Un tragico teatrino governativo: blindata la cd. “legge 194”

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Aborto. Alla Camera approvato Ordine del giorno che impegna il governo a non toccare la legge 194
 
Nel dettaglio si impegna il Governo “ad astenersi dall’intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978”. Il via libera all’ordine del giorno a prima firma Ascari (M5S) è arrivato quasi all’unanimità, con 257 pareri favorevoli, 3 astenuti, nessun voto contrario.
 
25 Gennaio – La legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza non dovrà essere eliminata o limitata. A stabilirlo è un ordine del giorno a prima firma Stefania Ascari (M5S), co-firmato anche dal PD e approvato ieri dall’aula della Camera nel corso dell’esame che sulla proposta di legge che istituisce la commissione di inchiesta sui femminicidi.
Nel dettaglio l’ordine del giorno impegna il Governo “ad astenersi dall’intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978”. Il via libera è arrivato quasi all’unanimità, con 257 pareri favorevoli, 3 astenuti nessun voto contrario
 
 
 

Saulo, perché mi perseguiti?

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Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 12/23 del 25 gennaio 2023, Conversione di San Paolo

“Saulo, perché mi perseguiti?”

 25 Gennaio, Conversione di San Paolo (1)

Abbiamo visto la Gentilità, rappresentata ai piedi dell’Emmanuele dai Re Magi, offrire i suoi mistici doni e ricevere in cambio i doni preziosi della fede, della speranza e della carità. La messe dei popoli è ormai matura; è tempo che il mietitore vi ponga la falce. Ma chi sarà questo operaio di Dio? Gli Apostoli di Cristo non hanno ancora lasciata la Giudea. Tutti hanno la missione di annunciare la salvezza fino agli estremi confini del mondo, ma nessuno fra loro ha ancora ricevuto il carattere speciale di Apostolo dei Gentili. Pietro, l’Apostolo della Circoncisione, è destinato particolarmente, al pari di Cristo, alle pecore smarrite della casa d’Israele (Mt 15,24). Tuttavia siccome è il capo e il fondamento, spetta a lui aprire la porta della Chiesa ai Gentili, e lo fa solennemente, conferendo il Battesimo al centurione romano Cornelio.

Intanto la Chiesa si prepara: il sangue del Martire Stefano e la sua ultima preghiera otterranno un nuovo Apostolo: l’Apostolo delle Genti. Saulo, cittadino di Tarso, non ha visto Cristo nella sua vita mortale e soltanto Cristo può fare un Apostolo. Dall’alto dei cieli dove regna impassibile e glorificato, Gesù chiamerà Saulo alla sua scuola, come chiamò negli anni della sua predicazione a seguire i suoi passi e ad ascoltare la sua dottrina i pescatori del lago di Genezareth. Il Figlio di Dio rapirà Paolo fino al terzo cielo, e gli rivelerà tutti i suoi misteri; e quando Saulo avrà avuto modo, come egli narra, di vedere Pietro (Gal 1,18) e di paragonare con il suo il proprio Vangelo, potrà dire: “Io non sono meno apostolo degli altri Apostoli”.

È appunto nel giorno della Conversione di Saulo che ha ini­zio questa grande opera. È oggi che risuona quella voce che spezza i cedri del Libano (Sal 28,5), e la cui immensa forza fa del Giudeo persecutore innanzitutto un cristiano, nell’attesa di farne un Apostolo. Questa meravigliosa trasformazione era stata vaticinata da Giacobbe allorché sul letto di morte svelava l’avvenire di ciascuno dei suoi figli, nelle tribù che dovevano uscire da essi. Giuda ebbe i più alti onori: dalla sua stirpe regale doveva nascere il Redentore, l’atteso delle genti. Beniamino fu annunciato a sua volta sotto caratteristiche più umili, ma pure gloriose: sarà l’avo di Paolo, e Paolo l’Apostolo delle genti.

Il santo vegliardo aveva detto: “Beniamino è un lupo rapace: al mattino si prende la preda; ma alla sera distribuisce il bottino” (Gen 49,27). Colui che nell’ardore della sua adolescenza si scaglia come un lupo spirante minaccia e strage all’inseguimento delle pecore di Cristo, non è forse – come dice sant’Agostino (Disc. 278) – Saulo sulla via di Damasco, portatore ed esecutore degli ordini dei pontefici del Tempio e tutto ricoperto del sangue di Stefano che egli ha lapidato con le mani di coloro ai quali custodiva le vesti? Colui che, alla sera, non rapisce più le spoglie del giusto, ma con mano caritatevole e pacifica distribuisce agli affamati il cibo vivificante, non è forse Paolo, Apostolo di Gesù Cristo, bruciante d’amore per i suoi fratelli, e che si fa tutto a tutti, fino a desiderare di essere anatema per essi?

Questa è la forza vittoriosa dell’Emmanuele, forza sempre crescente e alla quale nulla può resistere. Se egli vuole come primo omaggio la visita dei pastori, li fa chiamare dai suoi angeli le cui dolci note sono bastate per condurre quei cuori semplici alla mangiatoia dove giace sotto poveri panni la speranza d’Israele. Se desidera l’omaggio dei principi della Gentilità, fa spuntare in cielo una stella simbolica, la cui apparizione, aiutata dall’intimo moto dello Spirito Santo, fa decidere quegli uomini a venire dal lontano Oriente a deporre ai piedi d’un bambino i loro doni e i loro cuori. Quando è giunto il momento di formare il Collegio Apostolico, cammina sulle rive del mar di Tiberiade, e basta la sola parola: Seguitemi, per legare a lui gli uomini che ha scelti. In mezzo alle umiliazioni della sua Passione, un suo sguardo cambia il cuore del discepolo infedele. Oggi, dall’alto dei Cieli, compiuti tutti i misteri, volendo mostrare che egli solo è maestro dell’Apostolato e che la sua alleanza con i Gentili è consumata, si manifesta a quel Fariseo che vorrebbe distruggere la Chiesa; spezza quel cuore di Giudeo e crea con la sua grazia un nuovo cuore d’Apostolo, un vaso di elezione, quel Paolo che dirà d’ora in poi: “Vivo, ma non son già io, bensì Cristo che vive in me” (Gal 11,20).

Ma era giusto che la commemorazione di quel grande evento venisse a porsi non lontano dal giorno in cui la Chiesa celebra il trionfò del Protomartire. Paolo è la conquista di Stefano. Se l’anniversario del suo martirio s’incontra in un altro periodo dell’anno (29 giugno), non poteva fare a meno di apparire accanto alla culla dell’Emmanuele, come il più splendido trofeo del Protomartire; i Magi esigevano anche il conquistatore della Gentilità di cui formavano le primizie.

Infine, per completare la corte del nostro grande Re, era giusto che si elevassero ai lati della mangiatoia le due potenti colonne della Chiesa, l’Apostolo dei Giudei e l’Apostolo dei Gentili: Pietro con le chiavi e Paolo con la spada. Betlemme ci sembra allora ancor più l’immagine della Chiesa, e le ricchezze della liturgia in questa stagione ci appaiono più belle che mai.

Noi ti rendiamo grazie, o Gesù, perché hai oggi abbattuto il tuo nemico con la tua potenza, e l’hai risollevato con la tua misericordia. Tu sei veramente il Dio forte, e meriti che ogni creatura celebri le tue vittorie. Come son meravigliosi i tuoi piani per la salvezza del mondo! Tu associ gli uomini all’opera della predicazione della tua parola e alla dispensa dei tuoi misteri; e per rendere Paolo degno di tale onore, usi tutte le risorse della grazia. Ti compiaci di fare dell’assassino di Stefano un Apostolo, perché il tuo potere si mostri a t’urti gli occhi, il tuo amore per le anime appaia nella sua più gratuita generosità, e sovrabbondi la grazia dove abbondò il peccato. Visitaci spesso, o Emmanuele, con questa grazia che cambia i cuori, perché noi desideriamo la vita in larga misura, ma sentiamo che il suo principio è così spesso sul punto di sfuggirci. Convertici come hai convertito l’Apostolo e assistici quindi, poiché senza di te noi non possiamo far nulla. Previenici, seguici, accompagnaci, non lasciarci mai, e come ci hai dato il principio, così assicuraci la perseveranza sino alla fine. Concedici di riconoscere, con timore ed amore, quel dono della grazia che nessuna creatura potrebbe meritare, e al quale tuttavia una volontà creata può fare ostacolo. Noi siamo prigionieri: solo tu possiedi lo strumento con l’aiuto del quale possiamo infrangere le nostre catene. Tu lo poni nelle nostre mani, dicendoci di usarlo: sicché la nostra liberazione è opera tua e non nostra, e la nostra prigionia, se continua, si deve attribuire soltanto alla nostra negligenza e alla nostra viltà. Dacci, o Signore, questa grazia; e degnati di ricevere la promessa di associarvi umilmente la nostra cooperazione.

Aiutaci, o san Paolo, a corrispondere ai disegni della misericordia di Dio su di noi; fa’ che siamo soggiogati dalla dolcezza di Gesù. Non udiamo la sua voce, la sua luce non colpisce i nostri occhi, ma leva il suo lamento perché troppo spesso lo perseguitiamo. Ispira ai nostri cuori la tua preghiera: “Signore, che vuoi che io faccia?”. Ci risponderà di essere semplici e bambini come lui, di riconoscere il suo amore, di finirla con il peccato, di combattere le cattive inclinazioni, di progredire nella santità seguendo i suoi esempi. Tu hai detto, o Apostolo: “Chi non ama nostro Signore Gesù Cristo sia anatema!”. Faccelo conoscere sempre più, perché lo amiamo, e questi dolci misteri non diventino, per la nostra ingratitudine, la causa della nostra riprovazione.

Vaso di elezione, converti i peccatori che non pensano a Dio. Sulla terra tu ti sei prodigato interamente per la salvezza delle anime; nel cielo dove ora regni, continua il tuo ministero, e chiedi al Signore, per coloro che perseguitano Gesù nelle sue membra quelle grazie che vincono i più ribelli. Apostolo dei Gentili, volgi gli occhi su tanti popoli che giacciono ancora nell’ombra della morte. Un giorno tu eri combattuto fra due ardenti desideri: quello di essere con Gesù Cristo, e quello di restare sulla terra per lavorare alla salvezza dei popoli. Ora, tu sei per sempre con il Salvatore che hai predicato: non dimenticare quelli che ancora non lo conoscono. Suscita uomini apostolici per continuare la tua opera. Rendi fecondi i loro sudori e il loro sangue. Veglia sulla Sede di Pietro, tuo fratello e tuo capo; sostieni l’autorità della Chiesa di Roma che ha ereditato i tuoi poteri, e che ti considera come la sua seconda colonna. Rivendicala dovunque è misconosciuta; distruggi gli scismi e le eresie; riempi tutti i pastori del tuo spirito, affinché sul tuo esempio non cerchino se stessi, ma unicamente e sempre gli interessi di Gesù Cristo.

(1) Il martirologio geronimiano menziona, alla data del 25 gennaio, una Translatio S. Pauli Apostoli. “A poco a poco, tuttavia l’orientazione storica si spostò, e al concetto di una traslazione materiale delle Reliquie di san Paolo, sostituendosi quello d’una traslazione o mutamento psicologico e spirituale avvenuto nello stesso Apostolo sulla via di Damasco, dalla translatio fisica, si passò così alla mistica Conversio del medesimo” (Liber Sacram. vol. VI, p. 185). Sembra che la festa abbia avuto origine nelle chiese della Gallia e sia passata poi progressivamente, a partire dall’VIII secolo, nei libri romani. I testi dell’Ufficio e della Messa sorpassano l’oggetto storico e preciso della festa. Si tratta non solo della Conversione di san Paolo, ma anche di tutte le sue conseguenze, lo zelo e le tribolazioni dell’Apostolo.

Fonte: http://www.unavoce-ve.it/pg-25gen.htm

Carme di San Damaso (traduzione del card. Schuster)

Iamdudum Saulus, procerum praecepta secutus,
Cum Domino patrias vellet praeponere leges,
Abnueret sanctos Christurn laudasse prophetas,
Caedibus adsiduis cuperet discerpere plebem,
Cum lacerat sanctae matris pia foedera coecus,
Post tenebras verum meruit cognoscere lumen,
Temptatus sensit possit quid gloria Christi.
Auribus ut Domini vocem lucemque recepit,
Composuit mores Christi praecepta secutus.
Mutato placuit postquam de nontine Paulus,
Mira fides rerum ; subito trans aethera vectus,
Noscere promeruit possent quid praemia vitae.
Conscendit raptus martyr penetralia Christi,
Tertia lux caeli tenuit paradisum euntem;
Conloquiis Domini fruitur, secreta reservat,
Gentibus ac populis iussus praedicere vera,
Profundum penetrare maris noctemque diemque
Visere, cui magnum satis est vixisse latentem.
Verbera, vincla, fantem, lapides, rabiemque ferarum,
Carceris inluviem, virgas, tormenta, catenas,
Naufragium, lachrymas, serpentis dira venena,
Stigmata non timuit portare in corpore Christi.
Credentes docuit possent quo vincere mortem.
Dignus amore Dei, vivit per saecla magister,
Versibus his breviter, fateor, sanctissime Doctor
Paule, tuos, Damasus, volui, monstrare triumphos.

Già da gran tempo Saulo andava appresso alle massime dei Seniori,
E alle divine leggi preponeva quello della sua nazione,
Rifiutandosi di riconoscere che i Profeti avevano reso omaggio al Cristo.
Mentre egli con insaziabile crudeltà agognava a sbranare il gregge,
Ed attendeva ciecamente a dilaniare l’unità della Madre Chiesa,
Dopo le tenebre, meritò di conoscere la vera luce,
E seppe a prova quanto fosse più potente di lui la gloria del Cristo.
Non appena però egli ascoltò la voce del Signore, e riacquistò la vista,
Docile ai precetti di Cristo, riformò la propria vita.
Cambiò quindi il proprio nome in quello di Paolo,
E, mirabile a dirsi, ratto tosto in estasi al più alto dei cieli,
Potè pregustare quanto fosse immenso il premio dell’eterna vita.
Il futuro Martire penetra nei penetrali di Cristo,
E nella sua ascensione al paradiso giunge sino al terzo cielo,
Entra in colloquio col Signore, ma ne serba il secreto.
Iddio gli ordina d’annunziare la verità ai Gentili ed alle nazioni,
Di penetrare il profondo del mare e di trascorrervi una notte ed un giorno,
Egli al quale già sarebbe bastato di aver vissuto in quella profonda solitudine.
Egli le percosse, le catene, la fame, le sassate, la rabbia delle fiere,
Lo squallore del carcere, le verghe, le torture, i ceppi,
Il naufragio, le lacrime, il tremendo veleno del serpe,
Le stigmate di Cristo non temè di portare impresse sulle sue membra.
Egli insegnò ai fedeli in che modo potessero vincere la morte.
Degno dell’amore di Dio, maestro insuperato, vive attraverso i secoli.
In questi brevi versi, tel dichiaro, o Dottore santissimo
Paolo, io Damaso ho voluto indicare i tuoi trionfi.

Fonte: Card. A.I. Schuster O.S.B., Liber Sacramentorum, Vol. VI La Chiesa Trionfante. Le Feste dei Santi durante il ciclo Natalizio, Marietti 1941, pagg. 188-189.

 

L’ermeneutica della continuità tra il giovane Ratzinger e l’anziano Benedetto XVI

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Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza

“Il cuore del problema: il modernismo agnostico”, lezione di don Francesco Ricossa al seminario di studi “Noi vogliamo Dio! 1962 – 2012: il Concilio contro la fede, i cattolici contro il Concilio” (Modena, 8/13/2012, VII giornata per la regalità sociale di Cristo):

https://youtu.be/F_g0YyzsmuQ

Foto: Julia Kristeva, la psicanalista e filosofa atea invitata da Benedetto XVI a tenere un discorso alla giornata di Assisi del 2011.

Fogazzaro e la Teosofia

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Le Edizioni Amicizia Cristiana qualche anno fa hanno ripubblicato un saggio di don Alessandro Cavallanti sulla figura di Antonio Fogazzaro. 
 
Nella quarta di copertina si legge:
«Antonio Fogazzaro (1842-1911) rappresentò una delle figure più insidiose del modernismo religioso in Italia. Nel 1905 pubblicò il romanzo Il Santo, avente come protagonista un religioso, venerato come un santo dai suoi fedeli, che intendeva convincere lo stesso Papa della necessità di una radicale riforma della Chiesa Romana.
Don Alessandro Cavallanti (1879-1917), direttore della rivista antimodernista “L’Unità Cattolica” – a più riprese lodata da san Pio X – pubblicò questo breve saggio su Fogazzaro, per smascherare il “tenace propagandista del modernismo”.
L’intervento di don Cavallanti fu determinato dall’influenza che il pensiero di Fogazzaro esercitava nel clero e in alcuni circoli cattolici, anche grazie alla copertura ricevuta dai vescovi insofferenti al magistero (e ai provvedimenti disciplinari) di san Pio X contro l’eresia modernista. Fu significativo il caso mons. Geremia Bonomelli (1831-1914), vescovo di Cremona, che lodò Fogazzaro nell’opera “Profili di personaggi italiani” (1911): Papa Sarto indirizzò al prelato un severo monito. Il modernismo stava devastando la Chiesa, e le speranze contenute ne “Il Santo” si sarebbero realizzate negli anni Sessanta, facendo del Fogazzaro un autentico precursore del concilio Vaticano II.»
 
Effettivamente Fogazzaro fu combattuto dai cattolici integrali (tra cui appunto don Cavallanti e i fratelli Scotton) e difeso dai cattolici liberali: oltre al già citato mons. Bonomelli, anche da mons. Ferdinando Rodolfi, vescovo di Vicenza. Rodolfi, pessima figura, invece di condannare i sostenitori del modernismo preferiva inquisire coloro che seguivano la linea antimodernista tracciata da san Pio X, come i fratelli Scotton di Breganze (VI).
 
Tuttavia la figura di Fogazzaro è più tenebrosa di quel che si possa credere, in quanto la sua vicinanza al modernismo era accompagnata dall’interesse per la Teosofia, come testimonia l’articolo che segnaliamo. L’autore dell’articolo è apertamente legato alla Teosofia, e quindi non possiamo che prendere le distanze da lui come dalla Società a cui appartiene, e mettere in guardia il lettore. Tuttavia il testo segnalato è di grande importanza poiché illustra l’interessamento e i legami di Fogazzaro col movimento teosofico (come l’abbonamento per più anni a riviste teosofiche e gli scambi epistolari con alcuni dei massimi rappresentanti della setta).
Il Padre Gioachino Ambrosini nel 1907 pubblicò il libro “Occultismo e Modernismo”, che denunciava il legame tra i modernisti e gli ambienti esoterici  e in particolare tra Fogazzaro e la Teosofia.
 
I cattolici integrali dimostrarono, nei confronti di personaggi come Fogazzaro e Maria Montessori (come vedremo in un prossimo comunicato), una lungimiranza frutto della loro profonda preparazione “controrivoluzionaria”, che mancava invece nei moderati del “terzo partito”. 
 
Articolo segnalato:
Antonio Fogazzaro e il movimento teosofico Una ricognizione sulla base di nuovi documenti inediti
 
 
Per cancellarsi dalla lista di distribuzione:

Carlisti… italiani

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Segnalazione del Centro Studi Federici

di don Francesco Ricossa

Nello scorso numero di Sodalitium abbiamo recensito molto positivamente il volume di Francesco Maurizio Di Giovine sugli Zuavi pontifici. Dello stesso autore, sempre con la prefazione del principe Sisto Enrico di Borbone, riceviamo una “Breve storia del Carlismo nella penisola italiana”. 
 
Avendo parlato in un’altra recensione di questo numero della “storia dei tradizionalisti”, intendendo con questo termine designare gli oppositori alle riforme del Vaticano II, possiamo qui aggiungere un capitoetto sul tradizionalismo legittimista, dalla Restaurazione ai giorni nostri, nella versione spagnola del Carlismo. 
 
Se la storia del tradizionalismo carlista e legittimista, anche in Italia, è storia condivisa dall’inizio del Carlismo (verso il 1830) fino alla Guerra di Spagna (1936-1939), tanto è vero che nella nostra biblioteca ben figurano la collezione completa della Voce della Verità e della Voce della Ragione (e questo malgrado le riserve sul tradizionalismo filosofico e religioso di quei tempi, inteso nel senso fideistico), non lo stesso si può dire dei nostri giorni. 
 
Ho vissuto personalmente il passaggio, descritto dall’autore che ne fu protagonista, nel seno del Fronte Monarchico Giovanile dalla monarchia liberale a quella tradizionale, sono stato abbonato e sostenitore dell’Alfiere, rivista tradizionalista napoletana, sono stato e sono fiero di esser stato amico di personaggi come Pino Tosca, o di aver conosciuto Elias de Tejada, ma non ho mai condiviso quel tradizionalismo che combatte, nei convegni storici, i liberali dell’Ottocento, e poi si dice in comunione coi liberali di oggi, quelli che hanno imposto la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ personæ, ad esempio. 
 
Il ricordo delle cerimonie di “beatificazione” di Carlo d’Asburgo e dei martiri spagnoli da parte di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI includono ad esempio una insanabile contraddizione. Mi viene alla mente come caso emblematico una fotografia pubblicata recentemente sui giornali in occasione della morte del principe Lillio Ruspoli, nella quale si vede il principe inginocchiato davanti a Benedetto XVI mentre due valletti in abito di corte donano a Ratzinger la bandiera degli Zuavi pontifici, mentre ripenso all’elogio che lo stesso Ratzinger ha fatto dei bersaglieri della Breccia di Porta Pia e alla fine del potere temporale del Papa. I modernisti odierni sono mille volte più ingiuriosi a Dio dei liberali di ieri, e noi dovremmo giustamente inveire contro dei nemici morti, e poi omaggiare quelli vivi? 
 
Fatte queste debite riserve, non posso che raccomandare il libro recensito, sempre ricco di informazioni e scritto con acribia, che aggiunge un tassello importante alla storia del tradizionalismo italiano. 
 
Un’ultima perplessità: nella quarta di copertina si legge: “La Spagna non conobbe la riforma protestante… La penisola italiana, al contrario, subì tutte le influenze della riforma protestante…”: Paolo IV, che di protestanti, alumbrados e marrani se ne intendeva, non sarebbe certo stato d’accordo, tanto più che le influenze protestanti in Italia venivano dallo “spagnolo” Juan de Valdès. Viva Filippo II, certo, ma ancor più: viva san Pio V! 
 
Francesco Maurizio Di Giovine, Breve storia del Carlismo nella penisola italiana, Solfanelli, 2022. 
 
 
Per cancellarsi dalla lista di distribuzione:

Dossier Ratzinger: quando il Reno si gettò nel Tevere

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Segnalazione del dossier pubblicato sul sito della rivista Sodalitium.
 
“Non semper ea sunt, quae videntur, decipit frons prima multos: rara mens intelligit quod interiore condidit cura angulo” (Fedro).
“Le cose non sono sempre come si mostrano, il loro primo aspetto inganna molti”).
 
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Segnaliamo ai lettori la raccolta degli articoli di Sodalitium relativi agli errori dottrinali di Joseph Ratzinger, invitando a pregare per la sua anima.
 
Sodalitium n. 33, aprile 1933
Ratzinger protestante? Al 99%: pagg. 3 – 9
 
Sodalitium n. 59, febbraio 2006
Editoriale: pagg. 2 – 4
 
Sodalitium n. 60, febbraio 2007
Editoriale: pagg. 2 – 4
L’Osservatore Romano: pag. 55 – 58
“Pontefici come questo e Wojtyla andrebbero bene anche a noi luterani”: pagg. 58-59 
 
Sodalitium n. 62, giugno 2008
Editoriale: pagg. 2 – 4
L’Osservatore Romano: pag. 34 – 50
Comunicato e riflessioni sul m. p. Summorum Pontificum: pagg. 52 – 56
Ratzinger e la preghiera per i Giudei: pagg. 56 – 66
 
Sodalitium n. 63, aprile 2009
Editoriale: pagg. 2 – 4
Il decreto con il quale viene rimessa la scomunica a 4 vescovi della FSSPX: pagg. 5 – 9
Una gioia indecente: pagg. 9 – 17
 
Sodalitium n. 64, maggio 2010
Editoriale: pagg. 2 – 3
Riconosciuti i tradizionalisti (anglicani): pagg. 4 – 10
Il discorso di J. Ratzinger alla Sinagoga di Roma: pagg. 10 – 13 
Mons. Gherardini, Vaticano II ed ermeneutica della continuità: pagg. 23 – 31
 
Sodalitium n. 65, febbraio 2012
Editoriale: pagg. 2 – 4
Vaticano II: continuità o rottura?: pagg. 23 – 29
L’Osservatore Romano: pag. 41
Dichiarazione dell’IMBC su Assisi del 27/10/2011: pagg. 55 – 56
 
Sodalitium n. 66, aprile 2013
Editoriale. pagg. 2 – 4
Assisi 2011: J. Ratzinger e l’agnosticismo: pagg. 5 – 21
Genealogie: Pagg. 21 – 23
 
 

 

Una delegazione dell’Azov va in gita a Masada

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Reggimento Azov in Israele: lo strano legame tra due ultranazionalismi
 
Il Battaglione Azov, adesso chiamato Reggimento, ha fatto visita a Israele. Il viaggio ha attirato l’attenzione della stampa israeliana e internazionale per la sua singolarità: il reggimento ha un trascorso ideologico che trova le sue radici nel neonazismo ma nonostante ciò è stato accolto dalle autorità israeliane con entusiasmo e senso di amicizia. Singolare è stata anche la tappa in uno dei luoghi simbolo del nazionalismo sionista. Il viaggio è stato ricco di contraddizioni e colmo di significati contrastanti vedendo contrapposti, e allo stesso tempo uniti, due nazionalismi diversi nelle radici storiche ma simili nelle intenzioni presenti. 
 
Ilya Samoilenko e Yuliya Fedosyuk: figure controverse
 
Il viaggio ha visto protagonista una delegazione di Azov guidata dall’ufficiale Ilya Samoilenko, 28 anni, responsabile dell’intelligence del reggimento – uno dei soldati che si è barricato nelle acciaierie Azovstal della città di Mriupol, tentando di proteggerla dall’invasione russa – e Yuliya Fedosyuk, vice capo dell’Associazione delle famiglie dei difensori di Azovstal. La visita è stata organizzata dall’organizzazione “Israeli Friends of Ukraine” in collaborazione con l’ambasciata ucraina in Israele e dalla Fondazione Nadav, fondazione attiva in progetti che hanno come obiettivo la sicurezza nazionale di Israele e la sicurezza del popolo ebraico. 
 
La storia del reggimento è estremamente controversa. Accusato di essere neonazista e di essere stato protagonista di innumerevoli atti di torture nella regione del Donbass dal 2014, il reggimento è stato infatti accusato dalle Nazioni unite di crimini di guerra. Impegnati adesso in una campagna pubblicitaria a sostegno dei membri del reggimento rimasti in Ucraina, Samolienko e Fedosyuk hanno rilasciato dichiarazioni a favore della democrazia e comparato Israele all’Ucraina, entrambe impegnate a preservare il loro status democratico. 
 
Nonostante ciò entrambi in passato si sono espressi con toni più estremisti. La stessa Fedosyuk nel 2020, come riportato da Haaretz, aveva affermato che “le persone che si assumono maggiori responsabilità dovrebbero avere più diritti. […] Mi piace la democrazia descritta da Aristotele: il diritto di scegliere appartiene a chi ha la giusta istruzione, lo status intellettuale. È sbagliato equiparare i voti di un accademico e di una persona che non ha finito la scuola”.  
 
Da tenere di conto sono state anche le segnalazioni dell’Anti-Defamation League (Adl), un’importante organizzazione non governativa internazionale ebraica con sede negli Stati Uniti. L’Adl nel 2019 aveva segnalato Azov come “gruppo estremista ucraino” con “legami con neonazisti e suprematisti bianchi”. Molti giornali, soprattutto locali israeliani, si sono chiesti se questa visita non abbia lo scopo di “ripulire” la figura del reggimento per raccogliere ancora più consensi all’estero, facendo passare il reggimento come un vecchio “pentito” adesso unito alle cause di tutto l’Occidente. 
 
La visita a Masada e la peculiare analogia con l’ultranazionalismo ebraico 
 
La delegazione ha poi proseguito il suo itinerario nell’area del Maro Morto dove ha visitato il sito archeologico di Masada. Il sito ha attirato l’attenzione di Samoilenko che ha paragonato la resistenza ebraica del 73 d.C. alla difesa di Mariupol. 
L’account Telegram dell’associazione Azovstal ha postato foto dei membri di Azov a Masada e ha dichiarato: “Quando oggi in Israele si parla della difesa di Mariupol, gli israeliani ripetono costantemente: “Mariupol è la vostra Masada”. 
 
Oltre a Masada, i tweet mostrano che i due militanti ucraini hanno incontrato anche soldati israeliani riservisti, hanno assistito a una proiezione cinematografica e hanno incontrato Naama Lazimi – un politico israeliano di spicco del Partito Laburista, che fa parte della coalizione di governo uscente. 
 
Perché scegliere proprio Masada? Il sito archeologico è dal 1948, anno della Nakbapalestinese e della dichiarazione dello Stato di Israele, simbolo del nazionalismo ebraico. Simboleggia, per gli israeliani, eroismo e sacrificio e rappresentazione dell’orgoglio di una nuova nazione. Non a caso i soldati appena arruolati vengono portati alla fortezza nel deserto per prestare giuramento di fedeltà, anche al grido di “Masada non cadrà di nuovo!”. La destra nazionalista israeliana vede quindi in questo sito, un punto fermo del nazionalismo ebraico.
 
 

Della preminenza della Filosofia e Teologia Tomistica

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Il primo comunicato dell’anno del Signore 2023 lo dedichiamo ai fondamenti del pensiero cattolico, con la segnalazione di un opuscolo di don Paolo de Töth sulla filosofia e teologia tomista.
Don Paolo De Töth, l’ultimo cattolico integrale della scuola antimodernista di san Pio X (morì nel 1965), scrisse questo testo contro coloro che voleva seppellire l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino.
L’opuscolo è stato pubblicato sul sito del “Centro Studi Paolo Paolo de Töth”, dedicato alla figura e alle battaglie del sacerdote, che fu anche il direttore della rivista antimodernista “Fede e Ragione”.
 
Titolo dell’opera: “Della preminenza, in sé e secondo le dichiarazioni dei Sommi Pontefici Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e Pio XI, della Filosofia e Teologia Tomistica, a proposito di un opuscolo su “La scolastica e i suoi compiti odierni”.
 
 
Per conoscere don Paolo De Töth:
 

Strenne natalizie: il n. 73 della rivista Sodalitium

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Segnalazioni del Centro Studi Federici

Sodalitium n.73, dicembre 2022
Editoriale
 
Cari lettori, ci avviciniamo ormai al nuovo anno, anche se spero che questo nuovo numero di Sodalitium giungerà nelle vostre case prima del Santo Natale (non ci giurerei!). Abbiamo pensato di dedicare il nostro calendario bilingue per l’anno 2023 al papa Leone XIII, che morì nel 1903, e a cui successe sul trono di Pietro san Pio X.
 
Nel 2023 ricorrerà un altro anniversario, che riguarda più da vicino la nostra rivista: era il Natale del 1983 quando uscì il suo primo numero, per cui ci avviciniamo al quarantennale del nostro bollettino. Durante tutti questi anni, abbiamo constatato, purtroppo, il continuo aggravarsi della situazione nella Chiesa e nella società: la rivoluzione avanza, anche grazie al modernismo, il traditore della Chiesa. Abbiamo però anche vissuto e condiviso con voi tanti momenti di grazia – che forse non fanno rumore, ma che certamente hanno un maggior valore rispetto al male che ci circonda. Alcuni di voi mi hanno confidato che la prima rubrica che leggono nel bollettino è la “vita dell’Istituto”, e in fondo questo non mi dispiace, perché, al di là dell’elenco (che può sembrare freddo) di nomi, date e avvenimenti, vi è in realtà la traccia di tante grazie e dell’azione sovrannaturale di Dio nelle anime. 
 
Questo numero è un po’ particolare. Avevo promesso la pubblicazione di una risposta alla serie di 15 puntate di un confratello contro mons. Benigni e i cattolici integrali, e di questo studio avevo dato anche il sommario (provvisorio). Al di là del motivo occasionale dell’articolo, avevo colto la possibilità di tracciare un panorama dei primi trent’anni del Novecento nella storia della Chiesa, quando si posero le basi remote della crisi conciliare che mina la Chiesa dall’interno, portando tante anime alla rovina. Il lavoro, già corposo allora, è diventato ancora più impegnativo, per cui era proprio impossibile pubblicarlo in questo numero di Sodalitium. Mi riservo quindi di pubblicarlo a parte, o in un libro, o in un numero speciale della rivista interamente dedicato alla “difesa di mons. Benigni”.
 
Non mancano però anche nel presente numero di Sodalitium gli articoli sulla storia della Chiesa: uno più legato alla crisi attuale, di don Giugni, dedicato alla figura di Paolo VI; un altro di don Steenbergen per l’anniversario di papa Adriano VI, suo connazionale, che fu eletto nel 1522 e morì nel 1523, ultimo Papa (legittimo) non italiano, che sedette sulla Sede di Pietro in un periodo come il presente burrascoso e terribile per la Chiesa. Don Carandino nelle sue recensioni continua a presentarci la vita di tanti Santi piemontesi, e in questo numero ci presenta anche la vita religiosa com’è vissuta dai frati del nostro Istituto. Sodalitium annovera poi un nuovo collaboratore nella persona di don Coradello, che riceverà a Dio piacendo, l’ordinazione sacerdotale nel corso del 2023, ricordando il grande tesoro del Sacrificio della Messa e il modo di assistervi.
 
Spero che anche questo numero potrà essere di aiuto alle vostre anime e di sostegno alla vostra Fede, minacciata da tanti pericoli. La preparazione al Natale, la bella e cara festività della nascita del Signore, le feste che seguiranno fino all’Epifania, ci ricordano il cuore della nostra Fede cristiana: il mistero dell’Incarnazione, mistero al quale è inseparabilmente unita la Vergine Santissima, alla quale raccomando ciascuno di voi e le vostre famiglie.
 
Nella festa di Cristo Re
don Francesco Ricossa
 
 
 

La Natività del Salvatore

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Auguri a tutti per la festa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo.
 
Catechismo Maggiore di San Pio X – Del santo Natale
 
Le due feste di Natale di Giovannino Guareschi in carcere
 
Tu scendi dalle stelle (composto da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori)
Tu scendi dalle stelle o Re del cielo
E vieni in una grotta al freddo e al gelo
E vieni in una grotta al freddo e al gelo
O Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar
O Dio beato!
Ah! Quanto ti costò l’avermi amato
Ah! Quanto ti costò l’avermi amato
A te che sei del mondo il Creatore
Mancano i panni e il fuoco, o mio Signore
Mancano i panni e il fuoco, o mio Signore
Caro eletto pargoletto, quanta questa povertà
Più mi innamora, giacchè ti fece amor povero ancora
Giacchè ti fece amor povero ancora
Tu lasci del tuo Padre il divin seno
Per venire a tremar su questo fieno
Per venire a tremar su questo fieno
Caro eletto del mio petto, dove amor ti trasportò
O Gesù mio, perché tanto patir, per amor mio!
 
 
Foto: il presepio che Giovannino Guareschi costruì nel campo di prigionia di Beniaminowo, in Polonia, nel Natale del 1943, e che portò con se quando fu incarcerato a Parma per 504 giorni, dal maggio 1954 al luglio 1955.
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