Giorgetti: “Rivedere le concessioni, da telefoni a tv”. Panico Berlusconi

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Giorgetti: "Rivedere le concessioni, da telefoni a tv". Panico BerlusconiChissà che cosa avrà pensato Silvio Berlusconi leggendo le parole di Giancarlo Giorgetti. “Nazionalizzare? Io credo sia necessario discutere seriamente di quel che vogliamo fare dei veri beni dello Stato”. Il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio. intervistato dal Corriere della Sera, vuole “aprire la discussione sul modo in cui cio’ che e’ oggetto di concessione possa restituire il massimo bene ai cittadini”. Sulla possibilita’ di nazionalizzare o meno le autostrade italiane, Giorgetti afferma che “al momento parlarne e’ assolutamente prematuro. In concreto, bisogna verificare l’esito della procedura di annullamento della concessione alla societa’ Autostrade. A quel punto si puo’ decidere con qualche indicazione in piu’. O si puo’ anche fare un’altra gara per vedere le condizioni che puoi spuntare”.

“Non ci sono tabu’ – aggiunge – L’autostrada del Brennero (A22) sara’ gestita in house, in deroga alla norma europea. Il punto e’ valutare bene, caso per caso. Il tutto Stato non e’ buono, ma neanche il tutto privato. Credo che valga per ogni bene dello Stato: i beni veri dello Stato non sono gli immobili di cui si parla sempre. Sono le concessioni: quanto prende lo Stato dall’acqua minerale che compriamo a 2 euro a bottiglia? Quanto dal metano sotto terra o dalle concessioni televisive? Quanto dall’etere in cui viaggia il segnale dei telefonini? Io credo che lo Stato debba fare periodiche valutazioni. E poi, scegliere per il meglio”. “Di certo – prosegue – ora dobbiamo fare un ragionamento sulle concessioni in scadenza o scadute”. E sul fatto che anche la Lega aveva votato il decreto ‘salva Benetton’ del 2008, il sottosegretario commenta: “Ma non lo so… io ho scoperto giusto oggi che nemmeno ero presente alla votazione…”.

Fonte: http://www.affaritaliani.it/politica/giorgetti-rivedere-le-concessioni-da-telefoni-a-tv-panico-berlusconi-556440.html Continua a leggere

Genova: Ponte Morandi

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Ponte Morandi

L’INCHIESTA

di Roberto Pecchioli

Non volevamo crederci. Il crollo del Ponte Morandi, che noi genovesi, con una punta di provincialismo da colonizzati chiamavamo ponte di Brooklyn, è una tragedia sconvolgente, per il suo carico di vittime, dolore, distruzione e per le conseguenze terribili che si trascineranno per anni. Non è il tempo degli sciacalli, ma dei soccorsi, del cordoglio, dell’aiuto, della collaborazione. Tuttavia, non si può tacere, tenere a freno la collera per un’altra tragedia sinistramente italiana: un’opera di quell’importanza non può crollare dopo soli 50 anni. Per chi scrive c’è un che di personale, quasi di intimo nel dolore di queste ore. Bambini, partecipammo nel 1967 all’inaugurazione del ponte con tutte le scolaresche di Genova. Muniti di bandierina tricolore, appostati di fronte al palco, seguimmo la cerimonia, vedemmo con la meraviglia dell’età il presidente della repubblica Giuseppe Saragat attorniato da uomini in alta uniforme e dall’imponente figura del grande cardinale Siri, storico arcivescovo della città.

Abbiamo percorso migliaia di volte quel ponte lunghissimo, settanta metri sopra la vallata del torrente Polcevera piena di case popolari e capannoni industriali della ex Superba, ogni giorno per decenni lo abbiamo visto e sfiorato andando al lavoro. Non c’è più ed è colpa di qualcuno. Parlano di fulmini, di un intenso nubifragio e di cedimento strutturale. Aspettiamo a tranciare giudizi, ma nel mattino della vigilia di ferragosto pioveva e basta. Nessuna alluvione, dagli anni 70 ne ricordiamo almeno sei, devastanti, nella città di Genova. Non sappiamo quanti fulmini si siano abbattuti in mezzo secolo sul manufatto dell’ingegner Morandi (pochi sapevano che a lui fosse intitolata l’opera), né quanta pioggia abbia bagnato da allora le imponenti strutture. Non accettiamo, non riconosceremo mai come valida la sbrigativa giustificazione di queste ore. Sarà qualunquismo da Bar Sport, ma ci risulta che ponti romani siano in piedi da due millenni, e non crediamo nell’incapacità dei progettisti. Però, negli ultimi decenni i crolli sono stati tantissimi, come le tragedie dovute all’incuria, all’insipienza, alla corruzione diffusa. Continua a leggere