Grande successo a Verona per la presentazione del libro “Patria e Identità” con G. Amato, A. Sartori e M. Castagna

Condividi su:

NOTIZIA FORNITA ANCHE DA TELENUOVO IL 3/11/2022: https://tgverona.telenuovo.it/attualita/2022/11/03/patria-ed-identita-presentazione-del-libro-a-villa-delser-manor-house E CONFERENZA TRASMESSA IN DIRETTA SU MONDOETICO.TV (https://twitch.tv/mondoeticotv ) E SUI PROFILI FACEBOOK DEL CIRCOLO CHRISTUS REX-TRADITIO E GIANFRANCO AMATO FAN PAGE. GRANDE SUCCESSO DI PUBBLICO E ALTO LIVELLO DEGLI INTERVENTI. Gli autori sono disponibili a presentare il libro su invito, scrivendo a c.r.traditio@gmail.com

SI STANNO CARICANDO GLI INTERVENTI SU YOUTUBE. INTANTO, IL PRIMO STRALCIO:

LA LIBERTA’ DI EDUCARE di Gianfranco AMATOhttps://m.youtube.com/watch?v=Vav2Cb2kocc&t=1s

Matteo Castagna: Ad Jesum per Mariam! La miglior formula per gli auguri di una Santa Festa dell’Immacolata: https://www.youtube.com/watch?v=SUZrtujBj1g&t=15s…

LA RECENSIONE di Angelica La Rosa

Libertà non è fare ciò che si vuole, ma ciò che si deve, con regole che evitino il caos

PRESENTATO A VERONA IL LIBRO “PATRIA E IDENTITÀ” DI GIANFRANCO AMATO E MATTEO CASTAGNA (EDIZIONI SOLFANELLI)

Gianfranco Amato e Matteo Castagna sono due cattolici militanti, che non temono di dire la verità. L’avvocato Amato, classe 1961, è autore di numerosi saggi e presidente dei Giuristi per la vita. Il conferenziere e comunicatore pubblico Matteo Castagna, classe 1976, da oltre vent’anni responsabile nazionale del Circolo Christus Rex-Traditio, è un noto volto mediatico di alcune emittenti venete e, recentemente, anche di La7.

I due sono amici e collaborano al 2018. Quando li si sente tenere conferenze assieme, generalmente si tende a dire che sono complementari. Con stili diversi, dovuti a formazioni e storie personali differenti, hanno entrambi il coraggio di parlare da tomisti convinti, con realismo e una capacità di coinvolgimento su tematiche religiose e d’attualità, che lasciano l’ascoltatore attento e riflessivo.

Nel loro libro “Patria e identità” (Edizioni Solfanelli, Chieti 2022, pp. 152, €12 + eventuali € 1,70 di spese spedizione, acquistabile dall’editore e nelle librerie, anche online oppure scrivendo a c.r.traditio@gmail.com), introdotto dall’avvocato Andrea Sartori, i due firmano e alternano i loro capitoli, che si trovano all’interno di tre parti: “Uno sguardo sulla Politica”, “Un’occhiata sulla Società”, “Una sbirciata sulla Chiesa”. Ne esce un testo alla portata di tutti che serve, nell’intenzione degli autori, a riflettere sulle questioni principali dell’uomo d’oggi, che vanno dalla critica politica al pensiero identitario sulla società, dalla Dottrina Sociale della Chiesa alla rivendicazione delle verità morali senza peli sulla lingua.

Presentato, in anteprima nazionale lo scorso giovedì 3 Novembre 2022 a Verona, nello splendido contesto classico di Villa Delser Minor House, il testo offre vari argomenti di riflessioni. Di fronte alle crisi individuali, economiche, sociali, religiose, materialiste, individualiste, relativiste, liberali, social-comuniste, globaliste, gli autori spiegano, a tratti con guareschiana ironia, quale potrebbe essere la via d’uscita per una autentica libertà. “Libertà non è fare ciò che si vuole, ma ciò che si deve, con regole che evitino il caos” – afferma Castagna. “La libertà è Cristo, Via, Verità e Vita” – chiosa Amato, mentre l’avvocato Sartori ricorda al proposito che proprio Gesù disse “la Verità vi renderà liberi“.

“Ateismo, edonismo, scientismo, società fluida sono i virus della post-modernità – continua Matteo Castagna – per i quali vi è solo una dose di vaccino che crea gli anticorpi per tutta la vita: il Cattolicesimo che opera per il bene comune”. “ – aggiunge Amato – ma nella valle di lacrime che stiamo vivendo abbiamo l’obbligo morale di rendere sempre più visibile e militante questa lotta che ci vedrà vincitori perché l’hanno detto sia Gesù col ‘non praevalebunt‘, sia la Madonna con la garanzia che ‘il suo Cuore Immacolato trionferà‘”.

Due sono i motti degli autori: “Stat Crux dum volvitur orbis!” e “sub Christi Vexilli Regis militare gloriamur!”. Attraverso un apostolato di testimonianza pubblica della Fede, aperto a tutti coloro che vogliano contribuire, secondo le loro propensioni, alla maggior gloria di Dio, da soldati di Cristo, da discepoli, da ausiliarie, da persone di preghiera e contemplazione, i due autori si battono per l’affermazione del principio teologico della Regalità Sociale di Cristo.

Fonte: https://www.informazionecattolica.it/2022/11/06/liberta-non-e-fare-cio-che-si-vuole-ma-cio-che-si-deve-con-regole-che-evitino-il-caos/

 

La festa dell’Ascensione

Condividi su:

Segnalazione del Centro Studi Federici

“Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc 16, 19).
 
Auguri per la festa dell’Ascensione di N. S. Gesù Cristo.
 
Catechismo Maggiore di San Pio X – Dell’Ascensione del Signore

 

Realismo apocalittico

Condividi su:

SECONDO LA RUSSIA

di Aleksandr Dugin

Tre opzioni sono ora in discussione al vertice:

  1. DNR+LNR+Kherson (e a questo si aggiungono Zaporizhzhya, Kharkiv, Mykolayiv, Dnipropetrovsk, che devono ancora essere liberati con necessità) – per quanto riguarda Odessa, c’è esitazione;
  2. Novorossiya tutta (con Odessa) e lo status incerto dell’Ucraina centrale e Kiev (con la liquidazione provvisoria dei capi della giunta criminale)
  3. Controllo completo.

Naturalmente, molto dipenderà da come andrà la distruzione del calderone di Donetsk, ma vale la pena distogliere lo sguardo dalla pianificazione immediata e guardarla da una prospettiva più alta.

Il modo in cui l’Operazione Speciale Militare è iniziata e come si è svolta per i primi 2 mesi rende impossibile che il resto dell’Ucraina rimanga sotto il dominio dei nazisti e dei globalisti. Non c’è nessun massimalismo imperiale in questo, almeno per questa volta. Il massimalismo imperiale avrebbe potuto finire in Novorossia, e l’altra metà dell’ex Ucraina lasciata vivere come vuole, ma ora le cose sono andate troppo oltre. Un fattore importante è stato l’attacco diretto alla Chiesa ortodossa russa in Ucraina. Fermati alla prima (generalmente imperfetta) o alla seconda opzione e stiamo gettando una miriade di credenti ortodossi verso la morte, la tortura e forse il genocidio. Non resterà nulla di loro. Per tale ragione ora siamo pienamente responsabili dell’Ucraina occidentale.

Naturalmente, questa escalation ci viene imposta da Kiev e dall’Occidente che fa pressione. Zelensky è pronto a sacrificare tutto nella speranza di trascinare l’umanità in un conflitto nucleare. Non si considera più come presidente dell’Ucraina, l’Ucraina è sconfitta. Credo che si consideri l’”anti-Cristo”. E sta sempre più venendo a patti con quest’ultimo ruolo. È l’apice della carriera del clown, poiché molti studiosi hanno sostenuto che fin dal Medioevo una figura diabolica si nasconde sotto la maschera di un buffone, ma ogni nuovo passo che facciamo è anche carico di responsabilità per tutta una catena di quelli successivi. Finora, il livello di scontro si è solo intensificato.

Forse contavamo su una reazione più contenuta sia da Kiev che dall’Occidente. L’Occidente imporrebbe sanzioni e si limiterebbe a questo, mentre Kiev, rendendosi conto di perdere, getterebbe via la bandiera bianca. Questo avrebbe dovuto essere il caso nel contesto del freddo realismo politico, ma è andata male. L’Occidente sta agendo più aggressivamente di quanto potrebbe, e Zelensky è in uno strano stato estatico che non può essere spiegato dalle droghe. Si vede come “il nuovo Davide” che combatte contro Golia e, non avendo alcuna possibilità di vincere, chiama tutta la potenza della NATO per dare un colpo mortale all’umanità. Questa non è più politica, sono trame apocalittiche che si trasformano in realtà.

Oggi sembra alle nostre autorità che ci sia ancora una scelta tra gli scenari 1, 2 e 3. Ma non è più così.

Così come non possiamo – con tutta la volontà (se qualcuno ne avesse) – tornare alla situazione pre-22 02 2022, ora non possiamo più fermarci alle opzioni 1 o 2. La posta in gioco è aumentata in linea di principio. Per noi, la vittoria può essere solo l’opzione 3 d’ora in poi.

Lasciatemi sottolineare ancora una volta: questa non è la buona volontà dei sognatori imperiali, questa è la dura prosa del realismo militare-politico, militare-apocalittico. La fredda analisi del tempo di guerra si trasforma impercettibilmente in uno scenario apocalittico, non solo uno scontro di civiltà.

Anche qui, fattori come l’ortodossia, l’uniatismo, lo scisma, il cattolicesimo e persino il satanismo, che sembravano essere stati spostati alla lontana periferia della società molto tempo fa, vengono alla ribalta. Non semplici ideologie (tra l’altro, che tipo di ideologie si scontrano tra loro non è chiaro e non è pienamente compreso da tutti), ma realtà puramente spirituali, e invadono senza tante cerimonie la misurata vita quotidiana, demoliscono città, rovinano miliardari, distruggono migliaia di persone – compresi i civili, risvegliano la bestialità che dorme nelle profondità dell’uomo (o, al contrario, la santità), cambiando bruscamente l’equilibrio di potere su scala planetaria.

Prima la pandemia, in secondo luogo la guerra. Siamo diventati non solo testimoni, ma partecipanti attivi dell’Apocalisse.

Non solo il destino dell’Heartland, ma anche quello dello Spirito, dipende da chi controlla l’Ucraina: o questa zona del mondo passerà sotto l’omophorion di Cristo e della Sua Madre Immacolata, o rimarrà sotto il potere di Satana, che rafforzerà immensamente il suo dominio su quella che è in realtà la culla della nostra statualità russa, della Chiesa e della cultura, e del nostro popolo.

La lotta per il Donbass, per Odessa, per Kiev e anche per Lviv fa parte della grande battaglia escatologica.

Alcuni sospettavano che sarebbe successo, ma noi stessi non abbiamo creduto fino alla fine, posticipando sempre la considerazione di questa possibilità.

La realtà precede i sogni – compresi i sogni escatologici imperiali. L’era del materialismo, dell’economia, dell’analisi razionale, degli esperti, dei tecnocrati, dei manager è finita.

Le idee stanno tornando nel nostro mondo.

E la battaglia principale d’ora in poi si svolge di nuovo tra di loro. Tra l’Idea Russa, il Catechon, la Civiltà Ortodossa, e il mondo dell’Anticristo occidentale che ci viene incontro.

L’Ucraina non serve a noi russi. È Cristo che ne ha bisogno. Ed è per questo che siamo lì.

Ed è per questo che non andiamo da nessuna parte.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Foto: Idee&Azione

19 aprile 2022

https://www.ideeazione.com/realismo-apocalittico/

Cristo vita dell’anima. PDF di Columba Marmion O.S.B.

Condividi su:

Segnalazione di Sursum Corda

… le pagine che leggerete sono benefiche; riposano l’anima; semplificano la vita cristiana.

La preoccupazione dominante dell’autore, che ha ricevuto le confidenze di molte anime inquiete, imbarazzate nelle complicazioni dei loro metodi personali, è, se non mi inganno, di dilatare queste anime, di liberarle dal servilismo verso se stesse, di facilitare, rendendola più attraente, la loro ascensione verso Dio.

Egli conduce, in ognuna delle sue conferenze, a Colui che è «la Via, la Verità e la Vita» (Giov., XIV, 6). Egli mostra loro, volta a volta, la Provvidenza divina che avvolge in uno stesso disegno di predestinazione Cristo, Verbo fatto uomo, e noi.

Poi, seguendo le tracce di San Tommaso d’Aquino (Summa Teolog., III, pag. 24, a. 3), nella descrizione della mediazione di Cristo, santificatore delle anime nostre, egli fa vedere in Lui, vero Dio e vero uomo, l’esemplare unico ed universale di ogni santità, la causa meritoria e soddisfattoria, che ha pagato alla giustizia divina il prezzo della nostra salvezza, secondo questa parola dell’Apostolo San Paolo:

«Sublimato alla gloria, divenne per quanti gli sono ubbidienti causa di eterna salvezza, proclamato da Dio Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchidesech» (Ebr., V, 9), ed infine, l’esecutore, causa efficiente della nostra santità, poiché sempre secondo la dottrina dell’apostolo San Paolo, alla quale l’autore attinge continuamente: «Noi abbiamo la nostra origine divina in Cristo: Dio ha voluto che Egli fosse per noi sapienza e giustizia e santità e salvezza redentrice» (Cor., I, 30). …

*******************************************************************************

Preghiamo per i nostri Sacerdoti e Religiosi, per le Suore, per le vocazioni, per le famiglie, per le intenzioni della nostra Associazione, per la conversione dei modernisti e per i defunti affidandoci alla potente intercessione di San Giovanni di Dio.
Ossequi, Carlo Di Pietro.

Dostoevskij contro l’Italietta e i progressisti

Condividi su:

QUINTA COLONNA

di Marcello Veneziani

Oggi all’Ambasciata russa a Roma verrà ricordato il bicentenario della nascita di Fedor Dostoevskij, il testimone più acuto dell’epoca che ha perso Dio senza guadagnare umanità. Dostoevskij è ricordato per i suoi capolavori letterari, per alcune vicende biografiche come la condanna a morte e la grazia in extremis e per alcuni suoi pensieri che ancora balbettiamo nei nostri giorni: da “La bellezza salverà il mondo” a “Se non c’è Dio tutto è permesso”, al terribile aut aut: “Tra Cristo e la Verità scelgo Cristo”. Un’alternativa impossibile per un credente, giacché in Cristo s’incarna la Verità e dunque coincidono; se scegli l’Uno alla fine ti ritrovi l’altra, e viceversa. La stessa cosa si può dire a contrario per un vero miscredente perché nega Cristo ma anche ogni Verità assoluta.

Vorrei soffermarmi sulla sua implacabile diagnosi del nostro tempo e sulla sua polemica con i progressisti umanitari; partendo non dalla Russia ma dall’Italia. Dostoevskij ha parole di fuoco sull’Italia da poco unita sotto il regno dei Savoia: “L’Italia, un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valori universali, cedendola al più logoro principio borghese – la trentesima ripetizione di questo principio dal tempo della prima rivoluzione francese ‒ un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale di un volta) e per di più pieno di debiti non pagati…” Queste pagine sembrano scritte da un borbonico o da un asburgico e invece sono i pensieri di Dostoevskij nel Diario di uno scrittore del 1877. Non c’è però disprezzo verso l’Italia, anzi c’è il confronto tra la grandezza universale e spirituale dell’Italia grande e la piccineria borghese dell’Italietta unita.

Infatti lo scrittore proseguiva: “Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo; l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano di essere i portatori di un’idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale”. Questa visione di Dostoevskij, che evoca il de Monarchia di Dante e il Sacro Romano Impero, si estendeva poi all’Europa, di cui criticava la subordinazione alla borsa e al credito internazionale. Pagine profetiche a giudicare dai nostri giorni.

Dostoevskij indagò sull’uomo del sottosuolo a cui dedicò le celebri Memorie. Quel cupo senso di oppressione, quella mancanza di cielo come asfissia, quella vicinanza agli inferi; un senso della terra concepito a rovescio, non legame concreto col suolo su cui siamo piantati e camminiamo, ma un carcere e un soffitto incombente sulle nostre teste che impedisce la libertà, costringe all’introspezione e toglie il respiro. L’uomo del sottosuolo di Dostoevskij non si redime con la rivoluzione, abbattendo il sovrano o il potere; perché l’alienazione più vera sorge dalla separazione dell’anima dalla vita, dell’eternità dal tempo. Dostoevskij critica l’utopia rivoluzionaria e cosmopolita che procede “verso il regno astratto di un’umanità universale che non è mai esistita in nessun luogo, e così facendo taglia ogni legame col popolo”. È una critica ante litteram al bolscevismo, una critica che diventò profezia per il ‘900. Questa gente “sostanzialmente astratta” scrive in una lettera a Griscenko, esprime “uno sconfinato amore per l’umanità, ma solo se considerata in generale. Ma poi, se l’umanità s’incarna in un uomo concreto, in una persona, allora essi non sono capaci di tollerarla” anzi provano avversione. Analoghi pensieri aveva espresso Giacomo Leopardi sul cosmopolitismo.

In un’altra lettera a Strachov, Fedor fustigava il sogno rousseauiano e illuminista “di rifare daccapo il mondo sulla ragione” o sull’idea di una natura astratta, fino a tagliare le teste, perché è la cosa più facile, non potendo cambiarle. L’amore per l’umanità, scrive Dostoevskij, è inconcepibile senza la simultanea fede nell’immortalità dell’anima. Senza quella prospettiva i legami con la terra si spezzano e la perdita di una vita ulteriore porta al suicidio o al delitto: “perché dovrei astenermi dallo sgozzare il prossimo, dal rubare, o dal rifugiarmi nel mio guscio?” scrive a Ozmidov.

Tesi che lo scrittore ribadì anche al Congresso della Pace di Ginevra, indetto sotto l’egida massonica e socialista (vi partecipò anche Garibaldi). Dure le sue critiche al socialismo che recide tutti i legami e sostituisce la carità con la violenza; ma aspre pure le sue critiche all’usura, con punte antisemite, al potere economico e ai circoli finanziari; alla “barbarie del comfort” e alle elites atee e cosmopolite, “tutti questi liberalucci e progressisti”.

A queste figurazioni del nichilismo Dostoevskij oppone l’idea di un risveglio religioso, nazionale e popolare, un vero e proprio risorgimento dell’anima russa. “Come l’oro si forgia col fuoco”, così non può esserci resurrezione senza croce e senza dolore. Quella terribile visione fa di Dostoevskij un profeta tragico, apocalittico, lontano dall’umanità presente e pure vicino alla ragione più profonda della sua crisi. Di Dio a Fedor restò la sete, il tormento e l’inquietudine. Così si ritrovò riverso per terra, come dopo una delle sue crisi epilettiche, ad aspettare invano la Sua visita e la visione mistica. Profetico Fedor, tra l’attesa di Dio e la visione del nulla. La religione in Dostoevskij costeggia l’abisso, la sua fede è un urlo nero che non smette di scuoterci. Come Dante anche lui attraversò l’Inferno per risalire fino a Dio. Dantoevskij.

MV, La Verità (10 novembre 2021)

Economia, diritto e politica sono senza Dio. I cattolici ne hanno di lavoro da fare!

Condividi su:

G.K. Chesterton: “E’ facile, a volte, donare il proprio sangue alla Patria, e ancor più facile donarle del denaro. Talvolta, è più difficile donarle la verità”

di Matteo Castagna

Le radici cristiane comuni all’Occidente vedono il cuore pulsante nel periodo della Pasqua, ove l’identità dei popoli si esprime nella pienezza del sacrificio perfetto del Messia, redentore dell’umanità, che ha sconfitto la morte, risorgendo a quella vita nuova che siamo chiamati a condurre qui in Terra per poter godere dell’eterna gloria celeste.

Cristo è Colui, che, debellate le tenebre di morte, risplende come astro sereno sopra l’intera umanità: «Ille, qui regressus ab in feris, humano generi serenus illuxit» (Preconio Pasquale).

Dispensatrice perenne di luce è la Pasqua cristiana, fin da quell’alba fortunata, vaticinata ed attesa per lunghi secoli, che vide la notte della passione tramutarsi in giorno rifulgente di letizia, allorché Cristo, distrutti i vincoli di morte, balzò, quale Re vittorioso, dal sepolcro a novella e gloriosa vita, affrancando la umana progenie dalle tenebre degli errori e dai ceppi del peccato.

Da quel giorno di gloria per Cristo, di liberazione per gli uomini, non è più cessato l’accorrere delle anime e dei popoli verso Colui, che, risorgendo, ha confermato col divino sigillo la verità della sua parola: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv. 8, 12).

Da ogni plaga a Lui convergono, assetati e fiduciosi, tutti coloro che amano e credono nella luce; coloro che sentono gravare sui loro spiriti l’angoscia del dubbio e dell’incertezza; coloro che sono stanchi dell’eterno vagare tra opposte dottrine, gli smarriti nelle vane ombre del secolo, i mortificati dalle colpe proprie ed altrui.

Ciò significa che l’uomo soltanto per Cristo ed in Cristo conseguirà la sua personale perfezione; per Lui le sue opere saranno vitali, i rapporti coi propri simili e con le cose, ordinati, le sue degne aspirazioni appagate; in una parola, per Cristo e da Cristo l’uomo avrà pienezza e perfezione di vita, ancor prima che sorgano sugli eterni orizzonti un nuovo cielo e una nuova terra (cfr. Apoc. 2I, I).

Al contrario, se interne tragedie dilacerano gli spiriti, se lo scetticismo ed il vuoto inaridiscono tanti cuori, se la menzogna diventa arma di lotta, se l’odio divampa tra le classi ed i popoli, se guerre e rivolte si succedono da un meridiano all’altro, se si perpetrano crimini, si opprimono deboli, si incatenano innocenti, se le leggi non bastano, se le vie della pace sono impervie, se, in una parola, questa nostra valle è ancora solcata da fiumi di lacrime, nonostante le meraviglie attuate dall’uomo moderno, sapiente e civile; è segno che qualche cosa è sottratta alla luce rischiaratrice e fecondatrice di Dio.

Il fulgore della Risurrezione sia dunque un invito agli uomini di restituire alla luce vitale di Cristo, di conformare agli insegnamenti e disegni di Lui il mondo e tutto ciò che esso abbraccia; anime e corpi, popoli e civiltà, le sue strutture, le sue leggi, i suoi progetti.

Chi se non Cristo può raccogliere e fondere in un sol palpito di fraternità uomini così diversi per stirpe, per lingua, per costumi, quali siete tutti voi, che Ci ascoltate, mentre vi parliamo in Suo nome e per Sua autorità? Continua a leggere

La Passione di Cristo e della Chiesa

Condividi su:

Segnalazione del Centro Studi Federici

Quando il Salvatore, «inclinato capite, emisit spírítum», ben pochi se ne accorsero, e tra questi pochi, la grandissima maggioranza gli era nemica. Certamente a Gerusalemme non si parlava d’altro; ma che, fuorchè forse una decina di persone in tutto, chi troviamo presso alla sua croce a soffrire con Lui, e per Lui, mentre Egli soffriva per noi e a causa nostra ? Il resto o lo malediceva; o diceva : ben gli sta; o se ne disinteressava ; o, infine, si limitava a una compassione sterile, di vago umanitarismo. Non dovremmo mai dimenticare, noi che del nome di Cristo abbiamo fatto il nostro nome e ci chiamiamo perciò cristiani; noi che viviamo la nostra vita eterna, e cioè cristiana, con più intensità che non la nostra vita terrena, e in questo mondo cerchiamo un altro mondo; noi non dovremmo — dicevamo — mai dimenticare la tremenda solitudine nella quale moriva Gesù.
 
Moriva per gli uomini, ucciso dagli uomini; moriva per amore degli uomini, odiato dagli uomini: e nessuno, o quasi nessuno, gli era accanto, almeno con un cenno, un grazie, a prender atto della sua carità, ad accorgersi del suo amore. Amare e non essere amato è già molto grave, ma Gesù amava ed era odiato. Sulla sua croce l’aveva innalzato il suo amore per gli uomini e l’odio degli uomini per Lui. Se dunque qualcosa rompeva la solitudine non era l’amore ma l’odio. Una siepe di odio circondava la sua croce.
 
Il nostro dovere, in questo giorno anniversario, consisterà nel non lasciar solo Cristo, ma accorrere vicino a Lui, nell’ora in cui Egli morì, e accorrere con l’amore. Un amore per Lui, che sia simile’ al suo amore per noi, o per lo meno si proponga d’imitare quel suo amore. Accade, molto spesso, che molti cristiani non si rendono conto in nessun modo d’essere stati oggetto di tanto amore da parte di Cristo, e si contentano di avere, di Gesù, una cognizione così vaga, così scarsa, così per aria, che si vergognerebbero d’averne una simile di un loro conoscente.

Continua a leggere

La Legge divina spiegata ai bambini (con illustrazioni ed esercizi)

Condividi su:

 

 

Segnalazione di Sursum Corda

E’ disponibile il libretto La Legge divina spiegata ai bambini con illustrazioni ed esercizi. Una buona lettura estiva per genitori e figli: la strada per salvarsi in una società perversa e pervertitrice …
Preghiamo per i nostri Sacerdoti e Religiosi, per le Suore, per le vocazioni, per le famiglie, per le intenzioni della nostra Associazione e per la conversione dei modernisti affidandoci alla potente intercessione di San Giovanni di Dio .
Ossequi, Carlo Di Pietro.

Continua a leggere

VIGANO’: “LA FIGURA DI CRISTO È ASSENTE NEL DOCUMENTO SUL SINODO PER L’AMAZZONIA”

Condividi su:

“CONCILIARATE” (N.d.R.)

di Martin M. Barillas

ROMA, 2 agosto 2019 (LifeSiteNews) – L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affermato che il sinodo di ottobre sull’Amazzonia rappresenta il trionfo dello sforzo portato avanti per decenni da parte dei gesuiti e dei loro sostenitori di ricostruire (o demolire le ultime festigia della Chiesa, n.d.r.) la Chiesa cattolica.

“Dov’è il messaggio cristiano qui?”, si domanda l’arcivescovo Viganò nei confronti dell’Instrumentum laboris del Sinodo, che l’ex capo della Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Muller e il cardinale dei dubia, Walter Brandmüller, hanno criticato sia per aver diffuso un “falso insegnamento” che per essere “eretico”. Mons. Viganò ha discusso il documento di lavoro in un’intervista concessa al dott. Robert Moynihan di Inside the Vatican.

“In effetti, la figura di Cristo è assente”, ha osservato. “L’Instrumentum laboris del Sinodo testimonia l’emergere di una teologia cattolica post-cristiana, ora, in questo momento. E questo è molto preoccupante. È contro tutto ciò per cui ho lavorato e creduto lungo tutta la mia vita”.

Viganò ha anche denunciato che il documento di lavoro mostra influenze della Teologia della Liberazione, una teologia sviluppatasi in America Latina negli anni ’60 e che cercava di conciliare gli insegnamenti cattolici con elementi del marxismo rivoluzionario. Mons. Viganò suggerisce che papa Francesco, un gesuita, sia solidale con la Teologia della Liberazione. I sacerdoti gesuiti sono attivi da tempo nelle cause sociali in luoghi poveri dell’America Latina come la regione amazzonica. Nel suo libro “I Gesuiti: La Compagnia di Gesù e il tradimento della Chiesa cattolica romana”, p. Malachi Martin ha raccontato l’esempio dei sacerdoti gesuiti nelle lotte armate e nei governi rivoluzionari, come quello Sandinista del Nicaragua. Continua a leggere

CIRCONDATA DA IMMIGRATI HO PROVATO PAURA

Condividi su:

Segnalazione di Redazione BastaBugie

Credo che avvertire vicinanza verso chi ci somiglia per storia e per cultura, e provare disagio o fastidio per chi potrebbe esserci ostile, sia assolutamente normale
di Costanza Miriano

(LETTURA AUTOMATICA)

Qualche giorno fa sono capitata in Centrale, la stazione di Milano, alle 5.30 di mattina, quando “Milano dorme ancora”. Ho attraversato il portico in mezzo a un nugolo di giovani uomini dalla pelle scura che scrutavano la gente che passava. Probabilmente non avevano cattive intenzioni, ma di certo non è piacevole essere una donna sola in quella situazione. Sì, lo ammetto, ho provato paura.
Sì, lo ammetto, ho pensato al mio telefono che sporgeva dalla tasca – è vero, ho un telefono costoso, me lo hanno regalato, come praticamente tutte le cose di valore che ho. Sì, lo ammetto, ho provato fastidio, perché non eravamo un gruppo di persone che andavano a prendere il treno, situazione in cui ovviamente non avrei fatto caso al colore della pelle. La situazione era donna bianca sola che va a prendere il treno, decine di uomini neri che non hanno apparentemente niente da fare e stanno in giro con il buio. Sono razzista? Probabilmente per gli standard della Boldrini sì. Continua a leggere

1 2