Embargo russo in arrivo. Quali conseguenze su benzina e diesel?

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Segnalazione Wall Street Italia

di Gianmarco Carriol

Mancano poco più di sette giorni al 5 febbraio 2023, giorno in cui scatterà l’embargo all’importazione di prodotti petroliferi lavorati da Mosca. Il prezzo del diesel è già schizzato sopra 1,9 euro al litro nelle stazioni di servizio italiane, arrivando a 2,5 euro in alcune località. L’Europa sospenderà l’importazione di prodotti raffinati per un totale di circa un milione di barili al giorno, metà dei quali diesel a basso zolfo.

L’Ue non è sorpresa da questo scenario, in quanto già a maggio il think tank norvegese Rystad Energy aveva lanciato l’allarme sulle carenze del mercato europeo dipendente dalla Russia. La domanda totale di diesel e gasolio europea si posiziona tra i 6 e i 7 milioni di barili al giorno, per cui in caso di bando l’impatto sulla domanda dovrebbe essere del 7-8%. L’Europa ha acquistato prodotti raffinati dall’India, dal Medio Oriente e dalla Cina a un costo maggiore.

L’Italia ha importato diesel dalla Russia solo per il 5% fino a giugno 2022, poi ha azzerato la quota. Il paese ha 13 impianti che lo rendono praticamente autonomo: a fronte di un consumo interno di prodotti raffinati pari a 55 milioni di tonnellate, ne raffina quasi 71, mentre la capacità produttiva teorica arriva a 88 milioni di tonnellate.

Inoltre, la dipendenza dal gasolio russo è stata interrotta con la risoluzione del caso Priolo. Il potenziale problema potrebbe arrivare dalle offerte di acquisto estere, come quelle della Germania che dipende al 30% dal gasolio russo e con capacità di raffinazione ridotta (83 milioni di tonnellate), potrebbe orientarsi sull’Italia per le sue offerte di acquisto, causando uno shock alla disponibilità sul mercato interno.

Il problema resta a livello europeo, dove diversi esperti hanno evidenziato l’assenza di una strategia sul petrolio e sul potenziamento della capacità di raffinazione. I consumatori di tutto il continente, che hanno già registrato un aumento dei prezzi dell’energia negli ultimi mesi, rischiano di dover pagare anche un nuovo aumento sul diesel, con tutte le conseguenze su trasporti e prezzi dei beni scambiati.

Dai carburanti al gas, tutti i rincari del 2023

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Segnalazione di Wall Street Italia

di Mariangela Tessa

Sempre a carico degli automobilisti, a partire da ieri, primo gennaio, c’è stato un aumento automatico dei carburanti, che da nove mesi a questa parte gode della riduzione delle accise decisa prima dal governo Draghi e poi confermata, in parte, anche dall’esecutivo Meloni. Il taglio è stato applicato per la prima volta a marzo di quest’anno con l’approvazione del decreto Ucraina bis. Sia per la benzina che per il diesel la riduzione è stata complessivamente di 30,5 centesimi, almeno fino a dicembre di quest’anno, quando con il dl Aiuti quater il taglio è stato prorogato fino al 31 del mese ma ridotto a 18,3 centesimi. Nel frattempo i prezzi sono scesi, riducendo anche l’extragettito che aveva consentito al governo di ridurre le accise (e di conseguenza l’Iva che si calcola in aggiunta). Lo sconto scadeva a fine 2022 e non è stato prorogato.

I rincari del gas, giù l’elettricità

Sul fronte delle bollette, in attesa della comunicazione dell’Arera a inizio gennaio, gli aggiornamenti potrebbero essere contrastanti. Per l’elettricità, l’Autorità per l’energia ha annunciato nel primo trimestre dell’anno un provvidenziale calo di oltre il 19%, ma per il gas l’andamento potrebbe essere opposto. Nomisma stima un aumento mensile del 20% dovuto all’andamento dei prezzi internazionali di inizio dicembre. Il calo degli ultimi giorni, seguito alla decisione sul tetto al prezzo adottata da Bruxelles, dovrebbe infatti essere recepito, stando all’analisi del centro studi, solo a partire da febbraio.

 

Benzina alle stelle: quando l’Italia puntava all’autosufficienza energetica

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LETTERE DEL LETTORE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera pervenuta e pubblicata anche su https://www.ilmiogiornale.net/benzina-alle-stelle-quando-litalia-puntava-allautosufficienza-energetica/

di Ferdinando Bergamaschi

Il forte aumento della benzina, ai massimi dal 2014 malgrado il prezzo del petrolio stia tenendo, apre di nuovo il dibattito su quanto il fisco incida nel prezzo dei combustibili. E pensare che l’Italia è stato uno dei primi Stati occidentali a muoversi verso la ricerca di una sovranità energetica che mirasse a tutelare i consumatori. Vediamo allora dove inizia questa storia.

Le tesi di Canali

In un libro dello storico antifascista Mauro CanaliIl delitto Matteotti (Il Mulino, 2004), accanto a una tesi pregiudiziale sull’omicidio del deputato socialista (quella della responsabilità diretta di Mussolini, su cui non siamo d’accordo), si fa luce con una pregevole ricerca storica su quella che è stata “La questione petrolifera e la convenzione Sinclair”. Nell’omonimo capitolo del suo libro Canali approfondisce infatti la vicenda, preambolo nel quale si è generato il delitto del deputato socialista. 

Figura centrale di questi avvenimenti del 1923-1924 legati alla questione petrolifera italiana è stato l’allora ministro dell’Agricoltura del governo Mussolini. Stiamo parlando del liberale di destra Giuseppe De Capitani D’Arzago, uomo politico di indiscussa competenza e capacità, come peraltro si evince anche dai giudizi positivi che su di lui dà Canali e dalla ricostruzione della sua opera di ministro che lo storico ci riconsegna.

Chi era De Capitani? Un liberale di destra, dapprima di orientamento salandrino, che durante la sua reggenza al dicastero dell’Agricoltura aveva sempre cercato di mantenere autonoma la sua posizione e il suo ministero, non senza polemizzare con Mussolini quando questi voleva riunire, riuscendovi, il ministero dell’Agricoltura con quello dell’Industria (creando il Ministero dell’Economia nazionale). 

Italia e trust del petrolio

De Capitani e con lui il funzionario Arnaldo Petretti, direttore generale dei combustili e servizi diversi, volevano proseguire la politica energetica del governo Giolitti e rafforzarla in senso nazionale (oggi si direbbe “sovranista”). De Capitani infatti era un tenace avversario dei trust internazionali, nemico delle loro brame monopolistiche e oligopolistiche. Canali giustamente rileva a tal proposito: «Nel discorso programmatico davanti al Senato, De Capitani confermava la sua intenzione di intensificare la ricerca di petrolio nel sottosuolo nazionale, e di avviare a soluzione in tempi brevi il grave problema dell’approvvigionamento, altrimenti – aveva concluso – “sarà per sempre rinsaldata la dipendenza del nostro mercato dai trust internazionali”».

Addirittura il trust mondiale del petrolio, e la Standard Oil in particolare, vedevano De Capitani come un grande pericolo per le loro strategie. Da un lato infatti era un deciso sostenitore dell’esplorazione del nostro sottosuolo, col fine di rendere indipendente l’Italia nell’approvvigionamento e nella distribuzione del petrolio; e dall’altro lato, visto che comunque ciò non sarebbe bastato, il ministro, non accettando che il mercato fosse così fortemente condizionato dai grandi trust, voleva approvvigionarsi presso compagnie indipendenti. De Capitani addirittura, pur di non piegarsi al monopolio della Standard Oil, aveva tentato la strada di acquistare direttamente all’estero i pozzi da sfruttare. 

Da De Capitani a Mattei

Questo contesto, come si è detto, è quello in cui nasce l’affaire Matteotti che ovviamente per la sua complessità non può in questa sede essere considerato. Qui ci limitiamo ad evidenziare che De Capitani è stato l’iniziatore di quella politica di difesa e potenziamento della sovranità energetica italiana che avrebbe portato poi, due anni più tardi, nel 1926, alla creazione dell’Agip (Azienda Generale Italiana Petroli). Egli è stato il creatore e il grande sostenitore di questa politica energetica nazionale che voleva fosse basata su una partecipazione pubblica e privata.

La scelta di De Capitani, come è noto, nel secondo dopoguerra sarà portata avanti e potenziata dall’imprenditore Enrico Mattei, presidente dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi), che fra l’altro nel 1948 scopre il giacimento di gas e petrolio a Cortemaggiore (dal 1951 l’Agip avrà in produzione campi di gas anche a Podenzano e Pontenure), anch’egli “poco gradito”, evidentemente, ai grandi trust internazionali.
Insomma, l’opera intrapresa da un liberale di destra è stata ereditata e portata avanti da un democristiano di sinistra… a dimostrazione una volta di più che le vie del Signore sono infinite.