Catechismo Maggiore di san Pio X – Della settimana santa

Condividi su:

di Istituto Mater Boni Consilii, Centro Librario Sodalitium

 

Catechismo Maggiore di san Pio X – Della settimana santa

§ 3. – Della settimana santa in generale

45 D. Perché l’ultima settimana di Quaresima si dice santa?

R. L’ultima settimana di Quaresima si dice santa, perché in essa si celebra la memoria dei più grandi misteri operati da Gesù Cristo per la nostra redenzione.

46 D. Di qual mistero si fa memoria nella domenica delle Palme?
R. Nella domenica delle Palme si fa memoria dell’entrata trionfante che Gesù Cristo fece in Gerusalemme sei giorni avanti la sua passione.

47 D. Per qual causa Gesù Cristo valle entrare trionfante in Gerusalemme avanti la sua passione?
R. Gesù Cristo avanti la sua passione volle entrare trionfante in Gerusalemme, come era stato predetto:
1.    per animare i suoi discepoli dando loro in tal maniera una chiara prova che andava a patire spontaneamente;
2.    per insegnarci che colla sua morte egli trionferebbe del demonio, del mondo e della carne, e che ci aprirebbe l’entrata in cielo.

48 D. Qual mistero si celebra nel giovedì santo?

R. Nel giovedì santo si celebra l’istituzione del santissimo Sacramento dell’Eucaristia.

49 D. Qual mistero si ricorda nel venerdì santo?
R. Nel venerdì santo si ricorda la passione e morte del Salvatore.

50 D. Quali misteri si onorano nel sabato santo?
R. Nel sabato santo si onorano la sepoltura di Gesù Cristo e la sua discesa al limbo e dopo il segno del Gloria si comincia ad onorare la sua gloriosa resurrezione.

51 D. Che cosa dobbiamo noi fare per passare la settimana santa secondo la mente della Chiesa?
R. Per passare la settimana santa secondo la mente della Chiesa dobbiamo fare tre cose:
1.    unire al digiuno un maggior raccoglimento interno, e un maggior fervore di orazione;
2.    meditare di continuo con ispirito di compunzione i patimenti di Gesù Cristo;
3.    assistere se si può, ai divini uffici con questo medesimo spirito.

§ 2. – Di alcuni riti della settimana santa.

52 D. Perché la domenica della settimana santa si dice delle Palme?

R. La domenica della settimana santa si dice delle Palme a cagione della processione che si fa in questo giorno, in cui si porta in mano da’ fedeli un ramo d’olivo o di palma.

53 D. Perché nella domenica delle Palme si fa la processione portando rami d’olivo o palme?
R. Nella domenica delle Palme si fa la processione portando rami di olivo o palme per ricordare l’entrata trionfante di Gesù Cristo in Gerusalemme, incontrato dalle turbe con rami di palma in mano.

54 D. Perché nel ritorno della processione delle Palme si batte tre volte alla porta della Chiesa prima che si apra?
R. Nel ritorno della processione delle Palme si batte tre volte alla porta della Chiesa, prima che si apra, per significare che il paradiso era chiuso pel peccato di Adamo, e che Gesù Cristo ce ne ha meritato l’ingresso colla sua morte.

55 D. Chi furono quelli che andarono incontro a Gesù Cristo allorché entrò trionfante in Gerusalemme?
R. Allorché Gesù Cristo entrò trionfante in Gerusalemme, gli andò incontro il popolo semplice ed i fanciulli, non già i grandi della città; così disponendo Iddio per farci conoscere che la superbia rese questi indegni di aver parte nel trionfo di nostro Signore, che ama la semplicità di cuore, l’umiltà e l’innocenza.

56 D. Perché non si suonano le campane dal giovedì santo al sabato santo?
R. Dal giovedì sino al sabato santo non si suonano le campane in segno di grande afflizione per la passione e morte del Salvatore.

57 D. Perché si conserva nel giovedì santo un’ostia grande consacrata?
R. Nel giovedì santo si conserva un’ ostia grande consacrata:
1.    affinché si tributino speciali adorazioni al sacramento dell’ Eucaristia nel giorno in cui venne istituito;
2.    perché si possa compiere la liturgia nel venerdì santo, in cui non si fa dal sacerdote la consacrazione.

58 D. Perché nel giovedì santo dopo la Messa si spogliano gli altari?
R. Nel giovedì santo dopo la Messa si spogliano gli altari per rappresentarci Gesù Cristo spogliato delle sue vesti per essere flagellato e affisso alla croce; e per insegnarci che per celebrare degnamente la sua passione dobbiamo spogliarci dell’uomo vecchio, cioè d’ogni affetto mondano.

59 D. Perché si fa la lavanda dei piedi nel giovedì santo?
R. Nel giovedì santo si fa la lavanda dei piedi:
1.    per rinnovare la memoria di quell’atto di umiliazione con cui Gesù Cristo si abbassò a lavarli ai suoi Apostoli;
2.    perché Egli medesimo esortò gli Apostoli e, in persona di essi, i fedeli ad imitare il suo esempio;
3.    per insegnarci, che dobbiamo purificare il nostro cuore da ogni macchia, ed esercitare gli uni verso degli altri i doveri della carità ed umiltà cristiana.

60 D. Perché nel giovedì santo i fedeli si recano alla visita del Santissimo Sacramento in più chiese pubblicamente nelle processioni, o privatamente?
R. Nel giovedì santo i fedeli si recano alla visita del Santissimo Sacramento in più chiese in memoria de’ dolori sofferti da Gesù Cristo in più luoghi, come nell’orto, nelle case di Caifa, di Pilato e di Erode, e sul Calvario.

61 D. Con quale spirito si devono fare le visiti nel giovedì santo?
R. Nel giovedì santo si devono fare le visite non per curiosità, per abitudine o per divertimento, ma per sincera contrizione dei nostri peccati, che sono la vera cagione della passione

e morte del nostro Redentore, e con vero spirito di compassione delle sue pene, meditandone i vari patimenti; per esempio nella prima visita quel che soffri nell’orto; nella seconda, quel che soffrì nel pretorio di Pilato; e così dicasi delle altre.

62 D. Perché nel venerdì santo la Chiesa, in modo particolare, presa il Signore per ogni sorta di persone, anche per i pagani e per i giudei?
R. La Chiesa nel venerdì santo, in modo particolare, prega il Signore per ogni sorta di persone per dimostrare che Cristo è morto per tutti gli uomini e per implorare a beneficio di tutti il frutto di sua passione.

63 D. Perché nel venerdì santo si adora solennemente la croce?
R. Nel venerdì santo si adora solennemente la Croce, perché essendovi Gesù Cristo stato inchiodato ed essendovi morto in quel giorno, la santificò col suo sangue.

64 D. L’adorazione si deve al solo Dio, perché adunque si adora la Croce?
R. Si deve adorazione al solo Dio, e però quando si adora la Croce, la nostra adorazione si riferisce a Gesù Cristo morto su di essa.

65 D. Qual cosa è da considerarsi specialmente nei riti del sabato santo?
R. Nei riti del sabato santo è da considerarsi specialmente la benedizione del cero pasquale e del fonte battesimale.

66 D. Che cosa significa il cero pasquale?
R. Il cero pasquale significa lo splendore e la gloria, che Gesù Cristo risuscitato apportò al mondo.

67 D. Perché si benedice nel sabato santo il fonte battesimale?
R. Nel sabato santo si benedice il fonte battesimale, perché anticamente in questo giorno, come ancora nella vigilia della Pentecoste, si conferiva il Battesimo solennemente.

68 D. Che cosa dobbiamo fare mentre si benedice il fonte battesimale?
R. Mentre si benedice il fonte battesimale, dobbiamo ringraziare il Signore d’averci ammessi al Battesimo, e rinnovare le promesse che allora abbiamo fatto.

 

Segui l’articolo completo: https://www.sodalitium.biz/catechismo-s-pio-x-settimana-santa/

La difesa della famiglia: “Catechesi cattolica del matrimonio”

Condividi su:

QUINTA COLONNA

Segnalazione del Centro Studi Federici

Noël Barbara, Catechesi cattolica del matrimonio, Centro Librario Sodalitium, euro 25,00, pag. 622.
 
Prefazione del Dottor Jean Rivière, Professore alla Facoltà di medicina di Bordeaux 
Ho accettato volentieri di scrivere la prefazione alla “Catechesi cattolica del matrimonio” del Rev.do Padre Barbara, dopo averla letta con attenzione sotto un duplice punto di vista: quello dell’uomo sposato cattolico medio, di mezza età, padre di famiglia numerosa, ogni giorno alle prese con i diversi aspetti della vita coniugale, e anche quello di medico, ancor più in grado di constatare ogni giorno lo smarrimento delle intelligenze e dei cuori in questo campo. Per quanto ne so, questo libro non ha attualmente nulla di equivalente. Già a questo solo titolo esso merita di interessare, e l’esperienza ha già permesso di verificare che il suo contenuto, il suo stile, la sua preoccupazione di non lasciare nell’equivoco i problemi più delicati, hanno sollevato molte domande, turbato delle coscienze troppo ignoranti della dottrina della Chiesa. 
Dovremo stupirci se in futuro la lettura di questa catechesi susciterà delle obiezioni e delle discussioni? Non credo, perché a ben pensarci ci si accorge facilmente che la Chiesa cattolica ha sempre rivendicato e rivendica ancora un imprescindibile diritto di sguardo sulla morale. 
Quanti coniugi cercano, senza trovarlo sempre, l’aiuto del consiglio di un prete nei loro problemi di sposi! Quanto appare necessario lo sviluppo di un lavoro d’équipe fra clero, sociologi, medici, ecc…, se si vuole arrivare a delle soluzioni veramente cristiane in questo o quel caso concreto! ll sacerdote non ha per missione di insegnare la morale? Questo libro non ci dice altro che la condotta dei “figli di Dio impegnati nello stato del matrimonio”. La qualità sacerdotale dell’autore lungi dallo scandalizzare, non può che ispirare fiducia in quelli che lo leggeranno. 
Nella nostra epoca che si vanta di essere illuminata, il ricordare il concetto cristiano dell’amore e il senso profondo degli “obblighi” del matrimonio sembrerà forse desueto. Infatti si constata ogni giorno che numerosi focolari ignorano tutto della dottrina della Chiesa sul matrimonio oppure non ne conoscono che dei frammenti sparsi, scoordinati, raccolti per caso. Questa ignoranza, diciamolo senza rancore, non risparmia gli ecclesiastici.
Non bisognerebbe d’altra parte equivocare sulle intenzioni dell’autore. Gli applicherei volentieri questa bella definizione: “lo spirito duro e il cuore dolce”. 
Questo catechismo non costituisce una requisitoria. Anzi, Padre Barbara non ha consacrato dei mesi a questo lavoro per il piacere di soddisfare qualche “integrismo” di principio o di fatto in un campo in cui tante coscienze oneste cercano delle soluzioni a situazioni spesso dolorose. 
Ma schivare i problemi, annegare le difficoltà nel sentimentalismo o nei fantasmi di una sessualità più o meno incosciente, non ha mai aiutato ne mai aiuterà un’anima a camminare nella luce di Dio. Ora, chi possiede ancora la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo se non la Chiesa cattolica? 
Il primo dovere della carità non è di illuminare coloro che camminano nell’oscurità?
La dottrina della Chiesa sul matrimonio resta la pietra d’angolo delle unioni cristiane. Se su certi punti la discussione rimane aperta, preferibilmente fra persone competenti e al di fuori dello spazio pubblico, nell’insieme, la via tracciata dalla Chiesa in questo campo come in altri, è l’unica capace di portare la pace nelle anime, talvolta a prezzo di una pesante croce. Ma piacere e felicità non si confondono, e Nostro Signore Gesù Cristo ha parlato più spesso di via stretta che di via larga. 
Bisogna ringraziare Padre Barbara di averlo saputo ricordare, nascondendo la sua persona dietro l’autorità del pensiero della Chiesa. 
Quarta di copertina
Papa Pio XI, già nel 1930, osservava nella Casti Connubi che “dobbiamo considerare di primaria importanza che i fedeli siano bene istruiti circa il matrimonio, a voce e in iscritto non una volta sola e superficialmente, ma spesso e ampiamente, con argomenti chiari e solidi”. Memore di questo insegnamento l’autore di questo libro, P. Barbara, quando era giovane prete in Algeria francese, su mandato del suo Vescovo cominciò ad occuparsi della preparazione dei fidanzati al matrimonio e continuò questo ministero quando predicava gli Esercizi spirituali di s. Ignazio. Egli faceva notare giustamente come i sacerdoti, che non si devono sposare, studiano bene la dottrina sul matrimonio in teologia morale per poter confessare e consigliare al meglio, mentre invece i laici, che si devono sposare, non la studiano per niente e questa è una anomalia che se era vera negli anni sessanta è purtroppo ancor più vera oggi, quando l’ignoranza religiosa, in seguito al Concilio Vaticano II, ha raggiunto livelli un tempo inimmaginabili.
Questo libro, che non aveva ad oggi in Italia nulla di equivalente, si propone di colmare questa lacuna, cioè la non conoscenza del catechismo sul matrimonio da parte delle persone che si impegnano in esso, mettendo a loro disposizione in maniera semplice e accessibile, sotto forma di catechismo con domande e risposte, la dottrina cristiana, per vivere al meglio e con la grazia di Dio questo sacramento così importante per la vita e la salvezza di molti cattolici. Quanti coniugi cercano, spesso senza trovarlo, l’aiuto del consiglio di un sacerdote nei loro problemi di sposi! La qualità sacerdotale dell’autore, lungi dallo scandalizzare, non può che ispirare fiducia in quelli che lo leggeranno.
Nella nostra epoca che si vanta di essere illuminata e che confonde spesso l’amore con il piacere, ricordare il vero concetto cristiano dell’amore che è il sacrificio potrà sembrare forse desueto ma è più che mai necessario. La via tracciata dalla Chiesa in questo campo come in altri, è l’unica capace di portare la pace nelle anime, talvolta a prezzo di una pesante croce. Ma piacere e felicità non si confondono, e Nostro Signore Gesù Cristo ha parlato più spesso di via stretta che di via larga. La dottrina della Chiesa sul matrimonio resta la pietra angolare delle unioni cristiane.
Questo libro è utile sia alle coppie sposate e ai fidanzati che si preparano al matrimonio, sia ai sacerdoti o ai catechisti che si occupano della catechesi prematri-moniale. È di notevole interesse, inoltre, la seconda parte del libro che raccoglie moltissimi documenti del magistero, in particolare di Pio XII, Pastor Angelicus, su tutte le questioni inerenti al matrimonio.

Sodalitium.it: Novità libraria, “Regem venturum Dominum…” di Mons. Angrisani

Condividi su:

Segnalazione Sodalitium

Prediche e meditazioni per la Novena di Natale

Mons. Giuseppe Angrisani, vescovo di Casale Monferrato

La festa di Natale è una della più importanti e sentite del calendario cattolico. Essa viene preparata con una novena che comincia il 16 dicembre. Uno dei metodi più popolari e diffusi in Italia di fare la novena è quello che ebbe origine a Torino nel 1720 nella chiesa dell’Immacolata, appartenente ai preti della Missione, per volontà della Marchesa Gabriella Caterina di Mesmes di Marolles, moglie in prime nozze del conte Carlo delle Lanze e in seconde nozze del conte Giacinto Scaglia di Verrua. Questo metodo è una composizione liturgica che imita il mattutino e il vespro ed è seguita dalla predica e dalla benedizione eucaristica. Queste prediche per la Novena di Natale di Mons. Angrisani, vescovo di Casale, risalgono agli anni cinquanta del novecento; furono tenute nella sua cattedrale e furono diffuse dalla “Propaganda Mariana” e poi pubblicate in un libro dallo stesso vescovo ottenendo una buona diffusione e recensioni favorevoli su “L’Osservatore Romano”. Ovviamente nello stile, nell’esposizione e negli esempi risentono del periodo in cui furono preparate: cioè agli anni del dopo guerra, ma riteniamo che possano essere utili al clero per la predicazione e ai fedeli per la meditazione dell’augusto mistero dell’Incarnazione. A tal fine abbiamo voluto ripubblicare il libro di Mons. Angrisani.

Prezzo 16,00€.
Questo libro è acquistabile sul nostro e-commerce.

Visualizza sul nostro sito

 

I libri di don Anthony Cekada (1951-2020) sulla riforma liturgica di Paolo VI

Condividi su:

Segnalazione del Centro Studi Federici

I libri di don Anthony Cekada (1951-2020) sulla riforma liturgica di Paolo VI, tradotti e pubblicati dal Centro Librario Sodalitium: da leggere e mettere in pratica.
Non si prega più come prima… Le preghiere della Nuova Messa. I problemi che pongono ai cattolici
Frutto del lavoro dell’uomo. Una critica teologica alla messa di Paolo VI
 “Del tutto invalido e assolutamente nullo” 

 

 

L’invalidità delle consacrazioni episcopali post-conciliari

Condividi su:

di Matteo Castagna

Si parla di un problema reale, sottovalutato o incompreso in gran parte del mondo della cosiddetta tradizione, perché particolarmente scomodo, e neppure valutato in altri ambienti. Purtroppo, la DRASTICA RIDUZIONE DELLA VISIBILITA’ DELLA CHIESA comporta riti invalidi, poche vere Messe offerte nel mondo, e pochi cattolici realmente tali. Il teologo recentemente scomparso, don Anthony Cekada ha realizzato un panphlet, in cui con linguaggio chiaro e paragoni logici, spiega l’invalidità delle consacrazioni episcopali riformate nello spirito e nelle formule nel 1968, che comportano l’invalidità delle ordinazioni sacerdotali. L’autore del testo qui sotto aggiunge una parte finale dedicata alla Tesi di Cassiciacum, cui noi non aderiamo. Il Magistero Perenne della Chiesa e le spiegazioni di don Cekada appaiono sufficienti a riconoscere quanto risulta evidente nei fatti.

Segnalazione del Centro Studi Federici

Del tutto invalido e assolutamente nullo. Il rito di consacrazione episcopale del 1968 
 
Il Centro librario Sodalitium ha già in passato pubblicato in italiano le opere di don Cekada (Non si prega più come prima e Frutto del lavoro dell’uomo) e adesso presenta in un opuscolo, questi due articoli (risalenti al 2006 e 2007) sulla questione dei nuovi riti di ordinazione. Don Cekada, scomparso nel 2020, si è sempre interessato alle questioni liturgiche e già nel 1981 scrisse un articolo in The Roman Catholic sul49 l’invalidità del nuovo rito di ordinazione sacerdotale. Questo portò poi, dopo varie vicissitudini, nel 1983 all’uscita dalla Fraternità dei “nine bad priests” (i nove cattivi preti, come vennero chiamati). Si può quindi dire con verità che la questione dell’invalidità degli ordini sacri secondo il nuovo rito, ha interessato il nostro autore fin dal principio del suo ministero sacerdotale. 
Questa questione è estremamente importante poiché ha delle conseguenze dottrinali e pratiche che toccano la vita spirituale e la salvezza eterna dei cattolici: se infatti un prete o vescovo non è validamente ordinato ne consegue che i sacramenti che amministra sono per la maggior parte invalidi. In questi due articoli il nostro confratello americano affronta unicamente la questione della validità della nuova formula della consacrazione episcopale, che è il gradino più alto del sacramento dell’Ordine. Nel primo articolo spiega perché la nuova formula è da considerarsi invalida e nel secondo risponde ad alcune obiezioni che gli sono state fatte dopo la pubblicazione del primo articolo. Pio XII, nel 1947, con costituzione apostolica Sacramentum ordinis, per fugare ogni dubbio, aveva definito che era necessaria, per la validità del sacramento, solo l’imposizione delle mani ed il prefazio, e non più la “tradizione degli strumenti”. Questa definizione aprirà poi purtroppo la strada (non per volontà di Pio XII ma dei novatori che sono venuti dopo) con la riforma liturgica a seguito del Concilio Vaticano II, all’abolizione della consegna degli strumenti e poi degli stessi ordini minori che nel rito di conferimento hanno appunto come materia e forma la sola tradizione degli strumenti. Questo spiega perché don Cekada nel suo studio analizzi unicamente la questione della invalidità della nuova formula di consacrazione episcopale dimostrando che essa non ha niente a che vedere con le formule (valide) degli Orientali e che le sue parole non esprimono adeguatamente il potere episcopale che viene conferito, concludendo così alla assoluta invalidità e nullità del rito di Paolo VI. 
Sarebbe interessante uno studio accurato su tutto il nuovo rito di ordinazione con tutte le preghiere e i riti che lo compongono e non soltanto limitato alla forma, poiché le orazioni e i riti che stanno intorno significano a volte e specificano le formule stesse. 
Padre Guérard des Lauriers non ha trattato direttamente la questione dell’invalidità dei nuovi riti di ordinazione mentre ha invece trattato ampiamente la questione dell’invalidità del NOM (Novus Ordo Missæ), prima nel Breve esame critico del NOM e poi nello studio Réflexion sur le Novus Ordo Missæ (pubblicato in francese dal nostro Centro Librario nel 2019) che non ebbe il tempo di completare, ma si può dire che la questione è da lui abbordata indirettamente e per analogia con la nuova messa. Nel B.E.C. scriveva: «Le parole della Consacrazione, quali sono inserite nel contesto del Novus Ordo, (…) possono non esserlo [valide] perché non lo sono più ex vi verborum o più precisamente in virtù del modus significandi che avevano finora nella Messa», quindi un cambiamento della forma che ne mutasse il senso la renderebbe invalida (come insegna la rubrica del Messale Romano). Questo principio può essere applicato per analogia anche al nuovo rito di ordinazione episcopale di cui trattano i presenti due articoli di don Cekada. Però padre Guérard concludeva, nei suoi studi, non con la certezza dell’invalidità di diritto del N.O.M. ma con il dubbio sulla sua validità [il N.O.M. è dubbiosamente valido], il che comporta nella prassi che esso sia da ritenersi invalido quindi assolutamente 50 nullo (poiché per la validità dei sacramenti bisogna essere tuzioristi). 
Era poi l’argomento “en sagesse” cioè dall’alto, che risolveva definitivamente la questione concludendo alla nullità di fatto della Nuova Messa e per analogia, potremmo dire delle nuove formule di ordinazione. Don Bernard Lucien, presentando lo studio di padre Guérard sul N.O.M., scriveva così: «Il N.O.M. e i suoi effetti, ora manifestati a tutti gli osservatori hanno una causa: l’intenzione che ne è all’origine. Padre Guérard mostra che tramite questa via, con tutti i dati che possediamo su Paolo VI, possiamo ottenere una certezza oggettiva della non-validità del N.O.M. (e non più soltanto una certezza soggettiva che porta sull’utilizzo del N.O.M.) [e qui per analogia possiamo dire la stessa cosa per i nuovi riti di ordinazione] (…). Padre Guérard studia in dettaglio il caso di Paolo VI, partendo dall’osservazione dei suoi atti. Prova che ciò che succedeva sotto questo Pontificato, e che il Papa sembrava disapprovare, in realtà lo voleva. Da questa osservazione ben chiara derivano la non consistenza di questa (pseudo-) autorità e la non-validità del N.O.M. [e sempre per analogia dei nuovi riti di ordinazione]: non-validità fondata, insieme, sull’identità tra l’intenzione del papa e ciò che oggettivamente è significato (il N.O.M. è equivoco) e sull’inesistenza di una promulgazione autentica che avrebbe garantito questi riti con l’infallibilità del Magistero ordinario» (GUÉRARD DES LAURIERS, Réflexion sur le Novus Ordo Missæ, ed C.L.S. Verrua Savoia 2019, Prefazione pag. XII). 
Ecco quindi l’argomento ex sapientia; dall’alto, la mancanza di autorità in Paolo VI, e la spiegazione della Tesi di Cassiciacum, illuminano e chiarificano definitivamente il problema dell’invalidità del N.O.M. e dei nuovi riti di ordinazione. Questo argomento completa quindi, a nostro avviso, con saggezza l’interessante analisi della nuova formula di ordinazione che don Antony Cekada presenta con la sua abituale competenza e facilità divulgativa in questi due articoli. 
Possa la lettura di questo libretto illuminare le menti di molti fedeli – e dei sacerdoti in particolare – sulla gravità della situazione in cui si trova la Chiesa a causa delle riforme che sono state fatte in seguito al Concilio Vaticano II e che rendono invalidi e nulli la maggior parte dei sacramenti amministrati con il nuovo rito di Paolo VI (si salvano, se correttamente amministrati, il battesimo e il matrimonio). 
don Ugolino Giugni 
 
Anthony Cekada, Del tutto invalido e assolutamente nullo. Il rito di consacrazione episcopale del 1968. Gli ordini sacri secondo il nuovo rito di Paolo VI sono validi? C.L.S. Verrua Savoia 2021, pagg. 68, € 6,00.
 
 
 

Segnalazione libraria: “Del tutto invalido e assolutamente nullo”

Condividi su:

Un libro essenziale per comprendere la situazione ecclesiale. Vescovi e sacerdoti ordinati con il rito riformato da Montini nel 1968 sono invalidi, ovvero nulli. La formula della consacrazione episcopale non conferisce l’ordine secondo quanto richiesto dalla Chiesa Cattolica. Ne consegue che un “vescovo” non può ordinare validamente un “prete”. E’ questa la chiave del disastro conciliare e post-conciliare. L’ “operazione sopravvivenza” per chi ha vera vocazione religiosa è quella di procedere alla riordinazione da parte di un vero vescovo. (per info scrivere a c.r.traditio@gmail.com) Particolarmente grave per chi si professa Cattolico Apostolico Romano integrale è accettare i nuovi riti e far finta di credere che gli ordinati o consacrati siano veri Pastori della Chiesa. Ne consegue che la cosiddetta “communicatio in sacris”, oramai d’uso corrente dalle parti di alcuni priorati cosiddetti d’area tradizionale, è un sacrilegio enorme.

Segnalazione del Centro Studi Federici

Novità libraria: “Del tutto invalido e assolutamente nullo” di don Antony Cekada
 
Dopo la pubblicazione in italiano delle opere di don Cekada “Non si prega più come prima” e poi di “Frutto del lavoro dell’uomo” il Centro Librario Sodalitium presenta in un opuscolo questi due articoli (risalenti al 2006 e 2007) sulla questione dei nuovi riti di ordinazione. Nel primo articolo l’autore spiega perché la nuova formula è da considerarsi invalida e nel secondo risponde ad alcune obbiezioni che gli sono state fatte dopo la pubblicazione del primo articolo.
Questa questione è estremamente importante poiché ha delle conseguenze dottrinali e pratiche che toccano la vita spirituale e la salvezza eterna dei cattolici: se infatti un prete o vescovo non è validamente ordinato ne consegue che i sacramenti che amministra sono per la maggior parte invalidi. In questi due articoli il nostro confratello americano affronta unicamente la questione della validità della nuova formula della consacrazione episcopale, che è il gradino più alto del sacramento dell’Ordine.
Possa la lettura di questo libretto illuminare le menti di molti fedeli – e dei sacerdoti in particolare – sulla gravità della situazione in cui si trova la Chiesa a causa delle riforme che sono state fatte al Concilio Vaticano II. Con esse si rendono invalidi e nulli la maggior parte dei sacramenti amministrati con il nuovo rito di Paolo VI (si salvano, se correttamente amministrati, il battesimo e il matrimonio).