La battaglia di Vienna, che ci salvò dall’invasione islamica

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Historia magistra vitae. Purtroppo l’attuale Europa dimentica la propria identità. Noi intendiamo ricordarla, perché non si compiano gli errori del passato (n.d.r.)

di Matteo Castagna

UNA GUERRA SCONOSCIUTA AI PIÙ, PROBABILMENTE PERCHÉ POCO STUDIATA IN QUANTO POLITICAMENTE SCORRETTISSIMA

Una guerra sconosciuta ai più, probabilmente perché poco studiata in quanto politicamente scorrettissima, ha fatto la storia dell’Europa: la battaglia di Vienna del 12 Settembre 1683. Di questa straordinaria e fondamentale vittoria, paladini della cristianità del XVII secolo: il cappuccino Carlo Domenico Cristofori, chiamato Marco D’Aviano e il Papa Innocenzo XI. la crociata fu preparata da un’ intensa opera di apostolato e predicazione in tutta l’Europa, effettuata instancabilmente dal frate, ed accompagnata da una serie di miracoli che accrescevano la credibilità e l’autorevolezza del religioso, in tutto il continente.

Innocenzo XI si fidò unicamente della Provvidenza divina: “In sola spe gratiae coelestis”. Si è occupato della riforma dei costumi, soprattutto in riguardo allo stato spirituale degli ecclesiastici. In particolare, si scagliò contro il lusso che regnava tra i vescovi e cardinali dell’epoca. Nella sua camera e nel suo studio si vide solo la figura di Cristo risorto. “Era tale la compassione che Innocenzo XI provava per i poveri, che si tenne la stessa veste per tutta la durata del pontificato: mai la volle cambiare, nemmeno quando divenne logora e quasi inutilizzabile […]”. Lo storico Ludwig von Pastor, nella sua “Storia dei Papi”, descrive così Benedetto Odescalchi: “Il significato storico-universale del suo pontificato, di gran lunga il più importante e glorioso nella seconda metà del secolo XVII…consiste nella sua politica, mantenuta ferma sino all’ultimo respiro, di unire le potenze cristiane contro l’attacco violento dell’islam”. Naturalmente l’impegno più importante per cui sarà ricordato per sempre è la liberazione di Vienna dall’assedio degli Ottomani nel 1683. Contemporaneamente, Padre Marco d’Aviano trascorreva un’esistenza austera e isolata, dormiva solo tre per notte su un letto di foglie secche, per il resto pregava e leggeva. Mangiava pochissimo, mai carne, uova e formaggio, la sua dieta era poco latte e poi frutta e verdura. Cercò sempre di rispettare scrupolosamente le regole dell’Ordine francescano. Sostanzialmente condusse una “vita intensa e spirito di preghiera; devozione e contemplazione; pratica radicale dell’altissima povertà interiore es esteriore […] grande ardore nella predicazione e apostolato ricondotto alla semplicità e umiltà evangeliche; carità concreta e prontezza nel servire ogni fratello bisognoso; spirito ecclesiale nella sottomissione e totale docilità al Pontefice romano e alla Chiesa gerarchica: queste erano le linee fondamentali della spiritualità ‘cappuccina’ che adottò il frate di Aviano”.

Il Seicento fu, per l’Europa cristiana, intriso di paura di essere invasi e conquistati dai turchi. Di fronte a questo vero e proprio incubo, c’era la divisione politica dell’Europa. In particolare, la Francia di Luigi XIV era in continuo dissidio sia con l’imperatore Leopoldo I, che con la Chiesa di Roma. Capita che alcuni governanti diventano protestanti per accaparrarsi i beni della Chiesa. Il re di Francia osteggiò apertamente gli Asburgo nella lotta contro gli ottomani.“Per tutto il Seicento, la discordia fra i principi all’interno degli stati cristiani fu grande e capillarmente diffusa. Essi si combatterono e si indebolirono a vicenda per egoistiche ragioni di predominio”. Invece padre Marco e Innocenzo XI, lavoravano per la liberazione della cristianità dal flagello turco, pertanto appoggiarono l’impero. Addirittura, il Papa affermò: “[…] saria andato volentieri alla testa dell’esercito e salito sulle navi da guerra per combattere contro il comune esercito”. Il pensiero dominante del Pontefice era quello di organizzare una Lega difensiva contro il pericolo turco. Oltre ai due beati, altre grandi personalità li affiancarono o con essi si scontrarono in quel frangente per il futuro dell’intero continente europeo.

Solo qualche nome, segnalo oltre a Luigi IV e Leopoldo I d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero. Il compagno di viaggio di Marco D’Aviano, padre Cosma da Castelfranco. Giovanni III Sobieski re di Polonia e granduca di Lituania, grande ammiratore di padre Marco. Infine, Eugenio di Savoia-Garignano, comandante supremo dell’esercito imperiale. E poi Kara Mustafa Pasha di Merzifon, comandante in capo dell’armata turca.

Le truppe cristiane erano composte da settantamila uomini, un numero assai inferiore rispetto ai centocinquantamila dell’armata turca del gran visir Kara Mustafa Pasha che intendeva conquistare prima Vienna e successivamente Roma per fare di San Pietro la scuderia per i suoi cavalli. A questo proposito scrive lo storico Arrigo Petacco in “L’ultima crociata”: “con i se e con i ma la storia non si fa, va comunque sottolineato che se a Vienna, quel 12 settembre 1683, un qualsiasi accidente avesse fermato la carica degli ‘ussari alati’ che si scatenarono contro i turchi come arcangeli vendicatori, oggi probabilmente le nostre donne porterebbero il velo”.

Il 12 settembre prima della battaglia, sulle alture del Kahlemberg, padre Marco celebra la Messa, servita da due chierichetti d’eccezione: il re di Polonia e il Duca di Lorena, distribuisce la comunione ai comandanti, benedice l’esercito cristiano con la sua croce di legno. Attorno alle 12 ebbe inizio la battaglia. Lo scontro viene descritto da padre Cosma, testimone diretto dell’evento. La battaglia ben presto costringe miracolosamente i turchi alla resa. I trionfi dell’esercito cristiano – scrive il “cardinale” Schonborn – a Vienna, e poi a Buda, allontanarono il serio rischio di un’islamizzazione dell’Europa”. L’esultanza in tutta l’Europa fu immensa, l’unico a non esultare fu il re di Francia.

La preoccupazione dei due grandi della Civitas Christiana, Innocenzo XI e padre Marco, “fu la difesa della cristianità, e del cattolicesimo in modo particolare, e non la supremazia sull’islam. Si trattò, dunque, di un’azione di tutela e non di una crociata…”. Ne è convinto anche Petacco, le crociate, furono invece una legittima risposta al jihad. Tra l’altro padre Marco dopo queste liberazioni cercò di convincere i regnanti di completare l’opera di liberazione dei territori europei ancora in mano agli ottomani, la salvezza dell’Europa era sempre in cima ai suoi pensieri.

Il cattolico tiepido o chi si finge cattolico è restio a riconoscere la verità storica, determinata sia dall’eccezionale spiritualità dei due sopraccitati protagonisti, che dalle loro indiscutibili capacità politiche, nell’arte della mediazione, della diplomazia, dell’intuizione, della capacità oratoria, basate su quel connubio inscindibile tra Fede e Ragione così caro a San Tommaso d’Aquino. oggi, se si parla di loro, lo si attraverso un’oleografia molto parziale per non urtare la sensibilità degli islamici. Fortunatamente, il beato Innocenzo XI e padre Marco d’Aviano non furono buonisti, altrimenti da almeno 500 anni saremmo tutti in ginocchio verso la Mecca.

Fonte: https://www.informazionecattolica.it/2023/09/12/quella-battaglia-che-ci-salvo-dallinvasione-islamica/

Quella battaglia che ci salvò dall’invasione islamica

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di Matteo Castagna per Informazione Cattolica

EDITORIALI

UNA GUERRA SCONOSCIUTA AI PIÙ, PROBABILMENTE PERCHÉ POCO STUDIATA IN QUANTO POLITICAMENTE SCORRETTISSIMA

Una guerra sconosciuta ai più, probabilmente perché poco studiata in quanto politicamente scorrettissima, ha fatto la storia dell’Europa: la battaglia di Vienna del 12 Settembre 1683.
Di questa straordinaria e fondamentale vittoria, paladini della cristianità del XVII secolo furono: il cappuccino Carlo Domenico Cristofori, chiamato Marco D’Aviano e il Papa Innocenzo XI. La crociata fu preparata da un’ intensa opera di apostolato e predicazione in tutta l’Europa, effettuata instancabilmente dal frate, ed accompagnata da una serie di miracoli che accrescevano la credibilità e l’autorevolezza del religioso, in tutto il continente.

Innocenzo XI si fidò unicamente della Provvidenza divina: “In sola spe gratiae coelestis”. Si è occupato della riforma dei costumi, soprattutto in riguardo allo stato spirituale degli ecclesiastici. In particolare, si scagliò contro il lusso che regnava tra i vescovi e cardinali dell’epoca. Nella sua camera e nel suo studio si vide solo la figura di Cristo risorto. “Era tale la compassione che Innocenzo XI provava per i poveri, che si tenne la stessa veste per tutta la durata del pontificato: mai la volle cambiare, nemmeno quando divenne logora e quasi inutilizzabile […]”. Lo storico Ludwig von Pastor, nella sua “Storia dei Papi”, descrive così Benedetto Odescalchi: “Il significato storico-universale del suo pontificato, di gran lunga il più importante e glorioso nella seconda metà del secolo XVII…consiste nella sua politica, mantenuta ferma sino all’ultimo respiro, di unire le potenze cristiane contro l’attacco violento dell’islam”. Naturalmente l’impegno più importante per cui sarà ricordato per sempre è la liberazione di Vienna dall’assedio degli Ottomani nel 1683. Contemporaneamente, Padre Marco d’Aviano trascorreva un’esistenza austera e isolata, dormiva solo tre per notte su un letto di foglie secche, per il resto pregava e leggeva. Mangiava pochissimo, mai carne, uova e formaggio, la sua dieta era poco latte e poi frutta e verdura. Cercò sempre di rispettare scrupolosamente le regole dell’Ordine francescano. Sostanzialmente condusse una “vita intensa e spirito di preghiera; devozione e contemplazione; pratica radicale dell’altissima povertà interiore es esteriore […] grande ardore nella predicazione e apostolato ricondotto alla semplicità e umiltà evangeliche; carità concreta e prontezza nel servire ogni fratello bisognoso; spirito ecclesiale nella sottomissione e totale docilità al Pontefice romano e alla Chiesa gerarchica: queste erano le linee fondamentali della spiritualità ‘cappuccina’ che adottò il frate di Aviano”.

Il Seicento fu, per l’Europa cristiana, intriso di paura di essere invasi e conquistati dai turchi. Di fronte a questo vero e proprio incubo, c’era la divisione politica dell’Europa. In particolare, la Francia di Luigi XIV era in continuo dissidio sia con l’imperatore Leopoldo I, che con la Chiesa di Roma. Capita che alcuni governanti diventano protestanti per accaparrarsi i beni della Chiesa. Il re di Francia osteggiò apertamente gli Asburgo nella lotta contro gli ottomani. “Per tutto il Seicento, la discordia fra i principi all’interno degli stati cristiani fu grande e capillarmente diffusa. Essi si combatterono e si indebolirono a vicenda per egoistiche ragioni di predominio”. Invece padre Marco e Innocenzo XI, lavoravano per la liberazione della cristianità dal flagello turco, pertanto appoggiarono l’impero. Addirittura, il Papa affermò: “[…] saria andato volentieri alla testa dell’esercito e salito sulle navi da guerra per combattere contro il comune esercito”. Il pensiero dominante del Pontefice era quello di organizzare una Lega difensiva contro il pericolo turco. Oltre ai due grandi santi, di cui il Papa è già stato proclamato ufficialmente beato, altre grandi personalità li affiancarono o con essi si scontrarono in quel frangente per il futuro dell’intero continente europeo. Segnalo, oltre a Luigi IV e Leopoldo I d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, il compagno di viaggio di Marco D’Aviano, padre Cosma da Castelfranco, Giovanni III Sobieski re di Polonia e granduca di Lituania, grande ammiratore di padre Marco. Infine, Eugenio di Savoia-Garignano, comandante supremo dell’esercito imperiale. E poi Kara Mustafa Pasha di Merzifon, comandante in capo dell’armata turca.

Le truppe cristiane erano composte da settantamila uomini, un numero assai inferiore rispetto ai centocinquantamila dell’armata turca del gran visir Kara Mustafa Pasha, che intendeva conquistare prima Vienna e successivamente Roma per fare di San Pietro la scuderia per i suoi cavalli. A questo proposito scrive lo storico Arrigo Petacco in “L’ultima crociata”: “con i se e con i ma la storia non si fa, va comunque sottolineato che se a Vienna, quel 12 settembre 1683, un qualsiasi accidente avesse fermato la carica degli ‘ussari alati’ che si scatenarono contro i turchi come arcangeli vendicatori, oggi probabilmente le nostre donne porterebbero il velo”.

Il 12 settembre prima della battaglia, sulle alture del Kahlemberg, padre Marco celebra la Messa, servita da due chierichetti d’eccezione: il re di Polonia e il Duca di Lorena, distribuisce la comunione ai comandanti, benedice l’esercito cristiano con la sua croce di legno. Attorno alle 12 ebbe inizio la battaglia. Lo scontro viene descritto da padre Cosma, testimone diretto dell’evento. La battaglia ben presto costringe miracolosamente i turchi alla resa. I trionfi dell’esercito cristiano – scrive il cardinale Schonborn – a Vienna, e poi a Buda, allontanarono il serio rischio di un’islamizzazione dell’Europa”. L’esultanza in tutta l’Europa fu immensa, l’unico a non esultare fu il re di Francia.

La preoccupazione dei due grandi della Civitas Christiana, Innocenzo XI e padre Marco, “fu la difesa della cristianità, e del cattolicesimo in modo particolare, e non la supremazia sull’islam. Si trattò, dunque, di un’azione di tutela e non di una crociata…”. Ne è convinto anche Petacco, le crociate, furono invece una legittima risposta al jihad. Tra l’altro padre Marco dopo queste liberazioni cercò di convincere i regnanti di completare l’opera di liberazione dei territori europei ancora in mano agli ottomani, la salvezza dell’Europa era sempre in cima ai suoi pensieri.

Il cattolico tiepido o chi si finge cattolico è restio a riconoscere la verità storica, determinata sia dall’eccezionale spiritualità dei due sopraccitati protagonisti, che dalle loro indiscutibili capacità politiche, nell’arte della mediazione, della diplomazia, dell’intuizione, della capacità oratoria, basate su quel connubio inscindibile tra Fede e Ragione così caro a San Tommaso d’Aquino. Oggi, se si parla di loro, lo si fa attraverso un’oleografia molto parziale, per non urtare la sensibilità degli islamici. Fortunatamente, il beato Innocenzo XI e padre Marco d’Aviano non furono buonisti, altrimenti da almeno 500 anni saremmo tutti in ginocchio verso la Mecca.

Fonte: https://www.informazionecattolica.it/2021/09/13/quella-battaglia-che-ci-salvo-dallinvasione-islamica/

 

La vittoriosa battaglia di Vienna del 1683

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Segnaliamo alcuni comunicati del nostro centro studi sulla battaglia di Vienna del 1683.
 
11-12 settembre 1683: la battaglia di Vienna
 
Vienna, 12 settembre 1683
 
Padre Marco d’Aviano e san Pio X
 

Vienna, 12 settembre 1683 – la Cristianità respinge l’invasione islamica

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Risultati immagini per la battaglia di ViennaSegnalazione del Centro Studi Federici

La battaglia di Vienna, Anno Domini 1683
Lo scenario politico-militare nella seconda metà del Seicento – secolo alquanto travagliato – appare oscuro e denso d’incertezze. La Guerra dei Trent’Anni (1618-1648), devastante guerra di religione, fu anche un confronto politico-militare fra la Casa regnante francese dei Borbone e quella degli Asburgo. L’intento era quello di togliere agli Asburgo l’egemonia sulla Germania, che derivava loro dall’autorità imperiale. Per raggiungere questo scopo Armand du Plessis, meglio noto come cardinal Richelieu (1585-1642), inaugurando una politica fondata sul mero interesse nazionale a scapito di una visione europea e cattolica, si alleò con i principi protestanti. I Trattati di Westfalia del 1648 sancirono l’indebolimento definitivo del Sacro Romano Impero. È così che sulla Germania, devastata, divisa fra cattolici e protestanti e separata politicamente, si stabilisce l’egemonia del re di Francia, Luigi XIV (1638-1715). Egli non esita a cercare perfino l’alleanza dell’Impero ottomano, del tutto avverso ad ogni ideale cristiano ed europeo. Sul finire del secolo dunque l’Europa è prostrata, divisa in se stessa tra fazioni religiose e lotte dinastiche, con una crisi economica e demografica conseguente alla guerra, che la resero quanto mai vulnerabile.
 
L’offensiva islamica
L’impero ottomano, che aveva conquistato i paesi balcanici fino alla pianura ungherese, il 1° agosto 1664 era stato temporaneamente bloccato dagli eserciti imperiali guidati da Raimondo Montecuccoli (1609-1680) nella battaglia di San Gottardo, in Ungheria. Poco dopo però, sotto la guida strategica del Gran Visir Qara Mustafā (1634-1683), l’offensiva riprende, incoraggiata paradossalmente da Luigi XIV e dalla sua disinvolta politica anti-asburgica. Non poteva esserci momento più favorevole per una campagna vittoriosa e ormai il cuore dell’Europa era alla portata delle armate ottomane. Pressoché isolata, soltanto la Repubblica di Venezia impedisce ai Turchi di ottenere il dominio nell’Egeo, nella Grecia e nella Dalmazia. Si trattava però di una lotta ormai impari e, infatti, culminò nella perdita di Candia nel 1669, nonostante le eroiche gesta di Francesco Morosini (1618-1694). Nel 1672 la Podolia – una parte dell’attuale Ucraina – viene sottratta alla Polonia e nel gennaio del 1683, ad Istanbul, le armate ottomane volgono in direzione dell’Ungheria. È un immenso esercito quello che si mette in marcia verso il cuore dell’Europa, sotto la guida di Qara Mustafā e di Maometto IV (1641-1692). Il disegno che essi tentarono di realizzare era quello di una sorta di “grande Turchia europea e mussulmana” di cui Vienna doveva essere la futura capitale; una città che a sua volta sarebbe stata una testa di ponte verso il resto dell’Europa assediata e destinata alla sconfitta. Le poche forze imperiali rimaste – rinforzate dalle milizie ungheresi guidate dal duca Carlo V di Lorena (1643-1690) – tentarono invano di resistere. Il gran condottiero al servizio degli Asburgo prese il comando, benché reduce da una gravissima malattia, dalla quale – si disse – l’avevano salvato le preghiere di un padre cappuccino, noto a molti come padre Marco da Aviano. Padre Marco era stato inviato dal Papa Innocenzo XI presso l’Imperatore per perorare la causa della crociata anti-turca. Il primo atto di padre Marco fu quello di chiedere che in tutte le insegne imperiali fosse riportata l’immagine della Madre di Dio. Da allora le bandiere militari austriache porteranno sempre l’effigie della Madonna per i successivi due secoli e mezzo. Solo Adolf Hitler dopo la sua ascesa al potere le farà togliere.

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