Il principe, le pecore e la leadership

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QUINTA COLONNA

In un mondo in cui tutti sembrano voler comandare, ritenendosi capaci di farlo, troviamo interessante proporre questo articolo ed altri in link in fondo, che sono consigli utili. Anche a rassegnarsi, se non si possiedono troppi di questi requisiti e anche se i vari sistemi pongono persone inadeguate in posti di comando o di rilievo, perché l’umiltà non è mai troppa e fare un passo indietro non è sempre un segnale di debolezza ma di maturità… (n.d.r.)

di Edoardo Lombardi

Ecco un breve racconto stimolante sulla leadership che dovresti leggere per cominciare un percorso che potrà portarti a essere un manager migliore.

PICCOLA STORIA INSEGNA

C’era una volta un importante regno, che era governato da un principe, il quale ereditò lo scettro dopo la morte di suo padre.

Dopo alcuni mesi del suo governo, le cose cominciarono a metterlo seriamente alla prova. La siccità causò gravi perdite agli agricoltori, uccise molti animali, uccelli e piante preziose nella foresta. E seguì poi una epidemia sconosciuta che tolse la vita a molte persone.

Poi, trascorso del tempo, le cose iniziarono lentamente a migliorare. Ma, prima che potessero riprendersi completamente, un re nemico aggredì il regno, ne prese il controllo, uccidendo alcune persone e imprigionandone molte. Il giovane re riuscì in qualche modo a fuggire e cercò di incontrare un suo amico d’infanzia che era re di un regno vicino.

Nel mentre, rifletteva su come tutte queste cose negative potessero essergli successe. Era nato e cresciuto per essere un re di un regno potente e ricco, ma ora aveva perso tutto. Si convinse di avere avuto molta sfortuna perché nulla di simile era successo a suo padre o a qualunque altro re che egli conoscesse.

Al suo re amico raccontò tutte le cose che gli erano accadute. Dopo aver ascoltato la sua storia, il re amico ordinò di dargli un gregge di 100 pecore. Il giovane re fu sorpreso perché si aspettava molto di più. Non voleva fare il pastore. Ma non avendo alternative accettò l’offerta.

La sorte però gli era chiaramente avversa e dopo alcuni giorni, mentre pascolava il suo gregge, un gruppo di lupi lo assalì e uccise tutte le pecore. Mentre i lupi attaccavano, il giovane re scappò da quel luogo.

Tornò dal suo amico re e chiese aiuto. Questa volta ricevette 50 pecore. Ma di nuovo non riuscì a proteggerle dai lupi. La terza volta, gli furono date solo 25 pecore. Adesso il giovane re si rese conto che, se non trovava un modo di proteggere il suo gregge dai lupi, non avrebbe ricevuto più alcun aiuto dal suo amico.

Allora studiò attentamente il posto in cui il gregge risiedeva e individuò le aree di attacco dei lupi. Aggiunse recinzioni e pose guardie all’intorno. Poi continuò a monitorare i luoghi e a parlare con tutte le persone con esperienza per imparare i trucchi per proteggere il gregge. Dopo qualche anno, il suo gregge era diventato di 1000 pecore.

Con tanta soddisfazione andò a incontrare il re suo amico e gli raccontò che cosa aveva realizzato. Dopo averlo ascoltato, il re amico ordinò ai suoi ministri di affidargli un intero Stato da governare. Sorpreso da tutto questo, allora chiese: “Perché non mi hai dato lo Stato da governare quando sono venuto da te per la prima volta a chiedere aiuto?”

Il re amico rispose: 

La prima volta che sei venuto da me per chiedere aiuto, la tua mentalità era quella di essere nato e cresciuto per essere un leader. In realtà tu eri assolutamente lontano dal comportarti come tale. È vero che sei nato nella ricchezza e hai conosciuto orgoglio e potere, ma non sei mai stato adeguatamente istruito e addestrato per guidare il tuo patrimonio e la tua gente. Quindi, quando ti ho dato il gregge, ho aspettato che imparassi come gestire gli altri. Caro amico, solo ora credo che tu sia pronto a guidarli!

MORALE DELLA STORIA: Nascere in una famiglia potente o essere un manager in una posizione elevata non ti rende automaticamente un leader. 

Ma essere responsabile di altri come re di uno stato o manager di una squadra o CEO di un’azienda e non fare nulla per guidare le persone a te affidate non ti rende un capo da seguire. Ti suggerisco di conoscere meglio la tua gente e di conquistare i loro cuori e le loro menti: e allora sarai anche un leader.

LEZIONI DA IMPARARE

Un primo passo verso il miglioramento della tua leadership

Quando Niccolò Machiavelli nel 1513 scrisse per primo sul tema del rischio e della difficoltà di esercitare il ruolo di guida di uomini (“Il Principe”), forse non si sarebbe mai aspettato che l’argomento sotto il nome anglosassone di “leadership” avrebbe avuto la diffusione che ha oggi.

Oggi infatti il significato della parola “leader” è universalmente conosciuto, o nei semplici termini dell’Oxford Dictionary: “il leader è una persona che gli altri seguono”, o nel modo più esauriente prescelto dal Prof. R.J. House, uno degli studiosi americani più noti in materia, il quale lo definisce come

“un leader è un individuo capace di mettere in condizione gli altri di contribuire al successo dell’organizzazione di cui tutti loro fanno parte”.

L’importanza della leadership nei nostri giorni si manifesta prepotentemente in un’ampia gamma di gruppi e di strutture, dalle aziende alle famiglie, nella politica come nello sport; e può essere:

  • “formale” in virtù del possesso di un ruolo riconosciuto, o
  • “informale” sulla base di legami e relazioni personali.

Tutti noi, in un modo o nell’altro, abbiamo la possibilità e talvolta la necessità di esercitare la leadership.  

E la leadership è considerata uno degli ingredienti più importanti del successo. Anche se è opportuna una precisazione: il successo è variegato e va da quello nel “fare” a quello nel “far fare”.

Se ci guardiamo attorno, notiamo che gli atleti più dotati non sempre riescono a essere poi allenatori di grido, un grande violinista o pianista non necessariamente diventerà un buon direttore di orchestra. Ci riusciranno solo quelli dotati di “leadership”, cioè di una serie di attributi e di qualità comportamentali che permettono di guidare gli altri nella realizzazione della performance, piuttosto che realizzare personalmente la performance medesima.

Questi attributi spesso sono innati mentre le qualità comportamentali il più delle volte sono apprese. Perciò è importante capire:

  1. da un lato, se una persona è dotata per “esercitare la leadership”
  2. e dall’altro, “quali qualità deve apprendere” per essere un buon leader.

John Pepper, che per 16 anni è stato ai vertici di Procter&Gamble (Presidente, CEO e Chairman), ha fatto un’apprezzabile selezione di questi aspetti, individuando sei Attributi Chiave e cinque Qualità Comportamentali, che sono determinanti al fine di essere “leader”.

I 6 Attributi Chiave del Leader secondo John Pepper

  1. Possedere un forte carattere personale, partendo dall’integrità.
  2. Credere profondamente e appassionatamente negli scopi dell’organizzazione.
  3. Impegnarsi a fondo e dare sempre un forte contributo personale.
  4. Questionare costantemente lo status quo e cercare sempre il miglioramento.
  5. Coltivare la fiducia e il rispetto per gli altri e il desiderio del loro sviluppo.
  6. Perseguire e difendere ciò in cui crede con saggezza, coraggio e perseveranza.

Leggendoli appare chiaro che questi attributi sono in buona parte da ritenersi “innati” o generati nel corso dei primi anni di vita.

Le 5 Qualità Comportamentali del Leader secondo John Pepper (le 5 “E”)

  1. Immaginare in modo chiaro il futuro come se lo avesse davanti a lui. (Envision: “prevedere ciò che sarà per adattare ad esso il modello di business”)
  2. Riportare all’attività e o alla vita qualcosa, latente o fermo nel suo sviluppo. (Energize: “ispirare e ricaricare i collaboratori”)
  3. Rendere gli altri capaci di conseguire i risultati. (Enable: “realizzare le condizioni necessarie all’organizzazione per raggiungere i suoi obiettivi”)
  4. Instaurare relazioni e collaborazioni di qualità. (Engage: “costruire rapporti di lavoro basati sulla fiducia e il rispetto”)
  5. Realizzare completamente ciò che esiste nei piani. (Execute: “portare a compimento ciò che si è programmato”)

Esse sono prevalentemente acquisibili con un impegno costante e, soprattutto, con la pratica.

LESSON LEARNED

Concludo citando una efficace sintesi di tutto ciò, attribuita a John C.Maxwell, un famoso autore americano che ha molto approfondito il tema della leadership:

Un leader è uno che conosce la strada, segue la strada e mostra la strada“.

Questo e altri contenuti per la crescita personale e manageriale su V+, il magazine dedicato alle Pmi. Scarica il tuo numero qui:

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Bannon vuole conquistare la Ue con The Movement

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Avviso ai naviganti. Bannon vuole conquistare la Ue con The Movement

di Francesco Bechis

L’ex capo stratega di Donald Trump confida a The Daily Beast i dettagli del nuovo partito populista europeo. Dentro Le Pen e Farage, ma un posto d’onore è riservato a Matteo Salvini

Un’armata populista in marcia verso Bruxelles per ottenere la maggioranza all’Europarlamento e sconfiggere una volta per tutte “il partito di Davos”. Una Fondazione per i populisti, che dia linfa alla campagna elettorale per le elezioni europee del 2019 e metta insieme la crème de la crème dell’antiestablishment italiano, austriaco, tedesco, francese, britannico. Un’organizzazione che sfidi a colpi di fioretto Open Society, la fondazione pro-migranti del miliardario George Soros, l’Idra a sei teste per gli amanti di congiure e complotti. Il sogno di Steve Bannon comincia a prendere forma. Dopo aver espugnato la Casa Bianca l’ex capo stratega di Trump, allontanato con disonore dal Tycoon, si è messo al lavoro 24H per ripetere l’esperimento in Europa. E se un diffuso clichè vuole che il sequel di un film difficilmente ottenga lo stesso successo dell’originale, la sfida europea di Sloppy Steve può essere l’eccezione che conferma la regola.

The Daily Beast, dopo aver sentito Bannon, ha rivelato i primi dettagli. Si chiamerà The Movement, sarà un partito di destra (ma non disprezzerà l’apporto di voci diverse, purché il nemico resti lo stesso: le èlites europee), avrà il suo quartier generale a Bruxelles e sta già cercando staff per dare il via alle danze. I soldi non saranno un problema. Bannon non se ne cura più di tanto, è ancora incredulo che la campagna del Leave per la Brexit abbia raggiunto l’obiettivo con un budget di 7 milioni di sterline: “Quando mi hanno detto che il tetto di spesa era di 7 milioni gli ho detto ma intendete 70 milioni?? Con 7 milioni non ci compri nulla. Non ci compri i dati Facebook, non ci compri la pubblicità, niente”.

A Londra, nel lussuoso hotel Mayfair, l’incontro che ha siglato l’inizio della nuova avventura politica. Assieme a Bannon e Raheem Kassam, ex capo staff di Nigel Farage e direttore di Breitbart, si è presentata una nutrita delegazione dei movimenti antiestablishment europei. C’era lo stesso Farage, Jerome Rivière del Rassemblement National (Ex Front National), Filip Dewinter del fiammingo Vlaams Belang, il congressman repubblicano Paul Gosar (inviato del potentissimo Freedom Caucus, gruppo di conservatori pro-Trump che Bannon vuole avere dalla sua).

E poi volti non proprio rassicuranti, esponenti di spicco di partiti di ultra destra come Sweden Democrats e True Finns che inizialmente dovevano restarne fuori ma in extremis Bannon ha fatto rientrare perché “perfetti per il ruolo”. Non ci sono notizie di un coinvolgimento della Lega nella riunione londinese. Ci sono poche chances però che lo stratega più odiato d’America non imbandisca la tavola con il piatto più prelibato, la Lega di Matteo Salvini che sta scalando i sondaggi e conquista ogni giorno i riflettori a suon di respingimenti in mare. Bannon nutre una vera ammirazione per il ministro dell’Interno italiano. E se un posto nella dirigenza del Movement per Le Pen e Farage è giá blindato, difficile che rimanga fuori il segretario leghista, che al momento ha un peso specifico ben diverso e un po’ conosce le dinamiche di Strasburgo. A dissipare i dubbi ci pensano le parole di Matteo Salvini in una recentissima intervista al Washington Post, cui ha detto di voler “mettere insieme un gruppo che ottenga la maggioranza al Parlamento Europeo”.

I tempi sono maturi già da un po’. La debacle del Front National, il movimento di ultra destra guidato da Marine Le Penin cui Bannon aveva riposto tante speranze, sembrava aver allontanato una volta per tutte il pericolo di un’internazionale populista pronta a espugnare Bruxelles. Ma in poco meno di un anno l’ascesa delle forze euroscettiche in Austria, Olanda e Germania e il clamoroso exploit di Lega e Cinque Stelle del 4 marzo hanno riaperto la partita. Nel frattempo Bannon ha perso due lavori (alla Casa Bianca e a Breitbart news, l’emittente all news cara al far -right che lui stesso ha fondato) e ne ha guadagnato uno nuovo, non meno redditizio: mettere tempo, denaro e expertise al servizio di un nuovo movimento populista europeo.

Ne avevamo avuto sentore due mesi fa, quando ha fatto tappa a Roma in un tour europeo degno di una rockstar, esplodendo in un entusiasmo irrefrenabile per l’imminente nascita di un governo gialloverde, coronamento di un sogno che Bannon avrebbe voluto realizzare oltreoceano, per sua stessa ammissione, unendo all’irruenza di Donald Trump il carisma di Bernie Sanders. Poco male, la vita gli ha offerto un’altra occasione, e anche questa volta il vento tira a suo favore. Tic-tac, le lancette corrono, le europee si avvicinano e gli euroscettici hanno un jolly dalla loro parte. Chi vuole un’Europa diversa, liberale, moderata è avvisato: per fermare il ciclone Bannon servirà qualcosa di più di qualche bandiera blustellata per le strade di Bruxelles.

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Misteriosa morte di un giornalista che investigava sui finanziamenti di Soros ai gruppi antifa in Europa

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Sembra ormai sulla via dell’archiviazione la morte del giornalista investigativo Bechir Rabani, che si era infiltrato nei gruppi violenti di sinistra come gli antifa ed era  stato trovato morto nel dicembre 2017, poco dopo aver presentato delle denunce sui finaziamenti occulti del finanziere globalista George Soros a queste organizzazioni.

Bechir Rabani, 33 anni, di origine palestinese, con passaporto svedese, era un giornalista indipendente e blogger molto conosciuto in Svezia per le sue inchieste e per le sue rivelazioni circa le collusioni fra i settori dell’alta finanza e le organizzazioni pro immigrazione che operano in Europa. Alcune delle sue inchieste avevano suscitato reazioni ed attacchi dagli ambienti della sinistra mondialista e dai media ufficiali che lo accusavano di “complottismo”.

I sui amici avevano scritto di lui “”Bechir era un combattente caparbio che ha sperato nella giustizia e che senza esitazione ha difeso tutti quelli che non potevano o non osavano. Ricorderemo Bechir per la sua energia, la sua forza trainante e non da ultimo per il suo lavoro”. Continua a leggere

“Né sfruttati, né bamboccioni”. Esce oggi il nuovo libro di Francesco Cancellato, direttore de Linkiesta.it

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Segnalazione Linkiesta

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 “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia”

Il nuovo libro di Francesco Cancellato, direttore de Linkiesta.it, da oggi in libreria

Tutti i paradossi della questione generazionale in Italia: formazione, lavoro, welfare e gender gap nell’era dei millenials

In un contesto mondiale in cui tutto sembra volgere a favore dei giovani – l’avanzamento tecnologico, la predisposizione alla flessibilità, la sfida delle nuove competenze per un’industria 4.0 – l’Italia si configura come un’anomalia. Le scelte politiche compiute in diversi campi, dall’istruzione alle riforme del lavoro, dalle politiche per diminuire il gender gap al welfare, non hanno favorito la stabilizzazione dei giovani italiani nel mercato, anzi hanno aumentato la distanza tra scuola e lavoro, accrescendo a tal punto la sfiducia nei confronti della formazione da dar vita al triste fenomeno dei neet. Il saggio invita ad assumere il carattere olistico della questione generazionale che è il centro nevralgico attorno al quale si addensano molti, se non tutti, i problemi italiani. Risolverla è un imperativo categorico e morale pena il tracollo dell’intero welfare e il serio rischio che le generazioni a venire vivano, per la prima volta, una vita peggiore di quella dei loro padri.

L’autore: Francesco Cancellato, è direttore del quotidiano online Linkiesta.it e opinionista in numerose trasmissioni televisive e radiofoniche.
Per Egea – UBE è autore di Fattore G: perché i tedeschi hanno ragione (2016).

EGEA € 16,00 – pagg. 144

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