Più tempo passa, più ci tocca sentirne, di belle e di brutte, ma soprattutto di sceme.
Siamo in quella che un tempo era la tranquilla provincia italiana, retta e governata dal buon senso, dal rispetto per le cose semplici e da quello che fino a qualche anno fa si chiamava “timore di Dio”. Ebbene, da questa provincia non più normale, giunge notizia dell’organizzazione di una inconcepibile corbelleria, denominata “festival dell’eresia”.
Di primo acchito, uno ha un sussulto, tanto è imprevista la notizia, ma poi sorride beffardo, dicendo a se stesso che dopo che è da un bel po’ di tempo che si inventano, si organizzano e si celebrano i festival più disparati, che più astrusi sono e più sono applauditi, finalmente un bel festival dell’eresia ci voleva, quasi a mettere i puntini sulle i: cos’è il ribollire nauseabondo del mondo moderno se non una sorta di rigurgito incontrollato di eresie?
Sì, è vero, si tratta soprattutto di cose storte e di brutture, ma come potrebbero prendere piede tali cose se prima l’uomo normale non avesse deciso di voltare le spalle a Dio?
Quindi “eresie”, sia nel senso di dileggio e deformazione della Fede, sia nel senso figurato: di incredibili corbellerie, profuse a piene mani da chi ha ormai rinunciato a fare uso di quella ragione concessa da Dio all’uomo, unico nel creato, proprio perché fatto a Sua immagine e somiglianza.
Ma torniamo alla provincia italiana.
Questa bella pensata è venuta in mente ad un buontempone in quel di Trivero, un piccolo paesello vicino alla cittadina di Biella, oggi capoluogo di provincia.
Trivero conta circa 6000 abitanti, ed è collocato a poco più di 700 metri di altitudine nelle Prealpi Biellesi, che fanno parte delle Alpi Pennine, nel Nord-Ovest del Piemonte.
Ci si chiede: cosa diavolo è saltato in mente a questi alpigiani di organizzare il “primo festival dell’eresia”? Saranno mica matti?
Sembrerebbe proprio di sì, ma, cerca… e trovi che lo stesso manifesto di presentazione ricorda che questo piccolo centro ebbe nel 1307 una qualche notorietà, quando sul vicino monte Rubello, detto di San Bernardo, si asserragliarono Fra’ Dolcino e i suoi, incalzati dalle truppe mandate dall’Inquisizione e fuggiti dalla vicina Valsesia che avevano occupata per farne il focolare della loro comunità eretica.
Sul monte di San Bernardo, Dolcino e i suoi resistettero invano alle truppe del vescovo di Vercelli, Raniero degli Avogadro, che insieme ad altri armati del novarese, nella Settimana Santa del 1307, mise fine alla predicazione eretica del millenarista Fra’ Dolcino; che venne giustiziato il primo giugno, dopo aver assistito al rogo della sua compagna, Margherita da Trento, e del suo luogotenente, Longino da Bergamo.
Si comprende quindi come certe menti suggestionate da questo fatto medievale, abbiano potuto inventarsi una sorta di valentia locale da ricordare, tuttavia immeritatamente, poiché, vista l’esperienza devastante vissuta nel 1300 dalla gente del luogo, la stessa vicenda di Fra’ Dolcino fu lungi dall’entrare nella loro memoria storica, almeno fino a quando, nell’800, il massone avvocato Brofferio non ebbe la bella pensata, ovviamente interessata in chiave anticattolica, di costruirci su una sorta di leggenda, debitamente corredata di spiriti e anime prave vaganti, di grotte iniziatiche e di tesori nascosti da ricercare, sia metaforicamente, sia praticamente.
Insomma, sulla disgraziata vicenda del frate invasato, finì col costruirsi un’altra ottocentesca falsa epopea libertaria, colma di invenzioni e di favole pur di nuocere alla Chiesa cattolica.
Come si fa a guardare a questa moderna iniziativa piemontese senza andare col pensiero al massone Brofferio e ai suoi sodali di allora e di oggi… affatto scomparsi in Piemonte?
Ma ritorniamo ai giorni nostri, quando leggiamo sulla presentazione di questa bella pensata, patrocinata dalle attuali autorità locali, provinciali e regionali, un breve discorrere di un certo don Luigi Ciotti, prete ultramoderno che di professione fa il lottatore continuo contro quelle che lui ritiene siano le ingiustizie contro i deboli.
Ma prima di leggere ciò che scrive don Ciotti e di renderci conto di come egli veda le cose dal suo osservatorio personale, è meglio dare un’occhiata a questa sua foto con Papa Bergoglio, dove li si vede camminare e chiacchierare mano nella mano… forse questa foto spiega qualcosa!
Don Ciotti presenta, nientemeno, che una sorta di inno all’eresia, ovviamente vista in chiave ciottiana.
Secondo lui, l’eresia sarebbe una “scelta”. E’ vero, ma egli si dimentica di aggiungere che è una “scelta personale”, il che, lungi dal richiamare la scelta del bene rispetto al male, ricorda che la “scelta personale”, fondata sul libero arbitrio di cui Dio ha dotato l’uomo, può solo allinearsi ai Comandamenti di Dio e agli insegnamenti e ai precetti della Chiesa cattolica, che è la Chiesa di Dio; ogni altra scelta discordante è un rifiuto di Dio.
Quindi, piano con le affermazioni che sembrano intelligenti e che sono invece fuorvianti.
E lo stesso Ciotti lo confessa quando afferma che l’eretico ama la ricerca della verità più che la verità. E lo confessa senza rendersene conto, poiché lascia intendere che “ricercare” la verità, scartando quindi quella offerta da Dio tramite la Sua Chiesa, sarebbe un merito; il che è falso, anche perché o uno la verità la conosce e quindi non ha bisogno di andarla a cercare o uno non la conosce e quindi invano si affannerà a cercarla, poiché anche quando la trovasse, non conoscendola, non la riconoscerebbe.
A questo serve la Chiesa cattolica: a offrire agli uomini la Verità di Dio. Altro che andarla a cercare!
Ma don Ciotti è pervicace nei suoi errori e si permette di affermare che l’eretico – che sarebbe un buono – è colui che non si accontenta “dei saperi di seconda mano”. Ora, sfortunatamente per lui, l’insegnamento e il sapere della Chiesa cattolica sono di ben più che di seconda mano, ma di ennesima mano, eppure sono i soli saperi e i soli insegnamenti veri che l’uomo deve far suoi perché insegnati direttamente da Dio. E come insegna Gesù Cristo stesso: “chi crederà sarà salvato, chi non crederà sarà condannato” (Cfr. Mc. 16, 16).
Quindi, niente eresie, niente ricerca della verità, ma solo adesione con l’intelletto e col cuore, con l’intelligenza e la volontà, a quanto insegnato da Dio tramite la Sua Chiesa.
Chi fa l’“eretico” sarà condannato.
E se l’eretico è “chi ha il coraggio di avere più coraggio”, come dice don Ciotti, è indubbio che oggi colui che ha più coraggio, lungi dal pretendere di fare l’eretico, è chi rifiuta i discorsi degli uomini – don Ciotti compreso – per darsi tutto agli insegnamenti di Dio, fossero anche di ennesima mano.
Se questa è la presentazione dell’iniziativa, non si può dire che sia una cosa intelligente.
Sia perché tra i chiamati “protagonisti” figurano personaggi presi qua e là, tra cui un falso ecclesiastico e un falso teologo di cui non facciamo i nomi per carità cristiana; sia perché gli stessi concetti vengono ripresi e ripetuti: “promuovere un festival che rappresenti un momento di riflessione sull’eresia, intesa come scelta e ricerca di verità, sia in campo religioso, sia…”; il che può significare solo una cosa: promuovere l’errore di contro alla Verità rivelata da Dio, in nome di un superomismo titanico che è lo stesso che ha portato il mondo allo stato miserando in cui si trova oggi e che mira ad andare oltre, fino alla devastazione totale dell’uomo, della famiglia e della società.
Dio permettendo!