Crimini di guerra occultati: la strage di Gorla

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Segnalazione del Centro Studi Federici

La maledetta guerra e la strage di Gorla
 
Quonset. Una specie di capanna prefabbricata in lamiera ondulata, protagonista di ogni campo militare alleato, dalla Tunisia alla Normandia, dalle Ardenne al Pacifico. È in uno di questi Quonset, uguali ad altre migliaia e migliaia, che è stata installata la sala riunioni della 451esima squadriglia bombardieri dell’USAF, 15a Air Force, nella base di Castelluccio dei Sauri, vicino a Foggia, in Puglia.
 
Pochi tavolacci  di legno grezzo, un po’ di seggiole, una grande lavagna. Tutto qui.
Il pomeriggio del 19 ottobre 1944 il colonnello sale sulla pedana e guarda gli uomini davanti a lui: un gruppo di ufficiali che chiacchierano a bassa voce annebbiando la luce, già fioca dentro il quonset, col fumo delle loro Lucky Strike. Sono i comandanti degli aerei della sua squadriglia: i B-24 della 451esima. Insieme a lui, ne hanno già viste tante. Sono ormai dei veterani.
 
Ehm!!
 
Il colonnello si schiarisce la voce, un modo discreto per richiamare l’attenzione.
Il brusio si interrompe. Adesso tutti gli sguardi e l’attenzione degli ufficiali riuniti nella sala sono sul loro comandante.
 
Il colonnello James B. Knapp. Alto, magro, quasi segaligno, coi suoi capelli biondi e l’aspetto giovanile, nonostante il grado elevato che spicca sulle sue spalline. Il fatto è che il colonnello Knapp ha accumulato un gran numero di missioni e di ore di volo e ha fatto carriera alla svelta.
 
Buongiorno a tutti – esordisce il colonnello – domani è giorno di missione. Il nostro compito è il solito: decollare, sorbirci qualche ora di volo, arrivare sull’obiettivo, sganciare il nostro carico e, se Dio vuole, tornare tutti quanti a casa con le ossa intere.
 
Bene. L’obiettivo di domani sono le fabbriche della grande città del nord Italia: Milano. 
I nostro amici inglesi, fra una birra tiepida e l’altra, hanno scoperto che le fabbriche a nord di Milano sono ancora operative e possiamo immaginare cosa stanno costruendo: mitragliatrici e cannoni. E quando i nostri ragazzi della fanteria supereranno la linea gotica – perché ormai è una questione di quando, non di se – noi non vogliamo che quelle armi siano puntate contro di loro vero?
Il nostro compito è andare là, domattina, e dare la sveglia a suon di bombe a quelle fabbriche.
Allora, decollo alle 0800 ora locale, volo sopra l’Adriatico e ingresso a nord di Ferrara, qui – il colonnello indica un punto sulla mappa affissa sopra la lavagna.
Poi, proseguiamo, rotta 330 verso nord – nord ovest. Attenti, passeremo a circa 30 miglia a nord di Milano, al confine con la Svizzera, quindi state belli chiusi in formazione, perché se vi perdete vi trovate a mungere qualche mucca in territorio neutrale. Tutto chiaro fin qui?
Allora – prosegue il colonnello –  larga conversione verso Sud e poi altra virata, per entrare sopra Milano da Ovest.
Punto di riferimento a 2,5 miglia dall’obiettivo. Al mio segnale, vireremo di 22° a sinistra e ci troveremo proprio sopra le fabbriche.
Voleremo a un’altezza di 8.000 metri e attaccheremo in due ondate da quella quota. Non voglio avere noie dalla contraerea.
La prima ondata sarà formata da diciotto aerei in tre formazioni a diamante, cinque aerei a V il sesto che chiude.
Gli altri diciotto seguono i primi. Tutto chiaro?
 
Signore! Sissignore
 
Tutto chiaro?!? Signore!! Sissignore!
 
A domani, fatevi una birra, giocate a carte, scrivete a mogli e fidanzate, ma domani voglio vedervi su quella pista freschi e riposati come delle rose. Intesi?
 
La mattina dopo, gli uomini corrono sulla pista e raggiungono i loro bombardieri B-24.
Il B-24: più che un aereo, sembra il vagone di un treno merci a cui siano spuntate due esili ali con quattro grossi motori.
Non è un aereo elegante il B-24. Del resto non è nato per fare cose eleganti. Il B-24 è stato progettato per volare ad alta quota per qualche centinaio di chilometri, rovesciare sul bersaglio qualche tonnellata di bombe e tornare a casa intero, magari sforacchiato, ma intero.
Una dopo l’altra, le eliche dei motori Pratt &Whitney ciascuno da 1.200 cavalli, cominciano a girare, raggiungendo il numero massimo di giri con un rombo assordante.
Gli aerei cominciano a rullare, mentre gli uomini a bordo verificano le apparecchiature e i cannonieri scarrellano le Browning calibro .50 che difenderanno l’aereo se dovesse apparire qualche caccia tedesco.
Gli aerei si allineano sulla pista e decollano in fila, i primi a partire cominciano a volare in cerchio sopra Castelluccio, attendendo i compagni. Quando tutti sono in volo, si mettono in formazione e fanno rotta verso nord.
 
Milano, quartiere Gorla scuola Francesco Crispi, ore 8.00
 
Gli ultimi bambini corrono prima che suoni la campanella di inizio delle lezioni. Sulla porta c’è il bidello ad attenderli, pronto a fare una ramanzina ai ritardatari.
I genitori salutano i bambini con un bacio in fronte. Ci sono dei padri in bicicletta, in tuta blu e con la schiscetta a tracolla, che lasciano i figli per poi pedalare fino in fabbrica, in una delle tante officine della zona.
Ci sono le mamme, con le lunghe gonne grigie, che tornano a casa a piedi per iniziare anche loro la lunga giornata. La passeranno cucinando, facendo lavoretti di sartoria, o mille altre attività di sussistenza, come ormai accade da quasi quattro anni.
Una radio diffonde una canzone, di quelle che piacciono a Salò: “Le donne non ci vogliono più bene, perché portiamo la camicia nera…”
E certo, le donne vorrebbero ancora voler bene, ma troppi mariti, fidanzati, padri e fratelli se ne sono andati per non tornare più: Nikolaevka, Capo Matapan, Tobruk, El Alamein…tanti, troppi nomi per altrettanti funerali.
Pochi minuti dopo i bambini sono in classe. Alzabandiera al canto di “Giovinezza” e inizio delle lezioni.
 
Ore 11 circa, da qualche parte a ovest di Milano
 
La prima ondata di bombardieri raggiunge il punto di riferimento. È ora di innescare le bombe. Ma qualcosa non va. Anziché innescarsi e basta, le bombe vengono sganciate senza preavviso. Per fortuna cadono in campagna e non fanno danni. La missione è già fallita a metà.
Ma il peggio deve ancora arrivare.
La seconda ondata raggiunge il punto di riferimento.
Il colonnello Knapp prende la parola:
 
A tutti gli aerei, a tutti gli aerei, ci siamo ragazzi, rotta 22° a sinistra.
 
Il radiotelegrafista trasmette a tutti gli aerei le coordinate della virata ma, anche qui, succede qualcosa di imprevisto.
Forse per un errore di trascrizione, tutti gli aerei virano all’unisono di 22°, ma a dritta, e assumono la formazione di attacco.
Intanto gli ufficiali di tiro hanno armato le bombe.
 
Eh!! Dannazione! Che cosa state facendo?!? Siamo fuori rotta così!! Ufficiale di rotta, dammi un nuovo punto di allineamento!
 
E che ne so colonnello! Qui sotto non ci sono punti conosciuti, mica siamo alla stazione della metro di Broadway qui!! Non ce la facciamo a riallinearci sul bersaglio.
 
Ok, allora sganciamo alla svelta e leviamoci di qui! L’ultima cosa che voglio è svolazzare sul territorio nemico con diciotto bombardieri. Andiamocene prima che arrivino tutti i caccia di zio Adolf a mitragliarci il culo!
 
Signore!! Qui è l’ufficiale di tiro!!! Non possiamo sganciare qui!! Là sotto è pieno di case e di strade, c’è pure il tram!! Se non sapessi di essere in Italia potrei dire di essere sopra casa mia a S. Francisco!!!
 
Poche storie! Ho detto di sganciare!!! Io non ci penso proprio a sciropparmi qualche ora di volo con una valanga di tritolo innescato sotto al culo!!! Io ai miei uomini non faccio correre rischi inutili!!!
 
Ma signore, facciamo un macello!!! Aspettiamo e buttiamo le fottute bombe in mare!!!
 
No! Dannazione!! Qui ci sono i miei uomini, sui miei aerei, e non li faccio andare in giro per l’italia seduti su una bomba con la miccia accesa. Ho detto sganciare!!! è un ordine!!!!
 
I portelloni di lancio dei B-24 si aprono, come petali di fiori mortali e una miriade di puntini neri si liberano nell’aria, come uno sciame di insetti velenosi e inferociti.
Sono le 11,26, le bombe, da 220 kg, dieci per ogni aereo, per un totale di 180 bombe, impiegano 180 secondi per raggiungere il bersaglio.
Sono le 11.29 del 20 ottobre 1944. quaranta tonnellate di bombe cadono sul quartiere milanese di Gorla, e sulla scuola Francesco Crispi.
 
Gorla, ore 11,29
 
Intanto, il primo allarme antiaereo era già stato dato alle 11,14 e i bambini erano già usciti dalle aule, con gli insegnanti che li disponevano in fila, per imboccare le scale e scendere nel rifugio.
Ma dieci minuti sono troppo pochi per fare in modo che tutti raggiungano il rifugio.
Mentre tantissimi bambini sono ancora sulle scale, una bomba cade sulla scuola, sfonda il tetto, si infila proprio nella tromba delle scale ed esplode.
Le scale crollano, chi non è morto dilaniato dall’esplosione cade nel vuoto per alcuni piani, per poi essere sepolto dalle macerie.
Intanto, tutt’intorno è un inferno di esplosioni, urla, polvere e sangue.
Quei genitori, che avevano amorevolmente accompagnato i loro figli la mattina, salutandoli con un bacio e una carezza, accorrono verso quella pira di macerie fumanti e roventi. La fiducia, timida, che avevano di vedere la guerra finire presto, si trasforma in disperazione, mentre scavano con le mani, le lacrime che si mischiano alla polvere, per estrarre dalle macerie quei corpi martoriati.
Alla fine di quella orribile giornata, si conteranno 184 piccoli cadaveri. Sono i Piccoli Martiri di Gorla. Con loro sono morti anche quattordici insegnanti, la preside della scuola e quattro bidelli.
In tutto il quartiere di Gorla, il tragico errore della 451esima squadriglia bombardieri porterà un bilancio di più di 600 vittime.
Knapp non avrà alcuna conseguenza per la sua decisione. Verrà solo criticato per la goffaggine nella conduzione delle missione che ne decretò il sostanziale fallimento, senza tuttavia impedirgli di ottenere, dopo la guerra, le stellette di generale.
 
E a Milano, ancora una volta, come spesso nella storia, a pagare per gli errori degli uomini furono i più deboli e indifesi.
Dopo la guerra, furono sempre i cittadini di Gorla ad erigere, con l’acciaio della Falck e il marmo donato dalla Rinascente, il sacrario che ancora oggi conserva i resti dei bambini periti nella tragedia. Il monumento sorge in quella che, da allora, è stata chiamata la piazza dei Piccoli Martiri, lambita dalle acque e dal verde della Martesana, che, ci piace pensare, dona a quei poveri bambini un po’ di quella pace che non trovarono nella loro troppo breve esistenza terrena.
 
Marco Lombardi (giornalista e scrittore)
 
 
 
Sacrario di Gorla: le tombe delle vittime (in foto)

L’alba di un nuovo Medio Oriente

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Segnalazione di Redazione Il Faro sul Mondo

di Salvo Ardizzone

Il radicale ribaltamento della situazione in Medio Oriente, già in corso da tempo e reso più celere dall’accordo sul nucleare iraniano, ha subito una nuova brusca accelerazione con la scesa in campo della Russia. Per comprendere la portata di eventi destinati a ridisegnare tutta l’area, ed avere ripercussioni globali, occorre fare un passo indietro alle radici degli equilibri di forza che hanno cristallizzato per un tempo lunghissimo quel quadrante a beneficio, più che di Stati, di centri di potere che ne hanno tratto utili immensi.

Il legame stretto che ha unito le enormi riserve energetiche del Golfo alle Major Usa del petrolio, ha determinato un interesse primario delle Amministrazioni che si sono succedute a Washington a tutelare quei petrostati, e più d’ogni altro l’Arabia Saudita. Un legame antico, reso “speciale” dai colossali interessi che ha coinvolto, creatosi oltre sessant’anni fa.

Allora, dopo aver espulso la tradizionale influenza inglese, tutta l’area era sotto il controllo Usa, che con un colpo di Stato, nel ’53, si erano liberati dallo scomodo primo ministro iraniano Mossadeq, reinsediando Reza Pahalavi e facendone il proprio gendarme nel Golfo.

Sembrava una situazione destinata a durare in eterno, ma la Rivoluzione Islamica del ’79 segnò la rottura di quegli equilibri consolidati, segnando la nascita di un forte polo di resistenza all’imperialismo Usa e di contrapposizione alla corrotta dinastia saudita.

Aggressioni in Medio Oriente

Gli eventi che nei decenni successivi si sono succeduti (l’aggressione dell’Iraq all’Iran, la prima e la seconda guerra del Golfo solo per rimanere ai più eclatanti), sono tutti figli del tentativo di mantenere l’assoggettamento dell’area da parte di Washington e Riyadh, eliminando l’unico vero ostacolo, appunto la Rivoluzione Islamica. E quando tutti sono falliti, si è pensato di colpirla con le sanzioni, per indebolirla e isolarla.

Ma la Storia non rimane ferma e le situazioni maturano: l’Amministrazione Obama, portatrice di interessi diversi da quelli dei centri di potere che sostenevano le precedenti, s’è mostrata assai meno incline ad assecondare Riyadh e le lobby ad essa legate. Per il Presidente americano il Medio Oriente era un pantano da cui gli Usa avevano ben poco da guadagnare e già nella campagna elettorale del 2007 si era dato l’obiettivo di districarsi da Iraq e Afghanistan.

Era ed è più che mai convinto che le sorti di potenza globale per gli Usa si decidano nel Pacifico, nella contrapposizione con la Cina. Praticamente una bestemmia per Riyadh, che ha visto nel progressivo allontanamento di Washington e nell’attenuarsi del suo ombrello protettivo un pericolo mortale, in questo pienamente accomunata da Tel Aviv.

Di qui le contromisure: scalzare Governi scomodi o comunque non allineati sostituendoli con altri manovrabili e spezzare quell’area di naturale collaborazione che si stava consolidando dall’Iran al Libano, attraverso Iraq e Siria. Ecco nascere il fenomeno delle “Primavere”, subito cavalcate e indirizzate; di qui il fiorire di conflitti per procura in quelle aree, sia per destabilizzare Stati considerati ostili o comunque non “amici”, che per suscitare zone di crisi in cui invischiare gli Usa impedendone il disimpegno.

Avvento delle Primavere

Ma le cose non sono andate così; dopo anni durissimi (ormai sta scorrendo il quinto), malgrado tutti gli sforzi per sviarla, la Storia ha continuato la sua strada. A parte il destino delle “Primavere”, che meritano un discorso tutto a parte, gli Stati sotto attacco non sono affatto caduti. Inoltre, presa in un pantano irrisolvibile e con in testa altre priorità, l’Amministrazione di Washington s’è mostrata sempre più svogliata nel sostenere il gioco via via più pesante dei suoi storici “alleati” locali: Arabia Saudita, appunto, ma anche Israele.

Quest’ultimo, con cieca arroganza e totale ottusità politica, non ha mancato occasione per scontrarsi con Obama (che, gli piacesse o no, era alla guida del suo tradizionale protettore d’oltre Atlantico) e compattare i suoi nemici, moltiplicando le provocazioni, le aggressioni, i crimini. Un insperato e stupefacente capolavoro politico per i suoi avversari.

È in questo clima che è maturato e ha preso il via l’accordo sul nucleare iraniano, evento di rilevanza storica perché infrange il muro dietro cui si voleva isolare Teheran, e per questo fino all’ultimo avversato invano da sauditi e israeliani.

L’accordo fortemente voluto da Washington non deve stupire. In esso non c’è nessuna resipiscenza per 40 anni di aggressioni ed ingiustizie, quanto il calcolo che l’Iran è indispensabile per la stabilizzazione del Medio Oriente, evitando il completo ed irreversibile collasso delle aree di crisi, come auspicato dagli “alleati” (Turchia, Arabia Saudita ed Israele), che le hanno create per spartirsene le spoglie. Nell’ottica dell’Amministrazione Obama, rinunciato ad un’egemonia Usa sulla regione (ormai impossibile), voleva però impedire che un’unica altra potenza la controlli.

Il disegno Usa in Medio Oriente

Da questo disegno discende tutta l’ambiguità e la contraddizione dell’operato Usa, soprattutto nei confronti dell’Isis, creato a tavolino per destabilizzare l’area e poi ingigantitosi e sfuggito al controllo. Washington sa bene che, spazzato via quel “nemico” tutt’altro che irresistibile (malgrado l’immagine che continuano a darne i media), si otterrebbe la stabilizzazione dell’Iraq ed a seguire della Siria; ma in questo modo si favorirebbe l’unità di un’area di collaborazione da Iran a Libano cementata ora da anni di lotte comuni; proprio quella che, quand’era ancora in embrione, è stata il bersaglio della destabilizzazione del Golfo.

Ed ecco la ridicola attività simbolica della coalizione internazionale a guida Usa che dovrebbe combatterlo, una forza che a volerlo avrebbe potuto incenerirlo in poche settimane, e che da più d’un anno fa poco o nulla. Di qui le resistenze a fornire ciò che serve all’Iraq per difendersi e il malumore nel constatare che quello Stato, un tempo un semplice vassallo, comincia a far da sé con gli aiuti (veri) di Teheran e di Mosca.

Ed ecco tutte le contraddittorie ambiguità sulla Siria, che è e resta il nodo dei problemi in Medio Oriente. In quel pantano sanguinoso, nella distorta logica avvalorata dai media, s’è giunti al paradosso di voler distinguere fra i tagliagole dell’Isis, cattivi perché sfuggiti al controllo di chi li manovrava, e quelli di Al-Nusra, ufficialmente affiliati ad Al-Qaeda ma “buoni” perché controllati da Riyadh. Secondo questa logica distorta, che Arabia Saudita, Turchia e Qatar, col pieno avallo e appoggio degli Usa, armino, finanzino ed aiutino in ogni modo bande di assassini ufficialmente prezzolati, perché destabilizzino uno Stato sovrano per poi spartirlo, sarebbe lecito quanto giusto.

Inserimento della Russia

Il fatto è che la posizione ambigua tenuta da Washington ha generato un colossale vuoto di potere, ed in quel vuoto s’è inserita la Russia, che è una storica alleata della Siria e di interessi in Medio Oriente ne ha eccome. La base navale di Tartus, i nuovi legami con l’Iran, il ruolo nella ricostruzione dell’area che diverrà il terminale della Via della Seta cinese, sono solo alcuni. Poi la possibilità di avere carte in mano da scambiare con Washington nell’altra area di crisi che a Mosca sta a cuore: l’Ucraina. Un intervento che ha sparigliato le carte, suscitando le inviperire reazioni di chi ha visto il proprio gioco irrimediabilmente compromesso, perché, in nome di un ulteriore paradosso sostenuto da tanti osservatori interessati, il fatto che un Governo legittimo sotto attacco chieda sostegno ad un alleato farebbe scandalo, quello che non c’è ad armare i terroristi che lo attaccano.

Sia come sia Putin ha rotto gli indugi e sta dando l’assistenza chiesta da Damasco. In buona sostanza sta fornendo cospicui aiuti militari e con l’aviazione sta colpendo le bande di assassini senza fare quelle distinzioni comprensibili solo alla luce degli interessi di chi la Siria voleva distruggerla per poi spartirsela.

L’intervento ha dato una fortissima accelerazione alla risoluzione delle crisi (peraltro già avviata); malgrado le strenue proteste dei sauditi e degli Stati nel loro libro paga (Francia in testa), non passerà molto che le famigerate bande del “califfo” verranno distrutte e con loro gli altri tagliagole che infestano Siria ed Iraq.

La completa sconfitta Usa

Anche Washington ha protestato con forza, ma nella realtà l’intervento di Putin ali Usa sta bene. Il Medio Oriente era già perduto per gli Usa e neanche considerato più prioritario; così i tempi sono stati solo accelerati. E piuttosto che esserne completamente esclusa, a Washington fa comodo che al centro ci sia la Russia, con cui ha molto da scambiare per la soluzione del problema ucraino e per le sanzioni inferte per la Crimea.

Per Riyadh è il crollo totale del disegno di mantenere potere e privilegi come sempre, in cui tanto aveva investito. È l’ennesimo fallimento che s’aggiunge a una pericolosa crisi finanziaria ed alla sciagurata aggressione allo Yemen, che si sta trasformando in un disastro; insieme potrebbero minare le stesse fondamenta del Regno.

La Turchia, frustrata nei sogni megalomani di Erdogan e con una guerra civile ritrovata con il Pkk che rischia di internazionalizzarsi, coinvolgendo le altre formazioni curde.

Israele è completamente solo, attorniato da nemici che lui stesso ha compattato; adesso può attendere solamente che la soluzione delle crisi che ha contribuito largamente ad attizzare indirizzi su di lui tutte le forze della Resistenza.

È un Medio Oriente allargato assai diverso che sta emergendo rapidamente. Un’area finalmente liberata da antichi imperialismi oppressivi: quello Usa, quello sionista e quello del Golfo. Un’area che dopo anni e anni di lotte sta conquistando il suo autonomo cammino di sviluppo.

In tutto questo spicca la totale assenza dell’Europa, che pure tanti interessi avrebbe ad essere presente, anche solo politicamente. L’ennesima dimostrazione d’inconsistenza, di pochezza e d’inutilità, di Istituzioni tali solo sulla carta. È l’ennesima manifestazione di totale sudditanza di Stati privi di sovranità o, più semplicemente, di una politica che non sia miope egoismo o totale asservimento.

Fonte: https://ilfarosulmondo.it/lalba-di-un-nuovo-medio-oriente/

La prima vittima del liberalismo è l’essere umano

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di Karine Bechet Golovko

Fonte: controinformazione

Mentre viviamo in una follia totalitaria globale sullo sfondo di un acuto sanitarismo, ci sono ancora menti annebbiate per continuare a combattere contro il fantasma del comunismo e invocare come mantra tutti i “suoi” crimini. Com’è più comodo lottare contro ciò che non è più, riscriverlo a piacimento, nascondersi da ciò che è! E se spazziamo davanti alla nostra porta? E se parlassimo dei crimini del liberalismo?
Se osassimo guardare in faccia questo mostro che ha partorito, che sta crescendo davanti ai nostri occhi attoniti? Perché questa dittatura globale e disumana è l’essenza del liberalismo.

Mentre in Francia, paese dei diritti umani e di Cartesio, troviamo sempre più politici che chiedono la generalizzazione della tessera sanitaria, cioè la generalizzazione della segregazione sociale; mentre in Russia, paese che è stato distrutto non molto tempo fa in nome del liberalismo e del sacrosanto diritto di andare da McDonald’s, si vaccina a pieno regime, bloccando l’accesso agli ospedali ai non vaccinati e volendo estendere la sorveglianza totale del QR Codice; mentre il nostro mondo è diventato un grande spazio di sperimentazione su popolazioni messe in stato di torpore, una prigione digitale, dove vengono monitorati gli spostamenti di miliardi di individui, nessuno, dico nessuno, vuole interrogarsi sul legame di causa ed effetto tra l’ideologia liberale consegnata a se stessa come preminente e questa distopia globale in cui viviamo.

Com’è comoda questa cecità morale e intellettuale! Continuiamo improvvisamente a fare grandi dichiarazioni che non costano nulla per gridare i “milioni di vittime” del comunismo, se una fonte è necessaria, resta Wikipedia, la nuova biblioteca-palinsesto del mondo globale. Che questo regime fosse restrittivo, che fosse disumano… che oggi siamo felici, quindi. Parliamo d’altro, soprattutto per non parlare di noi stessi.

Siamo felici di non fare domande. Che dire di tutti questi paesi destabilizzati in nome della democrazia – per l’uso delle risorse naturali? Che dire dell’offshoring, dove è possibile lavorare senza vincoli sociali? Che dire di tutte queste guerre, rivoluzioni, colpi di stato contro leader che non sono sufficientemente compiacenti? Quante società distrutte, famiglie distrutte, vite distrutte a causa di questi stupri democratici? Quanti “milioni”?

Se fermiamo la fantasmagorica statistica dei “milioni”, la morte ingiusta di un solo uomo essendo una tragedia perché ogni scomparsa porta con sé una parte di umanità, diventa urgente interrogarsi sulle matrici di queste due visioni del mondo, comunismo e liberalismo. Sto parlando della loro realizzazione, perché in teoria tutte le ideologie sono meravigliose, altrimenti la gente non ci crederebbe.

L’errore più grande del comunismo è stato scommettere sulla capacità dell’uomo di evolversi, di sforzarsi, di migliorarsi – generalizzazione dell’insegnamento, salto scientifico, buon industriale… Ma tutto ciò richiede sforzi e di fronte si presenta Cannes e la Croisette , le sfilate, il piccolo caffè con terrazza a Parigi, il jazz a New York. E dimentica che sta anche facendo festa, che ha amici, vacanze, un lavoro. Non vede cosa si nasconde dietro il velo – queste persone che, come lui, lavorano, che non hanno tutti i soldi per andare all’estero anche se ne hanno il diritto, tutti questi prodotti nei negozi che si differenziano principalmente per etichette a colori, tutto un mondo reale che non viene proposto.

Dal canto suo, le società liberali, tinte di sociale fin da quando è esistito il comunismo, hanno scommesso sulla debolezza dell’uomo, sulla sua naturale tendenza all’agio, sul suo egocentrismo, sul suo materialismo. E hanno vinto. Il liberalismo fu poi ridotto al materialismo, la libertà al possesso. L’uomo ha perso la sua complessità e la sua ricchezza per diventare nient’altro che un individuo, ciascuno credendosi non solo il centro del suo mondo, ma il centro del mondo che può afferrare solo attraverso il suo ombelico – un mondo a misura.

Con la caduta del comunismo, gli equilibri di potere furono sconvolti e l’orgia fu totale. Vediamo il risultato. Gli esseri viventi sono stati ridotti alle loro funzioni più basse: consumare, produrre, riprodursi, distruggersi. Il declino dell’istruzione ha permesso di ottenere l’accettazione per un mondo così primario. Insensati e aggrappati ai loro schermi, gli esseri viventi non sono altro che ammassi di cellule, più o meno produttive, con qualche scatto più disordinato.
La vita ridotta alla sua concezione biologica permette l’affermazione di una dittatura utilizzando l’argomento della salute.

Parteciparvi è un atto di patriottismo, rifiutarlo sarà presto considerato terrorismo. Come ha detto Biden , siate patrioti, vaccinatevi!

“ Fallo ora per te e per i tuoi cari, per il tuo quartiere, per il tuo paese. Può sembrare banale, ma è una cosa patriottica da fare ”.

E gli esseri umani sono pronti a farsi vaccinare per qualsiasi motivo diverso dalla salute – soprattutto per essere lasciati soli, ma anche per andare in vacanza, per andare al ristorante, per andare a teatro, per prendere i mezzi pubblici, per poter continuare a lavorare . Insomma, per far parte di questo nuovo mondo, che non vuole lasciare spazio all’uomo.

Perché il vaccino permette il QR Code o il social pass e il QR Code o il social pass è una fonte di informazioni, le cui chiavi sono negli Stati Uniti come per qualsiasi database e sembra che nel nostro mondo l’informazione sia potere . Quindi, comprendiamo meglio il patriottismo. Negli USA. Lo capiamo meno in Francia o in Russia, ma essendo il progetto globale…

Anche se questo emerge da una fantasmagoria ben descritta durante l’ultima Davos, i leader sono sempre stati inclini a queste derive di un governo totale e liberati dalla costrizione del popolo. Solo gli uomini possono fermarli. Ma dove sono gli uomini? Questo è ciò che mi preoccupa molto di più delle attuali delusioni.

Fonte: Russie Politics Blogspot

Traduzione: Luciano Lago

Con Rosso Istria il regista argentino Bruno rompe il silenzio sulle foibe

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Dopo essere stato presentato alla Sala Nassirya del Senato il film Red Land Rosso Istria, che rievoca attraverso il martirio di Norma Cossetto le atroci ed inaudite violenze subite dalle popolazioni dell’ Istria dopo l’armistizio del 1943 approda in poche sale cinematografiche dello stivale. A Napoli, terza città d’Italia ancora nessun cinema o multi sala ha deciso di offrire la visone di questo film a pubblico, che non è possibile ancora vedere, in molte città del Nord, del centro e del Sud, del paese come mi segnalano diversi lettori del blog. Anche il sottoscritto, ancora non è riuscito a vedere il film. Per questo motivo ho chiesto alla collega Roberta Di Casimirro una recensione del film, che vi propongo volentieri. Continua a leggere

Rassegna stampa a cura del C.S. Federici

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Immagine correlataSegnalazione del Centro Studi Federici

Iniziamo con una buona notizia
(26/3/2018) Mosul (Agenzia Fides) – Sono più di quattromila le famiglie di profughi cristiani ritornati a Mosul e nella Provincia di Ninive negli ultimi mesi, dopo che lo scorso 9 dicembre il Presidente iracheno Haider al Abadi aveva proclamato la sconfitta su tutto il territorio nazionale dei jihadisti dell’auto-proclamato Stato Islamico (Daesh). Lo ha dichiarato domenica 25 marzo Nawfal Hammadi, governatore della Provincia di Ninive. Hammadi ha anche specificato che la maggior parte di esse avevano trovato rifugio nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, dopo che – tra il giugno e l’agosto 2014 – la conquista della regione da parte dei jihadisti di Daesh aveva aveva spinto i cristiani a fuggire dalle proprie case. Secondo Hammadi – che ha rilasciato le sue dichiarazioni a Press TV, la rete televisiva in lingua inglese legata all’Iran – il flusso di rientro dei profughi cristiani alle proprie case è destinato a riprendere con intensità quando si concluderà l’anno scolastico e accademico in corso.

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