Il lasciapassare come strumento di guerra di classe

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di Thomas Fazi

Il lasciapassare come strumento di guerra di classe

Fonte: Thomas Fazi

Da domani milioni di lavoratori rischiano di rimanere senza stipendio e/o lavoro (o di dover sborsare 200-300 euro al mese) per il semplice fatto di aver esercitato una libera scelta consentita dalla legge: cioè quella di non vaccinarsi. Una libera scelta – tra l’altro – che non ha nessuna ripercussione sul prossimo.
In primis perché – come ci ricorda l’ANMA, l’associazione nazionale dei medici d’azienda – «allo stato attuale, la possibilità di contagiare e di contagiarsi sussiste indipendentemente dalla condizione vaccinale e/o dal possesso del green pass», e dunque un non vaccinato non rappresenta un rischio apprezzabilmente superiore per un vaccinato di un altro vaccinato. L’ultimo studio in materia ci dice che la contagiosità dei vaccinati, nella più ottimistica delle ipotesi, scende praticamente allo stesso livello dei non vaccinati nel giro di un paio di mesi – mentre il green pass ha una validità di 12 mesi. E questo senza considerare l’uso della mascherina al chiuso, che realisticamente riduce ulteriormente lo scarto già minimo.
Da ciò ne consegue, come dice Crisanti, (1) che «il green pass non può assolutamente essere considerata una misura di sanità pubblica perché non crea ambienti sicuri e anzi incoraggia di fatto comportamenti che possono favorire la trasmissione»; e (2) che l’unica misura che garantisce veramente la sicurezza dei lavoratori è la disponibilità di tamponi gratuiti per tutti, indipendentemente dallo stato vaccinale (cioè esattamente quello che il governo ha ripetutamente negato nonostante le richieste dei sindacati).
E in secundis perché la netta maggioranza dei non vaccinati (oltre il 90 per cento) rientra ormai nelle fasce di età che hanno rischio di complicazioni gravi e/o di morte bassissimo o prossimo allo zero, quindi il rischio che la scelta di taluni di non vaccinarsi possa ripercuotersi sulla comunità sotto forma di saturazione del sistema ospedaliero è anch’esso prossimo allo zero – da cui si evince anche l’assurdità della posizione di quelli che sono contro il green pass ma vorrebbero l’obbligo vaccinale.
A questo punto la scelta del governo di insistere sulla strada dell’obbligo di green pass per tutti i lavoratori – una misura, lo ricordiamo, che non ha equivalenti in nessun altro paese occidentale – appare talmente irrazionale dal punto di vista epidemiologico che dobbiamo necessariamente ipotizzare che il green pass non sia (solo) un mezzo per obbligare surrettiziamente la gente a vaccinarsi – obiettivo comunque clamorosamente fallito, visto che i tassi di vaccinazione giornaliera sono crollati in seguito all’introduzione del green pass: a quanto pare la gente non apprezza di essere bullizzata e ricattata dallo Stato – ma anche e forse soprattutto un fine in sé e per sé, che ha l’obiettivo di dividere la classe lavoratrice e creare quello stato di emergenza permanente (in assenza di qualsivoglia emergenza reale dal punto di vista sanitario) necessario per portare avanti il violento processo di ristrutturazione capitalistica di Draghi – e la guerra al lavoro che esso comporta – e reprimere qualunque opposizione (vedasi per esempio l’annunciata stretta sui cortei).
Anche per questo la scelta dei portuali di Trieste (Clpt Trieste: seguiteli e sosteneteli) di proseguire con la protesta finché non sarà eliminato l’obbligo di green pass per tutti i lavoratori rappresenta un gesto di solidarietà di classe importantissimo. Oggi la lotta contro il green pass non è una distrazione rispetto ad altre questioni “più importanti” – salario, diritti, sicurezza ecc. – ma al contrario, proprio perché riguarda tutti, può rappresentare anzi la scintilla fondamentale per riaccendere una coscienza di classe tra i lavoratori.
Vuoi vedere che forse stavolta il migliore ha fatto male i conti?