Xi Jinping e la Cina danno una lezione di diplomazia agli Stati Uniti

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di Giulio Chinappi

Il 18 marzo, i capi di Stato delle due principali potenze economiche mondiali hanno avuto una videoconferenza il cui tema principale è stato il conflitto in Ucraina.

Il vertice virtuale tenutosi il 18 marzo tra il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ed il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, si è risolto in un palcoscenico che ha messo in evidenza la statura politica e diplomatica del primo, di fronte ad un Biden che negli ultimi giorni ha saputo fare poco o nulla se non lanciare insulti personali nei confronti del presidente russo Vladimir Putin.

Mentre gli Stati Uniti continuano ad inviare armi in Ucraina, rendendo il popolo ucraino carne da macello per il proprio progetto egemonico mondiale, la Cina si sta spendendo per la risoluzione diplomatica del conflitto nell’ex repubblica sovietica. Xi Jinping ha infatti incoraggiato gli Stati Uniti e la NATO a dialogare con la Russia per risolvere i problemi alla base della crisi ucraina e ha espresso opposizione alle sanzioni indiscriminate imposte contro la Russia, oltre ad esortare le potenze occidentali ad interrompere il flusso di armi verso l’Ucraina.

La crisi ucraina non è qualcosa che vogliamo vedere, e gli eventi mostrano ancora una volta che i Paesi non dovrebbero arrivare al punto di incontrarsi sul campo di battaglia. Il conflitto e lo scontro non sono nell’interesse di nessuno e la pace e la sicurezza sono ciò di cui la comunità internazionale dovrebbe fare maggiormente tesoro”, ha affermato Xi Jinping nel corso della videoconferenza.

Le osservazioni del presidente Xi sulla crisi ucraina hanno dichiarato in modo esauriente la posizione della Cina e, stando a un livello più alto, hanno incoraggiato i colloqui di pace tra Ucraina e Russia e i colloqui tra Stati Uniti, NATO e Russia”, ha commentato al Global Times Lü Xiang, ricercatore presso l’Accademia Cinese delle Scienze Sociali. “Penso che il colloquio di venerdì non sia stato significativo solo per le relazioni Cina-USA, ma anche per la situazione geopolitica globale. Le osservazioni del leader cinese hanno mostrato ai Paesi che seguono da vicino gli Stati Uniti nel fomentare la crisi cosa dovrebbe fare una grande potenza responsabile di fronte ai problemi”, ha aggiunto l’accademico.

La situazione attuale dimostra solamente come le politiche coercitive portate avanti dagli Stati Uniti e dalle altre potenze occidentali nei confronti dei Paesi considerati “ostili” non possano portare ad altri risultati se non a quello di esacerbare il conflitto. Le sanzioni imposte contro la Russia da anni, ed in particolare quelle ancora più stringenti delle ultime settimane, si sono dimostrate completamente fallimentari nel raggiungere il loro scopo.

La questione dell’Ucraina è la conseguenza dei problemi accumulati tra gli Stati Uniti e la Russia o delle continue pressioni e sfide alla sicurezza della Russia da parte della NATO guidata dagli Stati Uniti, quindi gli Stati Uniti, nel profondo, non si aspettano che la Cina la risolva, ma vogliono comunque attirare la Cina nel loro pasticcio o chiedere alla Cina di aiutarli poiché la situazione attuale è andata oltre le loro aspettative e diventerà più difficile per gli Stati Uniti evitare di essere direttamente coinvolti in essa”, ha ancora affermato Lü.

La posizione cinese sulla crisi ucraina è stata ampiamente ribadita dal portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Zhao Lijian, nel corso di una conferenza stampa tenuta con i rappresentanti dei media stranieri: “In qualità di iniziatori della crisi ucraina, perché gli Stati Uniti non riflettono sulla responsabilità propria e della NATO di causare l’attuale crisi della sicurezza in Europa? Perché non ripensano alla propria ipocrisia nell’accendere le fiamme della crisi ucraina?”, ha chiesto Zhao in maniera provocatoria.

Zhao ha affermato che la Cina è addolorata per le vittime civili, ma ha ricordato anche le vittime dei raid aerei degli Stati Uniti e della NATO nei vari Paesi che le potenze occidentali hanno bombardato dal 1999 ad oggi: “Ricordiamo tutti che nel marzo 1999, senza il permesso del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la NATO guidata dagli Stati Uniti iniziò clamorosamente 78 giorni di attacchi in Jugoslavia, provocando la morte di 2.500 civili e ferendone oltre 10.000. Negli ultimi 20 anni, gli Stati Uniti hanno effettuato migliaia di raid aerei in Siria, Iraq, Afghanistan e Somalia”, ha ricordato il portavoce, chiedendosi se gli Stati Uniti esprimeranno preoccupazione anche per la morte di questi civili in quanto risultato delle loro azioni militari.

Mentre gli Stati Uniti e l’Unione Europea continuano ad inviare armi in Ucraina – lo scorso mercoledì gli Stati Uniti hanno annunciato aiuti militari all’Ucraina per 800 milioni di dollari -, la Cina ha offerto assistenza umanitaria ai profughi civili del conflitto, inviando nell’ex repubblica sovietica cibo, latte in polvere, sacchi a pelo, trapunte e altri beni di prima necessità.L’ultima assistenza armata degli Stati Uniti all’Ucraina ha portato stabilità e sicurezza in Ucraina? O farà più vittime tra i civili? Il popolo ucraino ha bisogno di più cibo e sacchi a pelo o di pistole e munizioni? Non è difficile per le persone che hanno razionalità e buon senso dare il giusto giudizio”, ha commentato Zhao.

Ancora una volta, la crisi ucraina dimostra l’ipocrisia dell’amministrazione statunitense, in contrapposizione con la coerenza e l’efficacia del governo cinese nell’affrontare le crisi, come già accaduto, solamente per citare un episodio recente, in occasione della pandemia di Covid-19.

Pubblicato su World Politics Blog

Foto: Idee&Azione Fonte: https://www.ideeazione.com/xi-jinping-e-la-cina-danno-una-lezione-di-diplomazia-agli-stati-uniti/

21 marzo 2022

Da Kabul a Kiev, il fallimento geopolitico dell’America di Biden

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di Tic Toc

Il crollo democratico nei sondaggi delle elezioni di midterm di fine 2022 non è l’unica fonte di preoccupazione per l’amministrazione Biden. L’apertura americana al colosso cinese, nel disperato tentativo di ricercare un ruolo di mediazione per risolvere il conflitto tra Russia e Ucraina, pare trasmettere la progressiva uscita di scena degli Stati Uniti dal ruolo di prima potenza mondiale, almeno sotto il profilo geopolitico.

La tragica ritirata di Kabul di quest’estate; il rifiuto di Arabia Saudita ed Emirati di parlare telefonicamente con il presidente americano, causa il raffreddamento dei rapporti tra i Paesi dopo la fine del mandato Trump; l’apertura al dialogo con il Venezuela di Maduro, dopo aver criticato il Tycoon di trattare con i dittatori per l’intera campagna elettorale 2020, sono stati alcuni degli esempi che mostrano un’America sempre più isolata, incapace di imporsi in prima persona nel tavolo della grandi potenze geopolitiche globali.

Per ultimo, mentre l’amministrazione Trump mediò con successo numerosi accordi di pace in Medio Oriente tra Israele, Bahrein, Marocco, Sudan ed Emirati Arabi Uniti, i democratici hanno riaperto i canali con Teheran (tra gli alleati di Putin), dichiarando la propria disponibilità a raggiungere un accordo sul nucleare iraniano, congiuntamente con Mosca. La posizione non solo potrebbe essere interpretata come un potenziale e fortissimo fattore di destabilizzazione del Medio Oriente; ma, in ambito internazionale, la decisione pare aver già incrinato i rapporti tra Washington e Gerusalemme, quest’ultima da sempre contraria a qualsiasi discussione sul nucleare iraniano. Lo step che potrebbe alterare definitivamente il ruolo geopolitico statunitense rimane proprio la “questione cinese”. Ci sono almeno due ragioni per cui l’amministrazione Biden dovrebbe scongiurare qualsiasi delega di mediazione al regime cinese nel conflitto russo-ucraino.

La prima: la Cina non è Paese assolutamente neutrale. Non solo perché il Dragone si è astenuto dal condannare l’invasione di Putin in sede Onu, ma anche perché, su confessione dello stesso ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, l’amicizia con la Russia è “solida come una roccia. I due Paesi contribuiscono a portare pace e stabilità nel mondo”. Secondo alcuni scoop di dicembre del “New York Times”, l’amministrazione Biden avrebbe consegnato a Xi dossier e materiale di intelligence americano strettamente riservato, nel tentativo di convincere Putin a rinunciare all’aggressione dell’Ucraina. Anzi, sempre secondo il Nyt, la Cina avrebbe appoggiato l’invasione russa ad una condizione: rimandarla dopo la fine delle Olimpiadi. E non sembra un caso che i rispettivi leader si siano incontrati il 4 febbraio, il giorno dell’inaugurazione dei giochi olimpici.

In definitiva: che senso avrebbe appoggiare la Cina in un’eventuale mediazione tra Ucraina e Russia, se questa si manifesta apertamente a fianco di Putin, contro la Nato e l’Occidente? Un eventuale esito positivo di tale intervento non potrebbe essere frutto di un promesso sostegno russo in caso di invasione del Dragone di Taiwan?

La seconda: l’apertura al regime di Maduro per limitare i prezzi stellari di gas e petrolio significa consegnarsi nelle mani di Russia e Cina. Infatti, ormai da molti anni, sia Mosca che Pechino sono le due principali fonti economiche e militari del Venezuela, fortemente compromesso dalle sanzioni americane imposte dalla precedente amministrazione repubblicana. La Russia sta contribuendo alla ristrutturazione del debito venezuelano con cifre che sfiorano picchi di 40 miliardi; la Cina ha contribuito con prestiti dall’ammontare di 60 miliardi, oltre ad un sostegno di circa 25 miliardi in ambito energetico; compagnie statali russe detengono quasi il 10 per cento del processo di estrazione e trasformazione del petrolio venezuelano.

Insomma, mentre Maduro trattiene stretti rapporti con i due principali avversari politici dell’alleanza atlantica nei settori strategici; proprio in questi ultimi giorni, il leader venezuelano ha incarnato la dose affermando di schierarsi a fianco di Mosca, e definendo le sanzioni “un crimine nei confronti dei russi”. Che senso avrebbe intrattenere legami con uno Stato tra i principali sponsor di Xi e Putin, nemico Usa a pochi chilometri dai propri confini, se non quello di creare un cortocircuito senza precedenti?

Con la precedente amministrazione Trump, gli Stati Uniti erano tornati al centro del ring geopolitico, conciliando al meglio autorevolezza nazionale e contenimento dell’avversario. Quella forza sembra ormai persa, smarrita, scomparsa. E Putin ne ha approfittato. Ad oggi, rimane esclusivamente un’alternativa: aspettare il 2024 per le nuove elezioni americane, in nome di un presidente in grado di conciliare una rispettata alleanza atlantica contro i nuovi regimi. Nel frattempo, incrociamo le dita affinché la Cina non ne approfitti per spogliare Taiwan della sua sovranità…

Zelensky salito al potere con un colpo di Stato, la guerra è tra Russia e Nato

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di Luciano Canfora

Fonte: Il Riformista

Una voce fuori dal coro. Per “vocazione”. Controcorrente, anche quando sa che le sue considerazioni si scontrano con una narrazione consolidata, mainstream. Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), è così. Sempre stimolante, comunque la si pensi. E le sue riflessioni sulla guerra d’Ucraina ne sono una conferma.

a cura di Umberto De Giovannangeli

Professor Canfora, in queste drammatiche settimane, in molti si sono cimentati nel definire ciò che sta avvenendo ad Est. Qual è la sua di definizione?
Punto uno, è un conflitto tra potenze. È inutile cercare di inchiodare sull’ideologia i buoni e i cattivi, le democrazie e i regimi autocratici… Ciò che sfugge è che il vero conflitto è tra la Russia e la Nato. Per interposta Ucraina. Che si è resa pedina di un gioco più grande. Un gioco che non è iniziato avanti ieri ma è cominciato almeno dal 2014, dopo il colpo di Stato a Kiev che cacciò Yanukovich. È una guerra tra potenze. Quando i vari giornaletti e giornalistucoli dicono ecco gli ex comunisti che si schierano…Una delle solite idiozie della nostra stampa. Io rivendico il diritto di dire che le potenze in lotta sono entrambe lontane dalla mia posizione e dalle mie scelte, perché le potenze in lotta fanno ciascuna il loro mestiere. E né gli uni né gli altri sono apprezzabili. Nascondere le responsabilità degli uni a favore degli altri è un gesto, per essere un po’ generosi, perlomeno anti-scientifico.

C’è chi sostiene che per Putin la vera minaccia non era tanto l’ingresso dell’Ucraina nella Nato o la sua adesione all’Ue, quanto il sistema democratico che in quel Paese ai confini con la Russia si stava sperimentando. Lei come la pensa?
Usiamo un verso del sommo Leopardi: “Non so se il riso o la pietà prevale” dinanzi a schemi di questo tipo…

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Dalla poesia alla prosa…
Se dobbiamo ritenere che sia democratico chi arriva al potere dopo un colpo di Stato, perché quando in Ucraina fu cacciato il governo in carica quello era un golpe, come quello di al-Sisi in Egitto contro i Fratelli Musulmani. Ognuno è libero di dire le sciocchezze che vuole ma adoperare queste categorie per salvarsi la coscienza, è cosa poco seria. Il figlio di Biden è in affari con Zelensky. Zelensky è un signore che dice di voler combattere per degli ideali, ma questi ideali hanno anche dei risvolti meno idealistici…

Vale a dire?
Il Guardian, non la Pravda, nell’ottobre del 2021 fece un ritratto di Zelensky, dal punto di vista affaristico, molto pesante. Incitiamo i nostri simpatici gazzettieri ad andarsi a leggere il Guardian dell’anno passato per avere un ritratto realistico di Zelensky. Dopodiché non mi scandalizzo, perché quando si usano le parole libertà e democrazia c’è odore di propaganda lontano un miglio. O parliamo seriamente o facciamo propaganda. La propaganda peraltro è cosa molto seria, basta non crederci.

C’è chi accusa la Russia di disinformatia…
Beh, anche il nostro apparato informativo è spaventoso, da quel punto di vista lì. Non ho nessuna tenerezza per la disinformatia russa, però lo spettacolo della nostra stampa, cartacea e televisiva, è peggio del Minculpop. A confronto il Minculpop è un’Accademia dell’Arcadia. Una stampa con l’elmetto, in cui dalla mattina alla sera non si fa altro che blaterare, urlare, protestare, piangere, sentenziare, per creare una psicosi di massa. Devo confessarle che nonostante ne abbia viste tante in vita mia, sono rimasto piuttosto stupito di cotanta prontezza, che fa pensare ad a ordini precisi, con cui la stampa si sia messa l’elmetto. Una cosa francamente penosa. Anche nella psicologia diffusa. Le racconto questa: l’altro ieri ho incontrato un tizio per la strada che mi ferma e mi dice: “Professore, ma lei cosa pensa di quel pazzo di Putin?”. “Qualche responsabilità c’è anche dall’altra parte”, gli rispondo. “Ah”, dice, “ma allora lei la pensa come me”. Questo è un episodio emblematico. Siamo arrivati all’autocensura per timore di scoprirsi. Come durante il fascismo, quando si diceva ma allora anche Lei è contro… Siamo ridotti a questo. Lanciamo almeno un campanello d’allarme affinché la stampa ridivenga dignitosa. Se ce la fa.

I pacifisti che hanno manifestato sabato scorso a Roma, sono stati additati da più parti come dei “filo-Putin”…
È maccartismo puro. Non mi stupisce questo, una volta si diceva sono pagati per questo. È talmente in malafede dire una cosa del genere che non merita neanche un’argomentazione complessa. Perché rivela da sé la natura maccartistica, persecutoria, isterica, di falsa coscienza di una tale valutazione. È chiaro che tutti auspichiamo che si torni a una vera situazione pacifica. Ma ricordiamoci il passato, però…

Ricordiamolo, professore.
Gorbaciov auspicò la Casa comune europea. E fu respinto. Aggiungiamo anche che dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, nacque la Comunità degli Stati Indipendenti, di cui facevano parte l’Ucraina, i Paesi baltici, l’Asia centrale russa, la Georgia. La Comunità degli Stati Indipendenti è un concetto. Comunità vuol dire qualche cosa. Se tu dopo un colpo di Stato, quello del 2014, cominci a chiedere di entrare nella Nato, stai disattendendo un impegno preso non molti anni prima. Ci vuole una Conferenza per la sicurezza europea. Una via di uscita. Se esistesse l’Unione Europea, che purtroppo non esiste, la soluzione sarebbe quella di prendere una iniziativa per una Conferenza per la sicurezza in Europa. Di cui gli Stati Uniti non fanno parte. Invece l’Europa è ingabbiata dentro la Nato il cui vertice politico e militare sta negli Stati Uniti. Il comandante generale della Nato per statuto deve essere un generale americano. Il segretario generale della Nato per entrare in carica, anche se si chiama Stoltenberg ed è norvegese, deve avere il placet del governo degli Stati Uniti. Imbavagliati così, balbetteremo sempre.

In queste settimane di guerra, ci si è molto esercitati nella decodificazione dei vari discorsi pronunciati da Putin, nei quali il presidente russo ha evocato la Grande Guerra Patriottica, la Madre Terra Russia, il panrussismo etc. Da storico: non c’è da temere quando un politico, soprattutto se questo politico ha in mano una potenza nucleare, sembra voler riscrivere la Storia?
Questo mi pare evidente. Solo che il paragone storico più calzante sarebbe un altro…

Quale?
Quello che un ottimo studioso italiano, Gian Enrico Rusconi, quando la Nato si affrettò a disintegrare la Jugoslavia, intitolò un suo libro, un bel libro, a riguardo Rischio 1914. Ci siamo dimenticati che dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, la Nato ha voluto, pezzo a pezzo, mangiarsi lo spazio intermedio fino ai confini della Russia? E il primo ostacolo era la Jugoslavia. E quando ci fu la secessione della Croazia, analoga se vogliamo alla secessione del Donbass, il primo a riconoscere il governo croato fu il Papa e il secondo fu il governo federale tedesco. E tutti applaudivano. La secessione della Croazia era un gioiello, una bellezza. Adesso la secessione del Donbass è un crimine. Rischio 1914. Lo dico con allarme. Sul Corriere della Sera, una voce sensata, quella di Franco Venturini, dice: ma ci rendiamo conto che Zelensky sta continuando a chiedere l’intervento militare della Nato, cioè vuole la Terza guerra mondiale…Ce ne rendiamo conto o no?

Lei come giudica la decisione del governo italiano di inviare equipaggiamenti militari all’Ucraina?
L’Unione europea, che purtroppo non esiste, avrebbe dovuto avere una politica unica su questo come su altri terreni. È piuttosto sconcertante e politicamente sbagliato che ognuno vada per conto suo. Nel caso particolare l’Italia vuole fare la prima della classe. Spero che si mantenga entro limiti accettabili per la controparte, stante che noi abbiamo in casa le basi Nato. Se continuiamo a scherzare col fuoco, facciamo quello che Zelensky insistentemente chiede. A questo proposito mi permetto di raccontare una cosa che peraltro è verificabile. Giorni fa, sulla Rete Tre della televisione, in un talk show c’è in studio una studiosa ucraina, e viene mandato in onda un discorso di Zelensky che viene tradotto, in simultanea, in italiano. A un certo punto, la studiosa ucraina dice “attenzione, la traduzione è sbagliata”, perché lui sta dicendo altro. “E che sta dicendo, le chiede la conduttrice?”. “Sta dicendo che bisogna che la Nato intervenga militarmente”. La traduzione voleva occultare questo. Figuraccia della televisione italiana. Rischiamo di raccontarle queste cose, perché tra breve, non so, leggeremo il Vangelo secondo Riotta? Spero di no.

Se qualcuno alzasse l’indice accusatorio e dicesse: ecco, il professor Canfora ha svelato di essere un nostalgico del tempo che fu…Come risponderebbe?
Io non credo di aver manifestato nostalgie nel momento che mi sono più volte espresso intorno agli scenari conseguenti alla sconfitta dell’Unione Sovietica nella Guerra Fredda. Nessuno, però, può toglierci il diritto di dire quello che ha scritto, poco prima di morire, Demetrio Volcic. E cioè che la situazione di equilibrio esistente al tempo delle due super potenze, garantiva la pace nel mondo. Demetrio Volcic. Spero che sia considerato al di sopra di ogni sospetto.

Il diktat UniDem

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di Marcello Veneziani

Fonte: Marcello Veneziani

Come funziona la macchina dei media e delle opinioni al tempo della guerra all’Ucraina? Segue lo schema già collaudato con la pandemia, con i grandi temi storici e con le gravi crisi: in primo luogo diventa monomaniacale, ossessivo, pervasivo, passa da tema principale a tema unico dei telegiornali, degli approfondimenti. Non accadde neanche durante la guerra mondiale che i giornali fossero ridotti al solo tema principale di quei giorni.

La fabbrica del consenso fornisce poi la ripetizione all’infinito dell’Identico: fiumi di servizi e di reportage che si discostano poco o nulla, che riferiscono ogni giorno la stessa versione ufficiale dei fatti e commentano le stesse immagini restando nello stesso ambito, con un sottofondo da propaganda di guerra.

Guai a chi accenna a una lettura semplicemente richiamando dati: ad esempio, chiedono di cacciare Marc Innaro dalla corrispondenza da Mosca per la Rai solo perché ha osato accennare all’espansione della Nato. Che è un fatto oggettivo, basta vedere in qualsiasi cartina come si è allargata negli ultimi vent’anni. Ma notare questo diventa subito intelligenza col nemico… Da qui la militarizzazione delle opinioni: se non ripeti tutto quel che ripetono ogni giorno, allora sei dalla parte di Putin, sei un suo sostenitore. E se sei in servizio pubblico, è un’aggravante.

Avviso superfluo a chi ragiona ma necessario ribadirlo per i poliziotti del pensiero e per gli imbecilli militanti: vedere le cose in un orizzonte più ampio e articolato e non attraverso lo schemino puerile e manicheo del bene/male esclude ogni indulgenza verso l’aggressione e il metodo sovietico di Putin e include ogni solidarietà verso il popolo ucraino che è sicuramente vittima e sta patendo l’inferno.

Infine, anche in questo caso, conservatori e progressisti, moderati e radicali, falchi e colombe, populisti ormai ridotti a baciapile; nazionalisti e radicali antisistema aderiscono tutti all’UniDem, ovvero l’unificazione di tutte le posizioni al Canone Dem, valevole negli States da quando sono tornati al potere i democratici con Biden, nell’Europa tecno-dem e in Italia con le sue periferiche. Ricordate come erano diverse le opinioni tre anni fa, o anche meno? È bastato il covid, e ora la guerra, e si è arrivati all’Uniformità assoluta, con minime sfumature e variabili lessicali secondarie. Draghi per tutti, tutti per Draghi. E a sua volta Draghi è la continuazione della Nato in campo economico-finanziario.

È lecito dubitare che se si fosse aperta seriamente la trattativa sulla possibilità di rendere neutrale l’Ucraina, cioè fuori dalla presenza Nato e dall’influenza russa, forse non saremmo arrivati a questo? Poi possiamo fare tutti i processi alle intenzioni e dire che Putin ha preso a pretesto la rigidità occidentale e la sue pretesa egemonia, per attaccare. È lecito dire che forse con Trump non saremmo arrivati a questo punto, considerando che con quel bizzarro spaccone guerre non sono esplose? È un dubbio, quantomeno, ma la questione Ucraina/Europa/Nato ribolliva già nei suoi anni.

È lecito notare che dopo aver per anni calpestato, svilito, squalificato ogni richiesta di sovranità nazionale e ogni relativo nazionalismo, è grottesco ora elogiare il patriottismo sovrano degli ucraini? È lecito sostenere che il dramma aggiuntivo di questo conflitto è che non ci sono arbitri, garanti, figure terze che possano essere accettate da ambo le parti per cercare una soluzione? Finora solo le figure religiose, soprattutto della Chiesa ortodossa, possono svolgere un ruolo importante quando non diventano chiese nazionali. Ma non ci sono Stati terzi, leader di organismi internazionali come l’ONU, in grado di svolgere questo ruolo di ponte. Solo mediatori.

E infine, è lecito dire che aver reso Putin il nemico numero uno dell’umanità, già prima che invadesse l’Ucraina, anziché considerarlo un autocrate con cui doversi inevitabilmente confrontare come con Xi Jin Ping, Erdogan e altri, può far precipitare la situazione a livelli impensati. Se davvero Putin è quel dittatore folle additato, incarnazione del maligno, dovrebbe inquietare il fatto che non avrebbe remore a usare il famoso bottone nucleare già minacciato.

E allora si avvia un gioco assai pericoloso: cercare di far cadere Putin, caldeggiare la congiura degli oligarchi, acuire il dissenso interno, spaccare il potere russo e la sua filiera. Pericolo seguente: un paese isolato dal mondo, un leader nemico di tutti può essere spinto all’alleanza con la Cina che ha rispetto alla Russia un profilo più inquietante per il mondo: la Russia vuole ripristinare il suo dominio di area, la Cina sta cercando di colonizzare il mondo, di invaderlo con l’economia, la tecnologia, espandendosi e incuneandosi in ogni sistema-paese. La Russia ha solo la possibilità di incidere attraverso il gas e in generale le energie. Si capirà il potere inquietante di un blocco asiatico tra Russia e Cina.

Chi sostiene queste cose non sta assolutamente stabilendo una preferenza verso la dittatura di Putin e nemmeno una sorta di neutrale indifferenza tra una democrazia e un’autocrazia. Ma sta semplicemente cercando di dire che non andiamo avanti se continuiamo con questa semplificazione militante, militare e bipolare, per cui la verità coincide con l’Occidente, il Bene Assoluto con la Nato.

Stendiamo infine un velo pietoso sui tre populismi, grillino, leghista e nazionale e il loro capovolgimento nell’arco breve di un paio d’anni. Se sono solo la versione debole dell’UniDem hanno perso la loro funzione, non garantiscono la dialettica politica necessaria a ogni democrazia, e non rappresentano la loro area d’opinione, così subalterni al Pensiero Corretto.

Ogni volta che il pensiero smette di osservare la realtà da più punti di vista e in tutte le sfaccettature, non è solo una mortificazione per l’intelligenza; ma si mette in pericolo la libertà e la dignità dei singoli, dei gruppi, dei popoli e degli Stati. Insomma, il Male a cui stiamo assistendo in Ucraina è doppio, e non è solo quello che ci fanno vedere.

La Russia e la Cina sono più forti dell’Occidente?

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L’EDITORIALE DEL LUNEDI

di Matteo Castagna per www.informazionecattolica.it 

LA GUERRA IN UCRAINA STA DIMOSTRANDO L’INCONSISTENZA DELLE DEMOCRAZIE EUROPEE

La gestione dell’emergenza pandemica ha dimostrato l’impreparazione e, quindi, la debolezza delle democrazie europee, che hanno risposto con assurde restrizioni e grotteschi tentativi campione, malriusciti e ritirati. La guerra in Ucraina sta dimostrando, in più, l’inconsistenza delle democrazie europee e, in un certo senso, la debolezza degli Stati Uniti di Joe Biden, che si sono ritirati dall’Afghanistan in quel modo così disonorevole ed arrendevole da stupire la maggioranza degli osservatori internazionali. Perché la debolezza delle democrazie è data dal fatto che sono divenute plutocrazie, con la ricchezza in mano a pochi che comandano su molti. L’Enciclica di Pio XI Quadragesimo Anno (15 maggio 1931), nel condannare questo sistema, fu profetica quanto inascoltata.

Donald Trump ha rilasciato una dichiarazione che non lascia margini ad interpretazioni: “con la mia Presidenza non sarebbe accaduto niente. Abbiamo mantenuto sempre rapporti distesi e di collaborazione con la Russia“. Non solo: Trump ha previsto, anche, a ruota, l’invasione di Taiwan da parte della Cina, ovvero uno spostamento ad est dell’asse delle superpotenze, a scapito dell’Occidente, che, a furia di contar dollari sulla pelle dei popoli, non si è accorta dei cambiamenti in corso negli ultimi decenni, divenendo un autentico nano geopolitico.

Le dichiarazioni roboanti e le minacce di parte occidentale, capitanate dal Presidente Biden, dalla NATO e dall’ONU appaiono un modo per nascondere l’impossibilità di reagire alla Russia sia militarmente che attraverso una seria applicazione di sanzioni. Nessuno è disposto a morire per Kiev, così come nessuno è disposto a sacrificarsi per Taiwan. Costa troppo, sul piano economico e troppa è l’incertezza di finire in un altro Vietnam. Se Biden facesse applicare davvero pesanti sanzioni, si trasformerebbe nel nuovo Tafazzi, perché a pagarne il prezzo sarebbero i cittadini europei, a livello energetico. Chi si assume la responsabilità di far pagare 4.000 euro ogni 1.000 metri cubi di gas alle famiglie, come risposta alle sanzioni?

Il primo problema è la mancanza di indipendenza da parte dell’Europa, che, ora, può solo fare da scendiletto alla NATO, istituzione obsoleta, da sciogliere al più presto per ridare sovranità alle Nazioni europee e, quindi, libertà di scelta nelle politiche e nelle alleanze da seguire. Si nota come stranamente le sinistre riscoprano il valore della sovranità nazionale, se si tratta di difendere gli interessi americani in Ucraina, mentre la negano, in nome del globalismo, in ogni altro contesto. Il secondo problema, che è la diretta conseguenza del primo, è l’assoluta mancanza di una politica, anche militare, a livello europeo. L’Unione Europea appare esclusivamente un comitato d’affari dell’alta finanza internazionale, garante della moneta unica in una banca privata (BCE) che ha deciso di indebolire gradualmente il ceto medio di ogni Paese membro, producendo un generale aumento del costo della vita, sproporzionato rispetto al reddito e sbilanciato sull’età pensionabile. Tale impoverimento del ceto produttivo è una delle motivazioni della disaffezione elettorale, che, infatti, ha dato la maggioranza relativa al partito dell’astensionismo.

Di fronte a questo decadentismo, non possiamo dimenticare la dimensione religiosa. La secolarizzazione iniziata negli anni settanta, sta raggiungendo preoccupanti livelli di nichilismo dilaganti soprattutto nelle nuove generazioni. Un pensiero unico assai debole, ma largamente diffuso, accompagna il Vecchio Continente in un baratro di ignoranza, ipocrisie, cattiverie, relativismo ed egoismo che non hanno precedenti. La Russia e la Cina, al contrario, hanno mantenuto salde e forti le loro radici e le loro identità, divenendo grandi potenze economiche e militari globali.Dopo il 1991 il liberalismo ha vinto totalmente e si è affermato come la sola possibile ideologia politica su scala mondiale: oggi abbiamo un sistema politico ed economico liberale ed un sistema culturale e filosofico fondato sull’individualismo. Come ha detto Francis Fukuyama, “la storia del mondo è finita“, perché il liberalismo ha vinto, non ha più alternative e può quindi mostrare la sua natura totalitaria: questa è post-modernità. Il liberalismo, quindi, si afferma,  entro un “sistema chiuso”, come «l’emancipazione dell’individuo da tutti i legami con l’identità e con la collettività: è un processo che è iniziato con la “liberazione” dalle religioni, è proseguito con la “liberazione” dalla Nazione e poi dal genere sessuale ed, infine, verrà l’emancipazione dall’umanità stessa (transumanesimo postmoderno). Il liberalismo non è soltanto ideologia, ma anche l’essenza degli “oggetti”, il centro della realità, l’assenza di ogni trascendenza» (Alexander Gel’evic Dugin).

Le sanzioni alla Russia? Una farsa. Ecco la prova

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Durante il discorso Biden si è capito come le sanzioni a Mosca rischino di trasformarsi in una fragorosa farsa

La politica e le istituzioni accusano Mosca; Mario Draghi condanna l’aggressione dell’Ucraina; il Pd protesta davanti all’ambasciata russa; Joe Biden assicura che Vladimir Putin diventerà un “paria”; l’Europa s’indigna, promette che il presidente russo non la farà franca. Ma i partner dell’Ue sanno bene che potrebbero essere i primi a pagare il conto di una ritorsione. Ecco perché le sanzioni rischiano di trasformarsi in una fragorosa farsa. La prova? L’ha fornita Biden, durante il discorso di ieri sera.

L’inquilino della Casa Bianca ha confermato, infatti, che la Russia non sarà esclusa dal sistema di pagamento Swift. Di che si tratta? È un meccanismo – facente capo alla corporation belga Society for worldwide interbank financial telecommunication – che, in sostanza, definisce il sistema standard di messaggistica per le transazioni finanziarie. Una specie di alfabeto delle operazioni monetarie che si svolgono a livello globale e che consente i trasferimenti di denaro per via telematica: se sei fuori dal circuito, sei fuori da questo fondamentale complesso di scambi. Il motivo di tanta indulgenza? «Non è la posizione che il resto dell’Europa vuole assumere», ha spiegato il presidente americano. E quando dice «Europa», Biden intende, segnatamente, la Germania e l’Italia. Sono stati questi due Paesi i principali oppositori alla misura che pure Washington vorrebbe fosse presa in considerazione.

Il punto è che l’esclusione dal circuito Swift penalizzerebbe, sì, le banche russe, ma metterebbe in difficoltà anche i creditori europei, ai quali diventerebbe difficile recuperare il proprio denaro. Tant’è che l’austriaca Raiffeisen Bank international, sulla scia del panico provocato dalla crisi ucraina, aveva già accantonato dei fondi per fronteggiare un eventuale “default” di fatto dei crediti russi.
D’altro canto, il Paese dello zar Putin ha sviluppato un proprio sistema di pagamento (Mir), mentre la diversificazione delle relazioni commerciali e il record storico di riserve valutarie internazionali, raggiunto a novembre, metterebbero in teoria la Russia nella condizione di resistere, nel medio periodo, a un assedio occidentale.

È la dimostrazione che Putin si è preparato a questo tipo di rappresaglie da parte di Europa e Stati Uniti e, soprattutto, che l’Ue ha le armi spuntate, quando non a doppio taglio: capaci, certamente, di ferire Mosca, ma dannose anche per sé medesima. Ed è per questo che Berlino e Roma si sono opposte, almeno in prima battuta, alla cacciata dei russi dallo Swift, proprio come hanno preteso un atteggiamento prudente sul comparto energetico: senza il gas dell’autocrate del Cremlino, esauriremmo le nostre riserve nel giro di un paio di mesi.

Putin se la ride? Probabilmente. Ma di sicuro cominciano a fregarsi le mani anche a Pechino: non a caso, ieri Taiwan ha denunciato un’incursione aerea dei cinesi nei cieli dell’isola, minacciata dalle mire espansionistiche del Dragone. Se l’Occidente non è neppure in grado di reagire a un attacco sferrato dalla Russia nel cuore dell’Europa, con un pacchetto di sanzioni realmente “devastanti”, come le ha definite un balbettante Biden in conferenza stampa, come potrà difendere Taipei da un’aggressione di Xi Jinping, padrone assoluto del Mar Cinese?

Fonte: https://www.nicolaporro.it/le-sanzioni-alla-russia-una-farsa-ecco-la-prova/

 

Il partito guerrafondaio e nemico del Popolo

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di Antonio Catalano

Fonte: Antonio Catalano

Non c’era bisogno della famosa zingara per indovinare: il PD rappresenta il partito che, senza far passare un minuto, dichiara con il suo magnifico Letta che non c’è da perdere tempo, che non rimane altro da fare che subitaneamente allinearsi ai voleri americani, spingere quindi su sanzioni e guerra. Offrendo, di conseguenza, uno scenario al nostro Paese di disastro energetico e catastrofe economica, che naturalmente dovrà scaricarsi sui ceti produttivi e popolari.
Non che gli altri partiti abbiano applaudito Putin, tutti condannano il riconoscimento degli stati del Donbass, dimenticando (?) che per il Kosovo questa attenzione non è stata usata. A proposito del Kosovo, forse non tutti sanno che ben 95 (su 193) membri dell’Onu non lo riconoscono come stato indipendente, e tra questi vi sono 5 (su 27) dell’UE (Spagna, Cipro, Romania, Grecia e Slovacchia). Queste altre forze politiche, comunque, chi in un modo chi in un altro, esprimono una certa titubanza a spingere sull’acceleratore, dichiarando (naturalmente sempre in regime di sudditanza atlantica) di voler privilegiare l’interlocuzione e una via d’uscita diplomatica.
Il PD invece non ha dubbi, mostra di essere il più coerente e agguerrito rappresentante degli interessi americani in Italia. Nell’intervento finale alla Direzione del PD il suo segretario Letta dichiara con schiuma alla bocca: «Il Parlamento si riunisca il più rapidamente possibile e l’Italia rigetti questa scelta e chieda all’Unione europea di prendere le decisioni conseguenti, le più dure possibili. Perché se la legge del più forte, se la legge della jungla diventa la legge con la quale si stabiliscono i confini in Europa, per noi questo è inaccettabile. Il PD chiede al Governo di portare in sede europea tutta l’indignazione e la condanna dell’Italia. Chiede all’Europa di reagire: non all’acqua di rose come ogni tanto è capitato in questi anni ma di reagire con durezza rispetto alla scelta che rappresenta un cambio completo di paradigma della storia europea».
Questi guerrafondai parlano di legge del più forte, di legge della jungla… come se non avessero sempre appoggiato le più vili aggressioni a stati sovrani; come è successo in Afghanistan, in Iraq, in Siria, in Libia, solo per citarne alcuni, ma senza dimenticare l’infamia della partecipazione della nostra aviazione ai bombardamenti della Serbia nel 1999, con D’Alema presidente del consiglio. Reclamano decisioni le più dure possibili.
Capito di chi stiamo parlando? Di un partito che si fa tutt’uno con le ragioni del suo stato di riferimento (Usa), che, con la maschera del democratico Biden, ringhia rabbioso, ben consapevole che la fase della supremazia americana appartiene alla storia. Naturalmente, questo farsi tutt’uno diventa “naturale” quando sono i dem lì a governare, con ciò confermando che l’avversione a Trump scaturiva non dal fatto che questi fosse troglodita sessista e omofobo (vale per i fessi), ma dal fatto che, in quanto repubblicano, Trump esprimeva una minore propensione ad avventurarsi fuori del tradizionale cortile di casa.
Sappiamo chi è il pericolo principale in casa nostra!

La trappola

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di Marco Tarchi

Fonte: Diorama letterario

Lo aveva detto subito dopo l’elezione: gli Stati Uniti d’America avrebbero riaffermato la guida dei loro alleati «con la potenza e con l’esempio». Il programma di Joe Biden era chiaro: chiudere la parentesi trumpiana di relativa concentrazione sullo scenario interno e riannodare le fila di quell’interventismo a vocazione egemonica che è il marchio di fabbrica degli States da un secolo a questa parte. È bastato un anno, dopo il momentaneo sbandamento sullo scenario afghano – che ormai faceva da ingombro, con le sue troppe complicazioni, alla direttrice di marcia dell’offensiva programmata –, per capire che l’inquilino della Casa Bianca, malgrado le malferme condizioni di salute su cui molto si è speculato, faceva sul serio.
Ogni occasione per lanciare sfide ai potenziali concorrenti al dominio planetario è stata colta. Come c’era da aspettarsi, il bersaglio principale dell’offensiva propagandistica è stata la temutissima Cina, accusata secondo uno spartito ormai abituale, di violazione dei diritti umani. Avendo diminuito la sua efficacia il richiamo alle vicende tibetane, non più in evidenza nelle agende dei media e delle pubbliche opinioni, è entrata in scena la persecuzione degli uiguri, a suon di rivelazioni e inchieste finite in prima pagina anche su giornali – come il quotidiano francese Libération – che avevano inaugurato le pubblicazioni all’insegna dell’elogio della Cina maoista e perseverato per decenni a prendere di mira le malefatte di quello che ancora chiamavano imperialismo americano. A latere, il dito è stato puntato anche sugli appetiti nutriti dal Dragone in merito all’isola di Taiwan, descritta come sul punto di essere fagocitata a suon di bombardamenti aerei e navali. E ovviamente ognuna di queste campagne è stata seguita e spalleggiata dalle comparse del coro occidentalista, pronti a rilanciare sul terreno delle analisi geopolitiche, economiche e persino ambientali il Leitmotiv del pericolo giallo e delle terribili insidie celate nel progetto della Via della seta. La spoliazione delle risorse di materie prime africane e latinoamericane ad opera degli emissari di Xi Jinping si è così aggiunta alla lunga lista delle malefatte del grande paese d’Oriente, già responsabile di una troppo folgorante ascesa commerciale e produttiva.
Malgrado gli sforzi profusi su questo versante da politici, “esperti” e giornalisti, l’allarme sulla minaccia cinese al “mondo libero” non ha però avuto gli effetti sperati al di fuori dei confini degli Usa. Troppo lontano, il colosso asiatico, per turbare i sonni del cittadino medio europeo. E troppo flemmatiche ed elastiche, come da lunga tradizione del paese, le repliche degli accusati per offrire pretesti ad ulteriori intemerate di Washington. Meglio, allora, andare alla ricerca di un caso più adatto ad infiammare gli spiriti degli alleati-sudditi d’Oltreoceano. La Russia faceva perfettamente alla bisogna: un leader descritto da sempre come un autocrate cinico, astuto e spietato, sospettato di avvelenare i dissidenti; un paese in crisi economica ma capace di sviluppare un apparato militare sempre più sofisticato e di riassumere un ruolo di potenza anche grazie ad una incisiva proiezione sullo scenario mediterraneo e mediorientale (caso siriano in primo luogo); una diplomazia attiva su più fronti e impegnata a tessere legami più stretti con Pechino. Ed è stato quasi automatica riportarla in primo piano nello schema di rinnovata guerra fredda che gli strateghi nordamericani hanno elaborato.
La Nato, come sempre e soprattutto come avviene dal 1989 in poi, è stata lo strumento privilegiato della manovra, con il suo costante allargamento ad Est. L’Ucraina il pretesto ideale. Non occorreva una mente fine per prevedere che la minaccia del dispiegamento dell’apparato militare occidentale sui confini russi – inevitabile conseguenza dell’inclusione di Kiev nell’alleanza atlantica – avrebbe suscitato l’immediata reazione di Mosca. E che questa sarebbe stata sfruttata, stanti i precedenti di Crimea e Donbass, per gridare alla “aggressione” preordinata dal Cremlino e istigare i sentimenti e pregiudizi antirussi diffusi sul continente europeo, specialmente sul lato orientale.
Come è noto anche a chi non ha mai messo piede in un casinò, alla roulette non conviene puntare contemporaneamente sul rosso e sul nero: la perdita è sicura. Nel gioco bellico statunitense, non è stato così. Orchestrare un’isterica campagna propagandistica sul rischio imminente (addirittura fissato in un giorno preciso: il “fatidico” 16 febbraio) di un’invasione del territorio ucraino, con il contorno di apocalittici bombardamenti, stragi di civili ed esodi di massa, avrebbe portato comunque frutti cospicui. Dando per certo (l’ha detto la Cia…) il conflitto, se l’attacco ci fosse stato, gli Usa sarebbero passati da vigili guardiani dell’ordine planetario e baluardo della democrazia contro l’espansionismo dell’orso/orco moscovita. Se non ci fosse stato, si sarebbero potuti intestare il merito di averlo preventivamente stoppato, intimidendo il nuovo Zar e suggerendogli il ritiro delle truppe dai confini ucraini grazie allo spauracchio delle “dure” sanzioni. In entrambe le ipotesi, avrebbero ulteriormente rafforzato il proprio ruolo e la propria immagine a livello planetario, dimostrandosi in grado di mettere in riga per l’ennesima volta i governi europei, costringendoli a seguire ciecamente le loro direttive. E puntando a negoziare con la Russia un congelamento delle ipotesi di adesioni di Kiev alla Nato in cambio di un rallentamento o raffreddamento degli accordi con la Cina.
La trappola, insomma, è stata ben congegnata. E, come sempre, ha messo in chiaro l’incapacità – e soprattutto la mancanza di volontà – dell’Unione europea di svincolare le proprie sorti ed i propri interessi dai desiderata del Grande Fratello d’oltreoceano. La pantomima delle “mediazioni” di Francia o Germania non nasconde questa triste realtà. Alla quale è indispensabile oppure, in un’epoca in cui altro non sembra possibile fare, quantomeno un’inflessibile resistenza interiore, continuando ad esprimere in ogni sede il rifiuto della strategia, della mentalità e della cultura occidentalista.

 

“Cari russi, è questione di vita o di morte”: ecco il discorso di guerra di Putin

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L’annuncio delle operazioni militari in Ucraina. La condanna della Nato: “Moderna forma di assolutismo”

Pubblichiamo la traduzione del video messaggio notturno che ha dato il via alle operazioni russe in Ucraina. Putin si rivolge sia ai cittadini russi che a quelli ucraini. Il video e il testo del discorso sono stati pubblicati sul sito del Cremlino.

di Vladimir Putin

Cari cittadini russi! Cari amici!

Oggi, ritengo ancora una volta necessario tornare sui tragici eventi accaduti nel Donbass e sulle questioni chiave per garantire la sicurezza della stessa Russia.

Vorrei iniziare con quanto ho detto nel mio discorso del 21 febbraio di quest’anno. Stiamo parlando di ciò che ci provoca particolare preoccupazione e ansia, di quelle minacce fondamentali che anno dopo anno, passo dopo passo, vengono create in modo rude e senza tante cerimonie da politici irresponsabili in Occidente nei confronti del nostro Paese. Intendo l’espansione del blocco NATO ad est, avvicinando le sue infrastrutture militari ai confini russi.

È noto che per 30 anni abbiamo cercato con insistenza e pazienza di raggiungere un accordo con i principali paesi della NATO sui principi di una sicurezza uguale e indivisibile in Europa. In risposta alle nostre proposte, ci siamo trovati costantemente di fronte a cinici inganni e menzogne, ora tentativi di pressioni e ricatti, mentre l’Alleanza del Nord Atlantico, nel frattempo, nonostante tutte le nostre proteste e preoccupazioni, è in costante espansione. La macchina militare si muove e, ripeto, si avvicina ai nostri confini.

Perché sta succedendo tutto questo? Da dove viene questo modo sfacciato di parlare dalla posizione della propria esclusività, infallibilità e permissività? Da dove viene l’atteggiamento sprezzante e sprezzante nei confronti dei nostri interessi e delle nostre esigenze assolutamente legittime?

La risposta è chiara, tutto è chiaro ed ovvio. L’Unione Sovietica alla fine degli anni ’80 del secolo scorso si è indebolita e poi è completamente crollata. L’intero corso degli eventi che hanno avuto luogo allora è una buona lezione anche per noi oggi: ha mostrato in modo convincente che la paralisi del potere e della volontà è il primo passo verso il completo degrado e l’oblio. Non appena abbiamo perso la fiducia in noi stessi per qualche tempo, e basta, l’equilibrio di potere nel mondo si è rivelato disturbato.

Ciò ha portato al fatto che i precedenti trattati e accordi non sono più in vigore. La persuasione e le richieste non aiutano. Tutto ciò che non si addice all’egemone, al potere, viene dichiarato arcaico, obsoleto, non necessario. E viceversa: tutto ciò che sembra loro vantaggioso è presentato come la verità ultima, spinta a tutti i costi, rozzamente, con tutti i mezzi. I dissidenti sono sfondati al ginocchio.

Ciò di cui parlo ora non riguarda solo la Russia e non solo noi. Questo vale per l’intero sistema delle relazioni internazionali, e talvolta anche per gli stessi alleati degli Stati Uniti. Dopo il crollo dell’URSS, iniziò effettivamente la spartizione del mondo e le norme di diritto internazionale che si erano sviluppate a quel tempo – e quelle chiave, di base, furono adottate alla fine della seconda guerra mondiale e ne consolidarono ampiamente i risultati – cominciò a interferire con coloro che si dichiararono vincitori della Guerra Fredda.

Certo, nella vita pratica, nelle relazioni internazionali, nelle regole per la loro regolamentazione, bisognava tener conto dei mutamenti della situazione mondiale e degli stessi equilibri di potere. Tuttavia, ciò avrebbe dovuto essere fatto in modo professionale, fluido, paziente, tenendo conto e rispettando gli interessi di tutti i paesi e comprendendo la nostra responsabilità. Ma no – uno stato di euforia da assoluta superiorità, una sorta di moderna forma di assolutismo, e anche sullo sfondo di un basso livello di cultura generale e arroganza di coloro che hanno preparato, adottato e spinto attraverso decisioni vantaggiose solo per se stessi. La situazione iniziò a svilupparsi secondo uno scenario diverso.

Non devi cercare lontano per gli esempi. In primo luogo, senza alcuna sanzione da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, hanno condotto una sanguinosa operazione militare contro Belgrado, utilizzando aerei e missili proprio nel centro dell’Europa. Diverse settimane di continui bombardamenti di città civili, su infrastrutture di supporto vitale. Dobbiamo ricordare questi fatti, altrimenti ad alcuni colleghi occidentali non piace ricordare quegli eventi, e quando ne parliamo preferiscono indicare non le norme del diritto internazionale, ma le circostanze che interpretano come meglio credono.

Poi è stata la volta dell’Iraq, della Libia, della Siria. L’uso illegittimo della forza militare contro la Libia, la perversione di tutte le decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla questione libica hanno portato alla completa distruzione dello Stato, all’emergere di un enorme focolaio di terrorismo internazionale, al fatto che il Paese è precipitato in una catastrofe umanitaria che non si ferma da molti anni la guerra civile. La tragedia, che ha condannato centinaia di migliaia, milioni di persone non solo in Libia, ma in tutta questa regione, ha dato luogo a un massiccio esodo migratorio dal Nord Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa.

Un destino simile era stato preparato per la Siria. I combattimenti della coalizione occidentale sul territorio di questo Paese senza il consenso del governo siriano e la sanzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu non sono altro che aggressione, intervento.

Tuttavia, un posto speciale in questa serie è occupato, ovviamente, dall’invasione dell’Iraq, anche senza alcun fondamento giuridico. Come pretesto, hanno scelto informazioni affidabili presumibilmente disponibili per gli Stati Uniti sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq. A riprova di ciò, pubblicamente, davanti al mondo intero, il Segretario di Stato americano stava agitando una specie di provetta con polvere bianca, assicurando a tutti che questa è l’arma chimica sviluppata in Iraq. E poi si è scoperto che tutto questo era una bufala, un bluff: non ci sono armi chimiche in Iraq. Incredibile, sorprendente, ma il fatto resta. C’erano bugie al più alto livello statale e dall’alto podio delle Nazioni Unite. E di conseguenza: enormi perdite, distruzione, un’incredibile ondata di terrorismo.

In generale si ha l’impressione che praticamente ovunque, in molte regioni del mondo, dove l’Occidente viene a stabilire il proprio ordine, il risultato siano ferite sanguinanti e non rimarginate, ulcere del terrorismo internazionale e dell’estremismo. Tutto ciò che ho detto è il più eclatante, ma non l’unico esempio di disprezzo del diritto internazionale.

In questa serie, e promette al nostro paese di non espandere la NATO di un pollice a est. Ripeto: mi hanno ingannato, ma in termini popolari l’hanno semplicemente buttato via. Sì, si sente spesso dire che la politica è un affare sporco. Forse, ma non nella stessa misura, non nella stessa misura. Dopotutto, tale comportamento imbroglione contraddice non solo i principi delle relazioni internazionali, ma soprattutto le norme morali e morali generalmente riconosciute. Dov’è la giustizia e la verità qui? Solo un mucchio di bugie e ipocrisie.

A proposito, politici, scienziati politici e giornalisti americani stessi scrivono e parlano del fatto che negli ultimi anni negli Stati Uniti si è creato un vero e proprio “impero delle bugie”. È difficile non essere d’accordo, è vero. Ma non essere modesto: gli Stati Uniti sono ancora un grande Paese, una potenza che fa sistema. Tutti i suoi satelliti non solo danno rassegnato e doveroso assenso, cantano insieme a lei per qualsiasi motivo, ma copiano anche il suo comportamento, accettano con entusiasmo le regole che propone. Pertanto, a ragione, possiamo affermare con sicurezza che l’intero cosiddetto blocco occidentale, formato dagli Stati Uniti a propria immagine e somiglianza, è tutto il vero “impero della menzogna”.

Quanto al nostro Paese, dopo il crollo dell’URSS, con tutta l’apertura senza precedenti della nuova Russia moderna, la disponibilità a lavorare onestamente con gli Stati Uniti e gli altri partner occidentali, e nelle condizioni di un disarmo praticamente unilaterale, hanno subito cercato di metti la stretta, finisci e distruggici completamente. Questo è esattamente ciò che è successo negli anni ’90, all’inizio degli anni 2000, quando il cosiddetto Occidente collettivo ha sostenuto più attivamente il separatismo e le bande mercenarie nella Russia meridionale. Quali sacrifici, quali perdite ci costò tutto questo allora, quali prove abbiamo dovuto affrontare prima di spezzare finalmente la schiena al terrorismo internazionale nel Caucaso. Lo ricordiamo e non lo dimenticheremo mai.

Sì, infatti, fino a poco tempo fa, i tentativi non hanno smesso di usarci nel proprio interesse, di distruggere i nostri valori tradizionali e di imporci i loro pseudo-valori che corroderebbero noi, la nostra gente dall’interno, quegli atteggiamenti che stanno già piantando in modo aggressivo nei loro paesi e che portano direttamente al degrado e alla degenerazione, perché contraddicono la natura stessa dell’uomo. Non succederà, nessuno l’ha mai fatto. Non funzionerà neanche adesso.

Nonostante tutto, nel dicembre 2021, abbiamo comunque tentato ancora una volta di concordare con gli Stati Uniti e i suoi alleati sui principi di garantire la sicurezza in Europa e sulla non espansione della NATO. Tutto è vano. La posizione degli Stati Uniti non cambia. Non ritengono necessario negoziare con la Russia su questa questione fondamentale per noi, perseguendo i propri obiettivi, trascurano i nostri interessi.

E ovviamente, in questa situazione, abbiamo una domanda: cosa fare dopo, cosa aspettarsi? Sappiamo bene dalla storia come negli anni Quaranta e all’inizio degli anni Quaranta l’Unione Sovietica abbia cercato in tutti i modi di prevenire o almeno ritardare lo scoppio della guerra. A tal fine, tra l’altro, ha cercato letteralmente fino all’ultimo di non provocare un potenziale aggressore, non ha compiuto o rimandato le azioni più necessarie e ovvie per prepararsi a respingere un inevitabile attacco. E quei passi che furono fatti alla fine furono catastroficamente tardi.

Di conseguenza, il paese non era pronto ad affrontare pienamente l’invasione della Germania nazista, che attaccò la nostra Patria il 22 giugno 1941 senza dichiarare guerra. Il nemico fu fermato e poi schiacciato, ma a un costo colossale. Un tentativo di placare l’aggressore alla vigilia della Grande Guerra Patriottica si è rivelato un errore che è costato caro al nostro popolo. Nei primissimi mesi di ostilità abbiamo perso territori enormi e strategicamente importanti e milioni di persone. La seconda volta che non permetteremo un errore del genere, non abbiamo alcun diritto.

Coloro che rivendicano il dominio del mondo, pubblicamente, impunemente e, sottolineo, senza alcun motivo, dichiarano noi, la Russia, il loro nemico. Infatti, oggi hanno grandi capacità finanziarie, scientifiche, tecnologiche e militari. Ne siamo consapevoli e valutiamo oggettivamente le minacce che ci vengono costantemente rivolte in ambito economico, nonché la nostra capacità di resistere a questo ricatto sfacciato e permanente. Ripeto, li valutiamo senza illusioni, in modo estremamente realistico.

Per quanto riguarda la sfera militare, la Russia moderna, anche dopo il crollo dell’URSS e la perdita di una parte significativa del suo potenziale, è oggi una delle più potenti potenze nucleari del mondo e, inoltre, presenta alcuni vantaggi in una serie di gli ultimi tipi di armi. A questo proposito, nessuno dovrebbe avere dubbi sul fatto che un attacco diretto al nostro Paese porterà alla sconfitta e alle terribili conseguenze per qualsiasi potenziale aggressore.

Allo stesso tempo, le tecnologie, comprese le tecnologie di difesa, stanno cambiando rapidamente. La leadership in quest’area sta passando e continuerà a passare di mano, ma lo sviluppo militare dei territori adiacenti ai nostri confini, se lo consentiamo, durerà per decenni a venire, e forse per sempre, e creerà un quadro sempre crescente, assolutamente minaccia inaccettabile per la Russia.

Anche ora, mentre la NATO si espande ad est, la situazione per il nostro Paese sta peggiorando e diventando ogni anno più pericolosa. Inoltre, in questi giorni, la leadership della NATO ha parlato apertamente della necessità di accelerare, accelerare l’avanzamento delle infrastrutture dell’Alleanza fino ai confini della Russia. In altre parole, stanno rafforzando la loro posizione. Non possiamo più semplicemente continuare a osservare ciò che sta accadendo. Sarebbe assolutamente irresponsabile da parte nostra.

L’ulteriore espansione delle infrastrutture dell’Alleanza del Nord Atlantico, lo sviluppo militare dei territori dell’Ucraina che è iniziato è per noi inaccettabile. Il punto, ovviamente, non è l’organizzazione NATO in sé, è solo uno strumento della politica estera statunitense. Il problema è che nei territori a noi adiacenti, noterò, nei nostri stessi territori storici, si sta creando un sistema “anti-Russia” a noi ostile, che è stato posto sotto il completo controllo esterno, è intensamente colonizzato dalle forze armate dei paesi della NATO ed è dotato delle armi più moderne.

Per gli Stati Uniti e i suoi alleati, questa è la cosiddetta politica di contenimento della Russia, evidenti dividendi geopolitici. E per il nostro paese, questa è in definitiva una questione di vita o di morte, una questione del nostro futuro storico come popolo. E questa non è un’esagerazione, è vero. Questa è una vera minaccia non solo per i nostri interessi, ma anche per l’esistenza stessa del nostro Stato, la sua sovranità. Questa è la linea molto rossa di cui si è parlato molte volte. L’hanno superata.

A questo proposito, e sulla situazione nel Donbass. Vediamo che le forze che hanno compiuto un colpo di stato in Ucraina nel 2014, hanno preso il potere e lo stanno detenendo con l’aiuto, di fatto, di procedure elettorali decorative, hanno finalmente abbandonato la soluzione pacifica del conflitto. Per otto anni, otto anni infiniti, abbiamo fatto tutto il possibile per risolvere la situazione con mezzi pacifici e politici. Tutto invano.

Come ho detto nel mio discorso precedente, non si può guardare ciò che sta accadendo lì senza compassione. Era semplicemente impossibile sopportare tutto questo. Era necessario fermare immediatamente questo incubo: il genocidio contro i milioni di persone che vivono lì, che fanno affidamento solo sulla Russia, sperano solo in noi. Sono state queste aspirazioni, sentimenti, dolore delle persone che sono state per noi il motivo principale per prendere la decisione di riconoscere le repubbliche popolari del Donbass.

Quello che penso sia importante sottolineare ulteriormente. I principali paesi della NATO, al fine di raggiungere i propri obiettivi, sostengono in tutto i nazionalisti estremisti e neonazisti in Ucraina, che, a loro volta, non perdoneranno mai i residenti di Crimea e Sebastopoli per la loro libera scelta: la riunificazione con la Russia.

Ovviamente saliranno in Crimea, e proprio come nel Donbass, con una guerra, per uccidere, come punitori delle bande dei nazionalisti ucraini, i complici di Hitler, uccisero persone indifese durante la Grande Guerra Patriottica. Dichiarano apertamente di rivendicare un certo numero di altri territori russi.

L’intero corso degli eventi e l’analisi delle informazioni in arrivo mostra che lo scontro della Russia con queste forze è inevitabile. È solo questione di tempo: si stanno preparando, aspettano il momento giusto. Ora affermano anche di possedere armi nucleari. Non permetteremo che ciò avvenga.

Come ho detto prima, dopo il crollo dell’URSS, la Russia ha accettato nuove realtà geopolitiche. Rispettiamo e continueremo a trattare con rispetto tutti i paesi di nuova formazione nello spazio post-sovietico. Rispettiamo e continueremo a rispettare la loro sovranità, e un esempio di ciò è l’assistenza che abbiamo fornito al Kazakistan, che ha dovuto affrontare eventi tragici, con una sfida alla sua statualità e integrità. Ma la Russia non può sentirsi al sicuro, svilupparsi, esistere con una minaccia costante proveniente dal territorio dell’Ucraina moderna.

Permettetemi di ricordarvi che nel 2000-2005 abbiamo respinto i terroristi nel Caucaso, abbiamo difeso l’integrità del nostro Stato, salvato la Russia. Nel 2014 abbiamo sostenuto i residenti della Crimea e di Sebastopoli. Nel 2015, le forze armate erano solite porre una barriera affidabile alla penetrazione dei terroristi dalla Siria in Russia. Non avevamo altro modo per proteggerci.

La stessa cosa sta accadendo ora. Semplicemente a te e a me non è stata lasciata alcuna altra opportunità per proteggere la Russia, il nostro popolo, ad eccezione di quella che saremo costretti a sfruttare oggi. Le circostanze richiedono un’azione decisa e immediata. Le repubbliche popolari del Donbass si sono rivolte alla Russia con una richiesta di aiuto.

A questo proposito, ai sensi dell’articolo 51 della parte 7 della Carta delle Nazioni Unite, con l’approvazione del Consiglio della Federazione russa e in applicazione dei trattati di amicizia e assistenza reciproca ratificati dall’Assemblea federale il 22 febbraio di quest’anno con il Donetsk Repubblica popolare e Repubblica popolare di Luhansk, ho deciso di condurre un’operazione militare speciale.

Il suo obiettivo è proteggere le persone che sono state oggetto di bullismo e genocidio da parte del regime di Kiev per otto anni. E per questo ci adopereremo per la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, nonché per assicurare alla giustizia coloro che hanno commesso numerosi crimini sanguinosi contro i civili, compresi i cittadini della Federazione Russa.

Allo stesso tempo, i nostri piani non includono l’occupazione dei territori ucraini. Non imporremo nulla a nessuno con la forza. Allo stesso tempo, sentiamo che negli ultimi tempi in Occidente ci sono sempre più parole che i documenti firmati dal regime totalitario sovietico, che consolidano i risultati della seconda guerra mondiale, non dovrebbero più essere eseguiti. Ebbene, qual è la risposta a questo?

I risultati della seconda guerra mondiale, così come i sacrifici fatti dal nostro popolo sull’altare della vittoria sul nazismo, sono sacri. Ma questo non contraddice gli alti valori dei diritti umani e delle libertà, basati sulle realtà che si sono sviluppate oggi in tutti i decenni del dopoguerra. Inoltre, non annulla il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, sancito dall’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite.

Lascia che ti ricordi che né durante la creazione dell’URSS, né dopo la seconda guerra mondiale, le persone che vivono in determinati territori che fanno parte dell’Ucraina moderna, nessuno si è mai chiesto come vogliono organizzare la propria vita. La nostra politica si basa sulla libertà, la libertà di scelta per ciascuno di determinare autonomamente il proprio futuro e il futuro dei propri figli. E riteniamo importante che questo diritto – il diritto di scelta – possa essere utilizzato da tutti i popoli che vivono sul territorio dell’odierna Ucraina, da chiunque lo desideri.

A questo proposito, mi rivolgo ai cittadini ucraini. Nel 2014, la Russia è stata obbligata a proteggere gli abitanti della Crimea e di Sebastopoli da coloro che tu stesso chiami “nazisti”. I residenti della Crimea e di Sebastopoli hanno scelto di stare con la loro patria storica, con la Russia, e noi lo abbiamo sostenuto. Ripeto, semplicemente non potremmo fare altrimenti.

Gli eventi di oggi non sono collegati al desiderio di violare gli interessi dell’Ucraina e del popolo ucraino. Sono legati alla protezione della stessa Russia da coloro che hanno preso in ostaggio l’Ucraina e stanno cercando di usarla contro il nostro paese e il suo popolo.

Ripeto, le nostre azioni sono autodifesa contro le minacce che si stanno creando per noi e da un disastro ancora più grande di quello che sta accadendo oggi. Per quanto difficile possa essere, vi chiedo di capirlo e di chiedere collaborazione per voltare al più presto questa tragica pagina e andare avanti insieme, per non permettere a nessuno di interferire nei nostri affari, nelle nostre relazioni, ma per costruirli da soli, in modo che crei le condizioni necessarie per superare tutti i problemi e, nonostante la presenza di confini statali, ci rafforzi dall’interno nel suo insieme. Io credo in questo – in questo è il nostro futuro.

Vorrei anche rivolgermi al personale militare delle forze armate ucraine.

Cari compagni! I vostri padri, nonni, bisnonni non hanno combattuto i nazisti, difendendo la nostra Patria comune, così che i neonazisti di oggi hanno preso il potere in Ucraina. Hai giurato fedeltà al popolo ucraino e non alla giunta antipopolare che saccheggia l’Ucraina e deride queste stesse persone.

Non seguire i suoi ordini criminali. Vi esorto a deporre immediatamente le armi e ad andare a casa. Mi spiego meglio: tutti i militari dell’esercito ucraino che soddisfano questo requisito potranno lasciare liberamente la zona di combattimento e tornare dalle loro famiglie.

Ancora una volta, sottolineo con forza: ogni responsabilità per un possibile spargimento di sangue sarà interamente sulla coscienza del regime che regna sul territorio dell’Ucraina.

Ora alcune parole importanti, molto importanti per coloro che potrebbero essere tentati di intervenire negli eventi in corso. Chiunque tenti di ostacolarci, e ancor di più di creare minacce per il nostro Paese, per il nostro popolo, dovrebbe sapere che la risposta della Russia sarà immediata e ti porterà a conseguenze che non hai mai sperimentato nella tua storia. Siamo pronti per qualsiasi sviluppo di eventi. Tutte le decisioni necessarie al riguardo sono state prese. Spero di essere ascoltato.

Cari cittadini russi!

Il benessere, l’esistenza stessa di interi stati e popoli, il loro successo e la loro vitalità hanno sempre origine nel potente apparato radicale della loro cultura e valori, esperienze e tradizioni dei loro antenati e, ovviamente, dipendono direttamente dalla capacità di adattarsi rapidamente a una vita in continuo cambiamento, sulla coesione della società, sulla sua disponibilità a consolidarsi, a raccogliere tutte le forze per andare avanti.

Le forze sono necessarie sempre – sempre, ma la forza può essere di qualità diversa. Al centro della politica dell ‘”impero della menzogna“, di cui ha parlato all’inizio del suo discorso, c’è principalmente la forza bruta e schietta. In questi casi, diciamo: “C’è potere, la mente non è necessaria”.

E tu ed io sappiamo che la vera forza è nella giustizia e nella verità, che è dalla nostra parte. E se è così, allora è difficile non essere d’accordo con il fatto che sono la forza e la prontezza a combattere che stanno alla base dell’indipendenza e della sovranità, sono le basi necessarie su cui puoi solo costruire in modo affidabile il tuo futuro, costruire la tua casa, la tua famiglia , la tua patria. .

Cari connazionali!

Sono fiducioso che i soldati e gli ufficiali delle forze armate russe devoti al loro paese adempiranno al loro dovere con professionalità e coraggio. Non ho dubbi che tutti i livelli di governo, gli specialisti responsabili della stabilità della nostra economia, del sistema finanziario, della sfera sociale, i capi delle nostre aziende e tutte le imprese russe agiranno in modo coordinato ed efficiente. Conto su una posizione consolidata e patriottica di tutti i partiti parlamentari e delle forze pubbliche.

In definitiva, come è sempre stato nella storia, il destino della Russia è nelle mani affidabili del nostro popolo multinazionale. E questo significa che le decisioni prese saranno attuate, gli obiettivi fissati saranno raggiunti, la sicurezza della nostra Patria sarà garantita in modo affidabile.

Credo nel vostro sostegno, in quella forza invincibile che ci dà il nostro amore per la Patria.

Vladimir Putin, 24 febbraio 2022

“Cari russi, è questione di vita o di morte”: ecco il discorso di guerra di Putin

Castagna a Telenuovo: “Il lupo è gli USA, ma l’Orso se lo mangia”…

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di Redazione

VIDEO puntata de “Rosso&Nero” su Telenuovo, oggi alle 12.40 con il nostro Responsabile Nazionale Matteo Castagna, l’On. Sergio Berlato, eurodeputato di Fratelli d’Italia e Franco Corti, Segretario del Partito Democratico di Padova: https://fb.watch/bnhWMSMujz/

Castagna: “Non devo fare professioni di fede atlantiste, soprattutto se gli aggressori sono gli imperialisti USA attraverso la NATO, che è un’istituzione obsoleta da sciogliere perché rappresenta solo gli interessi americani in Europa, che ne diviene lo scendiletto. La Russia di Putin vede violata la sua sovranità e fa bene a difendersi. Le sanzioni? Sarebbero l’ulteriore dimostrazione di una UE che fa come Tafazzi, ma sbattendo la bottiglia sui cosiddetti dei cittadini, che pagherebbero molto salato il conto in bolletta e nei consumi. La diplomazia e la politica hanno già fallito in favore dell’alta finanza e del primato dell’economia. Ora se Biden e Ue continuano a mostrare i muscoli sarà sempre peggio. E la Cina? Non dimentichiamoci che parallelamente si sta muovendo verso Taiwan”…

 

 

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