Il 2024 porterà nuovi vescovi alla FSSPX: i “lefebvriani” perseverano nell’errore fallibilista
EDITORIALE
di Matteo Castagna
Siamo stati cattolici fedeli alla Tradizione, seguendo l’apostolato dei sacerdoti della Fraternità san Pio X, dal 2003 al 2009 ed è giusto farne pubblica ammenda. I sacerdoti ci sembravano avere una formazione tradizionale, che lasciava o incoraggiava la militanza cattolica dei cattolici laici che volevano intraprenderla. Nel 2005 alcuni atteggiamenti cambiarono. Improvvisamente, il parroco conciliare di Spadarolo (Rimini) ove la FSSPX ha un priorato, ci lasciava l’ampio oratorio per nostre occasioni conviviali, le omelie tendevano a evitare di parlare degli atti modernisti del clero conciliare, così come le conferenze e le catechesi. ai convegni annuali del distretto Italiano non venivano più invitati come relatori gli esponenti più determinati e politicamente scorretti.
Anche nelle discussioni private si veniva gentilmente invitati a smetterla di attaccare in continuazione i vari esponenti della Curia romana. La militanza non veniva più incoraggiata, ma snobbata, scoraggiata o, addirittura, subdolamente, distrutta. Stava cambiando il clima, preludio a successivi cambiamenti. Nel 2006, oramai, il ralliement nei confronti dei conciliari era sempre più visibile e lo si leggeva nei bollettini dell’allora Superiore Generale Mons. Bernard Fellay.
Alcuni fedeli, accortisi di questa tendenza de facto si avvicinarono ad altri fedeli, storicamente sedevacantisti, ma tollerati, almeno a Messa, per approfondire la posizione. Dopo circa un anno di studio e di non facile accettazione, la convinzione venne espressa al sacerdote della Fraternità che era considerato il più vicino a tale posizione perché lasciava piena libertà di coscienza sull’argomento. Nel 2007 le trattative ufficiali tra i vertici della FSSPX e la Roma del Concilio portarono al Motu (im)Proprio “Summorum Pontificum”, con cui Ratzinger accoglieva la richiesta lefebvriana di lasciare liberi i sacerdoti di tutto il mondo di celebrare la Messa col Messale Romano promulgato da Roncalli nel 1962, prima della riforma liturgica, ma, allo stesso tempo subordinava la Messa more antiquo a quella Novus Ordo del 1969. La liturgia della Chiesa diventata, così, la forma extra-ordinaria dell’ “unico rito” romano, che era, evidentemente, la forma ordinaria promulgata da Montini con la consulenza di Mons. Annibale Bugnini, in forte odor di Massoneria e di 6 Pastori protestanti.
Non veniva più preso in considerazione che “lex orandi, lex credendi”, e quindi, non veniva risposto agli “anticristi” romani – come li definiva, negli anni ’80, Mons. Marcel Lefebvre – che le due Messe erano frutto di due fedi diverse, una cattolica e l’altra modernista. Alla Fraternità bastava avere la possibilità di celebrare la Messa, possibilmente in chiesa, senza che qualcuno gli rompesse più le scatole. Pazienza anche che a celebrarla fossero “sacerdoti” d’ordinazione invalida con rito riformato.
Non si imponevano già più le mani, sub condicione, al clero almeno di dubbia validità. Il sacerdote di cui sopra, durante un’omelia a Lanzago di Silea (TV) tuonò nei confronti di Ratzinger, del Motu (im)Proprio ma anche dei vertici della sua Fraternità che avevano accettato questo mostro teologico, senza batter ciglio. Tra il 2007 e il 2009 furono anni burrascosi e di grande fermento, in cui nacque il Circolo Christus Rex. Quando Ratzinger, a furia di trattative coi vertici fraternini, su richiesta espressa di Mons. Fellay, nel gennaio 2009, remise le scomuniche comminate ai 4 vescovi consacrati da Mons. Lefebvre nel 1988, il vaso traboccò. Perché tutta questa smania di voler esser riconosciuti veri cattolici dalla Chiesa modernista conciliare?? Mons. Lefebvre non si era forse appellato allo stato di necessità grave per il mantenimento della Fede Cattolica integra da errori già condannati, per consacrare 4 vescovi, contro la volontà di Wojtyla?
Un fatto, forse troppo ingenuo, ma privo di conseguenze giuridiche, contrariamente a Mons. Richard Williamson che ad una televisione svedese negò la Shoà, accorso a quel sacerdote, che era andato pubblicamente in linea con Mons.Williamson, aveva l’attenuante di sentirsi esasperato e tradito da quella che era la sua famiglia di confratelli, fu il pretesto per espellerlo dalla congregazione, con modalità che, ancora oggi, non sapremmo definire se più vigliacche, o più prive della minima carità cristiana.
C’era uno zoccolo duro di fedeli che non si spaventò, che non esitò a seguire colui che era stato cacciato, cambiandogli le chiavi della canonica mentre diceva Messa a Trieste, che lo ospitò, che lo aiutò affinché potesse celebrare la Santa Messa comunque, che gli trovò un posto ove andare a vivere, adeguato ad avere una cappella in taverna. Quella cinquantina di persone si diede da fare perché non gli mancasse nulla. Egli non era caduto nelle maglie dei conciliari e andava difeso e sostenuto. I laici furono la salvezza di quel sacerdote smarrito, angosciato e privato, perfino, temporaneamente, di ogni suo effetto personale.
Possiamo dire di conoscere piuttosto bene l’argomento poco edificante di cui parliamo, anche per una serie di numerose altre questioni, di cui non è questa la sede e il momenti di parlare.
Leggiamo su Facebook un articolo del sito www.unavox.it in cui si riporta uno stralcio del Bollettino del Priorato francese della Fraternità, in cui don Alain Delagneau dà l’annuncio di nuove ordinazioni episcopali da parte della sua confraternita. Scrive il priore: “Noi ci dobbiamo aspettare – da parte delle autorità – di essere trattati da scomunicati, da scismatici. Tutte cose dolorose e preoccupanti per un cattolico. I media sapranno amplificare queste condanne, come anche la Fraternità San Pietro e compagnia; per questi sarà una buona occasione per giustificare la loro scelta nella crisi della Chiesa.
Poi continua: “E’ chiaro che è il Papa ad avere la giurisdizione universale su tutti i cristiani, ed è dunque lui che affida una parte del gregge ad ogni vescovo, rimanendone responsabile davanti a Dio. E questo è di diritto divino […] E quindi rifiutare dei vescovi alla Tradizione attiene alla legge umana, mentre salvare le anime attiene alla legge divina. Ne consegue che nel caso di grave necessità per le anime del mondo intero, si può e perfino si deve andare contro una legge umana per salvaguardare la legge divina”.
Se ne desume che sia legittimo disobbedire a colui che si ritiene il legittimo Vicario di Cristo, che però, potrebbe scomunicare chi chiede vescovi per la Tradizione. pare un cortocircuito logico, prima che teologico e canonico. Come fa un legittimo Pontefice ad essere tale ed allo stesso tempo creare le situazioni di uno stato di necessità per la salvezza delle anime? San Pietro e tutti i Papi, fino a Pio XII, hanno sempre confermato i fratelli nella fede. Non l’hanno messa in discussione creando pericolo per la sua integrità.
Gesù Cristo ha istituito il magistero ecclesiastico, conferendo agli Apostoli lo speciale potere di “annunciare il lieto messaggio (Mt. 11,5), “per rendere testimonianza della verità” (Gv. 18,37). Gli apostoli e i loro successori devono “annunciare il Vangelo a tutte le creature” (Mc. 16,15). Questo è un magistero vivo, autoritativo, tradizionale. Il mezzo per cui la parola di Dio venisse tramandata come tale, non falsata né turbata dall’errore umano è il carisma dell’infallibilità, che Egli ha conferito alla Sua Chiesa.
Esso vale per l’assicurazione della verità della fede. Poiché la Chiesa deve soltanto custodire e annunziare il tesoro della rivelazione, l’infallibilità non costituisce per i suoi soggetti la comunicazione di nuove verità rivelate. Perciò il Magistero ordinario e straordinario dei veri Papi è infallibile. Non si può credere il contrario della Mortalium animos di Papa Pio XI, come ha stabilito la Nostra Aetate del Conciliabolo Vaticano II, così come non ci si può adeguare alla Traditionis Custodes di Bergoglio, che abolisce la Messa di sempre, senza averne il potere e l’autorità. Il problema è sempre quello del vicolo cieco del fallibilismo lefebvriano, che portò alle consacrazioni del 1988. senza prima aver dichiarato la Sede Vacante per eresia manifesta, come avrebbe voluto Mons. Antonio de Castro Mayer, Arcivescovo di Campos, in Brasile, comunque presente a quelle storiche consacrazioni.
La Fraternità vuole davvero fare marcia indietro e farsi scomunicare di nuovo pur di restare fedele alla Tradizione? Ammetterebbe implicitamente gli errori gravissimi degli ultimi decenni, ma le basi dottrinali appaiono sempre quelle. O è in arrivo per il 2024 un nuovo “scherzo da prete”, Bergoglio benedicente, a scapito della Tradizione cattolica e a favore della “coppia di fatto” con il modernismo conciliare?
Attendiamo gli eventi e preghiamo per il bene delle anime e la gloria di Dio, ma le “comunicatio in sacris” coi preti invalidi, le ambiguità dottrinali e le contraddizioni lefebvriane, in particolar modo sulla questione dell’Autorità nella Chiesa e del Magistero, ci fa essere scettici. Certamente non possiamo essere lefebvriani, come abbiamo capito, per grazia di dio, nel 2005. Non vorremmo trovarci a morire “una cum” more antiquo, ma “una cum Luca Casarini”, perché la Fraternità è molto “allegra” su argomenti importantissimi di teologia fondamentale. Il vostro parlare sia “sì sì, no no” perché il resto viene dal maligno che fa adagiare nella ricerca della posizione di comodo che non è mai quella vera.