«Ma il Figlio dell’uomo troverà la fede sulla terra?»

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Segnalazione Corrispondenza Romana

di Mauro Faverzani

In Germania la crisi interna alla Chiesa cattolica diviene sempre più acuta ed ormai oltre un terzo dei tedeschi – il 36%, per la precisione – è convinto di uno scisma imminente con Roma: a rivelarlo, è un sondaggio promosso dal settimanale cattolico Die Tagespost. Il 42% degli intervistati non sa e non intende sbilanciarsi, solo il 22% è convinto che, alla fine, tutto sia destinato a rientrare. Le percentuali divengono ancora più drammatiche, qualora si consideri un campione costituito dai soli cattolici: in questo caso, ben il 42% degli intervistati prevede lo scisma, peraltro a breve, il 29% non sa e solo il restante 29% è convinto del lieto fine. Mentre nel Vecchio Continente prosegue quell’«apostasia silenziosa», già chiaramente espressa nel 2003 da Giovanni Paolo II al n. 9 dell’Esortazione apostolica Ecclesia in Europa, altrove, in Africa per la precisione, Nigeria e Kenya risultano essere i due Paesi al mondo con la più alta percentuale di cattolici praticanti. Il che ha dell’incredibile, trattandosi di territori segnati dal sangue del terrorismo islamico con organizzazioni quali Boko Haram nel primo caso e al-Shabaab nel secondo, aree cioè in cui essere e dirsi cristiani non è scontato, né facile, né prudente. Eppure, a confermarlo è l’indagine condotta dal World Values Survey sulla base di dati provenienti da 36 Paesi del mondo.

Tutto indurrebbe a ritenere che nelle terre della jihad sia necessario non ostentare la propria fede, viverla in modo nascosto, per evitare di pagare con la vita tale coraggio. Invece, accade proprio il contrario: nell’Occidente, dove – teoricamente – tutto sarebbe possibile, ci si vergogna non solo di dirsi cattolici, ma ancor più di vivere i valori e le virtù, insegnati dalla Dottrina, dal Magistero e dal diritto naturale; nell’Africa, in cui professare il proprio credo può costare il martirio, si è pronti al sacrificio, pur di non rinunciare e di non rinnegare Dio.

Così, ecco in Nigeria il 94% degli adulti cattolici recarsi alla santa Messa ogni settimana; in Kenya fa altrettanto il 73% dei fedeli, in Libano il 69%. Seguono Filippine (56%), Colombia (54%) e solo al sesto posto si trova il primo Paese europeo, la Polonia, col 52%. E poi ancora Ecuador (50%), Bosnia-Erzegovina (48%), Messico (47%), Nicaragua (45%), Bolivia (42%), Slovacchia (40%), Italia (34%), Perù (33%), Venezuela (30%), Albania (28%), Spagna e Croazia (27%), Nuova Zelanda e Regno Unito (25%), Ungheria e Slovenia (24%), Uruguay (23%), Australia ed Argentina (21%), Portogallo e Repubblica Ceca (20%), Austria e Usa (17%; negli Stati Uniti era il 24% prima del Covid), Lituania (16%), Germania e Canada (14%), Lettonia e Svizzera (11%), Brasile e Francia (8%) e Paesi Bassi (7%). Si può notare come la maggior parte dei Paesi, culla della societas christiana, si trovino nella zona più bassa della classifica, da una parte confermando le previsioni di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI circa il suicidio spirituale dell’Europa, dall’altra contestualizzando meglio la portata e le dimensioni di un eventuale scisma in una Germania, in cui, indipendentemente da esso, la presenza cattolica è già oggi quasi irrilevante e ridotta ai minimi storici. Viceversa gli Stati, caratterizzati da maggiore instabilità sociale, violenza e miseria, sono anche quelli, ove più salda risulta l’appartenenza religiosa degli intervistati. E questo è un dato molto significativo, su cui il cosiddetto Occidente dovrebbe riflettere.

L’indagine individua anche una relazione tra il Pil pro capite e la religiosità di un Paese: maggiore è il primo, minore è la seconda, come se il benessere immanentizzasse il cuore degli uomini, anziché spalancarlo alla dimensione spirituale (non foss’altro che per una doverosa gratitudine nei confronti della Divina Provvidenza). Viceversa il gruppo di nazioni con un Pil pro capite inferiore ai 25 mila dollari registra le percentuali più alte di religiosità dichiarata. Sono dati significativi, perché la dicono lunga non solo con numeri e grafici, bensì con i contenuti, per intuire cosa alberghi nel cuore dell’uomo. Ed allora riecheggia, forte e grave come una condanna, la domanda che Nostro Signore Gesù Cristo pose: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18, 8).

 

Tutto va bene, madama la Marchesa!

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di Antonio Catalano

Fonte: Antonio Catalano

I dati sull’affluenza elettorale dimostrano lo stato comatoso di partecipazione alla cosa pubblica, la distanza sempre più ampia tra politica e realtà sociale. Distanza alimentata da una gestione pandemica che non si vorrebbe mai far terminare, da una propaganda a stelle e strisce che schiaccia a logiche autodistruttive e mette al bando chiunque osi solo esprimere dissenso dalle versioni ufficiali, e per questo tacciato di putinismo. La questione sociale sembra non esistere più, altre devono essere le priorità. E mentre il titanic sul quale ancora galleggiamo inizia inesorabilmente a sprofondare sabato scorso faceva bella mostra di sé il grande evento della nostra decadente e sfasciata società dello spettacolo salutata dalla progressista “Repubblica” come una festa di balli e colori, con Elodie superstar.
Sulla natura e l’impatto ideologico di questa kermesse non dovrebbero esserci dubbi, perché è un fatto incontestabile che il gay pride è la testa di sfondamento della residua resistenza sociale e umana che il nostro stanco, invecchiato e nichilista mondo occidentale ancora riesce a mettere in campo. Sbaglia chi non vede collegamento tra la svaccata rappresentazione fetish dei desideri eretti a diritti di questa briciola di mondo e la triste fine di una civiltà che rinuncia a qualsiasi prospettiva, del tutto ormai priva di orizzonti, destinata alla resa demografica, in cui i figli si sostituiscono allegramente con quegli oggetti animati (ex animali) su cui riversare cure e affetti morbosi, in cui identità è parola oscena, figuriamoci poi quella sessuale. Con il bel mondo a indignarsi di qualche apprezzamento alpino al “gentil” sesso ma a sprofondare la testa sotto la sabbia dinanzi alle vere molestie espresse da qualche migliaio di ragazzini urlanti “Forza Africa!” accorsi a Peschiera del Garda una decina di giorni fa.
Quindi niente di strano che sabato scorso la “festa di balli e colori” veniva salutata dalla grande esportatrice di bombe umanitarie Emma Bonino come termometro della “salute di una democrazia”. «Dove c’è sfilata c’è libertà. Per cui bisogna tenersela stretta, con l’Europa che la tutela» esultava trionfante la libertaria Bonino. In buona compagnia di altri tutori della democrazia, tutti sgomitanti per farsi immortalare al fianco di Wladimiro Guadagno, in arte Luxuria.
Ma non c’era solo il bel mondo dello spettacolo e della politica ridotta a spettacolo: tra gli sponsor della fetisciata risultava Bankitalia. La quale aveva sollecitato i suoi dipendenti a partecipare all’evento con una mail invitata dal Responsabile diversità Riccardo Basso. La missiva, con tanto di Colosseo arcobaleno e logo della banca, dopo aver ricordato le origini di questa parata, spiegava che si tratta di «una giornata per la tutela di chi si riconosce nella comunità Lgbt+ e per la richiesta di normative inclusive e comportamenti rispettosi dell’essere umano». La banca centrale della Repubblica italiana forniva pure magliette per la sfilata, perché «sosteniamo le loro iniziative, che portano un grande valore aggiunto». Altro che inflazione al 6%!
È così difficile capire perché tanto da farsi da parte delle istituzioni politico-sindacal-cultural-economico-finanziarie per distruggere, tra le altre, l’identità sessuale, ossessione che porta all’assurdo teatrino britannico in cui ci si domanda con affanno se le donne possono avere un pene oppure no?

Il ddl Zan serve per contrastare l’omotransfobia? Ecco la verità sui report dell’Arcigay

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di Redazione

L’Arcigay dà i numeri del 2020 e 2021. Emergenza? Priorità? Le leggi che puniscono le aggressioni esistono già e anche l’aggravante dei futili motivi. L’Italia, soprattutto in questo momento, ha delle priorità, che sono legate all’emergenza sanitaria ed al lavoro. Il ddl Zan era solamente una legge ideologica per entrare nelle scuole a indottrinare i bambini con la teoria gender, per accedere a finanziamenti e per poter imbavagliare i cattolici e tutti coloro che pensano che i minori abbiano bisogno di una mamma e un papà. Perché, inoltre, fare degli omosessuali una categoria a parte, come fossero una specie protetta? Un omosessuale ci ha recentemente espresso la sua contrarietà al ddl Zan, sostenendo che sarebbe ingiusto trasformare le persone con questo orientamento sessuale nei nuovi “panda” da tutelare con leggi speciali. Osserviamo, infine, che il Senato ha affossato il ddl Zan sì grazie alla cosiddetta “tagliola”, studiata e proposta da Roberto Calderoli (Lega) che fa parte dei regolamenti della democrazia parlamentare cui si aggrappano sempre tutti i sinistri, ma soprattutto a causa delle defezioni di Pd e M5S, che sono state determinanti. 

di Francesca Totolo

Roma, 7 lug – Secondo i sostenitori del Ddl Zan, il disegno di legge va approvato immediatamente perché la comunità Lgbt è vittima di aggressioni ogni giorno. Per verificarlo, abbiamo analizzato i report dell’Arcigay che elencano le aggressioni subite da gay, lesbiche e trans. Prima di analizzarli dettagliatamente, è necessario ricordare che l’Arcigay non sopravvive grazie ai fondi ricavati dalle quote associative (nel 2020, 8.090 euro, l’1,8% dei ricavi totali), ma attraverso i finanziamenti pubblici (nel 2020, 228.467 euro dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e 52.000 euro dalla presidenza del Consiglio dei ministri) e le erogazioni private (per diversi anni, è stata finanziata dalla Open Society Foundations di George Soros).

Il report dell’Arcigay del 2020

Nel 2020, sono stati denunciate dall’Arcigay 137 aggressioni nei confronti della comunità Lgbt. Di queste, 48 riguardano violenze, adescamento, ricatto, rapine e omicidio, 34 discriminazioni, minacce e insulti, 8 intolleranza in famiglia, 3 intolleranza al lavoro, 13 messaggi politici dal contenuto omofobo, 17 scritte omofobe, 12 casi di omofobia sui social network, e 2 esternazioni omofobe divulgati da cantanti.

Su 48 reali violenze, 10 sono state commesse da stranieri, ovvero il 21 per cento. Gli stranieri in Italia rappresentano l’8,8 per cento della popolazione residente. Un caso di adescamento e ricatto, che ha visto come vittima un uomo di 80 anni, riguarda un ventenne cittadino italiano, ma di origini marocchine. A Udine, sono stati invece due pakistani, di cui uno richiedente asilo, ad aggredire e rapinare un travestito. Un ragazzo gay, che passeggiava mano nella mano con il compagno, è stato ferito a colpi di bottiglia da una banda di nordafricani a Milano, nella centralissima zona di Porta Ticinese, mentre una ragazza nigeriana è stata aggredita da un connazionale perché aveva rifiutato le sue avances. L’uomo le ha anche urlato “Sei lesbica, ti ucciderò”, ricordandole che “nel nostro Paese queste cose non sono ammesse”.

Delle 48 violenze pubblicate dall’Arcigay, 4 sono fake news, mentre 7 sono state riportate con diverse imprecisioniTra le bufale più conosciute, troviamo quella l’aggressione denunciata dall’influencer Marco Ferrero, meglio noto come Iconize. Poco dopo, sarà lui stesso a confessare di essersi provocato i lividi da solo con una confezione di surgelati. Arcigay ha anche pubblicato, come se fosse avvenuto in Italia, il caso della ventenne inglese Charlie Graham, malmenata nella città di Sunderland. L’unico omicidio riportato dall’Arcigay, è quello Elisa Pomarelli, morta per mano di Massimo Sebastiani. Come poi evidenziato nelle indagini, il movente non aveva nulla a che fare con l’omofobia. Sebastiani ha ucciso perché era ossessionato dalla vittima, che frequentava come amica da tre anni e di cui sapeva l’orientamento sessuale. La Pomarelli non è stata uccisa perché lesbica.

Per quanto riguarda le imprecisioni, l’Arcigay ha definito “omofobia interiorizzata” l’accoltellamento commesso da un diciassettenne gay ai danni del suo partner, perché quest’ultimo si rifiutava di cancellare delle foto scattate durante i rapporti intimi. Non sarebbe stata l’omofobia, invece, a far scattare una rissa a Barletta tra due colleghi, di cui uno omosessuale, ma semplici divergenze lavorative. Tra le “aggressioni”, l’Arcigay ha inserito anche un diverbio al ristorante finito con insulti omofobi e un caso di abusi sessuali avvenuto nel 2011.

Delle 8 intolleranze in famiglia, 4 riguardano famiglie straniere, per la precisione due tunisine, una egiziana e una bulgara. Quest’ultima, dopo aver scoperto che il figlio era gay, lo hanno rapito e riportato nel Paese di origine. A Padova, invece, si era scatenata la faida tra due famiglie tunisine che avevano scoperto la relazione tra due ragazzi trentenni, finita poi con l’accoltellamento di uno dei due. Il ventenne egiziano Mohammed, che voleva diventare Lara, è stato disconosciuto dalla famiglia, dopo non aver accettato di tornare in Egitto per “guarire”, mentre Aisha è stata abbandonato dalla famiglia perché lesbica, nonostante fosse malata e sottoposta alla chemioterapia.

Nel report, viene riportato il caso del lancio di uova contro l’auto di Giulia Bodo, presidente dell’Arcigay di Vercelli, senza però motivare cosa era successo in precedenza. In occasione del Capodanno 2019, la Bodo aveva augurato su Facebook “Buonanno” a tutti i leghisti, allegando una fotografia del deputato Gianluca Buonanno scomparso tragicamente nel 2016.

Nel report delle aggressioni del 2020, l’Arcigay ha inserito pure Cristina D’Avena. La sua colpa è una frase pronunciata durante un concerto: “Luxuria è invidiosa di Lady Oscar perché ha la spada più lunga della sua”.

Il report del 2021

Sono 119 aggressioni denunciate nel rapporto 2021 dell’Arcigay, 4 sono state riportate due volte e una era già stata pubblicata nel report 2020. Di queste, 27 riguardano violenze, 59 discriminazioni, minacce e insulti, 7 intolleranza in famiglia, 2 intolleranza al lavoro, 6 messaggi politici dal contenuto omofobo, 4 scritte omofobe e 14 casi di omofobia sui social network.

Delle 27 violenze, 5 sono state commesse da stranieri, il 19 per cento. La coppia gay bolognese, assalita a Vernazza, in Liguria, ha testimoniata che la baby gang era formata da ragazzini di nazionalità diverse. Dopo qualche giorno, è stato arrestato un moldavo di 19 anni. A Cattolica, un senegalese voleva estorcere 1.600 euro ad un trentenne pesarese, dopo un rapporto sessuale. A Roma, quartiere Casilino, un uomo di 31 anni è stato aggredito e derubato da una banda di giovani, tra di loro anche ragazzi di colore. Ad Ancona, una baby gang, con diversi ragazzi rom, ha terrorizzato e rapinato almeno otto ragazzi, due addirittura affetti da una minorazione psichica. A Torino, una banda, probabilmente di stranieri, ha picchiato un ragazzo cileno, dopo averlo definito “maricon”.

Su 27 violenze denunciate dall’Arcigay, 3 sono fake newsIl caso più clamoroso è quello di Padova: una coppia gay aveva pubblicato un video, diventato subito virale, dove raccontava di essere stati picchiati perché gay. Le telecamere di videosorveglianza e le testimonianze avevano però svelato una realtà diversa: quella successa era una comune rissa, senza alcun intento omofobo. A Trieste, l’attivista LGBT Antonio Parisi aveva raccontato di essere stato aggredito da un gruppo di ragazzi. Le indagini delle Forze dell’ordine hanno poi accertato che era da escludere la connotazione omofoba dell’aggressione. Infatti, il fattore scatenante del pestaggio sarebbe stato l’eccesso di bevande alcoliche consumate dagli aggressori nel corso del pomeriggio. Una transgender aveva dichiarato sui social network di essere stata malmenata da un gruppo di giovani a Torre del Greco. La stessa non si era fatta refertare i segni della violenza subita e non aveva denunciato l’accaduto. Convocata dalle Forze dell’ordine, aveva riferito che era stata soltanto una “bravata”. La ventiseienne trans, quattro anni prima, era stata arrestata per furto, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale. Il tribunale del riesame le aveva però concesso gli arresti domiciliari. La transgender era poi evasa qualche giorno dopo facendosi notare dai carabinieri per essere arrestata per evasione e venire ricondotta nel carcere di Poggioreale perché si sentiva sola.

Delle 59 denunce dell’Arcigay su discriminazioni, insulti e minacce, 3 sono fake news e 12 sono state riportate con imprecisioni. L’associazione ha riportato il caso di un gruppo di turisti, accompagnati da una guida, che sarebbero stati insultati in un ristorante di Marzamemi perché omosessuali. Il proprietario del locale riporterà poi un’altra versione della storia: “La guida che accompagnava quel gruppo mi aveva suggerito di offrire la cena che i tre non avevano gradito, per evitare recensioni negative sul web. Mi sono rifiutato, il cibo era di qualità. Ho invitato a pagare e togliere il disturbo”. La vicenda ricorda quella successa a Fasano. Una coppia gay in viaggio di nozze, dopo l’unione celebrata da Alessandro Zan, aveva sostenuto che lo chef del resort Canne Bianche aveva disegnato, con la salsa, la forma di un pene su un loro piatto. Non si è fatta attendere la replica del resort: “Il caso raccontato è completamente falso. Nessuna foto di quanto affermato è stata fornita dai nostri due ospiti in questione, mentre hanno impiegato pochi minuti per farci giungere una richiesta di soggiorno gratuito. Dopo la nostra risposta, che declinava la loro richiesta di risarcimento, hanno puntato all’attenzione mediatica. Dopo aver capito di aver sollevato accuse molto forti nei nostri confronti senza ragione diversa da quella di conseguire un soggiorno gratis, poi hanno aggiornato la recensione adducendo delle scuse da noi mai formulate”. L’Arcigay ha riportato come “aggressione” anche il post di Fabio Barsanti, consigliere comunale di Lucca, su Laurel Hubbard, quarantatreenne atleta transgender neozelandese, qualificatasi per le Olimpiadi. Barsanti aveva fatto solo notare che la competizione sportiva tra donne e transgender, nate uomo e con una muscolatura maschile, è sleale.

Francesca Totolo

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/verita-report-arcigay-omotransfobia-200156/

Giornata aborto sicuro. PVeF: «L’unica sicurezza è la morte del bambino, mentre i dati sulla Legge 194 sono falsati»

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Segnalazione ProVita & Famiglia

 

COMUNICATO STAMPA
Giornata aborto sicuro
Pro Vita & Famiglia: «L’unica sicurezza è la morte del bambino, mentre i dati sulla Legge 194 sono falsati»

Roma, 28 settembre 2021

«Oggi è la cosiddetta Giornata internazionale per l’aborto libero, sicuro e gratuito. Ma l’aborto non è libero perché al bambino nessuno chiede il parere. L’unica cosa sicura è propria la sua morte, nonché le gravi complicazioni di cui soffrono decine di migliaia di donne come ferite pelviche o genitali, emorragie, danni cervicali, perforazioni e cicatrizzazione della parete uterina, fino alla morte con oltre 500 casi di decessi per aborto legale e “sicuro” negli Stati Uniti fino al 2017. Inoltre non è gratuito perché alla donna costa il prezzo di sofferenze indicibili anche interiori. L’aborto è diventato solo una battaglia ideologica, ma l’embrione è un essere umano e nessuna ideologia può sopprimerlo» ha dichiarato Toni Brandi, Presidente di Pro Vita & Famiglia.

«Si parla di sicurezza, ma proprio le conseguenze della Legge 194 sono insabbiate e falsificate. L’ultima relazione annuale del Parlamento sull’applicazione della norma, infatti, è stata una mera formalità, con statistiche incomplete e fuorvianti e dati palesemente copiati e incollati da quella del 2018» ha denunciato Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita & Famiglia. «è preoccupante e drammatico l’incremento delle complicanze immediate dell’aborto farmacologico, di ben il 2% in più nel 2019 e di dieci volte superiori a quelle registrate per tutte le oltre 70mila interruzioni volontarie di gravidanza chirurgiche dello stesso anno. È questo quello che vogliamo?Una società che uccide i propri figli? Una società senza futuro?».

«Altro che aborto sicuro – conclude Brandi – condanniamo questa pratica abominevole e omicida in tutte le sue forme, anche nella somministrazione “fai da te” della Ru486 in day Hospital. Questa scelta, infatti, non è mai indolore perché comporta contrazioni dolorosissime ed emorragie e qualsiasi dato è sottostimato se pensiamo che decine e decine di morti sono certificate solo dopo le rare, e costose, autopsie che vengono richieste».

Fonte: https://www.provitaefamiglia.it/blog/giornata-aborto-sicuro-pvf-lunica-sicurezza-e-la-morte-del-bambino-mentre-i-dati-sulla-legge-194-sono-falsati

Covid, il dato del Regno Unito spaventa il mondo: nei vaccinati il tasso di letalità è più alto che nei non vaccinati

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Fonte: Fabrizio Fratus

Covid, nel Regno Unito il tasso di letalità è più alto tra i vaccinati che tra i non vaccinati: i dati che spaventano il mondo
Il Regno Unito è uno dei Paesi al mondo che ha completato per primo, insieme a Israele, la campagna vaccinale raggiungendo numeri elevatissimi di popolazione vaccinata (oltre il 70% dell’intera cittadinanza, più del 90% dei maggiorenni con più di 18 anni) già la scorsa primavera. Tuttavia la vaccinazione di massa non è bastata ad evitare la nuova ondata estiva provocata dalla variante Delta, che ha nuovamente riempito gli ospedali britannici di malati e portato la media dei morti giornalieri nelle ultime due settimane ad oltre 110 vittime ogni 24 ore.
Nei giorni scorsi il governo britannico ha pubblicato il consueto bollettino mensile con l’analisi dettagliata dell’andamento epidemiologico. Il documento originale è il seguente:

https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1012644/Technical_Briefing_21.pdf se

Nel bollettino vengono fornite le analisi degli gli effetti delle varie varianti del virus nel Regno Unito in un sottoinsieme di pazienti covid in cui il genoma è stato identificato. La tabella 5 (pagina 22 e 23) si riferisce alla variante delta che ora è dominante. La tabella fornisce i dati di contagi, ricoveri e decessi per stato vaccinale e riporta quanto segue:

Non vaccinati: 183.133
Vaccinati con ciclo completo: 73.372
Totale morti dal 15 Febbraio al 15 Agosto:

Non vaccinati: 390
Vaccinati con ciclo completo: 679
Tasso di letalità (percentuale di morti tra i contagiati):

Non vaccinati: 0,21%
Vaccinati con ciclo completo: 0,92%
Quindi, visti così i dati, sembrerebbe che i vaccinati hanno una più alta probabilità di morire in caso di contagio rispetto ai non vaccinati. Ma il dato potrebbe essere fortemente condizionato dall’età dei contagiati, perchè sappiamo che i giovani non hanno gravi conseguenze dal Covid e quindi un alto numero di contagi tra i giovani non vaccinati potrebbe condizionare il tasso di positività. Fortunatamente nella tabella fornita nel documento del governo britannico i dati sono anche differenziati per due fasce d’età: under 50 e over 50. E allora possiamo approfondire meglio:

Totale contagiati dal 15 Febbraio al 15 Agosto:

Non vaccinati under 50: 178.280
Non vaccinati over 50: 4.891
Vaccinati con ciclo completo under 50: 40.544
Vaccinati con ciclo completo over 50: 32.828
Totale morti dal 15 Febbraio al 15 Agosto:

Non vaccinati under 50: 72
Non vaccinati over 50: 318
Vaccinati con ciclo completo under 50: 27
Vaccinati con ciclo completo over 50: 652
Tasso di letalità (percentuale di morti tra i contagiati):

Non vaccinati under 50: 0,04%
Non vaccinati over 50: 6,5%
Vaccinati con ciclo completo under 50: 0,06%
Vaccinati con ciclo completo over 50: 1,99%
Questo dato è molto importante perchè da un lato documenta l’efficacia dei vaccini per la riduzione del rischio da Covid nelle persone con più di 50 anni, seppur non in modo trascendentale, mentre dall’altro certifica come i giovani abbiano addirittura un aumento del rischio di morte da Covid nel caso in cui siano vaccinati.
L’efficacia dei vaccini è messa fortemente in discussione da questi dati: se vi dicessero che in caso di contagio potreste ridurre il rischio di morte dal sei al due per cento, cambierebbe significativamente la vostra preoccupazione nei confronti del virus? Ebbene, il risultato delle vaccinazioni di massa è nel Regno Unito la riduzione del rischio di morte in caso di contagio da Covid proprio dal 6,5% all’1,99% per gli adulti e anziani (over 50 anni). Una riduzione del rischio, seppur minima.
Al contrario, nel caso dei giovani (under 50 anni) il tasso di letalità (percentuale di morti sui contagiati) aumenta per chi ha ricevuto il vaccino (0,06%) rispetto a chi non ha ricevuto il vaccino (0,04%).
Molti esperti, come Peter McCullough, avevano già annunciato uno scenario di questo tipo argomentando già dai mesi scorsi come i vaccini sperimentali stessero danneggiando in generale la salute delle persone e anche se efficaci per la protezione dalla prima variante del virus (che adesso non circola più), non lo sarebbero stati altrettanto per le altre varianti con il rischio che se infettati da queste ultime sarebbe stato più difficile sopravvivere all’infezione perché nel frattempo il sistema immunitario era stato danneggiato dal vaccino.
La cosa più allarmante è che adesso i vaccini, con il passare dei mesi, perdono ulteriore efficacia proprio rispetto al contagio: ecco perchè la terza dose si rende necessaria per le persone fragili e debilitate (come accade da sempre, ogni anno, per l’influenza stagionale) mentre sarebbe opportuno evitare di continuare a vaccinare i giovani sani che già di base non hanno rischi dal Covid. Già in Italia avevamo documentato un sensibile aumento del tasso di letalità tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati negli over 80. Questi numerosi segnali d’allarme che arrivano dal mondo basteranno per aprire gli occhi ai governi?
https://www.meteoweb.eu/2021/08/regno-unito-tasso-di-letalita-vaccinati-non-vaccinati/1717671/

PS
SARS-CoV-2, identificata una nuova variante in Sudafrica: “ha maggiore trasmissibilità e maggiore capacità di eludere gli anticorpi”
Identificata in Sudafrica, una nuova variante di SARS-CoV-2 che ha un preoccupante numero di mutazioni: ha “una maggiore trasmissibilità” e una maggiore abilità di eludere gli anticorpi
Allora prenotiamo scorte  la 4 dose!
l’Italia è ancora oggi il paese con il più alto tasso di morti per milione di abitanti.
SPERANZA CON I SUOI ESPERTI HANNO FALLITO E NON È UNA QUESTIONE POLITICA MA DI VITA O MORTE

Presto i bianchi saranno minoranza: i dati che sconvolgono gli USA

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di Francesco Boezi

Il censimento del 2020 – quello messo a punto dal Us Census Bureau – racconta di un’America in progressiva e costante mutazione. Dalle statistiche demografiche, in un certo senso, è possibile trarre pure qualche conclusione previsionale di tipo politico. Nel senso che, interpretando un censimento, emerge quali sono le fasce di popolazione in ascesa e quali quelle in calo. Il che è utile anche per capire chi, tra i due partiti che compongono il bipolarismo americano, parta da una situazione di vantaggio per il prossimo futuro. Le statistiche, nel caso del 2020, non sono del tutto definitive. Ma qualche informazione utile già c’è.

L’idea dell’America come uno spazio geografico per lo più vuoto non è in discussione. Ma esiste una migrazione interna verso le grandi città. Un fenomeno immortalato dall’ultimo censimento che merita di essere registrato. Di sicuro, la globalizzazione spinge i cittadini statunitensi verso le grandi metropoli urbanizzate. L’economia – questo è un paradigma che vale per tutto l’Occidente – sta accentrando i processi economici all’interno di pochi e selezionati luoghi. L’elemento inaspettato, se c’è, è quello appena descritto degli spostamenti. Perché il resto, ossia la crescita verticale in percentuale delle cosiddette minoranze, è telefonato ormai da qualche decennio. Così come la diminuzione della popolazione bianca.

Gli afroamericani costituiscono quasi il 20%. Si tratta di un trend demografico che prosegue da un po’ e che sembra favorire, per via della tradizione elettorale della comunità afroamericana, i Democratici di Joe Biden e Kamala Harris. Non per il 2020, che è ormai acqua passata, ma per l’avvenire politico-elettorale, già a partire dal prossimo appuntamento delle elezioni di metà mandato. Non è un caso, del resto, se i Repubblicani si interrogano da tempo sul come rinnovare il loro rapporto con le minoranze. Chi vorrebbe ridimensionare Donald Trump pensa che un leader meno aggressivo dal punto di vista ideologico possa contribuire ad una modifica della narrativa.

Qualcosa che sarebbe decisivo per aprirsi nei confronti delle minoranze. Trump si è affermato tra gli ispanici, che nel 2020 – come riporta lo specchietto del Metropolitan Policy Program – rappresentano il 12.1% del totale – ma non riesce ad intraprendere un percorso di dialogo con buona parte dei cittadini di colore, che continuano a preferire l’opzione Dem. Questo è stato vero in entrambe le circostanze in cui The Donald si è candidato a presidente degli Stati Uniti. Virare verso il centro, per una certa parte del GOP, è considerato un obbligo. Perché i trend demografici sono senz’appello. E lo spettro di numerose sconfitte consecutive si è già palesato.

Capiamoci: non è si tratta di escludere in maniera aprioristica una futura affermazione da parte dei Repubblicani. Perché la storia non procede mediante certezze così granitiche. Però il fatto che le minoranze votino per lo più per i Dem, in combinato disposto con la crescita numerica di afroamericani ed ispanici, corrobora l’ipotesi di un avvenire complesso per il GOP. In contemporanea con le altre casistiche, è semplice notare una discesa statistica della popolazione bianca, che nel 1980 si aggirava attorno all’80% e che oggi si ferma a meno del 60%. I bianchi peraltro – come ripercorso dall’Adnkronos – sono già la minoranza dei giovani americani. In quella particolare fascia d’età, le persone di colore arrivano a quasi il 60% del totale . E questa potrebbe divenire la fotografia sull’intera popolazione da qui a qualche anno. Gli altri numeri, ad esempio quelli relativi alle persone di origine asiatica, crescono in maniera più lenta, ma avanzano comunque.

Provando a fare qualche ragionamento, si potrebbe dire che per i Dem, il punto di domanda, resta quello attorno al programma economico-lavorativo da proporre al loro elettorato. La crescita delle minoranze può, e Bernie Sanders ne è stata una dimostrazione, mettere in crisi il modello economico liberal-liberista. Almeno dal punto di vista delle preferenze espresse dal basso in materia economica. Sulla dialettica con le minoranze, però, di dubbi non ce ne sono. Mentre per i Repubblicani, come premesso, la vera questione da risolvere è proprio quella.

 https://it.insideover.com/senza-categoria/perche-il-nuovo-censimento-usa-interroga-il-gop-sul-suo-futuro.html

 

Zangrillo: “I bollettini sul coronavirus? Mistificazioni. Le terapie intensive sono vuote”

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di Davide Romano

Milano, 3 ago – Il professor Alberto Zangrillo torna a parlare. Dopo le polemiche per la sua partecipazione al convegno organizzato da Sgarbi in Senato (quello che Repubblica con il consueto savoir faire ha definito dei “negazionisti del Covid”), il primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale e Cardio-Toraco-Vascolare dell’ospedale San Raffaele di Milano in una intervista alla Verità fa il punto sulla pandemia con la consueta verve. “Far credere alla gente che “contagio” sia uguale a “malattia” è una enorme mistificazione. Questo bollettino quotidiano diffuso dalla Protezione civile è una incredibile mistificazione. Come posso considerare “gravi” i casi dei pochi che in questi giorni sono avviati a normale degenza, spesso asintomatici?”.

Zangrillo sulla polemica dei posti in treno

Da settimane Zangrillo ribadisce come il prolungamento dello stato d’emergenza non abbia senso, spesso attraverso polemiche piuttosto dure. Questo però, come lui stesso sottolinea nell’intervista a Luca Telese, non significa che non ritenga utili mascherine e distanziamento sociale. Questo lo Zangrillo pensiero in merito all’ultima diatriba sui posti da occupare sui treni: “Ho sempre invocato il rispetto delle regole e del buon senso. Per me tutti i sedili occupati da gente educata e responsabile valgono più di mille posti liberi. In altre parole il problema vero non è se li occupi ma chi li occupa e come”.

Dobbiamo imparare a convivere col virus

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Scritto e segnalato da Maurizio Blondet

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