Assedio alla Cgil, le 3 bugie della Lamorgese

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di Redazione www.nicolaporro.it 

Un’autodifesa a spada tratta. Ieri pomeriggio Luciana Lamorgese si è presentata in Parlamento per spiegare come sia potuto succedere che un gruppuscolo di neofascisti mettesse a ferro e fuoco la sede della Cgil a Roma. Ha ammesso alcuni errori, il ministro. Ha respinto la “strategia della tensione” evocata da Giorgia Meloni solo qualche giorno fa. Ma ha anche negativamente sorpreso per la tranquillità con cui ha parlato di quella che, in realtà, può configurarsi come una vera e propria debacle nella gestione dell’ordine pubblico.

Gli errori di valutazione

Scopriamo, ad esempio, che in piazza a controllare la massa di no green pass c’erano poche forze dell’ordine. Troppe poche. Il motivo? Il Viminale non c’aveva capito una mazza. O meglio: ci si è fidati dell’ipotesi formulata dagli organizzatori della manifestazione (“avevano indicato in mille persone il numero orientativo”), si è ipotizzato che potessero essere un pochino di più (“le autorità hanno ritenuto che l’affluenza effettiva si andasse ad attestare sulle 3-4mila unità”) per poi ritrovarsi in Piazza del Popolo tra le 10 e le 12mila personeEvidente la “sproporzione” tra agenti e manifestanti. La questura di Roma aveva messo in campo appena 590 elementi, cui si sono sommati 250 operatori tra Arma e Finanza. In totale solo “840 unità effettive, da ritenersi pienamente adeguato” rispetto “alle stime previsionali”, ma di fatto un’inezia vista la reale affluenza in corteo. Da qui le prime due domande: possibile che “il sistema informativo” abbia cannato così tanto l’analisi? E possibile che non si sia riusciti a rimediare in corso d’opera?

Le bugie sull’assedio alla Cgil

Non torna invece il resoconto del ministro sull’ultimo atto di quel sabato nero. Ovvero il momento in cui un gruppo di manifestanti prende la via che porta alla sede della Cgil e la trasforma in un bivacco di manipoli. Di fronte ai deputati, Lamorgese ha negato che il corteo verso la camera del lavoro fosse stato autorizzato dalle forze dell’ordine, nonostante una nota della questura romana, rivelata dalla Verità, dica esattamente il contrario. Ma il ministro ha anche detto qualcosa di ancor più incredibile. Avete presente il video, mostrato da Quarta Repubblica, in cui si sente Giuliano Castellino, leader di FN, dire alla folla che a breve avrebbero “messo sotto assedio” il sindacato? Ecco: per difendersi dalle accuse di non essersi preparati in tempo, nonostante l’annuncio criminoso, Lamorgese sostiene che no, non fu un “il frutto estemporaneo dell’incitamento di Castellino”, ma ritiene che l’idea “fosse emersa già prima”, quando cioè Luigi Aronica ne aveva fatto esplicita richiesta ai responsabili della sicurezza. Il che è molto peggio. La volontà di dirigersi verso la Cgil era chiara da almeno 15 minuti prima del discorso di Castellino: perché allora non sono state inviati rinforzi alla Cgil? E perché ci si è fidati degli esponenti di Forza Nuova quando hanno assicurato che sotto la sede di Landini si sarebbero limitati a “scandire slogan di protesta e disapprovazione”?

Il resto è storia nota. Circa 3mila partono in corteo, sorprendono le forze dell’ordine, superano il dispositivo in piazza del Brasile e s’avventano sulla Cgil. Vista “l’evidente sproporzione tra la massa dei manifestanti e le Forze dell’ordine in campo”, ammessa dal ministro, fanno ciò che vogliono. Distruggendo i locali del sindacato.

Il mistero Castellino

C’è poi da chiarire un ultimo punto. Per quale motivo Giuliano Castellino, vicesegretario nazionale di Forza Nuova, destinatario di un Daspo, con divieto di partecipare alle manifestazioni sportive, “noto alle forze dell’ordine per i suoi trascorsi delinquenziali”, sottoposto a “sorveglianza speciale di pubblica sicurezza” e con obbligo di soggiorno, s’è presentato come se nulla fosse al sit-in dei no green pass? Una settimana fa Lamorgese aveva detto che l’arresto sul posto è stato evitato per non creare ulteriori tensioni, e già la scusa era sembrata deboluccia. Ma perché non è stato impedito che arrivasse in piazza del Popolo? Per Lamorgese è questione di lana caprina. Roba da costituzionalisti. Giuristi di grido. Insomma pare che la giurisprudenza, quella della Cedu e della Corte costituzionale, non permetta l’arresto della persona soggetta a sorveglianza speciale. “Solo la ricorrenza, nel pomeriggio del 9 ottobre, di altri validi motivi di legge, ne hanno potuto giustificare, a diverso titolo, l’arresto”. Non prima. E va detto: fa specie sentirselo dire dopo che per oltre un anno il governo ha imposto lockdown, restrizioni e chiusure. Per l’Italia “stato di emergenza” perenne, per Castellino tutte le garanzie del mondo. Per il forzanovista la Costituzione vale e per gli altri no?

Infine, giusto come ciliegina sulla torta di una relazione decisamente discutibile, va forse sottolineata la spiegazione data per quell’agente che in diversi video si vede “presente all’azione di alcuni esagitati”. Si era ipotizzato si trattasse di un infiltrato, “inquietante retroscena” escluso da Lamorgese. Si trattava però di un poliziotto in borghese della Digos (cosa cambia?) “con compiti di osservazione e monitoraggio e di mediazione con i manifestanti”, lo stesso che poi è stato ripreso mentre reagisce in maniera scomposta nei confronti di un manifestante. Bene. Che ci faceva in quel filmato insieme ad altra gente che cercava di “provocare il ribaltamento di un furgone della polizia”? Per il ministro “quell’operatore stava verificando anche la forza ondulatoria scaricata sul mezzo e che non riuscisse ad essere effettivamente concluso”. Suvvia: “valutare la forza ondulatoria”? Siamo seri? Allora, così, vale tutto.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/assedio-alla-cgil-le-3-bugie-della-lamorgese/

Rinascita-Scott, pentito Arena: ”Prima di Gratteri la massoneria deviata arrivava dappertutto”

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Il collaboratore di giustizia in aula: “Massoneria deviata, ‘Ndrangheta e politica sono la stessa cosa

“Prima che alla Dda approdasse il dottore Gratteri si riusciva ad arrivare dappertutto. La ‘Ndrangheta, tramite la massoneria, riusciva ad arrivare dappertutto. E questo vale per la pubblica amministrazione, per i palazzi di giustizia, per le Questure, per i carabinieri, da tutte le parti. E sono sicuro di quello che dico”. Sono state queste le parole pronunciate dal collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena nel corso del controesame condotto dall’avvocato Alessandro Diddi, che nel processo Rinascita-Scott difende Mario De Rito.

Secondo Bartolomeo Arena esiste un prima e un dopo Gratteri e per spiegare il concetto il pentito in aula ha fatto alcuni esempi. “Sono stati toccati in particolare due esercenti a Vibo: il bar di Daffinà e il Tribeca di Filippo La Scala. Siccome Daffinà è un soggetto che è legato a poteri forti e anche Filippo La Scala per amicizia era legato a soggetti… per adesso chiamiamoli poteri forti. Io non volevo che si toccassero questi soggetti perché sapevo come sarebbe andata a finire, cioè che quelli più intercettati eravamo noi, le perquisizioni le ricevevamo solo noi, le microspie erano solo per noi. Ai Lo Bianco-Barba, quando parlavamo di un’ipotetica operazione, io lo dicevo che avrebbero arrestato solo noi, ovvero il mio gruppo: io, i Pardea, i Camillò, i Macrì, i Lo Bianco. Poi per fortuna non avevano fatto i conti con la Dda di Catanzaro che – ha continuato – da quando è entrato il dottore Gratteri, indaga a 360 gradi e quindi non tocca (non indaga, ndr) solo a una parte, tocca pure agli altri e quindi ci siamo finiti tutti nel pentolone. Se fosse stato come ai tempi passati avrebbero arrestato solo noi. Quelli che avevano i santi in paradiso tutte le colpe le avrebbero fatte cadere su di noi“.

Il pentito durante l’udienza ha spiegato che lui cercava di spiegare a quelli del suo gruppo che “se andiamo a toccare certe persone, non solo ci mettiamo contro alcuni ‘ndranghetisti, che sono pure massoni, ma poi ci saltano addosso tutti gli altri massoni e di conseguenza le indagini le girano e le dirottano come vogliono su di noi“.

Perché massoneria fa indagini contro di voi?“, ha chiesto l’avvocato Diddi.

Perché massoneria deviata, ‘Ndrangheta e politica sono la stessa cosa” ha risposto Arena, sottolineando che “c’erano dei soggetti che le cosche volevano toccare e io dicevo: ‘Quel soggetto non lo tocchiamo perché è amico di quel politico, di quell’altro massone e con questi soggetti poi abbiamo problemi perché non solo sono collegati a ‘ndranghetisti di un certo livello ma poi possiamo avere problemi con la magistratura’. Io sto parlando sempre del periodo prima che arrivasse Gratteri alla Dda“.

L’estorsione all’ex direttore generale della Vibonese calcio
Durante l’udienza il collaboratore di giustizia ha parlato di una estorsione condotta dallo stesso pentito nei confronti di Danilo Beccaria, ex direttore generale della Vibonese calcio.  “Io sono andato – ha detto Arena – perché lo conoscevo e gli ho detto che avevamo bisogno di soldi perché c’erano diversi miei parenti che erano usciti da poco dal carcere. Nel giro di un paio d’anni mi ha dato intorno ai 50-60 mila euro circa. Una volta ricordo che aveva avuto un problema con un giocatore perché non se ne voleva andare, o forse gli voleva mettere l’avvocato, non ricordo, e mi ha chiesto se io potevo intervenire. Io ho accettato poi però lui ha fatto diversamente e non è successo nulla. Io a Beccaria non gli ho fatto mai nessun favore. Questa estorsione è stata la più grossa e facile perché senza fare nessuna intimidazione, senza andare a minacciare nessuno in due anni, forse meno, abbiamo preso 50/60mila euro“.

Io con le estorsioni – ha continuato il collaboratore – ho guadagnato qualcosa ma le facevo a modo mio, gli altri usavano farle col metodo del danneggiamento, i proiettili… a me non piaceva questa metodologia. Mettevano sotto estorsione chiunque, anche quello che doveva fare il ponteggio per pitturare una casa. A me non piaceva di andare a ingarbugliarmi in una situazione con la giustizia per una fesseria“.

Al tempo, come raccontato dal pentito, “Vibo era una polveriera, forse era l’unica provincia dove ancora si mettevano le bottigliette incendiarie e i proiettili. Certe cose non succedono nemmeno a Reggio. Una volta un soggetto della cosca Libri, quando seppe che il mio gruppo faceva estorsioni con danneggiamento, ci disse: ‘Ma voi ancora con i danneggiamenti siete?’. Ormai nelle altre zone sono meglio organizzati. Ormai un commerciante o un imprenditore che viene dal nord sa già dove andare perché o c’è un colletto bianco che fa da ponte tra l’imprenditoria e la ‘Ndrangheta o perché ci si accorda con l’amico dell’amico. Insomma non c’è più bisogno del danneggiamento“, ha detto Arena.

Ma il vero cambiato nella strategia nel compiere estorsioni era avvenuto con l’arrivo di Gratteri. “Quelli del mio gruppo non ci credevano – ha detto Arena – a quello che dicevo e le facevano lo stesso (le estorsioni con danneggiamento, ndr). Io appena è arrivato a Catanzaro (Gratteri) lo avevo detto: ‘Ci arresta a tutti’. E non lo dico perché c’è il procuratore in aula. L’ho sempre detto“. Arena racconta di avere proposto al proprio gruppo di cambiare strategia, “di avvicinare imprenditori che versavano in condizioni precarie e diventarne soci. Loro non volevano perché dicevano che non volevano investire e continuavano a fare le estorsioni come quando c’era Andrea Mantella cioè con i danneggiamenti“.

Fonte:corrieredellacalabria.it

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Fonte: https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/306-giustizia/86006-rinascita-scott-pentito-arena-prima-di-gratteri-la-massoneria-deviata-arrivava-dappertutto.html

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