LA SINERGIA TRA LE FORZE DEL MULTIPOLARISMO

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Discorso alla 1° Conferenza europea sul multipolarismo del 4 settembre 2023

La transizione dall’amministrazione di Donald Trump a quella guidata da Joe Biden ha portato a un significativo cambiamento della politica estera statunitense.

Il miliardario newyorkese è stato formalmente issato alla Casa Bianca per soddisfare le richieste della classe media americana impoverita e delusa dall’eccessiva esposizione militare degli Stati Uniti nel mondo, sfruttando un sentimento di frustrazione che, non a caso, era già stato evidenziato da uno dei massimi analisti dei circoli di potere a stelle e strisce, Samuel Huntington.

In realtà, si è trattato dell’ennesimo “bait and switch” della geopolitica statunitense; Trump – il candidato ideale per raccogliere le proteste di questa componente risentita della società americana – è stato utilizzato per cercare di bloccare l’ascesa pacifica della Repubblica Popolare Cinese e soprattutto il suo progetto di Nuova Via della Seta terrestre e marittima che stava trasformando il processo di globalizzazione da unipolare a multipolare (facendo perdere agli Stati Uniti il loro dominio universale). Da qui la retorica della Casa Bianca sull’America First, sul protezionismo e sulle tariffe commerciali, metodi che si sono però rivelati inefficaci vista la stretta interconnessione tra le prime due economie del mondo.

Al protagonismo di Pechino, basato sui principi BRICS di non ingerenza negli affari interni degli Stati sovrani, di rispetto delle differenze culturali-religiose dei singoli Paesi (anche per quanto riguarda il modello di sviluppo) e di sostegno all’economia reale ma non speculativa, si è ovviamente unita anche Mosca, soprattutto dopo le sanzioni euro-atlantiche del 2014 per la questione della Crimea; il Cremlino ha reagito ad esse con un più intenso riavvicinamento economico alla Cina e con un intervento militare in Siria che ha sconvolto i piani statunitensi per il “Grande Medio Oriente”, secondo una logica che si potrebbe definire di “divisione internazionale del lavoro eurasiatico”. (La Russia usa lo strumento militare, la Cina quello economico). Fallito il tentativo trumpiano di staccare la Russia dalla Cina, con il pretesto della pandemia si è via via riproposto il vecchio schema della “guerra fredda”, della divisione del mondo in blocchi, dello scontro anche ideologico tra “autocrazie” e “democrazie”. A quel punto, il candidato naturale per l’establishment statunitense è diventato Joe Biden, il presidente che più probabilmente recupererà l’Europa all’interno del blocco guidato da Washington attraverso la NATO dopo le tribolazioni dell’era Trump.

Prima di insediare la Cina – considerata dagli Stati Uniti il vero rivale strategico per la governance mondiale – Washington cerca di sbarazzarsi del principale alleato di Xi Jinping, ovvero Vladimir Putin, per sostituirlo con un “fantoccio” disposto ad accettare il ruolo marginale di Mosca all’interno dell’ordine unipolare statunitense e la frammentazione della Federazione Russa.

A questo punto è necessario un ulteriore chiarimento. Molti parlano già di multipolarismo come di un processo pienamente avviato, in realtà siamo ancora in una fase di transizione che la diplomatica russa Marija Chodynskaja Goleniščeva ha brillantemente definito qualche anno fa come “dualismo policentrico”: “L’unipolarismo e l’unipolarismo pluralista (quello che gli americani chiamano multilateralismo), modelli tipici degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, cominciano a cedere il passo all’ordine mondiale policentrico. Questo processo, difficile e irregolare, incontra la resistenza di Stati abituati a dominare la scena mondiale e che hanno perso la capacità di negoziare per raggiungere compromessi che tengano conto degli interessi delle altre parti e presuppongano la disponibilità a fare concessioni. D’altra parte, la crescita del peso politico specifico degli “attori non convenzionali” (in primo luogo dei Paesi della regione) sulla scena internazionale, il loro desiderio di partecipare più attivamente al processo decisionale su questioni mondiali fondamentali porta a un profondo coinvolgimento di questi Stati nei conflitti che riguardano i loro interessi nazionali. Tutto ciò rende la situazione imprevedibile, porta alla “frammentazione” dei conflitti in aree di intersezione degli interessi degli attori politici globali e regionali e rende la risoluzione delle crisi mutevole in assenza di una metodologia adeguata alla realtà odierna.

Il filosofo geopolitico eurasiatico Aleksandr Dugin ha giustamente separato e distinto il concetto di multilateralismo – una comoda situazione di facciata che serve solo a distinguere la disuguaglianza tra l’egemone (gli USA) e i suoi vassalli (le nazioni dell’Alleanza Atlantica) – da quello di multipolarità, concetto caro a chi non accetta l’egemonia unipolare statunitense sul pianeta. Non ci possono essere compromessi tra i sostenitori dei due campi, tanto più che l’enunciazione di principi guida da parte di Putin e la sistematizzazione di strumenti militari ed economici alternativi (CSTO, Banca dei BRICS, OCS…) ha ulteriormente ampliato il divario tra le rispettive parti. Tornando a Dugin, egli sostiene che “un mondo multipolare non è un mondo bipolare perché nel mondo di oggi non c’è nessuna potenza che possa resistere con le proprie forze al potere strategico degli Stati Uniti e dei Paesi della NATO, e inoltre non c’è nessuna ideologia generale e coerente in grado di unire gran parte dell’umanità in chiara opposizione ideologica all’ideologia della democrazia liberale, del capitalismo e dei diritti umani, su cui gli Stati Uniti fondano ora una nuova, unica ideologia. Né la Russia moderna, la Cina, l’India o qualsiasi altro Stato possono pretendere di essere un secondo polo in queste condizioni. Il ripristino del bipolarismo è impossibile per ragioni ideologiche e tecnico-militari…”. In realtà, proprio il rispetto da parte dei BRICS e dei loro alleati dei principi condivisi di non ingerenza negli affari interni degli Stati sovrani, unito all’affermazione delle specificità culturali, dei modelli economici specifici (produttivi contro finanziari) e delle diverse visioni del mondo (basti pensare al concetto di “famiglia”), ha già diviso lo scacchiere geopolitico tra due poli in costante competizione tra loro in tutte le aree del pianeta. L’accelerazione della competizione tra i due campi negli ultimi anni ha infatti costretto in un modo o nell’altro tutti gli Stati nazionali a schierarsi da una parte o dall’altra. In conclusione, se è vero che attualmente non viviamo ancora in un sistema geopolitico multipolare, è altrettanto vero che la conditio sine qua non del suo completamento è il passaggio a una nuova fase bipolare che, pur non basandosi più sulla storica contrapposizione ideologica tra capitalismo e marxismo, conserva comunque differenze epocali di visione del mondo. Non si tratta quindi solo di proporre una riorganizzazione delle relazioni internazionali o di interpretare l’attuale fase storica come il passaggio dalla competizione geopolitica a quella geoeconomica, ma di approfondire ulteriormente la sinergia già esistente tra le forze che tendono a favorire il multipolarismo per far capire che l’attuale precario equilibrio bipolare può essere rotto solo con il ridimensionamento strategico degli Stati Uniti d’America. Solo quando Washington accetterà o sarà costretta a rinunciare al suo tentativo di egemonia mondiale, di fronte all’evidenza della sua incapacità di guidare il pianeta, si realizzerà l’agognato sistema multipolare; nel frattempo, la fase intermedia non potrà che essere sempre più bipolare, come gli ultimi avvenimenti stanno evidenziando: il trinceramento del mondo atlantico, Europa compresa, a difesa della supremazia del dollaro statunitense.

Allo stesso tempo, la fine dell’eurocentrismo richiede una nuova idea-forza da parte dei sostenitori del mondo multipolare che imponga la fine dell’assunto di occidentalizzazione-modernizzazione-liberismo-democrazia-diritti umani/individuali come unico progresso possibile dell’umanità. Un processo di cambiamento culturale che dovrebbe essere coordinato con i Paesi BRICS, ai quali potrebbero presto aggiungersi almeno altre 20 nazioni di varie parti del globo.

Dovrebbero poi riconoscere il ruolo della Russia come Piemonte d’Europa e cercare di coagulare tutte quelle forze genuinamente antiamericane presenti all’interno del Vecchio Continente (tenendo presente la subordinazione e la complicità dell’Unione Europea con l’imperialismo statunitense).

Una transizione pacifica dall’unipolarismo al multipolarismo potrebbe essere più conveniente per tutti. Il mondo sarebbe diviso in zone d’influenza in cui le potenze regionali e vicine si attivano per risolvere eventualmente le varie questioni in modo pacifico: è il modello che ho definito globalizzazione multipolare, perché si basa su diversi attori-civiltà e sulla composizione possibilmente win-win degli interessi. Ma la vittoria militare russa in Ucraina e il completamento del processo di dedollarizzazione già in atto costituiscono le premesse indispensabili.

Fonte: https://www.geopolitika.ru/it/article/la-sinergia-tra-le-forze-del-multipolarismo

Escatologie del mondo multipolare

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di Alexandr Dugin

BRICS: La creazione del multipolarismo. Il XV Vertice dei BRICS: La creazione di un mondo multipolare

Il XV vertice dei BRICS ha preso la storica decisione di ammettere altri 6 Paesi nell’organizzazione: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. In questo modo è stata completata la formazione del nucleo di un mondo multipolare.

Sebbene i BRICS, ex BRIC, fossero un’associazione condizionata di Paesi semiperiferici (secondo Wallerstein) o del “secondo mondo”, il dialogo tra questi Paesi, che non fanno parte della struttura dell’Occidente collettivo (NATO e altre organizzazioni rigidamente unipolari dominate dagli Stati Uniti), ha gradualmente delineato i contorni di un ordine mondiale alternativo. Se la civiltà occidentale si considera l’unica, e questa è l’essenza del globalismo e dell’unipolarismo, i Paesi BRICS rappresentano civiltà sovrane e indipendenti, diverse dall’Occidente, con una lunga storia e un sistema di valori tradizionali del tutto originale.

Inizialmente l’associazione BRIC, creata nel 2006 su iniziativa del presidente russo Vladimir Putin, comprendeva quattro Paesi: Brasile, Russia, India e Cina. Il Brasile, la più grande potenza del Sudamerica, rappresentava il continente latinoamericano. La Russia, la Cina e l’India sono di per sé di dimensioni sufficienti per essere considerate civiltà a tutto tondo. Sono più che semplici Stati-nazione.

La Russia è l’avanguardia dell’Eurasia, il “Grande Spazio” eurasiatico.

La Cina è responsabile di un’area significativa delle potenze vicine dell’Indocina e di molte altre (il progetto One Belt One Road è il modo concreto per stabilire questo “Grande Spazio” cinese basato sulla cooperazione pacifica).

L’India estende la sua influenza anche al di là dei suoi confini, almeno fino al Bangladesh e al Nepal.

Quando nel 2011 il Sudafrica si è unito ai Paesi BRIC (da cui l’acronimo BRICS – la “C” alla fine di Sudafrica), simbolicamente era rappresentato anche il più grande Paese africano.

7 civiltà (1 contro 6)

Ma al XV vertice, tenutosi dal 22 al 24 agosto 2023 a Johannesburg, ha avuto luogo la formazione definitiva del club multipolare. L’ingresso di tre potenze islamiche – l’Iran sciita e l’Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sunniti – è stato fondamentale. In questo modo, è stata assicurata la partecipazione diretta al mondo multipolare dell’intera civiltà islamica, rappresentata da entrambi i rami – sunnismo e sciismo -.

Inoltre, insieme al Brasile di lingua portoghese, l’Argentina di lingua spagnola, altra potenza forte e indipendente, si è unita ai BRICS. Già a metà del XX secolo, i teorici dell’unificazione sudamericana in un “Grande Spazio” consolidato – in primis il generale argentino Juan Perón e il presidente brasiliano Getúlio Vargas – consideravano un decisivo avvicinamento tra Brasile e Argentina come il primo principio di questo processo. Se questo si realizzerà, il processo di integrazione dell’ecumene latinoamericano (termine di A. Buela) sarà irreversibile. Ed è proprio quello che sta accadendo ora nel contesto dell’adesione delle due maggiori potenze del Sud America, Brasile e Argentina, al club multipolare.

Anche l’ammissione dell’Etiopia è altamente simbolica. È l’unico Paese africano che è rimasto indipendente per tutta l’epoca coloniale, preservando la sua sovranità, la sua indipendenza e la sua cultura unica (gli etiopi sono il più antico popolo cristiano). Insieme al Sudafrica, l’Etiopia rafforza con la sua presenza nel club multipolare il continente africano nel suo complesso.

In effetti, la nuova composizione dei BRICS ci offre un modello completo di unione di tutti i poli – civiltà, “Spazi Maggiori”, con l’eccezione dell’Occidente, che cerca disperatamente di preservare la sua egemonia e la sua struttura unipolare. Ma ora non si trova di fronte a Paesi disparati e frammentati, pieni di contraddizioni interne ed esterne, bensì a una forza unita della maggioranza dell’umanità, determinata a costruire un mondo multipolare.

Questo mondo multipolare è costituito dalle seguenti civiltà:

  1. L’Occidente (USA+UE e i loro vassalli, tra cui, ahimè, il Giappone, un tempo fiero e sovrano, ora degradato a fantoccio passivo dei conquistatori occidentali);
  2. La Cina (+Taiwan) con i suoi satelliti;
  3. Russia (come integratore dell’intero spazio eurasiatico);
  4. L’India e la sua zona di influenza;
  5. America Latina (con il nucleo di Brasile+Argentina);
  6. Africa (Sudafrica+Etiopia, con Mali, Burkina Faso, Niger, ecc. liberati dall’influenza coloniale francese).
  7. Mondo islamico (in entrambe le versioni – Iran sciita, Arabia Saudita sunnita ed Emirati Arabi Uniti).

Allo stesso tempo, una civiltà – quella occidentale – rivendica l’egemonia, mentre le altre sei la negano, accettando solo un sistema multipolare e riconoscendo l’Occidente come solo una delle civiltà, insieme ad altre. Forse ancora più forte (relativamente e non troppo a lungo), ma non unica.

Così la giustezza di Samuel Huntington, che vedeva il futuro nel ritorno della civiltà, è stata confermata nella pratica, mentre è diventata evidente la fallacia della tesi di Fukuyama, che credeva che l’egemonia globale dell’Occidente liberale (la fine della storia) fosse già stata raggiunta. A Fukuyama non resta quindi che fare la morale ai neonazisti ucraini, l’ultima speranza dei globalisti di fermare l’insorgere del multipolarismo, per il quale la Russia in Ucraina si batte oggi.

L’agosto 2023 può essere considerato il compleanno del mondo multipolare.

Il multipolarismo è stabilito e in qualche modo istituzionalizzato. È ora di guardare più da vicino a come gli stessi poli civili interpretano la situazione in cui si trovano. E qui dobbiamo tenere conto del fatto che praticamente ogni civiltà sovrana ha una propria idea della struttura della storia, della natura del tempo storico, della sua direzione, della meta e del fine. Contrariamente a Fukuyama, che ha ambiziosamente proclamato un’unica fine della storia (nella sua versione liberale), ogni civiltà sovrana opera con una propria comprensione, interpretazione e descrizione della fine della storia. Esaminiamo brevemente questa situazione.

Ogni civiltà ha la propria idea della fine del mondo

Ogni polo del mondo multipolare, cioè ogni civiltà, ha la sua versione dell’escatologia, in parte più e in parte meno esplicita.

L’escatologia è la dottrina della fine del mondo o della fine della storia. Le escatologie costituiscono una parte essenziale delle dottrine religiose, ma hanno anche versioni laiche. Qualsiasi idea sulla direzione lineare del processo storico e sulla sua presunta finalità può essere considerata “escatologia.

Il mondo multipolare è costituito da diverse civiltà o “Spazi Maggiori”, con un sistema di valori tradizionali del tutto unico e originale. Questo è il polo (non il singolo Stato). Un polo è appunto una civiltà. Ogni civiltà ha una propria idea della natura del processo storico, della sua direzione e del suo obiettivo, e quindi una propria escatologia.

In alcuni “Grandi Spazi” esistono addirittura diverse versioni di escatologia, e alcune formazioni politiche relativamente piccole, che non possono in alcun modo pretendere di essere un polo, hanno tuttavia talvolta un’escatologia speciale e persino sviluppata.

Vediamo di delineare i diversi tipi in termini più generali.

Escatologie dell’Occidente: l’escatologia nel cristianesimo occidentale

Il cristianesimo occidentale aveva originariamente la stessa dottrina escatologica del cristianesimo orientale, essendo un’unica civiltà. Nel cristianesimo – sia nel cattolicesimo che nell’ortodossia (e anche nel protestantesimo) – la fine del mondo è considerata inevitabile, poiché il mondo e la sua storia sono finiti e Dio è infinito. Dopo la venuta di Cristo, il mondo si avvia verso la sua fine e il ritorno di Cristo stesso è visto come se avvenisse “negli ultimi giorni”. L’intera storia della Chiesa cristiana è una preparazione ai tempi finali, al Giudizio Universale e alla Seconda Venuta di Cristo. Il cristianesimo insegna che prima della Seconda Venuta ci sarà un’apostasia generale dell’umanità, le nazioni si allontaneranno da Cristo e dalla sua Chiesa e si affideranno solo alle proprie forze (umanesimo). In seguito l’umanità degenererà completamente e l’Anticristo, il messaggero del diavolo, il “figlio della perdizione”, prenderà il potere.

L’Anticristo governerà per un breve periodo (3,5 anni, “un tempo, due tempi e mezzo”), i santi e i profeti Elia ed Enoch, che torneranno sulla terra, lo denunceranno, e poi avverrà la Seconda Venuta, la resurrezione dei morti e il Giudizio Universale. Questo è ciò in cui ogni cristiano è obbligato a credere.

Allo stesso tempo, il cattolicesimo, che si è gradualmente separato dal tronco ortodosso unito, credeva che la roccaforte dei cristiani dovesse essere la Chiesa cattolica sotto il Papa, la “Città di Dio”, e che la ritirata avrebbe riguardato solo le entità politiche terrene, la “Città della Terra”.

C’è una battaglia spirituale tra la politica celeste del Vaticano e quella terrena dei monarchi secolari. Nell’Ortodossia, a differenza del Cattolicesimo, il principale ostacolo sul cammino dell’Anticristo è il Sacro Impero, l’eterna Roma.

L’escatologia cristiana tradizionale ed esattamente questa visione – in parte pessimistica – del vettore della storia hanno prevalso in Europa fino all’inizio della Modernità. È così che i veri cattolici tradizionali, non influenzati dallo spirito illuminista, sempre meno numerosi in Occidente, continuano a pensare alla fine del mondo.

Le escatologie protestanti sono più bizzarre. Negli anabattisti di Münster o negli hussiti cechi, la Seconda Venuta era preceduta dall’instaurazione dell’uguaglianza universale (comunismo escatologico), dall’abolizione delle gerarchie di classe e della proprietà privata.

Recentemente, sotto l’influenza della modernizzazione e del politicamente corretto, molte denominazioni protestanti e la Chiesa anglicana hanno rivisto la loro visione dell’escatologia, rompendo definitivamente con l’antica tradizione cristiana.

Escatologia massonica: la teoria del progresso

Alle origini della civiltà europea occidentale della Modernità c’è la Massoneria europea, in mezzo alla quale è nata l’idea bizzarra e incoerente del “progresso sociale”. L’idea di progresso è la diretta antitesi della comprensione cristiana della storia. Essa rifiuta l’apostasia, l’Anticristo, il Giudizio Universale, la resurrezione dei morti e l’esistenza stessa dell’anima.

I massoni ritenevano che l’umanità si sviluppasse progressivamente: all’inizio la barbarie (non il paradiso terrestre), poi la barbarie (non la società tradizionale), quindi la civiltà (che culmina nella Modernità europea e nell’Illuminismo, ossia società laiche atee basate su una visione del mondo scientifica materialista). La “civiltà” (al singolare!) nella sua formazione passa attraverso una serie di fasi che vanno dalle confessioni tradizionali al culto umanistico del Grande Architetto dell’Universo e poi alla democrazia liberale, dove scienza, ateismo e materialismo trionfano pienamente. La Massoneria conservatrice (Rito Scozzese) si ferma di solito al culto del Grande Architetto dell’Universo (cioè al deismo – il riconoscimento di un “dio” indefinito e non confessionale), mentre le Logge più rivoluzionarie del “Grande Oriente” chiedono di andare oltre – fino alla completa abolizione della religione e della gerarchia sociale. Il Rito Scozzese è sinonimo di liberalismo classico (grande capitale), il Grande Oriente e le altre logge rivoluzionarie sono sinonimo di democrazia liberale (crescita intensiva della classe media e ridistribuzione del capitale dalla grande borghesia alla media e piccola borghesia).

Ma nella Massoneria, in entrambe le versioni, vediamo un vettore chiaramente diretto alla fine della storia, cioè alla costruzione della moderna civiltà globale progressista. Questa è l’ideologia del globalismo in due versioni: conservatrice (graduale) e offensiva (rivoluzionaria-democratica).

Inghilterra: la quinta monarchia

Durante la Rivoluzione inglese di Cromwell, la teoria della Quinta Monarchia si sviluppò negli ambienti protestanti sotto l’influenza dei circoli ebraici e del sabbatismo (in particolare del rabbino olandese Manasseh ben-Israel). La dottrina dei quattro regni mondiali (babilonese, persiano, greco e romano), tradizionale per il cristianesimo, fu dichiarata insufficiente e dopo la caduta di Roma (che per i protestanti significava il rifiuto di riconoscere l’autorità del Papa e il rovesciamento della monarchia, il regicidio) sarebbe arrivato il quinto regno.

In precedenza, un’idea simile era emersa in Portogallo in relazione all’impero marittimo portoghese e alla missione speciale del “re scomparso” Sebastiano. La versione portoghese e portoghese-centrica (mistico-monarchica) fu trasmessa agli ebrei portoghesi convertiti (marrani) e agli ebrei esiliati in Olanda e Brasile. Uno di loro era Manasseh ben-Israel, dal quale questa teoria passò ai protestanti inglesi e alla cerchia ristretta di Cromwell (T. Harisson).

I sostenitori di questa teoria consideravano Cromwell stesso come il futuro monarca mondiale del Quinto Impero. La Quinta Monarchia sarebbe stata caratterizzata dall’abolizione del cattolicesimo, del potere monarchico ereditario, degli Estati e avrebbe rappresentato il trionfo della democrazia borghese e del capitalismo.

Questo fu continuato dalla corrente dell'”israelismo britannico” (British Israelism), che dichiarò che gli inglesi erano “le dieci tribù perdute di Israele” e diffuse la convinzione dell’imminente dominio mondiale dell’Inghilterra e della razza anglosassone. Il dominio mondiale dei “Nuovi Israeliti” (anglosassoni) era visto al di là dei Quattro Regni e rompeva con l’escatologia cristiana tradizionale, poiché la Quinta Monarchia significava la distruzione dei regni cristiani tradizionali e il dominio del “popolo eletto” (questa volta non gli ebrei, ma gli inglesi).

Dall’Inghilterra, le sette protestanti estreme trasferirono queste idee negli Stati Uniti, che furono creati come incarnazione storica della Quinta Monarchia. Da qui l’escatologia americana nelle mitologie di W. Blake (in “The Prophecy of America” gli USA sono rappresentati dal gigante Orcus che si libera dalle catene del “vecchio dio”), che era anche un aderente alla teoria dell'”israelismo britannico”. Blake incarnò queste idee nella sua poesia “Jerusalem”, che divenne l’inno non ufficiale dell’Inghilterra.

USA: dispensazionalismo

Negli Stati Uniti, le idee dell'”Israelismo britannico” e della Quinta Monarchia furono sviluppate in alcune denominazioni protestanti e divennero la base di una particolare corrente di dispensazionalismo basata sulle idee dei Fratelli di Plymouth (predicatore John Darby) e sull’edizione Scofield della Bibbia di riferimento, dove l’interpretazione escatologica in chiave dispensazionalista è incorporata nel testo biblico in modo tale che alla gente comune sembra un’unica narrazione.

Il dispensazionalismo considera gli anglosassoni e i protestanti (“nati di nuovo”) come il popolo eletto e applica a loro tutte le profezie sugli ebrei. Secondo questa dottrina, l’umanità vive alla fine dell’ultima “dispensazione” del ciclo, e la seconda venuta di Cristo avrà presto luogo, e tutti i fedeli saranno portati in cielo (rapimento). Ma questo sarà preceduto da una battaglia finale (Armageddon) con il “re di Rosh, Meshech e Tubal”, con cui si intende la Russia dal XIX secolo a oggi. Prima di ciò, la Russia deve invadere la Palestina e lì combattere i “nati di nuovo” (anglosassoni) per poi essere sconfitta da loro. Dopodiché, ci dovrebbe essere una conversione di massa degli ebrei al protestantesimo e un’ascesa al cielo (tramite miracoli o navicelle spaziali).

Negli ultimi decenni, questa corrente si è fusa con il sionismo politico ed è diventata la base dell’ideologia e della geopolitica dei neocons americani.

Francia: il Grande Monarca

In Francia, già nel tardo Medioevo e agli albori dell’Età Moderna, si è sviluppata la teoria escatologica del Grande Monarca, secondo la quale alla fine dei tempi sarebbe apparso un re francese segreto, scelto da Dio, che avrebbe salvato l’umanità dalla decadenza, dal protestantesimo e dal materialismo. Questa versione dell’escatologia è francocentrica e conservatrice e circolava negli ambienti mistici dell’aristocrazia. Si differenzia dall’escatologia cattolica tradizionale per il fatto che è il re francese, e non la sede vaticana, a fare da barriera all’Anticristo.

La versione geopolitica laica e semplificata dell’escatologia del Grande Monarca è considerata da alcuni ricercatori come gollismo. Il generale De Gaulle era favorevole all’unione dei popoli europei (soprattutto francesi, tedeschi e russi) e contrario alla NATO e all’egemonia anglosassone. Lo scrittore francese J. Parvulesco (seguendo R. Abellio) l’ha definita “la dimensione mistica del gollismo”.

Ma la stragrande maggioranza della classe dirigente francese è dominata dall’escatologia massonica – con un significato esattamente opposto.

Italia: i Ghibellini e il Mastino

Nel Medioevo, il confronto tra il trono romano e il potere imperiale – dopo che Carlo Magno si è proclamato “imperatore” – è stato a volte estremamente aggravato. Questo portò alla creazione di due partiti: i Guelfi, sostenitori del Papa, e i Ghibellini, sostenitori dell’Imperatore. Questi ultimi erano maggiormente diffusi in Italia, il cui possesso costituiva la base per il riconoscimento dei re tedeschi come imperatori dell’Impero Romano (d’Occidente) dopo l’incoronazione a Roma.

Il poeta Dante fu un sostenitore dei ghibellini e codificò nel suo poema “La Divina Commedia” l’insegnamento escatologico dei ghibellini secondo cui, dopo il temporaneo dominio dei guelfi e la completa degradazione della Chiesa cattolica, sarebbe giunto in Europa un vero monarca ghibellino che avrebbe fatto rinascere la morale e la spiritualità della civiltà occidentale. Egli è simbolicamente rappresentato nella figura del mastino (il Veltro) e nel numero mistico DXV (515), che dà, dopo aver riordinato le lettere/digitali, la parola DVX, “condottiero”. Dante espone le idee della Monarchia mondiale in un trattato a parte. Anche in questo caso, il tema escatologico è legato al potere monarchico – e in misura maggiore rispetto alla Chiesa cattolica. Per Dante, la monarchia francese era vista dalla parte dell’Anticristo, così come il trono romano che si era sollevato contro l’Imperatore.

Germania: Hegel e la fine della Storia

La versione originale dell’escatologia si trova nella filosofia di Hegel. Egli vede la storia come un processo dialettico di dispersione dello Spirito attraverso la Natura, per poi riunire nuovamente le particelle dello Spirito in una società illuminata. Il culmine di questo processo, secondo Hegel, dovrebbe essere la creazione di uno Stato tedesco unificato sulla base della monarchia prussiana (che durante la sua vita non esisteva). In questa monarchia illuminata si sarebbe completato il ciclo della storia dello Spirito. Queste idee influenzarono il Secondo Reich e Bismarck, e più tardi, in forma distorta, il Terzo Reich di Hitler. Fu Hegel a proporre la tesi della “fine della storia” in un contesto filosofico, combinando in modo peculiare l’escatologia cristiana (compresa la figura del sovrano cristiano) e una particolare interpretazione mistico-monarchica del progresso sociale (come fase preliminare alla creazione dell’impero mondiale dei filosofi).

Il filosofo tedesco (cattolico) Carl Schmitt ha messo in relazione l’idea del Reich con la funzione del katehon, il guardiano, il custode, che era il significato del potere imperiale a Bisanzio e che fu usurpato (secondo la Chiesa ortodossa) nell’VIII secolo dall’imperatore franco Carlo Magno. Questa linea era in parte in linea con la tradizione ghibellina.

L’ebreo tedesco Karl Marx costruì una teoria del comunismo (la fine della storia) su una versione materialista rovesciata dell’hegelismo, e il filosofo russo Alexander Kojev cercò di identificare la fine della storia con il globalismo e il trionfo planetario del liberalismo. Ma è significativo che Hegel stesso, a differenza dei suoi interpreti settari, fosse un monarchico escatologico germanocentrico.

Iberia: gli Asburgo e l’evangelizzazione planetaria

L’escatologia nella versione spagnola era legata alla colonizzazione delle Americhe e alla missione di Carlo V Asburgo e dei suoi successori dinastici. Poiché nelle profezie sulla fine del mondo (Sal. Metodio di Patara), il segno della fine del mondo era la diffusione del Vangelo a tutta l’umanità e l’instaurazione di un impero cristiano mondiale sotto un re mondiale cattolico, le scoperte geografiche e la creazione di vaste colonie da parte della Spagna davano motivo di considerare gli Asburgo spagnoli – soprattutto Carlo V e Filippo II – come contendenti al ruolo di monarca mondiale. Questa versione cattolico-monarchica, in parte consonante con quella francese, ma in contrasto con gli imperatori austriaci, tradizionali avversari della dinastia francese. Cristoforo Colombo fu un sostenitore di un Impero mondiale escatologico durante il regno dei re cattolici Isabella e Ferdinando e rifletté le sue opinioni escatologiche nel Libro delle Profezie, compilato alla vigilia del suo quarto viaggio nelle Americhe e completato subito dopo il suo ritorno.

Dopo il regno dei Borbone in Spagna, questa linea escatologica si affievolì. In parte i suoi echi si ritrovano negli ambienti cattolici dell’America Latina e soprattutto nei gesuiti.

Il Quinto Impero nella versione portoghese e la sua propaggine brasiliana sono generalmente vicini a questa versione dell’escatologia.

Israele: il territorio del Mashiach

Lo Stato di Israele è stato fondato nel 1948 in Palestina come realizzazione delle aspirazioni escatologiche della diaspora ebraica, che da due millenni attendeva il ritorno alla Terra Promessa. L’escatologia ebraica si basa sulla convinzione dell’elezione degli ebrei e del loro ruolo speciale nei tempi finali, quando arriverà il Mashiach ebraico e gli ebrei governeranno il mondo. È la versione più studiata dell’escatologia. Per molti versi, è l’escatologia ebraica ad aver plasmato i principali scenari delle visioni della fine del mondo nelle tradizioni monoteiste.

L’Israele moderno è stato creato come Stato preparato alla venuta del Mashiach e, se questa funzione viene messa tra parentesi, la sua stessa esistenza perderà completamente di significato – prima di tutto agli occhi degli stessi ebrei.

Dal punto di vista geopolitico, Israele non può pretendere di essere una civiltà indipendente, un Impero, le cui dimensioni sono necessarie per una piena partecipazione ai processi escatologici globali. Tuttavia, se teniamo conto dell’avvicinamento dei sionisti politici negli Stati Uniti ai neocon e ai dispensazionalisti protestanti, del ruolo degli ebrei nel secolo scorso nelle logge massoniche, dell’influenza della diaspora nelle élite dirigenti e soprattutto economiche dell’Occidente, l’intero quadro cambia e per i gravi eventi escatologici la base risulta essere significativa.

L’interpretazione cabalistica del percorso migratorio della maggior parte dell’iaspora ebraica lo descrive come un movimento che segue la Shekhina (Presenza di Dio) in esilio (secondo Rabbi Alon Anava).

All’inizio della galut (dispersione), la massa principale di ebrei era concentrata in Medio Oriente (Mizrahi). Poi cominciò a spostarsi verso il nord e il Caucaso (khazar kaganato). Da lì il percorso della Shekhina portò alla Russia occidentale, ai Baltici e all’Europa orientale (Ashkenazi). Poi il movimento ashkenazita iniziò ad addentrarsi nell’Europa occidentale e i sefarditi della penisola iberica si spostarono in Olanda e nelle colonie americane. Infine, il grosso degli ebrei si concentrò negli Stati Uniti, dove ancora oggi rappresentano la maggioranza rispetto alle comunità ebraiche di altri Paesi. La Shekhina rimane quindi negli Stati Uniti. La seconda comunità di ebrei è quella di Israele. Quando le proporzioni cambieranno a favore di Israele, significherà che la Shekhina, dopo un cerchio di duemila anni, è tornata in Palestina.

Allora dovremo aspettarci la costruzione del Terzo Tempio e la venuta del Mashiach. Questa è la logica dell’escatologia ebraica, chiaramente rintracciabile nei processi politici che si stanno svolgendo intorno a Israele. A questa idea aderisce la maggioranza dei sionisti religiosi, che costituiscono una percentuale significativa di ebrei sia in Israele che nella diaspora. Ma ogni ebreo, ovunque si trovi e qualunque ideologia condivida, non può non essere consapevole della natura escatologica del moderno Stato di Israele e, di conseguenza, degli obiettivi di vasta portata del suo governo.

Escatologia ortodossa: i Greci, l’imperatore di marmo

Nella popolazione ortodossa della Grecia, dopo la caduta di Bisanzio e la presa di potere da parte degli Ottomani, si sviluppò una teoria escatologica sulla venuta di un re liberatore ortodosso, l’Imperatore di Marmo. La sua figura è stata talvolta interpretata come il ritorno di Costantino XII Paleologo, che secondo la leggenda non morì quando i Turchi presero Costantinopoli, ma fu portato da un angelo alla Porta di Marmo e lì attende la sua ora per liberare gli ortodossi (greci) dall’oppressione degli stranieri.

In alcune versioni della leggenda escatologica questa missione era affidata al “re dai capelli rossi del nord”, con cui nel XVIII secolo molti monaci athoniti intendevano l’imperatore russo.

Si tratta di echi della dottrina bizantina classica del katehon, il guardiano, il custode, destinato a diventare il principale ostacolo sulla strada del “figlio della perdizione” (Seconda Lettera dell’Apostolo Paolo ai Tessalonicesi) e del Re-Salvatore del libro di San Metodio di Patara. Il pensiero politico-religioso greco ha mantenuto questa componente escatologica durante il periodo ottomano, anche se, dopo la liberazione dai Turchi, lo Stato greco ha iniziato a essere costruito su stampi liberal-democratici massonici (nonostante il breve periodo di governo di alcune dinastie europee), rompendo completamente con l’eredità bizantina.

Russia: Re della Terza Roma, Salvatore delle sette, Comunismo

In Russia, l’escatologia assunse una forma stabile alla fine del XV secolo, che si rifletteva nella teoria di Mosca-Terza Roma. Essa affermava che la missione del katehon, il servo, dopo la caduta di Costantinopoli passò alla Russia moscovita, che divenne il nucleo dell’unico Impero ortodosso – cioè Roma. Il Granduca di Mosca cambiò lo status e divenne Zar, Basileus, Imperatore, katehon.

D’ora in poi, la missione della Russia e del popolo russo fu quella di rallentare la venuta del “figlio della perdizione”, l’Anticristo, e di resistergli in ogni modo possibile. Questo costituiva il nucleo dell’escatologia russa e formalizzava lo status del popolo russo come “portatore di Dio”.

Dimenticata all’epoca delle riforme occidentali di Pietro e dei suoi seguaci, l’idea di Mosca come Terza Roma rivive nel XIX secolo sotto l’influenza degli slavofili, per poi diventare un tema centrale nella Chiesa ortodossa russa in emigrazione.

Dopo lo scisma, l’escatologia si diffuse tra i Vecchi Credenti e i settari. I Vecchi Credenti ritenevano generalmente che la caduta della Terza Roma fosse già avvenuta in modo irreversibile, mentre i settari (khlysty o skopcy, castrati), al contrario, credevano nell’imminente venuta del “Cristo russo”.

La versione laica dell’escatologia settaria “ottimista” fu ripresa dai bolscevichi, nascondendola sotto la versione marxista della fine della storia di Hegel. Nell’ultimo periodo dell’URSS, la fede escatologica nel comunismo svanì e il regime e il Paese crollarono.

Il tema dell’escatologia russa è tornato d’attualità in Russia dopo l’inizio della SWO, quando il tema del confronto con la civiltà massonico-liberale e materialista-atea dell’Occidente è diventato estremamente acuto. Logicamente, man mano che la Russia si affermerà come civiltà a sé stante, il ruolo dell’escatologia e la centralità della funzione del catecumeno non potranno che aumentare.

Mondo islamico: sunnismo, il Mahdi sunnita

Nel sunnismo, la fine del mondo non è descritta nei dettagli e le visioni del leader della comunità islamica che verrà, il Mahdi, impallidiscono di fronte alla descrizione del Giudizio Universale che Dio (Allah) amministrerà alla fine dei tempi. Tuttavia, questa figura è presente ed è descritta in modo dettagliato negli hadith. Si tratta dell’emergere di un leader militare e politico del mondo islamico che ripristinerà la giustizia, l’ordine e la pietà che erano caduti in rovina alla fine dei tempi.

L’autorevole sufi Ibn Arabi specifica che il Mahdi sarà assistito nel governare da “visir”, che costituiranno la base del governo escatologico; secondo lui, tutti i visir di questo “governo metafisico”, in quanto assistenti e proiezioni del polo unificato (qutb), proverranno da comunità islamiche non arabe.

Il Mahdi sconfiggerà il Dajjal (il Bugiardo) e stabilirà il governo islamico. Una versione particolare dell’escatologia islamica è professata anche dai sostenitori dell’ISIS.

Diverse figure dell’Islam hanno rivendicato il ruolo del Mahdi. Di recente, il capo del PMC turco SADAT Adnan Tanriverdi ha proclamato Erdogan il Mahdi.

Iran: il 12° Imam

Nello sciismo, il tema del Mahdi è molto più sviluppato e l’escatologia è alla base degli stessi insegnamenti politico-religiosi degli sciiti. Gli sciiti considerano solo i seguaci di Ali, gli Imam, come i legittimi governanti della comunità islamica. Credono che l’ultimo 12° Imam non sia morto, ma si sia nascosto. Apparirà di nuovo alla gente alla fine dei tempi. Questo sarà l’inizio dell’ascesa del mondo sciita.

Poi apparirà Cristo, che insieme al Mahdi combatterà con Dajjal e lo sconfiggerà, stabilendo un giusto ordine spirituale per un breve periodo di tempo – poco prima della fine del mondo.

Probabilmente è stata l’antica dottrina iraniana della lotta tra la luce (Ormuzd) e le tenebre (Ahriman) che ha iniziato la storia come chiave di lettura del suo significato e della vittoria finale dei guerrieri della luce che è diventata la base della parte escatologica degli insegnamenti monoteistici. Ma in ogni caso l’influenza dello zoroastrismo sullo sciismo è evidente, ed è questo che dà all’escatologia iraniana una tale pregnanza e una chiara espressione politica.

Questa è la visione della maggioranza degli sciiti e in Iran è l’ideologia ufficiale che determina in larga misura l’intera strategia politica del Paese.

L’escatologia sciita continua per molti aspetti la tradizione iraniana pre-islamica dello zoroastrismo, che aveva una teoria sviluppata del cambiamento dei cicli e del loro culmine nella Grande Restaurazione (frashokart). L’immagine dell’imminente Re-Salvatore – Saoshyant, destinato a nascere magicamente da una Vergine pura e a sconfiggere l’esercito del principio oscuro (Ahriman) nell’ultima battaglia, vi svolge un ruolo importante.

Asia sud-orientale: India e Kalki

Nell’Induismo, la fine del mondo ha poco significato, anche se alcuni testi sacri associati al ciclo di Kalachakra raccontano di re della terra mistica di Shambhala, dove prevalgono ancora le condizioni di un’età dell’oro. Nel momento finale della storia, uno di questi re, Kalki, ritenuto il decimo avatar di Vishnu, apparirà nel mondo umano e combatterà il demone Kali-yuga. La vittoria di Kalki porrà fine all’era oscura e segnerà un nuovo inizio (Satya-yuga).

Il Kali-yuga è descritto come un’epoca di declino della morale, dei valori tradizionali e delle basi spirituali della civiltà indiana. Sebbene la tradizione indiana sia piuttosto distaccata dalla storia e dai suoi cicli, ritenendo che la realizzazione spirituale possa essere raggiunta in qualsiasi condizione, i motivi escatologici sono piuttosto presenti nella cultura e nella politica.

Nell’India contemporanea, il popolare politico conservatore e primo ministro Narendra Modi è riconosciuto da alcuni circoli tradizionalisti come un avatar divino – di Kalki stesso o del suo messaggero.

Buddismo: il Buddha dei tempi a venire

Anche nella tradizione buddista si sviluppano motivi escatologici. La fine dei tempi è vista come l’arrivo del Buddha futuro, Maitreya. La sua missione è quella di rinnovare la vita spirituale del sangha, la comunità buddista, e di indirizzare l’umanità verso il cammino salvifico del risveglio.

Sul buddismo si sono basati alcuni sistemi politici dei Paesi del Sud-Est asiatico: il Giappone, unito al culto autoctono dello shintoismo, al centro del quale si trova la figura dell’imperatore divino, alcuni Stati dell’Indocina. In alcuni casi, l’appello alla figura del Buddha Maitreya in arrivo è diventato la base di movimenti politici e rivolte popolari.

Talvolta il buddismo escatologico ha trovato sostegno nell’ideologia comunista, dando origine a forme sincretiche – Cambogia, Vietnam, ecc.

Cina: il mandato celeste

L’escatologia è praticamente assente nel confucianesimo, che è la corrente etico-politica dominante della tradizione cinese. Ma allo stesso tempo è sviluppata in modo piuttosto dettagliato nella religione dei taoisti cinesi e nelle correnti sincretistiche taoiste-buddiste. Secondo le idee taoiste sui cicli, la storia del mondo si riflette nel cambiamento delle dinastie al potere in Cina. Questo cambiamento è il risultato della perdita di quello che i taoisti chiamano il “Mandato del Cielo”, che ogni legittimo sovrano della Cina è obbligato a ricevere e conservare. Quando questo Mandato si esaurisce, la Cina è in subbuglio, con guerre civili e disordini. La situazione si salva solo con l’ottenimento di un nuovo Mandato del Cielo e l’intronizzazione di una nuova dinastia.

L’Impero di Mezzo cinese è percepito dai cinesi stessi come un’immagine della gerarchia cosmica, come l’Universo. Nell’Impero, cultura e natura si fondono fino a diventare indistinguibili. Per questo i cicli dinastici sono cicli cosmici con cui si misurano le epoche.

La tradizione cinese non conosce la fine assoluta del mondo, ma ritiene che ogni deviazione dell’ordine mondiale in qualsiasi direzione richieda un ripristino simmetrico. Questa teoria ha implicitamente contribuito alla rivoluzione cinese e mantiene il suo significato fino ai giorni nostri.

Infatti, la figura dell’attuale presidente del Comitato Centrale del PCC, Xing Jinping, è vista come una nuova apparizione di un imperatore legittimo che ha ricevuto un mandato celeste.

L’Africa: Garvey e la Massoneria nera

Uno dei fondatori del movimento per restituire dignità ai popoli africani fu il massone di origine giamaicana Marcus Garvey, che applicò il progressismo massonico ai neri e invitò alla ribellione contro i bianchi.

Garvey intraprese una serie di azioni per riportare i neri americani nel continente africano, continuando un processo iniziato nel 1820 con la creazione di uno Stato artificiale sulla costa occidentale dell’Africa, la Liberia. Il governo della Liberia copiava quello degli Stati Uniti e anch’esso era composto prevalentemente da massoni.

Garvey interpretò la lotta per i diritti dei neri non solo come un mezzo per ottenere l’uguaglianza, ma promosse attivamente la teoria dell’elezione degli africani a popolo speciale, che dopo secoli di schiavitù era chiamato a stabilire il proprio dominio – almeno nello spazio del continente africano, ma anche a rivendicare i diritti al potere negli Stati Uniti e in altri Paesi coloniali. Al centro di questo movimento mondiale dovevano esserci le logge massoniche, dove erano ammessi solo i neri.

I rappresentanti estremi di questa corrente furono le organizzazioni Black Power, Black Panthers e più tardi BLM.

La grande Etiopia

In Africa, tra la popolazione melanodermica (nera) si sono sviluppate versioni originali dell’escatologia. Tutte (come l’escatologia di Garvey) considerano i popoli africani come dotati di una speciale missione storica (neri = Nuovo Israele) e predicono la rinascita di loro stessi e del continente africano nel suo complesso. Lo schema generale dell’escatologia africana considera l’epoca della colonizzazione e della schiavitù come una grande prova spirituale per la razza nera, cui seguirà un periodo di ricompensa, una nuova età dell’oro.

In una versione di questa escatologia, il nucleo dell’identità africana è l’Etiopia. La sua popolazione (kushiti e semiti dalla pelle scura) è vista come il paradigma della civiltà africana – l’Etiopia è l’unica entità politica africana che non è stata colonizzata, né dalle potenze europee né dai musulmani.

In questa versione, tutti i popoli africani sono considerati imparentati con gli etiopi e il monarca etiope – il Negus – è percepito come il prototipo del sovrano del grande impero africano. Questa linea è stata alla base del rastafarianesimo, che è diventato popolare tra i neri della Giamaica e si è poi diffuso tra la popolazione nera dell’Africa e dell’America.

Questa versione è predominante per le nazioni cristiane e cristianizzate. La stessa escatologia cristiana degli etiopi (monofisiti) acquisisce caratteristiche originali associate alla missione speciale dell’Etiopia, considerata il Paese e il popolo eletto (da qui le leggende secondo cui l’antenato degli etiopi sarebbe il biblico Melchisedek, il Re della Pace). Nel rastafarianesimo, questa escatologia etiopica acquisisce ulteriori caratteristiche, a volte piuttosto grottesche.

Islam nero

Un’altra versione dell’escatologia africana è quella dei “musulmani neri” (Nation of Islam), sorta negli Stati Uniti. Questa dottrina sostiene che sia Mosè che Maometto erano neri e che Dio si incarna in leader politico-religiosi neri di ciclo in ciclo. Il fondatore di questa corrente, Wali Fard Muhammad, si considerava un’incarnazione di questo tipo (in linea con la setta russa dei khlysty). Dopo la morte di Wali Fard Mohammed i credenti si aspettano il suo ritorno su un’astronave.

Parallelamente, proclama la necessità per i neri di lottare negli Stati Uniti e in tutto il mondo, non solo per i loro diritti, ma per il riconoscimento della loro leadership spirituale e razziale nella civiltà.

Sotto il leader contemporaneo della Nation of Islam, Louis Farrakhan, questa corrente ha raggiunto una grande influenza negli Stati Uniti e ha avuto un impatto significativo sulla formazione ideologica dei musulmani neri in Africa.

Egitto nero

Un’altra versione dell’escatologia politica africana è la corrente del KMT (dall’antico nome egiziano dell’Egitto stesso), che ha sviluppato le idee del filosofo africano Sheikh Anta Diop. Lui e i suoi seguaci hanno sviluppato la teoria che l’antico Egitto fosse uno Stato di neri, come si evince dal nome “KMT”, che in lingua egizia significa “Terra Nera” o “Terra dei Neri”. Anta Diop ritiene che tutti i sistemi religiosi africani siano eco della religione egizia, che deve essere ricostruita nella sua interezza.

Il suo seguace Kemi Seba sviluppa la tesi del monoteismo africano, che è alla base di un sistema religioso-politico in cui il potere dovrebbe essere affidato a un governo metafisico che esprima la volontà di Dio (come i visir del Mahdi nella versione di Ibn Arabi). La vita dovrebbe basarsi sul principio delle comunità nere chiuse – quilombo.

In questo modo, gli africani dovrebbero tornare alle tradizioni dei loro popoli, assumere il pieno controllo del continente africano, ripristinare un colore della pelle il più scuro possibile (attraverso matrimoni orientati al melano) e realizzare una rivoluzione spirituale nel mondo.

L’unica lingua sacra panafricana dovrebbe essere l’antico egiziano restaurato (medu netjer), mentre lo swahili dovrebbe essere usato per le necessità pratiche. Secondo i sostenitori della teoria del KMT, i neri sono i portatori della sacralità, della Tradizione e il popolo dell’Età dell’Oro. La civiltà bianca è una perversione, una patologia e un’anti-civiltà in cui la materia, il denaro e il capitale sono al di sopra dello spirito.

Il principale nemico degli africani e dei neri di tutto il mondo sono i bianchi, considerati portatori di modernizzazione, colonialismo, materialismo e degenerazione spirituale. La vittoria sui bianchi è la garanzia del compimento della missione mondiale dei neri e il coronamento del processo di decolonizzazione.

America Latina:Eteno-escatologia ed indigenismo

Nei Paesi dell’America Latina, alcuni popoli amerindi aborigeni vedono la logica fine della colonizzazione nella restaurazione delle società etniche (indigenismo). Queste tendenze si sviluppano in misura diversa a seconda del Paese.

Molti considerano la ribellione di Tupac Amaru II, discendente dell’ultimo sovrano Inca, che nel 1780 guidò una rivolta indiana contro la presenza spagnola in Perù, come l’inizio simbolico della resistenza dei nativi alla colonizzazione.

In Bolivia, nel 2006, è stato eletto presidente Evo Morales, il primo rappresentante del popolo indiano Aymara. Sempre più spesso si sentono voci – soprattutto in Perù e Bolivia – a favore della dichiarazione dell’antico culto indiano della dea della terra Pachamama come religione ufficiale.

Di norma, l’escatologia etnica degli indios latinoamericani si combina con correnti socialiste o anarchiche di sinistra per creare insegnamenti sincretici.

Sebastianismo brasiliano

Una particolare versione dell’escatologia, legata alle idee portoghesi sul Quinto Impero, si è sviluppata in Brasile. Dopo che la capitale dell’Impero portoghese fu trasferita in Brasile a causa di un colpo di Stato repubblicano in Portogallo, nacque la dottrina secondo cui questo trasferimento della capitale non era casuale e che il Brasile stesso aveva una speciale missione politico-religiosa. Se il Portogallo europeo ha dimenticato la dottrina di Re Sebastiano e ha seguito la strada della democrazia borghese europea, allora il Brasile deve ora assumere questa missione e diventare il territorio in cui, nelle condizioni critiche del ciclo storico, si troverebbe il Re Sebastiano scomparso ma non morto.

Sotto la bandiera di tale dottrina si sono svolte in Brasile le rivolte conservatrici cattolico-escatologiche e imperiali contro il governo liberale massonico – Canudos, Contestado, ecc. – hanno avuto luogo in Brasile.

Mappa escatologica delle civiltà

Così, in un mondo multipolare, escatologie diverse si scontrano o si alleano tra loro.

In Occidente prevale nettamente il modello secolare (progressismo e liberalismo), con un’aggiunta significativa sotto forma di dispensazionalismo protestante estremo. Questa è la “fine della storia”, secondo Fukuyama. Se prendiamo in considerazione l’élite liberale dei Paesi europei sotto il pieno controllo americano, possiamo parlare di un’escatologia speciale che accomuna quasi tutti i Paesi della NATO. A ciò si aggiunge la teoria dell’individualismo radicale, comune ai liberali, che pretende di liberare l’uomo da ogni forma di identità collettiva – fino alla libertà dal sesso (politica di genere) e persino dall’appartenenza alla specie umana (transumanesimo, IA). Così i nuovi elementi dell’escatologia progressista massonica, insieme alla “società aperta”, sono gli imperativi del cambiamento di sesso, del sostegno ai principi LGBTQ, del postumanesimo e dell’ecologia profonda (che rifiuta la centralità dell’essere umano nel mondo su cui hanno insistito tutte le religioni e i sistemi filosofici tradizionali).

Sebbene il sionismo non sia un’estensione diretta di questa versione dell’escatologia, in alcune sue forme – in particolare attraverso l’alleanza con i neoconservatori americani – si inserisce in parte in questa strategia e, data l’influenza degli ebrei sulle élite al potere in Occidente, queste proporzioni potrebbero persino essere invertite.

Nel percorso di questa fine della storia, la Russia e la sua funzione katehonica, che combina l’escatologia della Terza Roma e l’orizzonte comunista come eredità dell’URSS, si trova più palesemente in mezzo.

In Cina, il marxismo occidentale, già rielaborato in modo sostanziale nel maoismo, si manifesta sempre più apertamente nella cultura confuciana e il capo del PCC, in qualità di imperatore tradizionale, riceve il mandato celeste di governare “tutto ciò che è sotto il cielo” (tianxia – 天下).

I sentimenti escatologici sono in costante crescita nel mondo islamico, sia nella zona sunnita che soprattutto nello sciismo (in primo luogo in Iran), ed è la moderna civiltà occidentale – la stessa che oggi combatte contro la Russia – che viene quasi unanimemente dipinta come il Dajjal per tutti i musulmani.

In India crescono progressivamente i sentimenti ispirati all’Hindutva (la dottrina dell’identità indipendente degli indù come civiltà speciale e superiore), che proclamano un ritorno alle radici della tradizione indù e ai suoi valori (che non coincidono affatto con quelli dell’Occidente), e da qui si delineano i contorni di una speciale escatologia associata al fenomeno Kalki e al superamento del Kali-yuga.

Il panafricanismo si sviluppa verso il rafforzamento di dottrine radicali sul ritorno degli africani alla loro identità e un nuovo ciclo di lotta anticoloniale contro il “mondo bianco” (inteso principalmente come Paesi coloniali appartenenti alla civiltà occidentale). Questo descrive un nuovo vettore dell’escatologia nera.

In America Latina, il desiderio di rafforzare la propria sovranità geopolitica è sostenuto sia dall’escatologia di sinistra (socialista) che dalla difesa dell’identità cattolica, particolarmente evidente in Brasile, dove sia la destra che la sinistra prendono sempre più le distanze dal globalismo e dalla politica statunitense (da qui la precoce partecipazione del Brasile al blocco BRICS). Le etno-escatologie dell’indigenismo, sebbene relativamente deboli, aggiungono generalmente una dimensione importante all’intero progetto escatologico.

Allo stesso tempo, l’escatologia aristocratica francese (e la sua proiezione secolare nel gollismo), la versione tedesca della fine della storia nella persona dell’Impero tedesco, così come la linea buddista e shintoista della missione speciale del Giappone e degli imperatori giapponesi – (almeno per ora) non giocano alcun ruolo significativo, essendo completamente eclissati dalla dominante élite globalista progressista e dalle strategie degli anglosassoni.

Abbiamo così una mappa mondiale dell’escatologia, che corrisponde ai contorni di un mondo multipolare. [E’ chiaro che per noi cattolici apostolici romani integrali il Katehon non puo’ essere in Russia, ma a Roma, n.d.r.]

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Fonte: https://www.geopolitika.ru/it/article/escatologie-del-mondo-multipolare

I BRICS vogliono un nuovo ordine multipolare

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L’EDITORIALE

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2023/08/28/i-brics-vogliono-un-nuovo-ordine-multipolare/

tradotto in spagnolo dall’O.d.G. dell’America Latina per la rivista “Voces del Periodista”: https://vocesdelperiodista.mx/voces-del-periodista/internacional/los-brics-quieren-un-nuevo-orden-mundial/

I BRICS DENUNCIANO LA POLITICA UNILATERALE ED OPPRESSIVA STATUNITENSE

Dal 22 al 24 Agosto 2023 si è tenuto, a Johannesburg, il XV vertice dei Paesi emergenti: i BRICS+, acronimo di Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica + una settantina di altri Paesi ospiti, tra cui tutti quelli africani. Assente Vladimir Putin, sul quale pende, da parte della Corte penale internazionale, un mandato di arresto internazionale per presunti crimini di guerra in Ucraina. La Russia è stata rappresentata dal suo fedelissimo Ministro degli Esteri Serghei Lavrov. Putin ha comunque rilasciato la dichiarazione ufficiale che avrebbe fatto in presenza, da remoto, prima del meeting.

I BRICS+ si sono ritrovati dopo 5 anni di stop, dovuto all’emergenza Covid. I media occidentali hanno snobbato o trattato con sufficienza questo evento, ritenendo che i BRICS dovrebbero sciogliersi perché alquanto divisi tra loro, senza, però, specificare quali sarebbero questi motivi di divisione. Anche il Presidente della Commissione Esteri alla Camera e del think thank Aspen Institute Italia On. Giulio Tremonti ha sostenuto che i BRICS non possono vincere la sfida con l’Occidente. L’ha motivata perché sono Paesi privi di libertà, Oltre alla presenza di una netta divergenza tra India e Cina, che potrebbe compromettere l’unità e la coesione del gruppo.

Diversi economisti occidentali tendono a scoraggiare l’assemblea dei BRICS+ perché il dominio del dollaro e il suo effetto distorsivo sui processi di sviluppo sono un dato di fatto con cui i paesi in via di sviluppo dovrebbero rassegnarsi a convivere. In poche parole, non gli può riuscire il paventato cambio di valuta per i commerci, che, effettivamente è loro espressa volontà, ma che in Sudafrica non si è concretizzato, per quanto discusso ampiamente, su larga scala. Il 90% del commercio globale continua ad essere condotto in dollari statunitensi, sebbene il progresso dei rapporti e delle alleanze tra Stati molto ricchi non faccia di questo un dogma perpetuo.

Come spesso ripete Putin, la teoria del multipolarismo si basa sul fatto che gli attori internazionali hanno influenza e potere in diverse materie e regioni del mondo, però nessuno di loro può imporre unilateralmente la propria volontà sugli altri. Su questo i BRICS+ sono tutti compatti, denunciando la politica unilaterale ed oppressiva statunitense. Ci sono tutti i motivi per pensare che il futuro veda il mondo riunito in un unico blocco, con gli Stati Uniti e l’UE nell’angolo. Putin, dalla guerra in Ucraina ha scatenato una reazione di avvicinamento globale di tutti i Paesi stanchi di subire l’unipolarismo americano. Obiettivo comune è e resta sfidare il radicato dominio geopolitico dell’Occidente. Lo zar, sfruttando politicamente la guerra in Ucraina, è riuscito a mettere assieme il mondo arabo con le civiltà orientali, con l’Africa e buona parte dell’America Latina.

Il cambio di paradigma finanziario, contrariamente a quanto si dice in Occidente, diverrebbe una ovvia conseguenza al fatto che i BRICS+ i nuovi 4 arrivi rappresentano l’85% della popolazione del pianeta, (3,7 milioni di abitanti) ed il 36% del Pil del pianeta, con tre Paesi che risultano, già oggi, tra le prime cinque economie globali, secondo i dati forniti dalla banca mondiale. Resta imprescindibile e da non sottovalutare, che la seconda economia mondiale dopo la Cina è rappresentata dagli Stati Uniti. La Russia è la quinta economia del mondo. L’Occidente dovrebbe lasciar da parte ogni spocchia e senso si supremazia economica e culturale, perché gli altri “mondi” si stanno organizzando in fretta, sono disponibili al dialogo ed alla collaborazione, ma l’atteggiamento deve cambiare se non si vuole il suicidio politico-finanziario, che sembrerebbe già pronto nell’agenda 2030 dei BRICS+.

Il summit ha ottenuto risultati importanti nel medio e lungo termine, che potrebbero favorire l’abbandono del dollaro: “Abbiamo raggiunto un accordo, per poter invitare Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, a diventare membri a pieno titolo dei BRICS..Il loro ingresso avverrà il primo gennaio 2024” – ha dichiarato il Presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa. Le riserve di petrolio e gas degli Stati Uniti, insieme all’influenza geopolitica, forniscono agli americani una certa indipendenza, ma l’Europa sembra debole e con una strategia inadeguata, perché semplicemente sottomessa ai diktat di USA e NATO. La UE non ha una strategia propria e non l’avrà perché i padroni non lasciano le colonie agire da sole. Nonostante si parli di allontanamento dall’influenza della Cina, la dipendenza dell’Europa dalla produzione e dai mercati asiatici cresce. Le strategie europee si basano sui minerali africani, sui metalli, sugli idrocarburi e sulle fonti di energia rinnovabile, tutti sempre più alla mercé di alleanze mutevoli, presto convergenti nei BRICS+ assieme ai giganti dell’energia della galassia islamica.

La convergenza di Arabia Saudita, Egitto, Algeria, Brasile e Russia conferisce ai BRICS+ il controllo di oltre il 60% delle riserve e della produzione energetica globale. I leader africani hanno sottolineato che sta aprendosi un’era completamente nuova per il mondo intero. Questo è l’inizio della formazione di un nuovo ordine mondiale, senza la pressione selvaggia dell’Occidente. Si parla di un nuovo NOM “alternativo” fatto dai BRICS+, ove indipendenza e cooperazione, rispetto delle tradizioni e valuta unica, sinergia energetica e collaborazione politica, interscambio delle materie prime sarebbero i principi fondamentali. Queste premesse appaiono l’opposto di quanto pianificato dagli “illuminati” anglo-americani, da Mackinder e Brzezinsky, fino a Bill Gates e ai Rothschild. Se andasse in porto un’alleanza simile composta da: BRICS + i 4 ingressi previsti tra quattro mesi e il graduale ingresso dei quaranta altri Paesi che hanno fatto richiesta, senza intoppi e svincolata dal dollaro, il deep state sarebbe ampiamente ridimensionato e la politica della UE subirebbe la più grande crisi della sua storia.

Quo vadis Europa?

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L’EDITORIALE

di Matteo Castagna per https://www.2dipicche.news/quo-vadis-europa/ – https://www.informazionecattolica.it/2023/08/21/quo-vadis-europa/ e, in spagnolo sulla rivista in America Latina: https://vocesdelperiodista.mx/voces-del-periodista/internacional/quo-vadis-europa/

Quo vadis Europa? – “Henry Kissinger ha tuttora una considerevole influenza” – scrIve The Economist. L’ex Segretario di Stato americano sostiene che la ricerca contemporanea dell’ordine mondiale richiederà una strategia coerente per affermare un concetto di ordine nell’ambito delle varie regioni, e per mettere in rapporto tra loro questi ordini regionali.

Il consigliere geopolitico più ascoltato al mondo è per una revisione del concetto di equilibrio.

Il vecchio ordine è in costante mutamento, però la forma di ciò che lo sostituisce è altamente incerta. Per Kissinger serve trovare dei criteri per il superamento delle differenze. Inoltre, nelle sfide della nostra epoca, il centenario ma sempreverde stratega sostiene che l’America deve avere un ruolo primario, risoluto e significativo, sia dal punto di vista filosofico che geopolitico. “Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume” – riflette il “grande vecchio”, riprendendo una frase di James Reston sul suo Defenders of the Faith, del 2009.

La storia come mutamento

Si può, cioè, pensare alla storia come a un fiume, ma le sue acque saranno sempre in mutamento. (Henry Kissinger, Ordine mondiale, Mondadori, 2023)

Il Prof. Giulio Tremonti, Presidente dell’Aspen Institute, si chiede, proprio come Kissinger: “Quo vadis Europa?”

Adenauer, nel 1957, riferendosi alla nascente Comunità Europea citò un proverbio tedesco: “gli alberi non devono impedire di vedere il bosco”.

Oggi è valido l’opposto: il bosco, troppo fitto, non deve impedire di vedere gli alberi! Significa che per diventare europei non dobbiamo dimenticare di essere italiani.

E’ ciò che Kissinger definirebbe “l’ordine nelle varie regioni”. Anziché valorizzare la sua storia e civiltà – prosegue Tremonti – l’Italia si è posta in incondizionata subordinazione dell’Europa, introducendo questa clausola in Costituzione nel 2000. E poi, ancora, quando nell’autunno del 2011 abbiamo ceduto al vizio storico della “chiamata dello straniero”.

E’ ciò che Kissinger chiamerebbe mutamento dell’equilibrio in una struttura più grande, unitaria e cooperante.

La critica di Tremonti

Tuttavia, Il Prof. Tremonti critica, con argomenti appropriati ed una significativa pars construens, questa Europa, che “fa ciò che non dovrebbe fare: infinite regole e de minimis, su tutto e per tutto, cercando di normalizzare, di standardizzare per “Direttiva” o per “Regolamento” tutte le realtà storicamente proprie dei vari Stati dell’Unione, cercando di cancellarle d’ufficio e di colpo, per sostituirle con modelli sociali nuovi universalistici, artificiali e oramai fallimentari”.

Le soluzioni proposte dall’ex Ministro dell’economia e delle finanze dei governi Berlusconi II, III, IV sono:

a) lasciare alla sovranità dei nostri Stati ciò che non è essenziale per l’Unione. L’Europa, per evitare la Brexit, propose all’Inghilterra di eliminare molte delle regole europee che considerava non necessarie all’Unione, e comunque, contrarie alle sue tradizioni. Lo ha fatto dichiarando che tale “concessione” era completamente compatibile coi vigenti trattati.

b) Fare come l’Europa, ciò che invece finora non si è fatto: concentrarsi su sicurezza, intelligence e difesa dei confini, finanziate emettendo titoli europei (Eurobond). [Giulio Tremonti, Le Tre Profezie, Ed. Solferino, 2020]

“Serve uscire dal paradigma suicida”, col coraggio e la saggezza del vero statista, “per cui un continente, più è importante nel mondo – come l’Europa – più deve essere debole!”.

I BRICS

Orgoglio nazionale, sovranità non devono rimanere slogan o parole vuote, perché negli altri continenti si sta correndo.

Il Presidente dell’Istituto Italia BRICS, già presidente della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli, il 18 Agosto ha precisato che il BRICS diventerà sempre più un’alleanza di Paesi uniti dall’obiettivo di liberarsi dal neocolonialismo dell’Occidente collettivo e di determinare autonomamente le politiche di cooperazione, sviluppo collettivo, equilibrato e reciprocamente vantaggioso. Anche questo proposito, in teoria, potrebbe piacere a Kissinger, ma certamente non con la marginalizzazione degli USA.

Perciò è questo il momento di un sussulto d’orgoglio “made in Italy”, svincolandosi dalla UE in tutti gli ambiti possibili e già garantiti dai trattati internazionali.

I BRICS lanciano la sfida: il piano per de-dollarizzare il mondo

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di Lepoldo Gasbarro

I BRICS alzano la voce e fanno capire al mondo che la loro forza, alimentata da una crescita straordinaria dei numeri demografici, in questo momento è l’unica in grado di poter cambiare il mondo. Staremo a vedere, ma intanto i leader dei Paesi (escluso Putin collegato in remoto) posano in una sorta di foto di famiglia e si abbracciano l’uno a l’altro. Putin, come detto, è intervenuto al vertice da remoto e ha sottolineato nel discorso in lingua russa che la de-dollarizzazione sta “guadagnando slancio”.

Secondo lui, la perdita di centralità globale del dollaro è un processo “oggettivo e irreversibile”. Il leader russo ha affermato che i cinque membri del BRICS – RussiaCinaIndiaBrasile e Sudafrica – stanno diventando i nuovi leader economici mondiali, aggiungendo che la loro quota cumulativa del PIL globale ha raggiunto il 26%. Ha osservato che, se misurati in base alla parità di potere d’acquisto, i BRICS hanno già superato il Gruppo delle Sette principali nazioni industrializzate – rappresentando il 31% dell’economia globale, rispetto al 30% del G7 .

Negli ultimi 10 anni, gli investimenti reciproci tra gli Stati membri del BRICS sono aumentati di sei volte. I loro investimenti totali nell’economia mondiale sono raddoppiati, mentre le esportazioni cumulative rappresentano il 20% del totale globale.

Putin ha anche criticato le “sanzioni illegittime” che “pesano gravemente sulla situazione economica internazionale” da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente, oltre al “congelamento illegale dei beni degli stati sovrani”. Il messaggio dello Zar sarà sicuramente accolto positivamente da molti aspiranti candidati ai paesi Brics. “Stiamo costantemente aumentando le forniture di carburante, cibo e fertilizzanti agli stati del Sud del mondo”, ha aggiunto, imputando anche la carenza alimentare internazionale alle sanzioni “illegali” dell’Occidente.

Il presidente cinese Xi Jinping è arrivato in Sud Africa accolto dal presidente Cyril Ramaphosa, che ospita il vertice di Pretoria.

È il secondo viaggio all’estero del leader cinese quest’anno, dopo che a marzo aveva incontrato a Mosca Vladimir Putin . Putin sarà assente all’incontro dei BRICS dopo che il Sudafrica ha segnalato di essere sotto pressione per far rispettare lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (CPI) che richiederebbe al governo di arrestare il leader russo.

La dichiarazione pre-vertice di Xi ha inoltre affermato che i membri dell’associazione sono diventati “una forza costruttiva che ottimizza la governance globale e promuove la democratizzazione delle relazioni internazionali “.

Illustrando il divario sulla missione e sulla portata più ampia dei BRICS, il FT scrive:

“Se espandiamo i Brics fino a rappresentare una quota del PIL mondiale simile a quella del G7, allora la nostra voce collettiva nel mondo diventerà più forte”, ha detto un funzionario cinese, che ha voluto restare anonimo.

Naledi Pandor, ministro degli Esteri del Sud Africa, ha detto questo mese che è “estremamente sbagliato” vedere una potenziale espansione dei Brics come una mossa anti-occidentale. Tuttavia, è probabile che le capitali occidentali considerino la possibile adesione di Iran, Bielorussia e Venezuela come una mossa per abbracciare gli alleati di Russia e Cina.

Ma alcuni paesi influenti come il Brasile del presidente di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva probabilmente saranno dalla parte di Pechino, dato che Lula si è espresso a favore dell’ammissione di paesi vicini come Argentina e Venezuela – quest’ultimo nemico di lunga data di Washington. Alcuni leader vogliono anche l’ammissione dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, il che scatenerà il dibattito sulle condizioni e sui criteri per l’espansione. Attualmente l’Arabia Saudita è il paese più vicino a diventare il nuovo membro, dato che i colloqui sono in corso. Oltre 20 altri paesi hanno chiesto e fatto domanda per aderire.

Nonostante le voci secondo cui alcuni paesi, tra cui la Russia, stanno spingendo per la fine del dominio del dollaro, il FT ha citato fonti diplomatiche per sottolineare che una valuta comune non è all’ordine del giorno.

L’intervento di Putin ai Brics: “La guerra è colpa dell’Occidente”

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In collegamento video, per evitare il possibile arresto dopo il mandato spiccato dalla Corte dell’Aja per crimini di guerra, il leader del Cremlino ha utilizzato il suo discorso per difendere l’invasione della Russia in Ucraina

AGI – A un anno e mezzo dall’inizio della guerra in Ucraina, Vladimir Putin ha assicurato, durante il vertice del gruppo Brics a Johannesburg, che la Russia vuole porre fine a un conflitto che, secondo lui è stato “scatenato” dall’Occidente “per mantenere la propria egemonia nel mondo”.

Intervenuto in collegamento video, per evitare il possibile arresto dopo il mandato spiccato dalla Corte dell’Aja per crimini di guerra, il leader del Cremlino ha utilizzato il suo discorso per difendere la guerra della Russia in Ucraina e lodare Cina, Brasile, India e Sudafrica, che nel blocco con Mosca si presentano sempre più’ come contrappeso al dominio globale degli Stati Uniti.

Putin ha ripetuto, ancora una volta, la narrativa ufficiale russa, secondo cui l’invasione dell’Ucraina, condannata da Kiev e dall’Occidente come una mossa imperialista, è stata la risposta obbligata della Russia alle azioni ostili di Kiev e Washington e allo “sterminio” che da otto anni era in corso nelle regioni orientali del Donbass.

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© ALET PRETORIUS / POOL / AFP

Putin, intervento ai Brics

“Prima, con l’aiuto degli occidentali, in questo Paese è stato effettuato un colpo di Stato incostituzionale, e poi è stata scatenata una guerra contro quelle persone che non erano d’accordo col golpe”, ha detto riferendosi alla caduta del governo filo-russo di Viktor Yanukovich dopo la rivoluzione di Maidan del 2014. “Una guerra crudele, una guerra di sterminio da otto anni“.

Putin ha parlato ai leader di Paesi che si sono astenuti dal condannare le azioni della Russia in Ucraina. Dopo la rottura con l’Occidente sull’Ucraina, i Brics hanno assunto maggiore importanza per Mosca, interessata ad attenuare le sanzioni con l’aumento dell’interscambio aumentando con Asia, Africa e America Latina.

 

 

 

 

 

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La Cina e la globalizzazione, la leadership statunitense e l’Europa vassalla

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l’EDITORIALE DEL LUNEDI (articolo pubblicato anche su www.2dipicche.news www.info.hispania.it e www.vocesdelperiodista.it (in Spagna e America Latina)

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2023/07/31/la-cina-e-la-globalizzazione-la-leadership-statunitense-e-leuropa-vassalla/

QUALCHE RIFLESSIONE SULLA VIA DELLA SETA

Uno degli argomenti principali più attuali del momento, è il dibattito sulla cosiddetta Via della Seta. Come sostiene il Prof. Fabio Massimo Parenti (docente all’Istituto Lorenzo de’ Medici di Firenze) sulla rivista Eurasia (3/2023), essa è, “in estrema sintesi, una proposta cinese di cooperazione internazionale, incentrata sull’aumento della della connettività terrestre, marittima ed aerea a livello intercontinentale”.

E’ più che legittimo interpretare questo enorme piano di investimenti come una nuova opportunità per affrontare i problemi globali, potenziando il multilateralismo e migliorando la cooperazione mondiale sul piano della governance, delle modalità per affrontare la povertà, lo sviluppo ineguale, le guerre, il degrado ambientale.

Il progetto cinese parla di trilioni di dollari ed è aperto a tutti i paesi del mondo. Continua il Prof. Parenti: “[…] Così come definito nel XIX Congresso nazionale del 2017, il Partito Comunista Cinese si è posto due macro-obiettivi: primo, costruire nuove forme di relazioni internazionali, incentrate sulla cooperazione vantaggiosa per tutti ed il rispetto reciproco, e, secondo, creare una comunità dal futuro condiviso per tutta l’umanità”.

Questo modello andrebbe, a tutti gli effetti, a sostituire la globalizzazione con leadership statunitense ed Europa vassalla. Per questo, negli ultimi anni, l’Occidente ha demonizzato il progetto cinese, accusandolo di tutto e di più, soprattutto delle nefandezze predatorie compiute nei confronti del “Sud del mondo”, che, in realtà, sono state perpetuate per gli interessi degli USA e dei suoi alleati. In particolare, la Cina viene accusata di voler intrappolare i paesi in via di sviluppo in una rete di debiti, che costoro hanno contratto, però, nel predominio finanziario del blocco occidentale, tanto che “secondo Zhao Lijan, portavoce del Ministero degli Affari Esteri, sarebbe un ennesimo esempio “della diplomazia delle menzogne in stile americano” “.

Nel recentissimo viaggio a Washington, il premier italiano Giorgia Meloni ha incontrato il Presidente Joe Biden e parlato anche della Via della Seta. Già in Senato Meloni ha detto che “la questione va maneggiata con delicatezza, cura e rispetto, coinvolgendo anche il Parlamento”. Nonostante i mugugni di Pechino che hanno preceduto la visita negli States del Presidente del Consiglio italiano, in ballo c’è stata la discussione con gli USA sul rinnovo del memorandum d’intesa sulla Via della Seta, che Roma aveva siglato con la Cina nel 2019, durante il governo gialloverde. Seppur non ufficialmente, il governo Meloni pare aver preso la decisione fortemente voluta da Biden, ovvero non rinnovare l’accordo. Ma Meloni ha annunciato anche un prossimo viaggio a Pechino per incontrare Xi Jinping, e, probabilmente comunicargli la decisione, pur mantenendo un ottimo rapporto commerciale, sulla scia di Germania, Francia e Regno Unito, che hanno rapporti economici ingenti con Pechino, senza rientrare nel memorandum della Via della Seta.

Il Presidente dell’Aspen Institute Italia Prof. Giulio Tremonti, di cui è socia anche Giorgia Meloni, scrive, nel suo libro “Globalizzazione, le piaghe e la cura possibile” (Ed. Solferino, 2022): “appena trent’anni fa gli “illuminati” ci hanno graziosamente comunicato il passaggio dalla vecchia triade Liberté, Egalité, Fraternité, alla loro nuova triade: Globalité, Marché, Monnaie (Globalità, Mercato, Moneta). Saremmo entrati nell’ “età dell’oro” attraverso l’utopia della globalizzazione. E, guarda caso, utopia vuol dire assenza di luogo – ou-topos, in greco “non luogo” – e dunque è proprio questa l’essenza della globalizzazione!” Sempre Tremonti dedica un capitolo molto interessante alla Cina (pp. 82-89) ricordando che “la “modernizzazione” della Cina è iniziata solo negli anni Ottanta del secolo scorso, ma si è in effetti concretizzata con la globalizzazione, prima sfruttando di fatto le prime aperture del WTO (1994) e poi con il suo formale ingresso nell’organizzazione (2001).Quando esplode la grande crisi del 2008 la Cina è già una grande potenza, ma solo a livello mercantile e perciò con una politica ancora totalmente allineata al comune sentire dell’Occidente”. Poi, tutto è cambiato. Le vie della Seta sono state introdotte nello Statuto del Partito e nella Costituzione a indicare una proiezione geopolitica diretta a dimensioni globali, verso Occidente e verso l’Artico.

“L’ 11 marzo 2021 la Cina ha aperto all’ipotesi di sviluppo, a fianco del mercato esterno, del suo mercato interno. Ed è così che si è formato il progetto della cosiddetta “doppia circolazione”, inserita nel XV Piano quinquennale (2021-2025). Il problema più grande della Cina è dovuto alla mancanza di risorse naturali, quindi diviene esistenziale il bisogno di nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale, con la quale può acquisire i dati degli altri. All’orizzonte, molti osservatori ed esperti vedono, dunque, la possibilità di una guerra tra l’Occidente e la Cina. Si chiede il Prof. Tremonti: “chi vince?” […]”la forza di attrazione e non tanto e non solo la forza militare. La Cina fa paura all’Occidente, è considerata lontana e pericolosa, dagli usi e costumi troppo diversi perché come nel secolo americano tutti avrebbero voluto essere americani per mille motivi, soprattutto la ricchezza ed il potere, nessuno oggi desidererebbe essere cinese.
E’ vero che la Cina dispone della bomba atomica dal 1964, il suo primo satellite lanciato nello spazio è stato nel 1970 e il primo astronauta in orbita nel 2003, ma non è certo priva di problemi: dalla questione Taiwan alla moneta alternativa che sta preparando con la Russia e che sconvolgerebbe certamente l’asse mondiale dei commerci e dei mercati. Inoltre vanno contate le sue fragilità interne dovute alle rivolte popolari, alla scarsità sanitaria e alle crisi finanziarie, come ad esempio il fallimento del colosso immobiliare Evergrande.

Lo stallo e la transizione con incertezze enormi sui cambiamenti globali regnano in questo momento storico nella decadenza di ogni cosa, dall’arte alla morale, dalle idee alla comune mentalità. Nella multipolarità economica e geopolitica vi potrebbe essere uno spiraglio di luce, che crei un minimo di entusiasmo in questa società sciatta, grigia e nichilista. Il prezzo da pagare per un cambiamento sistemico globale di simile portata sarà altissimo, nonostante il popolo anestetizzato pensi solo ai social network, attendendo con ansia la prossima edizione del Grande Fratello.

E se il dollaro crollasse?

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L’EDITORIALE

di Matteo Castagna perhttps://www.informazionecattolica.it/2023/07/24/e-se-il-dollaro-crollasse/  – pubblicato anche da www.2dipicche.news – www.tgpadova.telenuovo.org

e all’estero, tradotto in spagnolo dai giornalisti messicani per www.info.Hispania.it e Voces del Periodista

LA POTENZIALE FINE DEL REGNO DEL DOLLARO USA COME VALUTA DI RISERVA GLOBALE

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L’ambasciata russa in Kenya ha pubblicato su Twitter la seguente dichiarazione: “I paesi BRICS stanno pianificando di introdurre una nuova valuta commerciale, che sarà sostenuta dall’oro. Sempre più contee hanno recentemente espresso il desiderio di aderire ai BRICS”.

Questa mossa verso la de-dollarizzazione simboleggia una potenziale fine del regno del dollaro USA come valuta di riserva globale. Gli impatti di questo cambiamento si svilupperanno senza dubbio nei prossimi mesi, suggerendo la fine di un’era di dominio statunitense e l’inizio di una nuova era di stabilità economica e prosperità per le nazioni BRICS+.

Al loro prossimo vertice di agosto a Johannesburg, in Sudafrica, previsto tra il 22 e il 24 Agosto, Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e numerosi altri Stati africani e latino-americani delibereranno in merito.

John Maynard Keynes (1883 – 1946) ha scritto che non c’è mezzo più sicuro per rovesciare un sistema economico che minare la fiducia nella sua moneta. L’ economia americana, pur rimanendo la più grande del pianeta, oggi corrisponde solo al 20% del pil mondiale. Il primato del dollaro, a livello geopolitico, pone gli Stati Uniti in una situazione di vantaggio senza eguali, soprattutto per quanto riguarda le materie prime, come gas naturale e petrolio, che la Federal Reserve può giocarsi come meglio crede nei confronti dei commerci internazionali. Ma la crisi politica, successiva alle elezioni di metà mandato, ha consegnato la maggioranza al Congresso ai repubblicani e una risicata maggioranza dei democratici al Senato.

Filippo Gori, su Limes (n.6/2023) scrive: “Il rischio di un default conseguente al mancato innalzamento del tetto d’indebitamento, danneggia la fiducia negli Stati Uniti e nel dollaro, cioè nella stabilità economico-politica del paese che è alla base del primato della sua valuta nel sistema finanziario globale. Non solo. Il costo per i paesi detentori di riserve valutarie in dollari – tipicamente accumulate con l’acquisto di titoli del Tesoro statunitense – di una possibile insolvenza americana pesa sull’utilizzo del biglietto verde negli scambi internazionali. Il ricorrere di crisi del tetto del debito, pertanto, non configura solo un rischio per la stabilità economica della più grande economia del mondo, ma anche una minaccia al ruolo dominante del dollaro nel sistema finanziario internazionale”.

In tale contesto, si andrebbe a favorire l’ingresso nel mercato globale di valute alternative, come quella anticipata ai media dai portavoce BRICS+. Osserva acutamente, sempre Gori: “la sempre maggiore frammentazione geopolitica, l’aumento delle tensioni economico-strategiche e il crescente uso del dollaro come strumento di politica estera da parte statunitense spingono tuttavia i rivali strategici di Washington, su tutti Russia e Cina, verso sistemi di pagamento indipendenti dal dollaro. Pechino, per volume di scambi commerciali e rilevanza economica, è oggi l’unico paese in grado di offrirne uno”.

Molti Paesi potrebbero far venir meno la loro fiducia nei confronti del biglietto verde se, come appare all’orizzonte, gli Stati Uniti andassero incontro a ricorrenti crisi del tetto del debito. E’ certo che – come conclude Filippo Gori – “non c’è mezzo più sicuro per rovesciare l’attuale sistema economico che minare la fiducia nella sua moneta”.

La crisi americana non è, però, soltanto di natura economica, perché è in corso uno sviluppo multipolare destinato ad emarginare il dollaro, quanto sociale e, quindi politica. Sembrerebbero raffreddarsi le posizioni americane e UE pro Zelensky, cui viene vietato l’ingresso nella NATO, forse per non provocare la Russia e mantenere al passo coi cambiamenti gli interessi finanziari statunitensi, che hanno visto un’ importante tappa nell’incontro tra il sempreverde Henry Kissinger e il Presidente cinese Xi Jinping.

Negli stravolgimenti socio-culturali dell’ideologia wok, che muta ogni paradigma naturale e ovvio, consacrando la dimensione, spesso distopica, dell’assurdo come forma di nuova normalità, l’Occidente liberale, costituito dall’Europa sembra seguire, senza ragionare, la deriva d’Oltreoceano, che rischia di crollare miseramente, se venisse accantonato il dollaro e, quindi, il potere globale degli americani venisse ampiamente ridimensionato.

Anziché intestardirsi nel rifiutare un mondo multipolare, il patto atlantico dovrebbe guardare al resto del mondo senza pregiudizi, guarendo dalla miopia che lo attanaglia, perché il processo di cambiamento di potere è già in corso e, difficilmente, farà passi indietro.

I BRICS+, seppur con sfumature differenti, mantengono una visione della vita molto lontana da quella liberal, che si avvicina a quella dell’ortodossia cattolica in campo etico e morale. Inconcepibile per loro che un uomo si faccia chiamare donna, come sancito dal Tribunale di Trapani, così come non è accettabile la mercificazione dei corpi, il genderismo e le conseguenti amenità dem del Vecchio Continente americanizzato e post-cristiano. Sarebbe, dunque necessario, ovviare al pacchetto cosiddetto progressista, che morirebbe con un forte indebolimento degli States nel mondo.

Per non finire come i filistei, le Istituzioni europee dovrebbero ricordare una grande lezione di uno dei più grandi intellettuali e scrittori inglesi del secolo scorso, quale G.K. Chesterton (1874 – 1936) che su Ortodossia, dato alle stampe nel 1908, aveva già colto l’essenziale: “l’ortodossia è non solo l’unico guardiano sicuro della morale e dell’ordine, ma è anche l’unico guardiano logico della libertà, dell’innovazione, del progresso. Se vogliamo far cadere il ricco oppressore, non possiamo farlo con la nuova dottrina della perfettività umana, ma con la vecchia dottrina del peccato originale. Se vogliamo sradicare crudeltà innate o risollevare popolazioni disperate, non possiamo farlo con la teoria scientifica, secondo cui la materia precede lo spirito, ma con la teoria sovrannaturale secondo cui lo spirito precede la materia. […]

Se desideriamo che la civiltà europea vada in soccorso delle anime così come ne va all’assalto, dovremmo insistere fermamente sul fatto che esse sono davvero in pericolo, piuttosto che affermare che il pericolo al quale sono esposte sia in fin dei conti irreale. […] Soprattutto se desideriamo proteggere i poveri dovremmo essere a favore di regole fisse e di dogmi chiari. Le regole di un club, di tanto in tanto, sono a favore dei membri più poveri. La tendenza di un club è sempre a favore di quelli ricchi”.

Scacco al Re da parte dei BRICS+: valuta sostenuta dall’oro al posto del dollaro

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Una delle mosse più intelligenti che Putin e alleati potessero fare…il multipolarismo economico de facto, che ammazza il dollaro con una valuta sostenuta dall’oro…(n.d.r.)

La Russia conferma che le nazioni BRICS+ lanceranno una nuova valuta congiunta sostenuta dall’oro per contrastare il dominio del dollaro USA (VIDEO)
Con una mossa senza precedenti che minaccia di ridefinire le dinamiche del commercio internazionale e della stabilità economica, secondo quanto riferito dal ministero degli Esteri russo, le nazioni BRICS hanno in programma di lanciare una nuova valuta commerciale, sostenuta dall’oro, al loro prossimo vertice di agosto a Johannesburg, in Sudafrica. .
La decisione, riportata da RT News, segna un audace allontanamento dal dollaro USA , l’attuale valuta di riserva globale del mondo.
Il gruppo BRICS, un’associazione di cinque grandi economie nazionali emergenti comprendente Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ha catturato l’attenzione del mondo con questo piano. Oltre quarantuno paesi hanno espresso interesse ad aderire all’iniziativa BRICS e ad adottare la nuova valuta, evidenziando il crescente malcontento per il dominio globale del dollaro USA, grazie a Joe Biden.
Secondo il ministero degli Esteri russo, se anche le nazioni africane mostreranno entusiasmo per questa valuta sostenuta dall’oro, l’espansione dell’adesione ai BRICS potrebbe essere un punto chiave di discussione al prossimo vertice Russia-Africa di quest’anno.
L’ambasciata russa in Kenya ha pubblicato su Twitter la seguente dichiarazione:
“I paesi BRICS stanno pianificando di introdurre una nuova valuta commerciale, che sarà sostenuta dall’oro. Sempre più contee hanno recentemente espresso il desiderio di aderire ai BRICS”, ha scritto l’ambasciata.
Questa mossa verso la de-dollarizzazione simboleggia una potenziale fine del regno del dollaro USA come valuta di riserva globale. Gli impatti di questo cambiamento si svilupperanno senza dubbio nei prossimi mesi, suggerendo la fine di un’era di dominio statunitense e l’inizio di una nuova era di stabilità economica e prosperità per le nazioni BRICS.
(Fonte The Gateway Pundit)

Russia ed Europa divorziano per sempre?

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Tradotto dall’Ordine dei Giornalisti dell’america Latina in spagnolo e pubblicato su “La Voces del Periodista” (Messico) e Info.Hispania. Ripreso da www.2dipicche.news e altri siti

L’EDITORIALE 

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2023/07/03/russia-ed-europa-divorziano-per-sempre/

L’IDEA DI EUROPA È UN SOGNO IRREALIZZATO PERCHÉ NON INCLUDE LA RUSSIA

Quando in Russia si pensa all’Europa non si intende solamente un concetto di natura geografica, ma soprattutto un concetto culturale, storico, metafisico, simbolico cui la Russia aspira.

L’idea di Europa è un sogno irrealizzato perché non include la Russia che si sente parte integrante di essa. I grandi intellettuali russi duecento anni fa e i progressisti di trecento anni fa aspiravano ad un Vecchio Continente che fosse inclusivo della loro Patria. Invece, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Unione Europea, sostenuta dagli USA, ha impostato un rapporto con la grande Potenza che fu degli zar dettando tutta una serie di norme e disposizioni legali. Eppure la strutturazione dell’Europa contemporanea e quella della Federazione russa sono pressoché contemporanee. La Russia è apparsa sulla mappa politica il 25 dicembre 1991 e l’Unione Europea ha iniziato ad esistere nel febbraio 1992.

La compatibilità tra le due “federazioni” sarebbe potuta essere un progressivo obiettivo politico, etico, culturale, economico, oltre che geograficamente attiguo. L’integrazione di due mondi molto simili, al netto del comunismo, avrebbe portato una ricchezza enorme al Vecchio Continente. Avrebbe creato dinamiche internazionali tra gli Stati, oggi impensabili. Invece, ha prevalso l’indifferenza o, ancor di più, la diffidenza dell’Occidente e la totale indisponibilità dell’unica Superpotenza di allora, che credeva di perdere terreno e spazi di potere a favore di quello che fu il suo storico nemico.

La posizione dei Paesi europei, nonostante qualche liason con Putin, in un passato non propriamente remoto, è orientata verso un divorzio definitivo, completamente appiattito sugli interessi atlantisti.
Probabilmente, per la prima volta nella storia, l’Europa non è più il centro del mondo, come immagine ideale, perché il contesto globale è cambiato.

Al lettore sorgerà naturale e spontanea la domanda: cosa vuol dire essere un paese di cultura europea, in un mondo sempre meno eurocentrico? Fedor Luk’janov su Limes (5/2023) sostiene che “l’Europa non aspira più ad avere un ruolo centrale ma a quanto si può giudicare punta ad essere la “moglie preferita del signore” “, che ha la bandiera a Stelle e Strisce. La Russia, a partire dall’operazione speciale in Ucraina è fuori da questo paradigma, derubricata a male assoluto da sconfiggere. In coppia con la Russia si sta ponendo come partner privilegiato la Turchia. I detrattori della Russia di Putin parlano già di auto-isolamento della stessa, mentre al Cremlino la Russia è stata definita uno “Stato-civiltà a sé stante”. Il distacco tra Europa e Russia sia dal punto di vista fisico che economico è avvenuto in maniera repentina e contraria al buon senso da entrambe le parti.

In questa situazione caotica e profondamente incerta, si nota un rafforzamento, per alcuni un totale assorbimento, dell’Europa verso Oltreoceano, mentre è chiaro che Putin sta intensificando i rapporti coi Paesi asiatici e col Medio-Oriente, in particolare con Iran e Arabia Saudita e, comumque strizzando l’occhio alla galassia filo-palestinese.

Oggi l’Asia appare il centro dello sviluppo mondiale, la Cina e la maggioranza delle Nazioni globali non hanno alcuna intenzione di fare gli scendiletto degli Stati Uniti.

In tale contesto, la Russia non dovrebbe puntare ad essere il leader mondiale che soppianta gli Stati Uniti, perché questo finirebbe in un lago di sangue, ma, sempre come osserva il russo Luk’janov su Limes (5/2023) dovrebbe creare le condizioni per divenire nel prossimo futuro una “potenza (nazione) indispensabile”, un indispensabile power, senza il quale non si va da nessuna parte, come sosteneva Madeleine Albright negli anni Novanta. In un certo senso l’India si sta ponendo in questo modo, ora. E’ finita l’era dell’Occidente messianico.

Non sarà accettata neppure una Russia messianica o una Cina che esporta il suo modello a Roma. Invece, una Russia come paese di buon senso, con una forte identità culturale e ideale derivante dal Cristianesimo potrebbe divenire un eccellente garante d’equilibrio mondiale, “che ha molto da dare a coloro che si rapportano a essa con rispetto”. Questa è una di quelle folli fantasie che finora trovano posto solo tra i desideri di Luk’janov e miei.

 

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