Così morirono i crociati a Sidone
Segnalazione del Centro Studi Federici
Segnalazione del Centro Studi Federici
di Cristina Siccardi
Il 16 luglio ricorre una festa mariana molto importante nella Tradizione della Chiesa: la Madonna del Carmelo, una delle devozioni più antiche e più amate dalla cristianità, legata alla storia e ai valori spirituali dell’Ordine dei frati della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (Carmelitani). La festa liturgica fu istituita per commemorare l’apparizione del 16 luglio 1251 a san Simone Stock, all’epoca priore generale dell’ordine carmelitano, durante la quale la Madonna gli consegnò uno scapolare (dal latino scapula, spalla) in tessuto, rivelandogli notevoli privilegi connessi al suo culto.
Nel Primo Libro dei Re dell’Antico Testamento si racconta che il profeta Elia, che raccolse una comunità di uomini proprio sul monte Carmelo (in aramaico «giardino»), operò in difesa della purezza della fede in Dio, vincendo una sfida contro i sacerdoti del dio Baal. Qui, in seguito, si stabilirono delle comunità monastiche cristiane. I crociati, nell’XI secolo, trovarono in questo luogo dei religiosi, probabilmente di rito maronita, che si definivano eredi dei discepoli del profeta Elia e seguivano la regola di san Basilio. Nel 1154 circa si ritirò sul monte il nobile francese Bertoldo, giunto in Palestina con il cugino Aimerio di Limoges, patriarca di Antiochia, e venne deciso di riunire gli eremiti a vita cenobitica. I religiosi edificarono una chiesetta in mezzo alle loro celle, dedicandola alla Vergine e presero il nome di Fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. Il Carmelo acquisì, in tal modo, i suoi due elementi caratterizzanti: il riferimento ad Elia ed il legame a Maria Santissima. Continua a leggere
(LETTURA AUTOMATICA)
L’uso delle cosiddette cinture di castità, fasce metalliche flessibili in grado di coprire i genitali e poi chiuse con lucchetti, risalirebbe ai tempi delle Crociate, quando i cavalieri in partenza per il Santo Sepolcro volevano assicurarsi la fedeltà delle proprie mogli durante la loro assenza. La cintura non è altro che un falso storico. Basta osservarle per capire come possano essere fonte di ferite e infezioni e abbiano serrature relativamente facili da aprire.
Come nota Focus (agosto 2014) prima di tutto, c’è un problema di igiene: anche se la classica cintura prevede piccole aperture per l’espletazione dei bisogni fisiologici, ferite, infezioni e di conseguenza la morte di chi le indossava sarebbero sopraggiunte in tempi molto rapidi.
Inoltre, è plausibile che prima di partire i cavalieri si accoppiassero con le proprie mogli, magari con la speranza di trovare un bambino al loro ritorno. È evidente che la presenza di una cintura di ferro avrebbe impedito il parto. Senza contare l’obiezione più semplice: qualunque serratura medievale poteva essere aperta da un fabbro in pochi secondi.
PUREZZA TEOLOGICA
Al di là di queste incongruenze logiche, c’è il fatto che non esistono autentiche cinture databili al Medioevo. L’idea di astinenza sessuale è certamente antichissima e lo stesso termine latino cingulum castitatis (traducibile appunto come cintura di castità) compare, a partire dal VI secolo, in alcuni testi di Papa Gregorio Magno, Alcuino di York, San Bernardo di Chiaravalle, fino a Giovanni Boccaccio. Ma in tutti questi casi è inteso come un simbolo di purezza teologica, non certo come un oggetto di dissuasione erotica. Continua a leggere
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