IL VATICANO IN LINEA CON SOROS. Dimissioni di Ratzinger per intrighi di Palazzo

Condividi su:

di Silvano Danesi

Per rimanere nella tempistica utile non si poteva aspettare la morte di Benedetto XVI e così lo si è invitato, per usare un eufemismo, alle dimissioni. Si arriva, dunque, alla rinuncia del Papa teologo… (Stando così le cose, è evidente che le dimissioni di Ratzinger abbiano favorito la “mafia di San Gallo”. Il comportamento dell’ “emerito”, a seguito delle dimissioni è stato più che accondiscendente. Se, in realtà, egli fosse d’accordo, non lo sapremo mai. Sappiamo che ha assecondato la “mafia di San Gallo” e certamente non avrebbe dovuto. [N.d.R.] )

**************************************************************************************************************************************************************************************

Da tre giorni La Verità scrive dei rapporti tra la Cei, guidata dal cardinale Matteo Maria Zuppi e l’ex noglobal Luca Casarini. Rapporti che hanno dato luogo a finanziamenti alla ong che arma la Mare Jonio, un rimorchiatore che trasporta migranti e che ora è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’inchiesta giornalistica rivela che anche la Open Arms è stata finanziata, ma direttamente dal Papa.

L’inchiesta è stata iniziata da Panorama e ieri il direttore de La Verità, Maurizio Belpietro, dopo che Luca Casarin è stato addirittura invitato al Sinodo, si chiede come sia stato possibile inquinare così i vertici cattolici.

Forse la domanda ha una risposta nei vertici cattolici stessi, ossia in Jorge Mario Bergoglio, nella sua elezione, nelle sue esternazioni, nei suoi rapporti internazionali e nella sua posizione su clima, green e migranti.

Nell’insieme il papato di Jorge Mario Bergoglio si pone in perfetta linea con la Open Society Foundations di George Soros e con la cupola finanziario- filantropica che dirige la musica sul clima, sulla nuova religione green e sui rapporti con la Cina in chiave di controllo sociale.

I vertici cattolici non sono inquinati da Casarin, che è solo una delle tante pedine di un disegno, ma dal vertice stesso, in quanto, come scrive Sir Henry Sire, docente universitario e storico, nonché cavaliere dell’Ordine di Malta (poi espulso per aver scritto di Bergoglio) con lo pseudonimo di Marcantonio Colonna (“Il Papa dittatore”), “Bergoglio è stato eletto dalla “mafia” liberale, un gruppo di vescovi e di cardinali progressisti che per anni ha agito per centrare proprio questo obbiettivo”.

Papa dittatoreMaschera di Bergoglio

Il termine “mafia” è stato introdotto per la prima volta in un’intervista televisiva nel settembre 2015 dal Cardinal Godfried Danneels, arcivescovo emerito, ma al tempo ancora molto influente, di Bruxelles-Mechelen a proposito del Gruppo di San Gallo.

“Danneels – scrive Colonna – ha affermato di aver fatto per anni parte di questo gruppo che si era opposto a papa Benedetto XVI durante tutto il suo pontificato. Il gruppo ha lavorato, egli ha detto, per favorire la formazione di una Chiesa Cattolica ‘molto più moderna’ e per far eleggere papa l’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio”.

Il gruppo “si incontrava ogni anno dal 1996” a San Gallo, in Svizzera, originariamente su invito del vescovo della città, Ivo Fürer, e dell’arcivescovo di Milano, il cardinale gesuita Carlo Maria Martini.

“Danneels – scrive Colonna – aveva rilasciato l’intervista per promuovere la sua biografia autorizzata e ha aggiunto che il gruppo San Gallo vantava vescovi e cardinali, “troppi da elencare”. Ma tutti avevano lo stesso obiettivo comune: l’attuazione di un programma “liberale/progressista” in opposizione a Papa Benedetto e all’orientamento di un moderato conservatorismo dottrinale”.

Uno degli aspetti interessanti, che mettono subito in risalto la rete italiana che collega le posizioni del Vaticano di Bergoglio con la politica italiana è Villa Nazareth a Roma.

Colonna riferisce che nel 2015, Paul Badde, scrittore tedesco ed esperto delle questioni concernenti il Vaticano, ha sostenuto di aver ricevuto informazioni attendibili “che tre giorni dopo la sepoltura del papa Giovanni Paolo II, i cardinali Martini, Lehmann e Kasper dalla Germania, Bačkis dalla Lituania, van Luyn da Paesi Bassi, Danneels da Bruxelles e Murphy O’Connor da Londra «si sono incontrati nella cosiddetta Villa Nazareth a Roma, casa del cardinale Silvestrini, il quale ormai non era più eleggibile; hanno poi discusso in segreto una tattica per evitare l’elezione di Joseph Ratzinger»”.

Silvestrini, discepolo del cardinal Casaroli, era il potere della curia romana dietro ad Andreotti ed è stato, come riferisce Colonna, anche uno dei manovratori che ha fatto si che i Gesuiti arrivassero al potere con l’elezione di Bergoglio.

Nel Collegio di Villa Nazareth vengono fatti studiare dei ragazzi che faranno successivamente cureranno gli interessi del Vaticano in giro per il mondo.

Nel Collegio Nazareth di Roma, proprietà di una fondazione guidata dal cardinale Achille Silvestrini (ora defunto) ha studiato Giuseppe Conte e del Collegio era direttore monsignor Pietro Parolin, attuale segretario di Stato del Vaticano.

In una fase delicata della politica italiana, Giuseppe Conte è stato messo all’opera. Renzi, che faceva gli esercizi spirituali tutti gli anni dai Gesuiti, ha lanciato l’idea del Governo Conte bis, il cui operato è ben conosciuto da tutti noi, anche per quanto riguarda i rapporti con il Dragone.

In questo panorama si inserisce anche l’interessante esperimento italiano che ha dato vita al Movimento Cinque Stelle.

In un articolo di Giacomo Amadori e di Gianluca Ferraris (Panorama, 3 aprile 2013) l’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, fondatore della Gran loggia regolare d’Italia, restauratore in Italia degli Illuminati di Baviera e fondatore di Dignity, alla domanda dei giornalisti volta a chiedere se Gianroberto Casaleggio, autore di una profezia di “un futuro senza religioni in cui «l’uomo è Dio»” e che fa immaginare “un approccio umanistico”, sia stato un massone risponde: “Non mi risulta che Casaleggio sia massone, la sua ideologia è sicuramente più vicina a quella degli Illuminati di Baviera e all’accademia che io ho risvegliato in Italia nel 2002. Quale la differenza? I massoni vogliono migliorare il mondo così com’è, gli illuminati puntano a ripensarlo rispetto alle future condizioni; in più gli Illuminati considerano la democrazia una forma di degenerazione del potere che va superata come hanno già postulato Platone e Aristotele. Il credo contenuto nel video della Casaleggio e associati va proprio in questa direzione”. “La visione di Casaleggio in Gaia e la mia nel libro La conoscenza umana (Marsilio) – continua Di Bernardo – sono molto simili: entrambi riteniamo che nel futuro dell’umanità scompariranno le differenziazioni ideologiche, religiose e politiche. Per me a governare sarà una comunione di illuminati, presieduta dal «tiranno illuminato», per Casaleggio a condurre l’umanità sarà la rete, probabilmente controllata dal tiranno illuminato. Un concetto che, però, Casaleggio non ha ancora esplicitato”. Esplicitazione giunta di recente dal comico Giuseppe Grillo, con la sua teoria degli Elevati.

Panorama Burattinaio

Il 4 marzo 2013 Casaleggio mette in onda Gaia, un video dove si afferma che si arriverà, il 14 agosto 2054, ad un mondo governato dalla rete, con un governo mondiale chiamato Gaia eletto dai cittadini attraverso la rete. Nel 2054 non esisteranno più partiti politici, ideologie, religioni e i cittadini non avranno più carte d’identità o passaporti, ma esisteranno solo se saranno iscritti a Earthlink, un social network, mente una mega intelligenza artificiale collettiva, chiamata Braintrust, risolverà i problemi del mondo. Il primo esperimento è stato fatto sulla pelle degli Italiani e ne sopportiamo le conseguenze tragiche. Altro che intelligenza artificiale. Qui siamo in presenza di un tentativo di dittatura strisciante venduto per democrazia di massa ( https://www.youtube.com/watch?v=rx46BpHQ2mo ).

Le teorie di Gaia, frutto delle visionarietà di Gianroberto Casaleggio, esplicitate dal Comico Giuseppe Grillo, sono, secondo Giuliano Di Bernardo, molto vicine a quelle degli Illuminati di Baviera.

L’Ordine degli Illuminati fu organizzato, il primo maggio 1776 da Adamo Weishaupt sulla base di un modello gesuitico.

L’Ordine ebbe uno scopo più politico che religioso e la corrente illuministica interna alla Stretta Osservanza, alla ricerca di un progetto massonico da opporre ai Martinisti, guardò agli Illuminati con la mediazione di Knigge, che aveva come modello il Paraguay gesuitico e pensava a stati modello nelle Indie Occidentali (America).

Alain Wodroow, uno dei massimi esperti dei Gesuiti, a proposito dell’esperimento del Paraguay, afferma: “Questa esperienza di comunismo paternalista è singolare e fu esempio per gli utopisti del XX secolo. L’ammirava persino Voltaire, che fu allievo dei Gesuiti, ma li detestava”[1]

L’intreccio si fa ancor più interessante quando guardiamo alla politica estera del Vaticano di Bergoglio, con la sua deriva filo cinese e anti occidentale.

In un’intervista del giornalista americano Glenn Beck a Whitney Webb, autrice di “A Nation Under Blackmail”, una nazione sotto ricatto (disponibile grazie a Roberto Mazzoni – https://mazzoninews.com/2023/11/26/deep-state-finanzieri-spie-mafiosi-editori-e-pedofili-parte-4-mn-236-ritorno-alla-poverta/), l’intervistatore afferma: “Ho amici industriali che 30 anni fa mi dicevano: “La Cina è il nuovo modello”. E ho pensato, questo è un cattivo modello. Noi non lo vogliamo. Si limitavano a dire con leggerezza che la Cina era il nuovo modello. Ci sono voluti 10 anni, prima che iniziassi a rendermi conto che ne erano sinceramente convinti, e che avremmo portato in America l’approccio cinese”.

Whitney Webb risponde: “Certo. Questo è stato il piano per molto tempo. Abbiamo parlato prima del CinaGate. Al suo interno troviamo le origini della Silicon Valley. E molte delle persone più potenti del nostro complesso industriale militare, tra cui Lockheed Martin, vi erano coinvolte e volevano che quella tecnologia segreta andasse in Cina e minasse la nostra sicurezza nazionale. Notiamo che c’era qualcosa che stava succedendo allora e penso che lo stiamo vedendo succedere sempre di più anche adesso.

Nel 2020 ho scritto un articolo sulla National Security Commission on Artificial Intelligence, la Commissione per la sicurezza nazionale sull’intelligenza artificiale. Fondamentalmente dice che, per essere competitivi nell’intelligenza artificiale e garantire l’egemonia economica e militare per gli Stati Uniti, dobbiamo andare oltre la Cina in termini di implementazione della tecnologia di sorveglianza, e dell’uso dell’intelligenza artificiale, dobbiamo abbandonare la proprietà privata delle automobili, a cui si riferiscono come sistema tradizionale. E bisogna abbandonare le visite mediche di persona, passando all’alternativa basata sull’intelligenza artificiale. Questo accadeva nel 2019, prima del Covid”.

Glenn Beck: “Due anni prima di questo, ho parlato con il presidente del consiglio di amministrazione di General Motors e mi ha detto che entro il 2030 non produrremo più auto di proprietà singola, ma flotte di veicoli di uso comune”.

Whitney Webb: “Uber offrirà noleggi solo all’interno delle città intelligenti e il passeggero non potrà controllare la destinazione. Non si potrà più viaggiare da una città all’altra. Niente più scampagnate. Non potrai più decidere dove andare, magari guidare per tre ore per vedere la tua famiglia o chiunque altro, magari i tuoi amici. È finita se queste persone vincono. E la Commissione per la sicurezza nazionale sull’intelligenza artificiale era gestita da Eric Schmidt, ex capo di Google. Uno dei co-presidenti era un uomo di alto livello che lavora a stretto contatto con Schmidt e che era al Dipartimento della Difesa. E le persone che sempre più decideranno cosa potete fare appartengono alla comunità dell’intelligence, alle forze armate e alla Silicon Valley. E ritengono che falliremo se non andremo oltre il sistema di sorveglianza cinese, le sue megalopoli e il suo modello di città intelligente”.

In buona sostanza, per combattere la Cina dobbiamo essere più cinesi dei cinesi, ossia per combattere una dittatura dobbiamo essere una dittatura ancor più dittatura. Non male come prospettiva. E come la mettiamo con la deriva filo cinese del Vaticano?

Torniamo a Bergoglio e alla “mafia di San Gallo”.

Danneels era uscito di scena, ma il conclave del 2013 – scrive Colonna – “lo ha riportato al centro della politica della Chiesa, con il nuovo papa che lo ha invitato a unirsi a lui nella Loggia di San Pietro per la sua prima apparizione alla folla. Ha avuto il privilegio di intonare le preghiere della Messa inaugurale di Francesco. Più tardi il cardinale, che molti avevano considerato “in disgrazia”, è stato invitato da papa Francesco, godendo così di uno speciale favore papale, a partecipare ad entrambi i Sinodi sulla Famiglia dove ha assunto una ruolo importante. Danneels stesso ha descritto il suo ultimo conclave come “un’esperienza di risurrezione personale”.

La “squadra Bergoglio” ha dunque completato l’opera di San Gallo.

“Nonostante regole della più rigorosa segretezza – scrive sempre Colonna – , dopo il conclave del 2005 si è venuto a sapere che lo sconosciuto gesuita di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, era arrivato secondo nelle votazioni. Il gruppo di San Gallo era presente quasi al completo e aveva lavorato sodo per il suo candidato. E il suo sostegno aveva avuto il suo peso”.

L’esergo del testo “Il Papa dittatore, di Marcantonio Colonna” è una citazione di Abramo Lincoln: “Potete ingannare tutti per qualche tempo, o alcuni sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”.

Ai tempi di Peron, Bergoglio era uno dei suoi seguaci, ma il suo legame era con l’ala destra del Peronismo. “Nel 1971 – scrive Colonna – è stato nominato Maestro dei Novizi della provincia argentina e ha saputo coniugare questo incarico al sostegno della Guardia de Hierro (Guardia di Ferro), che a quel tempo era impegnata per il ritorno di Perón dall’esilio. Austen Ivereigh descrive questo coinvolgimento eufemisticamente come “sostegno spirituale” al movimento; esso era in realtà molto di più ed è rivelante degli interessi politici che dovevano distinguere Bergoglio per tutta la sua vita. Per tutte le norme, era un modo insolito per un maestro dei novizi di un ordine religioso di trascorrere il suo tempo libero”.

Resta il fatto che la Guardia de Hierro argentina si ispira all’omonimo gruppo rumeno. La Guardia di Ferro (in romeno Garda de Fier) è infatti la denominazione data da Corneliu Zelea Codreanu alla branca armata del movimento da lui fondato negli anni Trenta del XX secolo.

Dal 1965 ql 1981 il Generale dei Gesuiti è stato lo spagnolo Pedro Arrupe, il quale ha impresso alla Compagnia una svolta a sinistra, verso la teologia della liberazione.

Svolta che ha coinvolto la Università del Salvador e che ha visto contrario il peronista Bergoglio, il quale, ci dice Colonna, l’ha consegnata ad alcuni suoi compagni della Guardia di Ferro peronista.

Diventa, pertanto difficile capire come Bergoglio si sia poi orientato a sinistra, se non entrando nella logica argentina del peronismo.

Scrive in proposito Sir Henry Sire, alias Marcantonio Colonna: “Si narra la storia che Perón, nei suoi giorni di gloria, un giorno abbia proposto a un nipote di iniziarlo ai misteri della politica. Dapprima ha portato con sé il giovane quando ha ricevuto una delegazione di comunisti; dopo aver ascoltato le loro idee, ha detto loro: “Avete ragione”. Il giorno dopo ha ricevuto una delegazione di fascisti e ha risposto di nuovo alle loro argomentazioni: “Avete ragione”.

Poi ha chiesto a suo nipote cosa pensasse e il giovane ha detto: “Hai parlato con due gruppi con opinioni diametralmente opposte e hai detto ad entrambi che sei d’accordo con loro. Questo è completamente inaccettabile”. Perón ha risposto: “anche tu hai ragione”. Tale aneddoto è la spiegazione del motivo per cui nessuno può sperare di capire Papa Francesco se non comprende la tradizione della politica argentina, un fenomeno al di fuori dell’esperienza del resto del mondo; la Chiesa è stata colta di sorpresa da Francesco perché non possedeva la chiave per comprenderlo: egli è la trasposizione ecclesiastica di Juan Perón. Coloro che cercano di interpretarlo in altro modo non dispongono dell’unico criterio valido”.

Va anche considerato il rapporto di Bergoglio con il fevrerismo, al quale fu introdotto da Esther Ballestrino.

Le motivazioni che spingono il Vaticano di Francesco a cercare un rapporto con la Cina sono chiaramente non dovute alla difesa dei cristiani cinesi, ma agli interessi in altre aree del mondo: l’Africa, l’America Latina e la stessa Europa. Vi sono, inoltre, motivazioni ideologiche che coinvolgono i singoli protagonisti in campo. Bergoglio, fevrerista, peronista, propugnatore della Patria Latina, ha un rapporto difficile con gli USA e di collaborazione intensa con i regimi latino americani non collaborativi con gli States. La Curia vaticana è stata riempita di prelati latino americani in posizione di potere. Potere che condividono con il vero dominus della politica, il tedesco cardinale Reinhard Marx, sostenitore della politica filo cinese della Germania, dovuta agli interessi economici di Berlino nelle terre del Dragone.

Il grande enigma della conversione di Bergoglio alla sinistra e alla parte liberale della Chiesa, e in particolare il gruppo di San Gallo, che l’ha trasformato nel suo uomo guida, trova la giustificazione nella logica peronista. Perón, come Presidente, non ha avuto alcuna esitazione a spostarsi dalla destra all’estrema sinistra, fa notare Sir Henry Sire “se la sua smania di potere lo richiedeva”.

“Nel 2005 – scrive Sir Henry Sire -, i piani del gruppo di San Gallo sembravano infranti dall’elezione di Benedetto XVI. Si pensava che Benedetto avrebbe regnato per un periodo di dieci o addirittura quindici anni, e sarebbe stato un periodo troppo lungo per le persone interessate per poterne beneficiare. L’abdicazione del febbraio 2013 è arrivata appena in tempo per rilanciare il programma del gruppo di San Gallo. Il Cardinale Martini era morto l’anno precedente, ma Danneels e Kasper erano ancora abbastanza giovani per poter evitare l’esclusione dai conclavi papali che per i cardinali arriva all’età di ottanta anni, un limite che entrambi avrebbero raggiunto più tardi nel corso dell’anno. Specialmente Bergoglio, all’età di 76 anni, rimaneva papabile; il prolungamento del suo mandato da parte di Papa Benedetto significava che egli era ancora in carica come arcivescovo di Buenos Aires e quindi era un capo della gerarchia latino-americana”.

E qui facciamo i conti con i tempi e con la necessità di tenere un conclave in tempo utile per far votare i cardinali di San Gallo.

Per rimanere nella tempistica utile non si poteva aspettare la morte di Benedetto XVI e così lo si è invitato, per usare un eufemismo, alle dimissioni.

Si arriva, dunque, alla rinuncia del Papa teologo, inviso alla “mafia” di San Gallo.

Sir Henry Sire cita le pressanti “circostanze che l’avevano causata: la piaga continua delle finanze vaticane, che per anni aveva resistito ad ogni sforzo di essere sanata; lo scandalo “Vatileaks” del 2012, quando il maggiordomo del Papa aveva rivelato documenti segreti proprio per mostrare quanto Benedetto XVI fosse impotente nel controllare il caos intorno a lui; e infine il rapporto privato che è circolato nel dicembre 2012, il quale rivelava una tale corruzione morale nella Curia che si pensava fosse la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso nel persuadere Benedetto di non essere più in grado a far fronte a una tale situazione”.

Ora i nodi vengono al pettine e come diceva Abramo Lincoln: “Potete ingannare tutti per qualche tempo, o alcuni sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre”.

Le linee seguite dal Vaticano sono sempre più leggibili e sono sempre più evidenti i legami tra la linea di Bergoglio e quella del centro finanziario e dei sedicenti filantropi (Soros in primis, in quanto finanziatore di ong che si occupano di migranti).

La vicenda Casarin inoltre disastra la politica estera vaticana, ultimamente molto delegata al cardinal Zuppi, il quale è in rapporto stretto con la Comunità di Sant’Egidio (filocinese) e colpisce nell’intimo il Pd, perché il cardinal Zuppi è in stretti rapporti con Romano Prodi e con l’ala cattolica del Partito democratico, la cui politica sui migranti è chiaramente ispirata da quella vaticana.

E così, alla domanda di Maurizio Belpietro riguardante come sia stato possibile che si siano inquinati a tal punto i vertici vaticani la risposta la troviamo nella “mafia di San Gallo e in tutto quello che è avvenuto in questi anni.

Chiaramente la Chiesa sta passando un gran brutto momento, basti pensare ai recenti siluramenti di prelati Usa invisi a Bergoglio.

L’emergenza climatica pare stazionare sulla cupola di San Pietro.

 

[1] Alan Woodrow, Una storia di potere, Newton Compton

 

Fonte: https://www.nuovogiornalenazionale.com/index.php/italia/politica/15026-il-vaticano-in-linea-con-soros.html?fbclid=IwAR2IPXRvN4_O6tGm9EBtrI7ylpOcWs6vnjZ6ROHkWfacHRkOjV9sCLZSnkE

Prendere a pugni i ragazzi di destra non fa notizia: se lo meritano

Condividi su:
Ecco il video del pestaggio dei militanti di FdI avvenuto a Bologna nel maggio 2022. Nessuno ne parla. Perché?
Non siamo mica sciocchi: non ci aspettavamo certo che, dopo la nostra esclusiva sul pestaggio di alcuni studenti di destra a Bologna, i grandi giornali ci venissero dietro. Per carità, ci siamo abituati: se a prendere le botte, vere e documentate, sono i giovani di Fratelli d’Italia nessuno fa un frizzo. Ne parlano i quotidiani locali per qualche giorno, poi tutto finisce nel dimenticatoio. Se invece di fronte a un liceo fiorentino scoppia una rissa, subito la stampa democratica fa scattare le trombette dell’antifascismo militante, sgorgano editoriali sulla difesa della Costituzione e contro lo squadrismo fascista. Lo ripetiamo: ci siamo abituati. Però è pure giusto mettere a nudo l’ipocrisia del sistema mediatico italiano, oltre che di quello intellettuale e giornalistico.

Di casi da raccontare ce ne sarebbero a bizzeffe, senza dimenticare i collettivi che alla Sapienza hanno impedito a Daniele Capezzone di parlare. Ma limitiamoci agli episodi simili: prendiamo i fatti di Bologna, che risalgono al maggio del 2022, e quelli più recenti di Firenze.

La sera del 19 maggio, una decina di giovani di Azione Universitaria è in via Zamboni a Bologna per controllare i risultati delle elezioni universitarie. Escono dal portone tranquilli, chiacchierano, tutto fila liscio come l’olio. Finché non vengono circondati e malmenati da una ventina di persone. A confermarlo c’è l’avviso di conclusione indagini contro 8 ragazzi, in cui si parla di “pugni, calci e spintoni”, di un trauma toracico, di lesioni guaribili in 16 giorni e minacce tipo “vi uccidiamo”, “tornate nelle fogne”, “siete morti”. Un vero e proprio agguato, certificato anche dai video delle telecamere di sorveglianza che circondano l’ingresso della Facoltà di Lettere bolognese. Si vedono distintamente i ragazzi di Azione Universitaria aggrediti alle spalle da un gruppo militanti di sinistra. Le immagini non lasciano spazio all’immaginazione: botte, pugni, spintoni. Violenze, insomma. Gravi tanto quanto quelle emerse dai filmati della rissa di fronte al Michelangiolo. Se non di più.

E arriviamo a Firenze. Ogni violenza è deprecabile e su questo sito lo abbiamo detto e ridetto: gli alunni di Azione Studentesca hanno fatto male a reagire con i pugni. Però va pure ridimensionato il contesto: secondo alcuni testimoni, infatti, a far scattare la miccia sarebbero stati gli studenti dei collettivi infastiditi da un banale volantinaggio degli avversari “di destra” di fronte alla loro scuola. Un professore, intervistato dalla Nazione, l’ha detto chiaro e tondo: “C’era questo volantinaggio dei ragazzi della destra. Sono usciti quelli dei collettivi e hanno cominciato ad insultarli e strappare i volantini. Hanno tirato delle spinte e a quel punto quelli di Azione Studentesca hanno cominciato a picchiare”. Una rissa, insomma, e non quel “pestaggio squadrista” cui i media si sono aggrappati per giorni basandosi su un’unica versione dei fatti.

Per approfondire

Morale della favola. Domani a Firenze è prevista una grande manifestazione antifascista “in difesa della scuola e della Costituzione”. Il corteo protesterà “contro ogni forma di violenza” e per eprimere “solidarietà alla preside Savino”, quella della delirante lettera sul fascismo. Saranno presenti anche Elly Schlein e Giuseppe Contenella più classica delle farse. Ci permettiamo di dare un suggerimento: in piazza proiettate pure il video del pestaggio dei collettivi ai danni dei militanti FdI. Così magari anche Repubblica e gli altri giornali se ne accorgono e ne parlano un po’. Oppure ci volete dire che se sei di destra le botte te le meriti?

Giuseppe De Lorenzo, 3 marzo 2023

Prendere a pugni i ragazzi di destra non fa notizia: se lo meritano

Letta vira verso Conte?

Condividi su:

di Alfio Krancic

Io sapevo che il responsabile della caduta di Draghi era stato Giuseppi. Di rinterzo poi si era messo di mezzo anche il CDX. Ora invece, per recuperare il M5S, la colpa della caduta del Drago la si fa ricadere sul “russo” Salvini. Conte quindi è innocente e può rientrare nel “Campo Largo”. E’ solo un’ipotesi, ma chissà?…

 

LE RIVELAZIONI: Mosca a Salvini: “I tuoi ministri hanno fatto cadere Draghi?”. Gabrielli prende le distanze | Video Letta: “Putin dietro la crisi di governo?”

“Supermario” è caduto per giochi di Palazzo, non per le proteste di piazza

Condividi su:

Sulla stessa linea di Marcello Veneziani, il nostro Responsabile Nazionale Matteo Castagna consiglia di andare tutti a votare il 25 Settembre per non lasciare mani libere al male assoluto rappresentato dalle sinistre. E…una stoccata al vetriolo ai fanatici no vax è servita su un piatto d’argento…

QUINTA COLONNA

di Matteo Castagna per https://www.informazionecattolica.it/2022/07/28/supermario-e-caduto-per-giochi-di-palazzo-non-per-le-proteste-di-piazza/

I GOVERNI CONTE II E DRAGHI NON SI POSSONO ASSOLVERE DA UNA GESTIONE FOLLE DELLA PANDEMIA DA PARTE DI ALCUNI INCAPACI E INTERESSATI, PROBABILMENTE AL SOLDO DELLE MULTINAZIONALI DEL FARMACO

Tutti quelli che si sono messi a fare i tribuni della plebe, contro la “dittatura sanitaria”, supportando teorie strampalate, sciocchezze superstiziose, teosofia, pseudo-medicina, scienza olistica, teorie del complotto, profezie apocalittiche e molte altre amenità sono stati ferocemente sconfitti in ogni previsione.

Infatti, le elezioni si sono tenute e si terranno regolarmente; i giochini della politica sono uguali a quelli di trent’anni fa.

Le manifestazioni che, per alcuni soggetti, parevano la chiamata a raccolta dei pazienti psichiatrici del Paese, e gli starnazzamenti di certe oche non sono serviti a nulla.

Draghi ha inasprito la repressione, ora qualcuno vincerà qualche causa sporadica, ma “Supermario” è caduto per le logiche di Palazzo, non per la tanto paventata “rivoluzione popolare” della c.d. “resistenza”.

Quanto detto, naturalmente, non assolve i governi Conte II e Draghi da una gestione folle della pandemia da parte di evidenti incapaci e interessati, probabilmente al soldo delle multinazionali del farmaco.

Quanto accaduto dovrebbe essere un richiamo all’equilibrio nell’osservazione della realtà. Come è stato grottesco e talvolta assurdo lo scientismo delle virostar, altrettanto sciocco e fallimentare è stato il fanatismo di certi no vax.

Sappiamo che l’italiano medio diventa allenatore, medico, stilista, virologo, con supponenza dogmatica, ogni volta che si presenta l’occasione. E lo fa da maniaco compulsivo.

Tornando ai vari tribuni della plebe del novaxismo fanatico, agli alternativi del risveglio… induista, ai soloni della contro-informazione, avete notato che hanno quasi tutti fondato un partito? L’unico che pare non riuscirci, nonostante la voglia disperata, è il povero Massimo Viglione.

Ma allora, come un anno fa, mi chiedo: il fine di costoro era quello di dire la verità dei fatti, oppure cercare di crearsi un elettorato?

Tutta la canea montata con teorie di ogni genere servirà solo a far abboccare la gente più fragile con fini elettorali? Non è che se questi poi non entreranno in parlamento scompariranno dalla scena?

La mia previsione è che saranno tutti spazzati via il 25 settembre e, se qualcuno riuscirà a entrare in Parlamento, diverrà presto come gli altri. Scommettiamo?

 

 

Il patriota Nato

Condividi su:

di Marcello Veneziani

Fonte: Marcello Veneziani

Non sappiamo cosa succederà in Ucraina e nelle trattative al seguito. Ma in ogni caso l’invasione dell’Ucraina ha fatto emergere due temi opposti e cruciali: i diritti sacrosanti delle nazioni e dei popoli, solitamente calpestato, e l’ordine mondiale e chi lo decide.

Fino a poco tempo prima dell’Ucraina, il tema della sovranità nazionale veniva accantonato o lasciato solo ai sovranisti, come una specie di residuo tossico del nazionalismo. È bastata la vicenda dell’Ucraina per esaltare il diritto delle nazioni e per raccontare le eroiche, tragiche, umane storie degli ucraini alle prese coi russi invasori. Una nuova ondata di patriottismo si è levata nella società globale, e già questo è piuttosto grottesco: è inutile aggiungere che il patriottismo è considerato come una gita fuori porta, un’escursione dai programmi globali, che anzi serve a rafforzarli. Infatti, il sottinteso trascurato è che non si difende il diritto di una nazione a restare neutra e sovrana rispetto alle potenze sovranazionali; ma la “libertà” di aderire all’Europa e alla Nato, con una precisa scelta di campo. Dimenticando i difficili, delicati equilibri che ci sono tra aree di influenza, imperi ed ex imperi. Saggezza avrebbe voluto che si fosse perseguito, già prima della guerra, la linea della zona neutra tra l’area Nato e l’area russa. Ovvero l’Ucraina non rientra nell’orbita russa; ma non entra nemmeno nell’orbita americana, fino a installare le basi missilistiche Nato alle porte della Russia. Si mantiene in quell’equilibrio che è in fondo l’unica chiave della sua storia e perfino del suo nome: Ucraina vuol dire proprio questo, linea di confine tra Oriente e Occidente.

Ma chi dovrebbe garantire questo processo, qual è l’organismo super partes o almeno extra partes che garantisce quello statuto autonomo e indipendente all’Ucraina? Obiettivamente non c’è. L’Onu e gli altri organismi internazionali non sono in grado di porsi al di sopra delle parti e di imporre questo equilibrio; si tratterà solo di raggiungere un equilibrio tra le forze in campo. Si, autorità religiose, mediatori “privati”, stati non schierati; ma nessuno ha la forza per imporre un ordine mondiale. Lasciamo il tema generale e torniamo in Italia.

Qui s’innescano alcune riflessioni che vanno a toccare i nazionalisti e i conservatori di casa nostra. L’indecente capovolgimento di posizioni dei populisti, sia nella versione grillina che leghista, mostra la loro labilità e irrilevanza davanti alle grandi questioni, e la loro subalternità totale all’establishment tecnocratico e dem che vige da noi, in Europa e nell’America di Biden. Fa un po’ pena e impressione il dietrofront recitato pure in video di Di Maio e Salvini, a cui si aggiunge il trasformismo avvocatesco di Conte, pronto a sposare ogni tesi perché in realtà non aderisce a nessuna.

La destra nazionale, invece, ha dietro di sé un repertorio storico e anche retorico che può giustificare meglio, nel nome del patriottismo e dei diritti nazionali, l’adesione alla causa ucraina contro i russi, lasciando ogni residua simpatia nei confronti della Russia di Putin che pur serpeggiava nella destra. Ma sappiamo che dietro il paravento nazionale c’è l’adesione all’orbita euro-americana e filo-Nato, che riporta la stessa destra nello stato campo del fronte dem, draghiano e globale. Insomma anche l’opposizione, l’unica opposizione parlamentare, è assorbita dentro il mainstream euro-atlantico dem-militarista. Potremmo aggiungere che non può fare altrimenti se vuole governare il Paese con l’assenso dei superiori o perlomeno senza l’ostilità dell’establishment. Una posizione diversa darebbe forse maggiore coerenza e credibilità alla destra nazionale ma minore possibilità di contare e di inserirsi nel quadro politico. Resta da chiedersi se il gioco valga la candela e se la possibilità di portare avanti un’alternativa sia in questo modo compromessa, e resti un arsenale retorico di figure e proclami sotto i quali c’è solo la totale remissività di ogni idea di sovranità nel raggio di una dragocrazia euroatlantica. Sarà difficile riuscire a esprimere una linea più articolata fondata su due parametri: priorità alle sovranità nazionali, a partire dall’Ucraina per finire con la nostra Patria; ripensamento del quadro mondiale fuori dalla cieca e assoluta subalternità alla Nato e ai suoi interessi geostrategici.

L’oscillazione tra le due linee in fondo appartiene alla destra postfascista italiana quasi dalle origini: da un nazionalismo interno a un’adesione al quadro atlantico nel nome dell’anticomunismo, oggi diventato anti-putinismo, a un terzaforzismo che non ha sbocchi e referenti reali ma si mantiene su un piano ideale, attraverso la formula nazional-europea, pur essa storica: né con i russi né con gli americani. Quante volte si è spaccata la destra tra queste due componenti: da una parte l’anticomunismo, la destra romualdiana, la posizione di Tremaglia e di altri esponenti, e dall’altra il rifiuto della collocazione stessa nell’ambito della destra, il radicalismo sociale e nazionale opposto al conservatorismo, liberale o no.

Peraltro chi immagina davvero un’Europa adulta e coesa, soggetto politico e militare, oltre che civiltà e tradizione culturale, non può immaginarla come la propaggine periferica della Nato.

È deprimente l’assenza di ogni divergenza, di ogni opinione difforme, e l’allineamento totale e acritico alla posizione ufficiale dell’Establishment. Penoso lo schema univoco, che già si era profilato con il covid e con tutte le altre questioni cruciali. Il disagio che avvertivamo per la riduzione della politica a un solo modulo prestampato, che chiameremo modulo Dem, si riversa sulla gente comune e su ciascuno di noi e finisce col mortificare ogni dignità e libertà, critica e intelligenza. Un segno che la Cappa che indicavamo nel nostro ultimo libro a proposito del clima plumbeo e oppressivo, si estende anche al panorama geopolitico e militare.

Sondaggi…

Condividi su:

di Alfio Krancic

La rilevazione di Supermedia Agi/Youtrend: stabili gli altri partiti, con il Pd al vertice (21,5 per cento) seguito da Fratelli d’Italia (20,7%)31 MARZO 2022 ALLE 16:43

Manca ancora un anno alle prossime elezioni politiche (???), ma in vista del 2023 anche i partiti minori iniziano a sgomitare per un posto tra le preferenze degli italiani. E rosicchiano percentuali entrando di diritto nei sondaggi. La principale novità del sondaggio di Supermedia Agi/Youtrend di questa settimana è la comparsa del partito Italexit dell’ex grillino Gianluigi Paragone che si attesta al 2 per cento delle preferenze degli elettori.

Nel sondaggio di alcuni giorni fa di Swg per il Tg La7 al vertice figurava Fratelli d’Italia, mentre per Supermedia Agi/Youtrend al primo posto c’è il Pd di Enrico Letta con il 21,5 per cento di preferenze, ma il partito di Giorgia Meloni è comunque in seconda posizione con uno scarto di 0,35 punti (20,7%). La Lega perde lo 0.2 per cento e si ferma al 16,5 mentre il Movimento 5 Stelle, complice forse la strategia di Giuseppe Conte sul no alla spesa militare, guadagna lo 0,1 (13,5 per cento). Silvio Berlusconi dopo il matrimonio simbolico con Marta Fascina fa guadagnare a Forza Italia lo 0,2 per cento (per un totale di 8,4 punti percentuali), mentre Italia Viva (-0,3), Azione/+Europa (-0,1), Verdi (-0.3) e Sinistra italiana (-0,1) perdono qualcosa. (Repubblica.it)

Sono due anni che i sondaggi girano intorno queste cifre: nonostante la dittatura sanitaria, le restrizioni dei diritti civili, la Costituzione stracciata ed ora la guerra con le conseguenze nefaste che avrà sul nostro futuro e sulla nostra economia, considerata la scellerata scelta di campo che la cupola politica italiana, ha fatto preferendo il Comico di Kiev a Putin, viene spontaneo chiedersi: come diavolo fanno i partiti ad avere ancora così ampio consenso fra l’elettorato. Forse una spiegazione esiste. I sondaggi non tengono conto delle astensioni che a parere di molti analisti stanno crescendo in modo enorme. Quindi è comprensibile che il PD abbia il 21% dei voti su un 30% dei votanti. Se si contasse l’astensione al 70%, quel 21% del PD equivarrebbe ad uno striminzito 8,7% dell’elettorato ; idem per FdI. Il 16, 5% della Lega diventerebbe un 7% (a due passi dal mitico 3% delle origini), poco meno il M5S. FI sarebbe al 3,3%. Praticamente un disastro.

Facile avere questi numeroni senza contare le astensioni…

S.E.&.O.

PS Spero di non avere fatto un ragionamento ad cazzum canis. La matematica la mastico poco. Se ho sbagliato mi corriggerete.

Fonte: https://alfiokrancic.com/2022/03/31/sondaggi-2/

Quirinale: chi vincerà la partita del Colle tra Meloni, Salvini, Letta e Conte?

Condividi su:

di Ferdinando Bergamaschi

Quirinale: sulla conquista del Colle si sta giocando una partita nella partita. Non solo quella tra chi ambisce alla carica di presidente della Repubblica. Ma anche tra i leader dei partiti che sull’elezione del capo dello Stato ipotecano una bella fetta di futuro.

Se nelle elezioni del 2015 gli attori principali sulla scena erano il 64enne Pierluigi Bersani e il 78enne Silvio Berlusconi, adesso il quadro è ben diverso. In realtà c’è una costante ed è naturalmente Matteo Renzi. Ma oltre a lui, oggi 47enne, gli altri protagonisti del match sono sempre quaranta-cinquantenni: Giorgia Meloni (44 anni), Matteo Salvini (48), Enrico Letta (55) e Giuseppe Conte (57). 

Un dato anagrafico che evidenzia un sostanziale svecchiamento della classe politica italiana. Se ai nomi già citati infatti aggiungiamo quello di Luigi Di Maio (35 anni), si tratta probabilmente della classe politica più giovane che si sia mai giocata la partita del Colle nella storia della Repubblica. E allora vediamo le mosse di ognuno di loro.

Le ambiguità di Salvini

Da leader nazional-populista con sedicenti ambizioni di rompere gli schemi tra destra e sinistra, il leghista Salvini da un paio d’anni a questa parte si è ritrovato ad essere un liberal-populista (come già lo era stato Berlusconi), dovendo rincorrere a destra la Meloni che sopravanza. Da quando, in pieno Covid, è entrato nel governo di larghe intese presieduto da Mario Draghi ha assunto un atteggiamento molto ambiguo sia nei confronti della pandemia sia nei confronti del governo medesimo. Con questo atteggiamento non ha guadagnato al centro e ha perso a destra fino a farsi sorpassare nei sondaggi dal partito di Giorgia Meloni, se non altro più coerente nella sua linea politica.

Venendo ad oggi, nella partita del Colle, Salvini sembra muoversi su due versanti. Questa volta la sua ambiguità viene riversata sul centrodestra. Da un lato ha sostenuto ufficialmente la candidatura di Berlusconi, dall’altro negli ultimi giorni ha fatto sapere che le carte della Lega devono ancora essere scoperte. E in effetti oggi ha prima annunciato di voler coinvolgere Berlusconi nella scelta di un nome per il Colle (e quindi implicitamente ha escluso quello del presidente di Forza Italia) e poi ha incontrato Conte per cercare una soluzione condivisa. 

Letta in stand by

Democristiano di sinistra, Letta da lungo tempo, come tutto il Pd (sia quello post-democristiano sia quello post-comunista) ha abbracciato la corrente dem, allineandosi con l’impostazione delle più importanti sinistre occidentali a partire da quella americana. Richiamato circa un anno fa a sostituire il dimissionario Zingaretti alla segreteria, secondo D’Alema, ha avuto il merito di guarire il Pd dal virus del renzismo. Merito che ovviamente per Letta è irricevibile, non potendo ammettere che lo stesso fosse malato. 

Nella partita del Colle Letta ha da giocare i numeri del campo che comprende l’alleanza tra Pd e 5 Stelle. Punto fermo il contrasto alla candidatura di Berlusconi. Si è spinto a far sapere di apprezzare la figura di Amato. Non potendo dare le carte, aspetta. E vedremo se, davanti a una diversa e nuova proposta del centrodestra, Letta giocherà di sponda, oppure se, come sul Ddl Zan, deciderà di andare al muro contro muro. 

Meloni win-win?

Fratelli d’Italia è l’unico partito all’opposizione al governo Draghi. Giorgia Meloni rappresenta da sempre una tendenza nazional-conservatrice (o come preferirebbe dire patriottico-conservatrice). Nella partita del Quirinale però è anche colei che per prima si è detta disponibile a considerare la candidatura dell’attuale premier al Colle.

In effetti, se Draghi raggiungesse il Colle per la Meloni si aprirebbero due scenari entrambi abbastanza favorevoli. Il primo: elezioni anticipate. Sondaggi alla mano, la premierebbero portandola a circa il 20% dei consensi. Il secondo: nuovo governo di larghe intese fino alla fine naturale della legislatura nel 2023; in questo caso Meloni forse addirittura potrebbe aumentare il suo consenso. Unica leader d’opposizione, potrebbe cavalcare infatti ogni possibile passo falso di questo governo. Se nei giorni scorsi si era schierata in via ufficiale, come Salvini, per la candidatura di Berlusconi, oggi chiede si organizzi un vertice del centrodestra per scegliere un nome. 

Conte in affanno

In questo momento Conte è quello che sta peggio. È a capo dei 5 Stelle che sono divisi e non hanno una rotta precisa. Quando Conte è andato alla guida del governo gialloverde, il Movimento sembrava aver abbracciato la linea di fondo tesa a un populismo sovranista di tipo moderato; ma dopo la crisi di governo voluta da Salvini ha dovuto cambiare rotta alleandosi col Pd. Accanto ai suoi cavalli di battaglia (tra cui predominano un condivisibile ambientalismo e un discutibile giustizialismo) non ha comunque rinunciato del tutto al suo moderato sovranismo (infatti si deve a lui la rinuncia al Mes). 

Nella partita del Colle così Conte si può muovere con minor agibilità persino rispetto allo stesso Letta. Infatti dai 5 Stelle non è finora uscita nessuna proposta che non fosse un Mattarella bis. L’incontro di oggi con Salvini potrebbe però essere un punto di svolta. 

La regola del tre

Almeno tre di questi quattro giocatori della partita del Quirinale dovranno comunque trovare un accordo. Sia che si converga su Draghi sia che si punti su un’altra figura. E chi ne rimarrà fuori sarà fortemente penalizzato anche per il solo fatto di non aver partecipato alla scelta del prossimo presidente della Repubblica.

In particolare c’è il rischio di una spaccatura nel centrodestra tra Meloni e Salvini. Quest’ultimo, infatti, ha fatto sapere nei giorni scorsi che dopo l’elezione del capo dello Stato sarebbe auspicabile che leader politici entrino nel governo per rafforzarne l’azione. Una mano tesa a Conte e Letta e un avvertimento alla Meloni.

Sarà difficile, ma comunque ci pare auspicabile che i quattro leader trovino una soluzione condivisa. Un segnale di distensione che sarebbe molto utile anche per accogliere nel modo migliore il nuovo inquilino del Quirinale.

 

AIFA: il verbale dello scandalo non esiste! 10 mila dosi salvavita gratis rifiutate senza una parola

Condividi su:

Avevamo pubblicato, come la maggioranza di siti e media, la notizia rivelata per primo da Mario Giordano riguardante l’AIFA. Ora giunge lo scandalo prosegue… (n.d.r.)

Continua incredibile scandalo dell’AIFA, ora sotto inchiesta da parte della Corte dei Conti per non aver accettato 10 mila dosi di anticorpi monoclonali della Eli Lily GRATIS ad ottobre. “Scelta pubblica non ponderata” dice la corte contabile.

La scelta in questione, quella di rifiutare un farmaco che avrebbe potuto salvare migliaia di vite e che comunque è stato poi accettato, e pagato, a marzo 2021,  è stata presa il 29 ottobre 2020, e la Corte dei Conti chiede il verbale di quella riunione. Colpo di scena! IL VERBALE NON ESISTE! Non c’è, nessuno lo tiene, nessuno risponde. 

Fuori dal Coro: https://twitter.com/i/status/1448034263467692037

Un ente pubblico importantissimo perché prende decisioni che incidono direttamente sulla salute dei cittadini prende decisioni senza tenere nessun verbale delle riunioni, in barba a qualsiasi forma di regolarità. Che dirà il direttore Nicola Magrini, nominato in quella posizione dal governo Conte due (PD+M5S)? Chi lo sa, forse lo stesso che dice Arcuri per i banchi di scuola a rotelle che prendono fuoco (circa 100 mila banchi da distruggere) o per i milioni di mascherina non a norma.

Naturalmente, a parte la magistratura contabile, nessuno indaga, nessuno guarda sull’insieme di interessi fra case farmaceutiche e AIFA. Alla Eli Lily, che voleva donare questi farmaci essenziali, è stato semplicemente detto che “Non interessavano”. Nel frattempo gente è morta. Però in Italia il problema è il fascismo, ricordatevelo bene! Non i dirigenti intoccabili che fanno tutto quello che vogliono sulla pelle delle persone.

Fonte: https://scenarieconomici.it/aifa-il-verbale-dello-scandalo-non-esiste-10-mila-dosi-salvavita-gratis-rifiutate-senza/?utm_medium=push&utm_source=onesignal&utm_campaign=push_scenarieconomici

Bomba di Bisignani: “Vi svelo chi tiene prigioniero Draghi”

Condividi su:

L’OPINIONE

L’ “uomo che sussurrava ai potenti” non parla mai a caso. In questa intervista esprime delle opinioni piuttosto nette su Draghi e sulla salute del governo, con previsioni per la politica futura…(N.d.R.)

Intervista di Affaritaliani.it a Luigi Bisignani.

di Alberto Maggi

Ormai siamo quasi a fine settembre, l’estate è lontana e la politica è ripartita. Come valuta l’azione del governo Draghi?

“Certamente se lo paragoniamo al governo Conte che c’era prima siamo in una situazione idilliaca, l’esecutivo giallo-rosso è stato un vulnus per la democrazia”.

Detto ciò…

“Ormai sono passati mesi e sinceramente da Draghi ci si aspettava di più, soprattutto sul piano del coordinamento tra i ministeri e sul fronte del rapporto tra Palazzo Chigi e i ministri. Il grande prestigio del presidente del Consiglio ha annullato la collegialità del governo”.

Un giudizio pesante…

“La campagna vaccinale non sta andando come si sperava, sul tanto sbandierato Recovery Plan vediamo come i soldi non sono ancora arrivati. E ricordo che stiamo per entrare nel 2022 ed entro il 2026 le opere vanno concluse, ma nessuna è ancora partita”.

Non siamo messi bene, insomma…

“Un ministero chiave come quello delle Infrastrutture è in mano a professori universitari di grande prestigio vicini al ministro Giovannini che non è né un politico né un super-tecnico. Di fatto è un ministero bloccato”.

Altri nodi nel governo?

“Un comparto fondamentale come la digitalizzazione del Paese è fermo al ‘caro amico’, il ministro Colao continua a fare contratti a giovani volenterosi che in gran parte provengono dalla Vodafone. E questo oggettivamente crea un problema. Il piano digitale per le scuole non è nemmeno partito con la digitalizzazione del Paese ferma”.

E Palazzo Chigi?

“Il pallino è totalmente nelle mani del professor Giavazzi, che è un grande editorialista ma di amministrazione pubblica sa poco o niente. E questo paralizza la macchina della presidenza del Consiglio”.

Un voto a Draghi premier dopo 7 mesi di governo?

“Partiva da 110 e lode, oggi si merita un 68-70, diciamo che sicuramente ci si aspettava di più. In politica estera ha avuto un grande prestigio fino a quando si parlava di economia, ma ora che si comincia a fare sul serio emergono i limiti di Draghi. Clamorosa la gaffe della sua portavoce quando ha detto che dopo cinque giorni il presidente Draghi avrebbe avuto una videocall con il cinese Xi. Un errore di comunicazione e di sostanza da matita blu. Il presidente del Consiglio italiano non sta in lista d’attesa e la notizia va fatta uscire quando la conversazione è già avvenuta”.

Che cosa succede nella Lega? E’ davvero in atto una guerra interna?

“L’atteggiamento di Salvini ha creato contro-leader interni a loro insaputa, ma Zaia, Fedriga e soprattutto Giorgetti non hanno alcuna intenzione di scalzare Salvini e di fare il segretario. E’ solo una follia giornalista alimentata dal comportamento e dalle scelte politiche di Salvini”.

E il Pd?

“Letta si sta dimostrando totalmente inadeguato e Base Riformista, la corrente di Guerini, Lotti e Margiotta, sta vincendo tutti i congressi. La base Dem non si identifica più in Letta e Orlando”.

Il Centrodestra va verso una sonora sconfitta alle Amministrative?

“Suicidio assoluto, potevano essere stravincenti a Roma e Milano e invece stanno facendo la conta continuando con divisioni ridicole”.

Si avvicina anche il voto per il Quirinale…

“Escludo l’ipotesi Draghi, è troppo intelligente e sa perfettamente che 60-70 grillini lo impallinerebbero per la paura di andare al voto, non potendo garantire loro che non scioglierà le Camere. Su Mattarella vedo un attivismo che non c’è mai stato prima, come la visita al Papa in anticipo, cosa che non si fa. Ha iniziato a dire ‘non voglio, non ci sto’ (al bis, ndr) ma l’ipotesi di una rielezione di Mattarella è sempre più probabile. Magari questa possibilità non cresce in Mattarella stesso, ma certamente nell’uomo forte del Quirinale, il segretario generale Zampetti, che non ha alcuna intenzione di andare ai giardinetti”.

Draghi premier anche dopo le elezioni politiche?

“Mah, secondo me pensa a un grande incarico europeo e in particolare alla poltrona di Von der Leyen. Visto il disastro di questa Europa e dei leader europei, Draghi ha tutte le carte in regola per fare benissimo”.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/bomba-di-bisignani-vi-svelo-chi-tiene-prigioniero-draghi/

 

Recovery plan: i 142 pasticci di Conte

Condividi su:

di Andrea Bollino

Sembra di rivedere il personaggio del Manzoni che diceva “Adelante Pedro con judicio”, ricordate quando ce lo spiegavano i professori: vai avanti però non troppo veloce perché non si sa mai. Ecco, se c’è un’idea di un’Italia che non deve correre, che deve essere impastoiata nelle prebende dell’assistenzialismo spicciolo, questa è l’immagine che viene fuori dall’ultimo piano del Recovery fund. Ci sono 142 microprogrammi che poi devono essere declinati in ulteriori rivoli. Quindi praticamente una pioggerellina, neanche una pioggia, ma una pioggerellina tardo autunnale veramente fastidiosa e niente che possa far riprendere l’Italia. Ecco alcune chicche.

Se parliamo di riforma della giustizia, il programma prevede interventi per ridurre il carico di lavoro che grava su ogni singolo magistrato, quasi come se fosse un lavoro usurante da metalmeccanico. Mettiamo la pressa per sostituire la fatica di utilizzare il martello.

Se parliamo di cultura per i nostri giovani, al capitolo dedicato al contrasto dell’abbandono scolastico viene dedicata la bella cifra di 90 milioni di euro. È un mistero come si si possa contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico, di migliaia di giovani emarginati nelle periferie, senza collegamento al computer, con la farsa della didattica a distanza con quattro spiccioli. Magari saranno utilizzati per organizzare lezioni di recupero?

Se parliamo di risistemazione delle infrastrutture, ecco che parliamo di “messa in sicurezza delle strade con progetti digitali”. Quindi non riempiamo le buche nell’asfalto delle nostre strade, casomai l’asfalto fosse troppo inquinante, ma facciamo collegamenti informatici in maniera tale che l’assessore di turno possa avere un sms in tempo reale quando cade il ponte. Magari, così, non deve aspettare la notizia portata dalla protezione civile Continua a leggere

1 2 3 4 6