosse contraddire il corso dell’epoca, scoperchiare la cappa? […] Non siamo solo corpo e materia ma anche realtà invisibile e simbolica; siamo anime pensanti. Che non ci possiamo nutrire solo di scienza e di tecnica, ma anche di mito, di rito e di sacro. Che non siamo solo il frutto di evoluzione e scambi, ma anche di tradizione e di eredità trasmesse. Che non agiamo mossi soltanto dall’utile ma anche da scopi ulteriori: ricerca del senso, del destino, dell’avventura”.

Pensare sarebbe dunque la vera novità per il tempo che verrà.

Fiorenza Cirillo, 21 marzo 2022

Una Cappa ci impedisce di pensare

 

Così il Biometano di Snam aiuta l’ambiente e l’agricoltura

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di Massimo di Guglielmo

La stangata in bolletta che sta mettendo in difficoltà famiglie e imprese dimostra, in maniera definitiva, come un Paese del G7 come l’Italia non possa prescindere per il suo sviluppo dal programmare una solida politica energetica. Snam, sotto la guida dell’amministratore delegato Marco Alverà, ha da tempo raccolto la sfida, basando la sua crescita su due grandi direttrici: l’idrogeno e il biometano. Due fonti di energia pulita e sostenibile che possiamo pensare come le eliche del Dna della nuova Snam disegnata dal piano industriale al 2030. Vediamole insieme, partendo dal biometano che rappresenta una delle grandi leve scelte dal Pnrr per realizzare la transizione ecologica del nostro Paese. Nel Piano di ripresa e resilienza predisposto dal governo Draghi sono infatti previsti quasi 2 miliardi di euro di incentivi e 5 miliardi di investimenti al 2026. Lobiettivo è raggiungere un consumo di 5,5 miliardi di gas rinnovabile al 2030, su un potenziale al 2050 che potrebbe arrivare fino a 10 miliardi di metri cubi di biometano.

Che cosa è il biometano

Il biometano è una fonte di energia rinnovabile e programmabile che si ottiene da biomasse agricole (colture dedicate, sottoprodotti e scarti agricoli e deiezioni animali), agroindustriali (scarti della lavorazione della filiera alimentare) e dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, valorizzando leconomia circolare. Essendo chimicamente indistinguibile dal gas naturale, il biometano può essere trasportato su lunghe distanze utilizzando le infrastrutture gas esistenti, come appunto quella di Snam che gestisce oltre 41mila chilometri di tubature tra Italia ed estero, per poi trovare impiego in molteplici settori, in primo luogo nei trasporti e in prospettiva nel riscaldamento e raffrescamento nei settori residenziale e terziario o nei processi industriali.

Meno emissioni, la strategia di Snam

Il previsto pacchetto di interventi permetterà allItalia di abbattere le emissioni in linea con gli obiettivi climatici, ponendosi tra i Paesi più virtuosi nella sfida della sostenibilità: si calcola che il biometano consenta una riduzione dei gas a effetto serra dell80-85% rispetto al gas fossile. Da qui l’impegno di Snam a realizzare impianti per una capacità installata di circa 120 MW, investendo 850 milioni di euro al 2025, 100 milioni dei quali in infrastrutture per la mobilità sostenibile a biometano. Il passo si coniuga con un percorso che Snam ha intrapreso da tempo creando una piattaforma leader nelleconomia circolare e nelle infrastrutture di produzione del biometano (da rifiuti organici, scarti agricoli, agro-industriali ed effluenti zootecnici) per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

Biometano e economia circolare

Il gruppo guidato da Alverà è attivo nel settore tramite la controllata Snam4Environment. Lazienda dedicata alla costruzione degli impianti è la pordenonese Ies Biogas, che sta realizzando un impianto a Schiavon (Vicenza), che produrrà biometano valorizzando reflui zootecnici da impiegare, una volta liquefatto in Bio-GNL, per alimentare mezzi di trasporto pesante. In Sicilia invece l’impianto di Assoro produce biometano avanzato da matrici agricole, zootecniche e scarti della lavorazione delle arance, sanse di oliva e altri sottoprodotti delle aziende agroalimentari dellentroterra siciliano e, sempre sull’Isola, a Caltanissetta, è stata avviata un’altra infrastruttura in grado di produrre biometano contribuendo al recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Insomma le cifre del biometano sono la decarbonizzazione e l’economia circolare, esattamente quello che occorre per vincere la lotta del clima. L’ultimo passo lo scorso dicembre, quando Snam ha sottoscritto un accordo con Asja Ambiente Italia per acquisire un pacchetto di impianti di produzione di biometano in Liguria, Lazio, Umbria e Sicilia (quest’ultimo in fase di costruzione), per una capacità totale di circa 8,5 MW. Se saranno rispettate determinate condizioni il gruppo rileverà poi altre 5 realtà in Piemonte, Lombardia e Sicilia, allargando così la propria rete verde.

Vantaggi all’agricoltura

La valorizzazione del biometano farà da volano all’agricoltura e alla zootecnia italiane, industrie che rendono il nostro Paese celebre sulle tavole di tutto il mondo per i suoi tanti prodotti tipici. Il biometano aiuterà infatti sia ad aumentare la competitività del settore agricolo e quindi di una filiera di trasformazione che partecipa in modo importante al pil e all’occupazione, sia a ridurne limpatto ambientale. Un passo molto importante visto che si stima che tra l’attività agricola e la zootecnica siano oggi responsabili di circa il 10% delle emissioni complessive nazionali. Al momento, la rete gas nazionale di Snam conta una trentina di allacciamenti attivi con impianti che vi immettono biometano ma ci sono altri 1.700 impianti a biogas che possono essere riconvertiti a biometano. Un potenziale quindi di espansione è notevole anche sotto il profilo dei trasporti: ad oggi circa un terzo del gas consegnato dai distributori di carburanti sia in forma compressa per le auto sia liquefatta per i camion, è già di origine bio”.

Italia hub dell’Idrogeno

Levoluzione degli asset di Snam in ottica multi-commodity” è una delle principali direttrici del piano strategico di Snam, presentato alla fine del 2021. Il piano prevede investimenti fino a 23 miliardi entro il 2030, concentrati su tre aree: reti, stoccaggi e progetti green integrati nei gas verdi. Obiettivo di Snam è infatti rendere le proprie infrastrutture pronte per trasportare solo molecole decarbonizzate – appunto biometano e idrogeno –  entro il 2050, in linea con gli obiettivi climatici nazionali e internazionali.

 

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COP26: 400 jet privati a Glasgow aiutano l’ambiente

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Non credo che sulla faccia della terra esista un evento più inutile e ipocrita del cop26, la riunione mondiale per discutere delle misure contro il cambiamento climatico. Inutile, perché mancano proprio quei paesi che, per motivi economici più che giustificabili, sono quelli che maggiormente contribuiscono all’emissione di CO2, cioè India e Cina, a cui si è aggiunta la Turchia di Erdogan. Praticamente il 36% delle emissioni di tutto il mondo ha deciso di prendere una strada autonoma

L’Italia ha emissioni confrontabili con quelle della Turchia e una frazione infinitesima di quelle della Cina, eppure prende parte a questa grande sceneggiata. Si sa già che le conclusioni saranno minime: alla fine la strategia per il CO2 occidentale si riduce a una marea di tasse sull’energia che non finanziano nulla di pratico, ma servono solo ad ammazzare crescita e occupazione. Praticamente, non potendo impoverire con una guerra, ce la creiamo in modo falsato.

Per comprendere l’ipocrisia ricordiamo che questa banda di ambientalisti selvaggi arriverà con 400 jet privati, tanto da mandare in crisi tutto l’aeroporto di Glasgow:

Primo fra tutti quello di Jeff Bezos, quindi quelli dei vari potenti del mondo…

Tra questi quello del Principe Carlo che si attende una militarizzazione del problema. Un serio passo avanti per la democrazia.

Ovviamente è arrivato anche Biden con il suo corteo di 85 auto, tutte ecologiche.

L’evento è talmente inutile e ipocrita che non credo proprio ne parlerò più, Ciò non significa che tutto ciò non abbia delle conseguenze: le stiamo pagando tutti i giorni, nella bolletta della luce, e nessuno è mai stato ascoltato sulla materia.

Questo è il nuovo mondo, che militarizza la guerra al clima, ma non difende democrazia, benessere e libertà.

Fonte: https://scenarieconomici.it/cop26-400-jet-privati-a-glasgow-aiutano-lambiente/

Sono pronti: dalla crisi sanitaria a quella energetica…

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Segnalazione Arianna Editrice

di Marcello Parmio

Fonte: Marcello Pamio

I media mainstream stanno dando sempre più risalto all’allarme energetico. Siccome il caso non esiste, quando gli zerbini dei banchieri internazionali si mettono in moto, significa che c’è dietro un piano. In pratica stanno lentamente spostando l’attenzione dall’emergenza sanitaria a quella energetica! Il motivo è semplice: sempre più persone hanno mangiato la foglia svegliandosi dal coma letargico, per cui sono prontissimi per la prossima emergenza. Preparano nuovi lockdown ma questa volta sotto forma di blackout energetici, come d’altronde previsti dal Great Reset. E l’ultima copertina della rivista “The Economist” (di proprietà dell’Aristocrazia oligarchica: Rothschild e Agnelli/Elkann) è illuminante.
Ricordo infine che il “Green Pass” non a caso è il passaporto “verde”, il colore dell’ambiente…
La Fabian Society e PandemiaLa Fabian Society e Pandemia – Libro

Transizione: ecologica o ideologica?

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Segnalazione del Centro Studi Livatino

di Domenico Airoma

Friday for future o venerdì di passione? ‘Transizione ecologica’ è diventata espressione di uso così frequente da precludere l’esatta percezione della posta in gioco sul fronte ambientale, e del substrato ideologico di un così forte battage.

  1. La transizione ecologica è il nuovo imperativo etico, la nuova frontiera politica, la nuova norma fondamentale dell’intero assetto normativo euro-unitario. Essa rappresenta l’esito di un percorso avviato da tempo, soprattutto in ambito sovranazionale. L’ambiente è, infatti, il settore nel quale il legislatore comunitario si dimostra più prolifico; significativa è pure la frequenza – superiore a quella registrata negli altri settori di competenza legislativa concorrente – con la quale vengono inflitte sanzioni agli Stati membri per il mancato recepimento delle disposizioni comunitarie.
  2. La diretta incidenza negli ordinamenti interni delle scelte in materia ambientale e l’effettività dell’attuazione delle normative è presidiata da un rigoroso sistema sanzionatorio. Il settore ambientale è, infatti, quello in cui si è registrata l’erosione più profonda alla sovranità degli stati membri, colpita in una delle sue espressioni più significative: la potestà di sanzionare penalmente i comportamenti dei propri cittadini. Plurime e gravi sono le fattispecie incriminatrici nazionali il cui precetto viene riempito dalle statuizioni non di assemblee elettive ma da organismi comunitari composti da tecnici ed esperti.
  3. La centralità delle tematiche ambientali nelle politiche dell’Unione Europea è, peraltro, testimoniata dalla trasversalità degli interventi che, giustificati dalla suprema esigenza di salvaguardare la casa comune, finiscono per l’invadere ed incidere significativamente negli ambiti riservati ai diritti delle persone, delle famiglie e delle imprese, che vengono relativizzati in chiave ecologista, in modo da far apparire con sempre maggiore evidenza, più che il verde, l’arcobaleno come bandiera ideologica di riferimento.
  4. La cifra ideologica del riferimento all’ambiente discende, infatti, in modo evidente dalla strumentalizzazione che viene operata di esigenze, pur condivisibili, di salvaguardia dell’habitat naturale per introdurre vincoli e obiettivi tali da condizionare in modo significativo non solo le politiche nazionali, ma la stessa vita dei singoli e delle comunità; vincoli ed obiettivi che, spesso, vanno ben al di là della pur sacrosanta tutela dell’ambiente.
  5. Né è da trascurare, quale ulteriore dato di conferma, il rilievo che è stato attribuito all’adesione agli indirizzi ed alle normative in materia ambientali nel novero delle condizionalità che i Paesi candidati ad accedere all’Unione Europea sono tenuti a soddisfare pena il mancato ingresso nel consesso comunitario (con gli annessi benefici economico-finanziari).
  6. Non è un caso, pertanto, se, fin dall’inizio, gli interventi in materia ambientale hanno assunto la veste di programmi e piani di azione, quasi a riproporre la mistica della pianificazione delle passate esperienze del cosiddetto socialismo reale. Il primo “piano di azione quinquennale sull’ambiente” risale al 19 giugno 1973; l’ultimo, in ordine di tempo, ha lanciato, per il quinquennio 2019-2024, la nuova frontiera, il green deal europeo, destinato ad assorbire un terzo dell’intero pacchetto di risorse stanziate per il più imponente programma di finanziamento euro-unitario, noto come “Next Generation EU”.
  7. Non si tratta di interventi marginali, e non solo per quantità di stanziamenti. Gli ambiti interessati vanno dall’economia all’agricoltura, dai trasporti all’istruzione, fino a comprendere la “coesione, la resilienza, i valori”. Non si tratta, insomma, di passare semplicemente da una forma di energia ad un’altra, ma da una politica ad un’altra, da una cultura ad un’altra, da un uomo ad un altro uomo. Come è stato osservato: “La transizione ecologica non è politicamente neutra. Non è una questione ‘solamente’ tecnica, scientifica e tecnologica”. E’ una questione, in definitiva, antropologica.
  8. Non c’è da scandalizzarsi per questo. Bisogna, tuttavia, chiamare le cose con il loro nome. E’ evidente, infatti, che l’ecologia non è più intesa nel senso di studio e cura della casa, per tutelare innanzitutto chi la abita e chi la abiterà in futuro; spostando l’accento sulla transizione, la casa perde le sue fondamenta, diventa qualcosa di fluido, nelle mani di chi ne decide il movimento ed, in fin dei conti, la destinazione. E la transizione, il movimento è destinata a prevalere sulla casa e su chi la abita; anzi quest’ultimo è guardato sempre più con sospetto, come un fastidioso intralcio, perché legato magari a valori non più sostenibili. Non è un caso, peraltro, se i sostenitori di tale transizione siano anche fautori di una politica di controllo delle nascite e del riconoscimento di un diritto all’aborto.
  9. Forse è davvero un Friday, un Venerdì, quello che stiamo vivendo, ma di passione. Quello che pare certo è che siamo nel bel mezzo di una transizione ideologica, in cui gli uomini, le famiglie e le imprese non hanno voce. Il compito dei giuristi è anche quello di smascherare questa truffa di etichetta e invocare la centralità dell’uomo, che deve rimanere l’obiettivo ultimo di ogni politica autenticamente a difesa della natura.

Fonte: https://www.centrostudilivatino.it/transizione-ecologica-o-ideologica/

Greta canta “Bella Ciao”. La paladina green alza bandiera rossa

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di Redazione www.nicolaporro.it 

Fa un certo effetto sapere che la quasi totalità dei leader mondiali continui a prostrarsi di fronte a una ragazzina svedese che canta e balla sulle note di “Bella Ciao”. Sì, perché ci fa capire, oltre ogni ragionevole dubbio, in che direzione sta andando il mondo. Quale sarà, volenti o nolenti, il nostro futuro. Non ci credete? Guardate questo video in cui Greta e i suoi adepti si divertono mentre in sottofondo si innalza potente il canto della Resistenza. 

Video Player alla fonte
sistema capitalistico

Pensate forse che quello di Milano possa essere un episodio isolato? Che Greta sia stata in qualche modo contagiata dall’aria rossa della città meneghina? Tutt’altro. Ecco un altro video, risalente a due anni fa, in cui la Thunberg e “compagni” cantano un inno ambientalista a Torino utilizzando, ancora una volta, la base melodica di “Bella Ciao”.

#GretaThunberg DAL PALCO DI TORINO GRETA THUNBERG CANTA BELLA CIAO

Questo il testo integrale della canzone cantata dagli attivisti green o, per meglio dire, red:

We need to wake up
We need to wise up
We need to open our eyes
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

We’re on a planet
That has a problem
We’ve got to solve it, get involved
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

Make it greener
Make it cleaner
Make it last, make it fast
and do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

No point in waiting
Or hesitating
We must get wise, take no more lies
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now

“Dobbiamo costruire un futuro migliore”. Questo il succo della canzone. E in effetti questa è sempre stata l’utopia delle ideologie di stampo marxista. L’arrogante pretesa di sapere quale sia il futuro migliore per tutti. E ancora: “La Terra ha un problema, dobbiamo risolverlo”. La lotta per il clima è l’odierna lotta di classe. E chi la pensa diversamente diventa l’equivalente del vecchio borghese.

E’ inutile che ci prendano in giro. L’ambientalismo declinato in questa maniera, non è nient’altro che un mezzo politico molto furbo per attaccare il fondamento dell’odierna società occidentale: il sistema capitalistico. Anche perché, se così non fosse, i paladini dell’ambiente eviterebbero di utilizzare simboli politici divisivi, come appunto Bella Ciao. E magari potrebbero concentrarsi sull’andare a protestare là dove serve davvero, come ad esempio in Cina, paese in cui l’inquinamento negli ultimi anni è aumentato molto più che all’Ovest.

L’aspetto più preoccupante, però, è che queste sono le nuove leve. Sono coloro che vengono incoraggiati da Papa Francesco. Sono quelli al cospetto dei quali il nostro premier Mario Draghi e il nostro ministro Cingolani si cospargono il capo di cenere, e magari fossero solo loro. Sono i volti puliti che servono alla sinistra mondiale per portare avanti le narrazioni utili alla causa politica e che vengono quindi spinti da tutti i media mainstream.

Ma noi la verità la conosciamo: cambiano i tempi, cambiano i mezzi e i messaggi, ma non gli uomini e i loro obiettivi. Inutile prendersela con Greta e i ragazzi. Il problema è chi c’è dietro. Chi, sconfitto innumerevoli volte dalla storia, ha purtroppo ancora in mano il potere di scriverla. E prova a farlo con mezzi molto più subdoli rispetto al passato. In questo aveva ragione da vendere Berlusconi. Sono ancora, oggi, come sempre, dei poveri comunisti!

Altro che Fridays 4 Future, pray 4 future…

Fonte e Video: https://www.nicolaporro.it/greta-canta-bella-ciao-la-paladina-green-alza-bandiera-rossa/

Greta e i 5 falsi miti dell’ambientalismo

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Fonte: https://www.nicolaporro.it/greta-e-i-5-falsi-miti-dellambientalismo/

di Francesco Giubilei

L’avvicinarsi della Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow a novembre, accende di nuovo i riflettori sul tema ambientale che, pur non essendo mai uscito dall’agenda mediatica e politica, aveva subito una battuta d’arresto con il covid. L’appuntamento del Youth4Climate a Milano alla presenza di Greta Thunberg e la riunione dei delegati ministeriali del pre-Cop, hanno riattualizzato la discussione sull’ambiente caratterizzata da alcuni falsi miti:

1. L’umiliazione della politica di fronte a Greta Thunberg. L’attivista svedese ha affermato che “Le politiche sul clima sono tutte bla bla bla” puntando il dito contro i politici. In realtà in Europa è stato fatto tanto sul clima, mentre in Cina negli ultimi 40 anni le emissioni di Co2 sono passate da 2 a 12 miliardi l’anno mentre i paesi occidentali hanno progressivamente diminuito le proprie emissioni. Sarebbe opportuno che Greta Thunberg e gli altri attivisti per l’ambiente iniziassero a rivolgere le stesse critiche che compiono verso l’Occidente nei confronti della Cina.

2. Assenza di proposte. A proposito di critiche: in un fuori onda, un ministro italiano, dopo aver ascoltato il discorso di Greta Thunberg, si è domandato: “ma le proposte?”. Non si può solo continuare a portare avanti un approccio critico e disfattista senza avanzare idee che tengano in considerazione le esigenze delle imprese e dei cittadini.

3. Aumento di tasse legate all’ambiente. A dire il vero una proposta c’è ed è sempre la stessa: tasse, tasse, tasse. L’aumento del costo dell’energia di questi giorni è determinato dal fatto che scarseggiano i combustibili fossili e chi li usa deve pagare tasse aggiuntive sotto forma di permessi di emissione di Co2. La presidente della Bce Christian Lagarde ha affermato che l’aumento dei prezzi è dovuto anche a una inusuale bassa produzione di energia da parte dell’eolico.

È l’esempio perfetto di come un approccio ideologico al tema ambientale abbia conseguenze negative sulla vita dei cittadini e delle imprese. Introdurre nuove balzelli per contrastare il cambiamento climatico non è la soluzione, occorre evitare l’aumento della pressione fiscale che colpisce i cittadini e le imprese. L’aumento del costo dell’energia provocherà gravi problemi alle aziende con il rischio che alcune Pmi chiudano con la conseguente perdita di numerosi posti di lavoro. Occorre perciò un approccio che non introduca nuove tasse ma al contrario premi i comportamenti virtuosi.

4. Educazione ambientale. Si parla con sempre maggiore insistenza di introdurre nelle scuole l’ora di educazione ambientale. Il rischio è che dietro la tematica ambientale si nasconda il tentativo di parlare nelle scuole di argomenti di ben altro genere indottrinando i giovani. Invece di riempire la testa degli studenti con nozioni sull’ambiente che dimenticheranno, dovremmo impegnarli in iniziative e azioni concrete come pulire i parchi, raccogliere la plastica e aiutare la propria comunità.

5. Approccio rivoluzionario. I militanti di Extinction Rebellion Italia hanno prima occupato le redazioni di alcuni dei principali media italiani e poi bloccato le strade per accedere alla conferenza pre-Cop. Un’occupazione nata per “ricordare che la crisi climatica dev’essere al primo posto dell’agenda mediatica”.  Non si occupano le redazioni dei giornali in democrazia, al contrario si difende la libertà di espressione e di dissenso verso questo approccio rivoluzionario e giacobino al tema ambientale che è l’opposto del conservatorismo verde che ci sta a cuore.

Francesco Giubilei, 30 settembre 2021

Australia, immigrati accendono un rogo, arrestati: le risate davanti al tribunale

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Sidney, 9 gen — Non accennano a placarsi gli spaventosi roghi che hanno messo in ginocchio l’Australia, provocando decine di vittime umane, migliaia di sfollati e la morte, secondo fonti Wwf, di quasi un miliardo di animali selvatici.

Colpa del clima?

Risale ai giorni scorsi la notizia dei 183 arresti (ma il numero è destinato a salire) tra veri e propri piromani o persone semplicemente negligenti, responsabili dell’accensione e propagazione di detti incendi. Di loro, il 70% sarebbe minorenneo comunque poco sopra i 18 anni. Qualcosa che farebbe segretamente inorridire la paladina dell’ambientalismo Greta Thunberg, così solerte nel puntare il dito contro i potenti della Terra e nel vittimizzare le nuove generazioni: generazioni che, come in questo caso, sono le prime a fregarsene del rispetto dell’ambiente.

“Nuovi australiani” all’opera

È di ieri, per esempio, la notizia apparsa sul Daily Telegraph dell’arresto di due giovani “nuovi australiani” – chiamiamoli così – Abraham Zreika e Fadi Zraika, 18 anni compiuti da poco. La polizia li aveva fermati a fine dicembre, mentre i roghi già flagellavano il continente, per aver causato l’incendio di un parco in seguito all’esplosione di alcuni fuochi d’artificio nel fogliame secco, con una temperatura esterna di quasi 40 gradi. I venti caldi che soffiano nella regione avevano propagato velocemente le fiamme rischiando di causare l’ennesimo rogo fuori controllo, proprio nel centro della città.

Video e risate fuori dal tribunale

Fortunatamente i vigili del fuoco erano riusciti a domare l’incendio, e le forze dell’ordine avevano trovato i due responsabili mentre pranzavano in un fast food. Per loro l’accusa è di negligenza nel maneggiare esplosivi e porto di coltello abusivo in luogo pubblico.
I due non stanno mostrando pentimento per il proprio comportamento irresponsabile. Sicuramente non aiutano le dichiarazioni dell’avvocato di Zreika, Dennis Stewart,che fuori dal tribunale ha così liquidato le domande dei cronisti: “Ha solo 18 anni, lasciatelo in pace”, mentre Zraika riprendeva i giornalisti e si faceva immortalare mentre dispensava una grassa risata per l’accaduto.
I due andranno in giudizio il 21 gennaio davanti alla Corte di Parramatta.

Cristina Gauri

Da https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/australia-immigrati-accendono-un-rogo-arrestati-le-risate-davanti-al-tribunale-141864/