Prodromi di guerra civile negli Stati Uniti?

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di Eugenio Orso

Fonte: Comedonchisciotte

Il discorso che mi accingo a fare, in estrema sintesi, riguarda la debolezza attuale degli Usa, come principale potenza di riferimento e strumento imperialista per l’élite finanziaria e globale, di ispirazione  sionista.

Fondamentale sembra essere, per i dominanti, la realizzazione del progetto del club di Davos, chiamato The Great Reset e firmato da un esponente del WEF, Klaus Schwab, ottuagenario e membro attivo della gerontologia elitista, nonché da un suo collaboratore, Thierry Malleret. The Great Reset è il suggello al dominio elitista sul mondo e se dovesse andare in porto sconvolgerebbe la stessa idea che abbiamo dell’uomo e delle società umane. Il Davos “virtuale” di gennaio, rivelatore delle intenzioni elitiste, lette fra le righe, è stato una conseguenza della diffusione del Covid.

In pratica, il “distanziamento sociale” imposto dalla pandemia Covid è funzionale al controllo delle popolazioni, ad accelerare i processi di automazione dell’industria, a rendere gli stati più ricattabili con l’aumento del debito pubblico e i crolli di PIL, i lavoratori più docili a causa della disoccupazione indotta e della progressiva perdita di diritti e di reddito, e via discorrendo. Quanto precede in “armonia” con il piano elitista noto come The Great Reset, che non sarà, come millantato, un nuovo inizio felice per l’umanità, con un colpo di spugna a ciò che di brutto caratterizzava il passato, ma semmai il contrario, più simile alla realizzazione di una grande distopia che darà sostanza al “trasumanesimo” e alla perdita totale di controllo sulla propria vita per miliardi di dominati.

Personalmente dubito che il cambiamento previsto nel piano elitista ci sarà solo se la “gente” lo vorrà, come sostengono lor signori, ma sono certo che implicherà la subordinazione completa degli stati nazionali al potere elitista esteso a gran parte del pianeta, oltre a un forte cambiamento nelle attività produttive, molte delle quali moriranno, lasciando spazio al “green” di Greta e di Gates (roba da ricchi, ovviamente), all’automazione esasperata e alla telematizzazione. Continua a leggere

Pillola abortiva RU486: Il “passo avanti importante” di una presunta civiltà

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di Valentina Bennati*

Fonte: Comedonchisciotte

In un post del 8 agosto sulla sua pagina facebook il Ministro Speranza presenta come “un passo avanti importante” l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital fino alla nona settimana. Sottolinea che ciò avviene “nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà del nostro Paese”.
Ma quando, anni fa, hanno approvato la legge sull’aborto non l’avevano spacciata per una legge che evitava alle donne di abortire in casa perché rischiavano di morire?
Dunque queste nuove linee guida aggiornate sulla somministrazione della pillola RU486 senza ricovero ospedaliero obbligatorio, più che un passo avanti, mi sembrano in realtà un balzo indietro per le donne.

La RU486, sia chiaro, non è amica delle donne ma di chi preferisce che le donne facciano in fretta, pesando meno sui costi del sistema sanitario nazionale e correndo più rischi.
Il ‘New England Journal of Medicine’ del primo dicembre 2005, una delle più importanti riviste mediche mondiali, ha dedicato l’apertura e un articolo interno proprio all’aborto farmacologico, mettendone pesantemente in discussione la presunta sicurezza. Nell’editoriale firmato da Michael Greene, professore alla Harvard Medical School, si specificava testualmente che, con i dati disponibili fino a quel momento, la morte per aborto con il metodo chimico (un caso su centomila) era dieci volte superiore a quella per aborto chirurgico. QUI è possibile leggere l’articolo de ‘Il Foglio’ che ne parla.
E merita lettura anche un articolo recente de ‘Il Giornale’ con l’intervista al Prof. Giuseppe Noia, ginecologo e docente di Medicina prenatale al Policlinico Gemelli di Roma che conferma come l’interruzione della gravidanza con la RU486 non sia né indolore né semplice né sicura. Continua a leggere

Dalla Siria al Venezuela

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di Israel Shamir

Fonte: Comedonchisciotte

Pochi giorni fa, con un aereo da trasporto Ilyushin IL-62M oltre cento fra soldati e ufficiali russi sono arrivati a Caracas. Simbolicamente, avevano fatto scalo in Siria, come se avessero voluto ribadire che il Venezuela è il prossimo paese, dopo la Siria, che dovrà essere salvato dalla rovina e dallo smembramento. La missione militare era guidata dal Capo dello Stato Maggiore, il generale Tonkoshkurov (“permaloso”, un nome che avrebbe fatto la felicità di Vladimir Nabokov).“Non pensateci neanche, aveva esclamato John Bolton, ad intromettervi nell’emisfero occidentale! Giù le mani dal Venezuela! È il nostro cortile di casa!”I Russi non sono stati al gioco. Qualche tempo fa avevano cercato di obiettare ai carri armati statunitensi posizionati in Estonia, a breve distanza da San Pietroburgo, e tutto quello che avevano ottenuto era stata una predica sul fatto che sovranità significa sovranità, e che l’Estonia non aveva bisogno di chiedere il permesso ai Russi per ricevere assistenza militare da parte degli Americani. Adesso hanno ripetuto alla lettera questo sermone americano a John Bolton e al suo capo. Per prima cosa andatevene dalla Siria, hanno aggiunto.

Questo è un nuovo livello nelle relazioni russo-americane, o dovremmo piuttosto dire confronto.Per molto tempo, i Russi si erano autoconvinti che la loro ammirazione per gli Stati Uniti fosse reciproca, o, almeno, che sarebbe stata un giorno ricambiata. In ogni caso, questo periodo è finito, hanno aperto gli occhi e si sono finalmente resi conto dell’implacabile ostilità dell’America. Continua a leggere

Mosca e Washington sanzioneranno Londra, Parigi e Tel Aviv?

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di Thierry Meyssan

Mosca e Washington sanzioneranno Londra, Parigi e Tel Aviv?

Fonte: Comedonchisciotte

Lo scontro di Laodicea potrebbe sfociare in una redistribuzione complessiva delle carte a livello mondiale. Per due motivi, uno dei quali, il secondo, viene nascosto al pubblico occidentale. La prima ragione è che lo scontro è costato la vita a 15 soldati russi; la seconda è che nell’incidente sono coinvolti non soltanto Israele, ma anche Regno Unito e Francia. Si tratta della crisi potenzialmente più pericolosa degli ultimi 60 anni. La questione adesso è capire se il presidente Trump, in piena campagna elettorale per le legislative, sarà in grado di appoggiare il presidente Putin, affinché Stati Uniti e Russia possano sanzionare le potenze coloniali, come insieme fecero nel 1956, durante la crisi di Suez.

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Il 20 settembre 2018 il capo di stato-maggiore dell’aeronautica israeliana, generale Amikan Norkin, arriva in tutta fretta a Mosca per presentare la propria versione dei fatti. Dopo aver verificato le prove esibite da Norkin e averle confrontate con le altre registrazioni, è emerso che Israele mente sfacciatamente.

Il 17 settembre 2018 Francia, Israele e Regno Unito hanno compiuto un’operazione congiunta su obiettivi siriani. Durante i brevi combattimenti, un aereo di ricognizione russo è stato abbattuto da un tiro amico siriano. L’analisi delle registrazioni dimostra che un F-16 israeliano si è nascosto dietro l’Ilyuscin Il-20 per indurre in errore la difesa siriana.

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Populismo, sovranismo e miliardi alla povertà… il coraggio uno se lo può dare

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di Rosanna Spadini

Populismo, sovranismo e miliardi alla povertà… il coraggio uno se lo può dare

Fonte: Comedonchisciotte

All’inizio dell’ottavo capitolo dei “Promessi Sposi”, il nostro Don Abbondio, quello che il “coraggio uno non se lo può dare”, mentre stava leggendo un libro per caso, gli capita di leggere il nome di un filosofo per caso “Carneade chi era costui?”, di cui lui non conosceva nulla, se non che forse l’aveva sentito nominare almeno una volta lungo il pavido, inutile corso della sua vita.

Ora noi potremmo dire la stessa cosa… la “politica” che razza di animale è? Un sarchiapone che inquieta solo a nominarlo, o un unicorno uscito da una sorta di bestiario contemporaneo. Se la politica il coraggio non se lo può dare, a cosa serve? Ora sembra che il governo giallo/verde di coraggio ne abbia da vendere, determinato a liberarsi dalle sacche finanziarie in cui è stato cacciato.

Manovra demagogica ha detto qualche barbagianni in tour mediatico, dimenticando che invece il DEF ha rappresentato finalmente l’affermazione della politica sulla finanza, sfidando la maglia di veti e vincoli europei, che hanno contribuito ad aumentare il livello di povertà in Italia, ridotta a fanalino di coda dell’UE.
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L’Europa fra Soros e Bannon

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di Rosanna Spadini

L'Europa fra Soros e Bannon

Fonte: Comedonchisciotte

Scrive Eric Zuesse, su strategic-culture.org, che due schieramenti politici, uno guidato da George Soros, e l’altro creato dal nuovo arrivato Steve Bannon, sono entrati in competizione per il controllo politico dell’Europa. Soros ha guidato a lungo i grandi capitalisti liberals americani per il controllo dell’Europa, e Bannon sta ora organizzando una squadra di miliardari conservatori per strappare la vittoria ai liberals. Quindi le due fazioni di ‘filantropi’ ora combatteranno per il controllo del consenso politico e delle istituzioni europee. Faranno però fatica a mantenere l’Europa come alleata nella guerra contro la Russia, ma ogni squadra lo farà da prospettive ideologiche diverse. Proprio come esiste una polarizzazione politica liberal-conservatrice tra capitalisti all’interno di una nazione, c’è anche un’altra polarizzazione tra capitalisti riguardo alle politiche estere della loro nazione. Nessuno di loro è progressista o populista di sinistra. L’unico ‘populismo’ che attualmente ogni capitalista promuove è quello della squadra di Bannon. Comunque entrambe le squadre si demonizzano a vicenda per il controllo del Governo degli Stati Uniti, e a livello internazionale per il controllo del mondo intero, opponendo due diverse visioni del mondo: liberale e conservatrice, o meglio globalista e nazionalista. Entrambi poi dicono di sostenere la ‘democrazia, ma invece promuovono la diffusione della “democrazia” attraverso l’invasione e l’occupazione di Paesi “nemici”. […] Continua a leggere

La strategia di Putin sta finalmente iniziando a funzionare?

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di Paul Craig Roberts

La strategia di Putin sta finalmente iniziando a funzionare?

Fonte: Comedonchisciotte

Ho già avuto modo di spiegare che l’atteggiamento, tipicamente cristiano, del Presidente Russo Vladimir Putin di offrire l’altra guancia alle provocazioni dell’Occidente è una strategia intesa a convincere l’Europa che la Russia è ragionevole mentre Washington non lo è, e che la Russia non è una minaccia per gli interessi e la sovranità dell’Europa, mentre Washington lo è. Compiacendo Israele e ritirandosi dall’accordo multinazionale iraniano per la non-proliferazione nucleare, il Presidente americano Donald Trump potrebbe aver contribuito al successo della strategia di Putin.

I tre maggiori stati europei vassalli di Washington, Gran Bretagna, Francia e Germania si sono opposti all’azione unilaterale di Trump. Trump ritiene che il trattato multinazionale dipenda solo da Washington. Se Washington dovesse rinunciare all’accordo, questo rappresenterebbe la fine dell’accordo stesso. Non importa la volontà degli altri firmatari. Di conseguenza, Trump vuole reintrodurre le preesistenti sanzioni agli scambi commerciali con l’Iran e imporre ulteriori, nuove sanzioni. Se Gran Bretagna, Francia e Germania continuassero ad onorare i contratti commerciali stipulati con l’Iran, allora Washington sanzionerebbe anche i propri stati vassalli e proibirebbe alle aziende inglesi, francesi e tedesche di operare negli Stati Uniti. Ovviamente Washington ritiene che i profitti che gli Europei hanno negli Stati Uniti superino quelli che si possono ottenere in Iran e pensa che [gli Europei] si adegueranno alle decisioni di Washington, così come, da stati vassalli, hanno già fatto in passato. Continua a leggere

Per quanto ancora continueremo a far finta che i Palestinesi non siano un popolo?

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di Robert Fisk

Per quanto ancora continueremo a far finta che i Palestinesi non sono un popolo?

Fonte: Comedonchisciotte

Mostruoso. Spaventoso. Perverso. E’ strano come oggi, in Medio Oriente, manchino semplicemente la parole. Sessanta Palestinesi morti. In un giorno. Duemilaquattrocento feriti, più della metà da proiettili veri. In un giorno. Questi numeri sono un oltraggio, una fuga dalla moralità, un motivo di infamia per ogni esercito.

E noi dovremmo credere che l’esercito israeliano sia quello della “purezza delle armi”? E abbiamo un’altra domanda da fare. Se questa settimana ci sono 60 Palestinesi morti al giorno, che cosa succederà se la prossima settimana ce ne saranno 600? O 6.000 il mese prossimo? Le squallide giustificazioni di Israele (e la rozza risposta americana) sollevano esattamente questo interrogativo. Se adesso riusciamo ad accettare un massacro di questa magnitudine, quanto potrà reggere il nostro sistema immunitario nei giorni, nelle settimane e nei mesi a venire? Continua a leggere

Sono stati una sciagura per 40 anni… ed ora hanno fretta. (Ovvero, ogni volta che i media amano qualcuno, questo qualcuno fa danni…)

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di Marco Giannini

Sono stati una sciagura per 40 anni… ed ora hanno fretta. (Ovvero, ogni volta che i media amano qualcuno, questo qualcuno fa danni…)

Fonte: Comedonchisciotte

L’Italia è un paese strano, vediamo piovere bordate “a reti unificate” sul Governo in via di formazione e questo avviene proprio da personaggi come Monti, Berlusconi, Bossi, Renzi, Prodi, Veltroni, Padoan e Cottarelli (FMI…), i quali sin dai tempi dell’omicidio Moro hanno contribuito a devastare il paese, nell’ideologia e nella pratica, inquinandone la cultura ed esportandone il benessere.
Per dirne alcune la “Riforma Treu” del lavoro che ha portato il precariato a livelli monstre comprimendo l’economia causa insicurezza, le norme di ingresso di stranieri funzionali alla competizione al ribasso tra italiani e stranieri alla voce salari e diritti sociali, le riforme dei saperi che hanno indebolito il ruolo e la figura dell’insegnante (verso l’interno e verso l’esterno) e distrutto il senso civico del paese oltre che la qualità e la meritocrazia della scuola, il contemporaneo e drammatico appiattimento comparato del livello di competitività delle nostre Università attuato ad inizio millennio che ha reso, oltretutto, i baronati universitari ancora più “esosi” e politicizzati, il “Divide et Impera” attuato dal 1994 (agendo su rancori ed ideologie obsolete) che ha polarizzato gli italiani in “destra” e “sinistra” (dinamica teoricamente opportuna) ma in modo trasversale (!) visto che la principale suddivisione avrebbe dovuto essere tra istanze cittadine (definite sprezzantemente “populiste”) economico reali e quelle delle rendite speculative, in primis quelle delle grosse Corporation finanziarie (radicate all’estero) con il loro potentissimo apparato politico-Istituzionale-lobbiestico (…), il Divorzio Bankitalia/Tesoro, la privatizzazione delle banche e delle quote di Bankitalia (…), il prossimo furto della nostra riserva d’oro, le liberalizzazioni selvagge dei capitali e delle forniture che hanno incrementato il costo della vita, lo svuotamento della CGIL ormai ridotta a un moribondo comitato d’affari,  i tecnicismi finanziari franco tedeschi spacciati per “Europa” che hanno sradicato e sradicano ingenti fette di benessere (decine di miliardi l’anno) con norme pro banche e pro multinazionali che hanno come “utile netto” alta disoccupazione e alta tassazione, l’esaltazione ideologica della globalizzazione.

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Queste sono le domande che qualunque giornalista dovrebbe porgere all’esercito israeliano

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di Tossi Gurvitz

Queste sono le domande che qualunque giornalista dovrebbe porgere all’esercito israeliano

Fonte: Comedonchisciotte

Mentre queste righe vengono scritte i cecchini dell’IDF hanno ucciso più di 40 palestinesi vicino alla barriera di Gaza e ferito altri 2,200, una dozzina è considerata essere stata ferita mortalmente. Nello stesso momento in cui leggete queste parole, i numeri sono probabilmente già saliti. Il portavoce dell’IDF ha l’abitudine di sostenere che i suoi cecchini fossero “in pericolo”. Quando sentite queste parole, pensate all’operazione Speedy Express.

Speedy Express venne effettuata dalla nona divisione di fanteria dell’esercito statunitense nel delta del Mekong nel 1969. L’esercito statunitense sosteneva di avere ucciso 10,899 combattenti avversari. Soffrì soltanto 244 perdite. Stando a Saigon, un giovane genio chiamato Alexander Demitri Shimkin, un veterano delle marce per i diritti civili, lasciava perplessi i suoi colleghi giornalisti con uno strano passatempo: si scomodava a leggere davvero i comunicati ufficiali e tabulava quel che c’era scritto.

Dopo alcuni mesi, Shimkin mise insieme una strana statistica: la nona divisione sosteneva di avere ucciso 10,899 combattenti ma aveva catturato soltanto 748 armi. La conclusione di Shimkin era semplice: la disparità tra i morti e le armi catturate significa che la maggioranza delle persone uccise in Speedy Express non erano combattenti ma civili. Fu problematico per Shimkin trovare un editore disposto a pubblicare questo primo esempio di data journalism e il Newsweek lo pubblicó solo nel 1972. Ció nonostante la pubblicazione causò una tempesta di fuoco politica, con l’esercito statunitense forzato a prendere rifugio nella disperata affermazione che “molte unità della guerriglia non erano armate di armi”. Continua a leggere

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