Una Cappa ci impedisce di pensare

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QUINTA COLONNA

Ci si sente come don Abbondio, un “[…] vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro […], ma in questo secolo non si parla più di bravacci, di soprusi tangibili, chiaramente additabili, bensì di un clima impalpabile che permea tutto e se ne impossessa subdolamente, una brodaglia di mainstream e di politically correct che monitora attentamente che cosa sia giusto dire, fare. Non è semplice comprendere il contesto e sembra quasi che il nostro obiettivo sia ormai solo quello di ammaccarci il meno possibile e arrivare indenni alla fine della storia.

È il principio della rana bollita di Chomsky e, in fondo, ne siamo tutti consapevoli, d’altronde è così piacevolmente tiepido questo consoChomsky, rana bollita, salute, involucro, spirito, libertà, pensiero liberommé che non vale la pena scalpitare più di tanto e deglutire. Che qualcuno si prenda la responsabilità, di grazia!  Non io che non posso, ho troppo o nulla da perdere.

Marcello Veneziani ne La Cappa, suo ultimo saggio, lo fa, si prende questa responsabilità e da libero pensatore ci aiuta a osservare il presente: “Una Cappa ci opprime, la sua densità ci impedisce di vedere oltre, di leggere dentro. […] Esiste solo ciò che è dentro, tutto è inglobato, e chi vorrebbe esserne fuori, alla fine viene fatto fuori; non espulso, ma evacuato, e non in un altrove, ma nel vuoto dell’inesistenza, cancellato. La nuova inquisizione censura e corregge”.

Le fasi acute della pandemia ci hanno obnubilato, ma la cappa non è solo pandemica. C’era già prima, ma, come Proteo, si adatta ai tempi, alle paure del momento, chiude i cuori e le menti servendosi di elementi nuovi. È un’impalpabile e moderata condizione che brutalmente non permette l’oppure, l’alternativa “Eppure la vita, l’intelligenza, la libertà nascono proprio dalla possibilità d’alternativa. L’intelligenza è la spada che salva o almeno perfora la Cappa asfissiante”.

Si parla di ambiente non di Natura

Grandi temi etici e sociali sono stati delineati proprio escludendo a priori idee alternative; pensiamo all’ambiente, una definizione asettica, neutra, pulita dal terriccio, che prescinde dalla Natura intesa nella sua completezza: “Perché si parla di ambiente anziché di Natura? La Natura è la realtà che noi non abbiamo creato ma che abbiamo trovato, e non dipende da noi. La Natura è un nome antico, originario che comprende con il pianeta tutti i suoi abitanti, compresi noi umani e in quanto tali ci troviamo di fronte alla malattia, alla guerra, a fare i conti con la morte, con quel mistero che abbiamo allontanato al punto da non pensarci più: “L’accettazione della morte come orizzonte della vita è l’unico modo per vivere in libertà, coraggio e dignità, senza paura. Amor fati”.

Attenti solo alla salute dell’involucro

Spaventati, ci siamo così isolati e separati dal nostro io e dagli altri, badiamo alla salute dell’involucro, ci riflettiamo narcisisticamente e onanisticamente allo specchio, curando le sopracciglia e trascurando lo spirito, abbiamo perso la passione e l’attrazione, troppo compromettente e rischioso, preferiamo rinunciare all’amore e ai legami intensi perché comportano dolore, non sono totalmente controllabili. “Il vero organo sessuale è lo smartphone. […] Chi ama se stesso sopra ogni cosa, chi vive nel proprio riflesso, fino ad autoritrarsi di continuo (selfie made man), si defila da ogni rapporto o legame per dedicarsi al culto di sé.” È una storia senza sugo, una mortadella vegana: “Propter vitam vivendi perdere causas, diceva Giovenale, per salvare la vita perdiamo le ragioni della vita stessa”.

Politicamente corretto

Usiamo le parole giuste e il lessico è sorvegliatissimo, ma deformato; cancelliamo ciò che è fuori dai parametri 2030, cancelliamo la storia, perché è imperfetta, anzi, estremamente imperfetta: “Ci sono due modi per stuprare la storia: forzarla nell’attualità o cancellarla fino a negarla. […] C’è una cappa che impedisce ormai di vedere liberamente il passato, gli autori classici e soprattutto la storia, i suoi personaggi ed eventi. Quella cappa cancella tutto quel che non è compatibile, non omogeneo all’oggi. È l’insofferenza per ogni vera differenza: è permessa la variabilità, non la varietà. […] Eleva un punto di vista ad assoluto e perenne: tutto viene relativizzato rispetto a quel punto di vista e tutto può essere rimosso e cancellato in suo nome” Il nostro tempo diventa allora protagonista assoluto e non riconosce altre autorità all’infuori di se stesso.

Bisogna stare attenti a fare le battute, anche con i colleghi, l’ironia è bandita, perché è bandito il contesto, il tessuto complesso e intelligente di strati e registri diversi, in cui un sorriso, un’occhiata aggiustava il peso della parola; ora invece solo gli emoji ci salvano.

Si creano delle crepe, tuttavia, nella cappa e nonostante vengano per lo più additate e stuccate, se ne creano delle altre… e poi altre che fanno filtrare alternative, perché gli analgesici e i palliativi non bastano e la verità si fa spazio, sempre. Nei varchi di dolore, negli spazi di realtà si ode la voce di chi non ha smesso di esercitare un pensiero libero: “E se invece compito del pensatore fosse contraddire il corso dell’epoca, scoperchiare la cappa? […] Non siamo solo corpo e materia ma anche realtà invisibile e simbolica; siamo anime pensanti. Che non ci possiamo nutrire solo di scienza e di tecnica, ma anche di mito, di rito e di sacro. Che non siamo solo il frutto di evoluzione e scambi, ma anche di tradizione e di eredità trasmesse. Che non agiamo mossi soltanto dall’utile ma anche da scopi ulteriori: ricerca del senso, del destino, dell’avventura”.

Pensare sarebbe dunque la vera novità per il tempo che verrà.

Fiorenza Cirillo, 21 marzo 2022

Una Cappa ci impedisce di pensare

 

Populismo, sovranismo e miliardi alla povertà… il coraggio uno se lo può dare

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di Rosanna Spadini

Populismo, sovranismo e miliardi alla povertà… il coraggio uno se lo può dare

Fonte: Comedonchisciotte

All’inizio dell’ottavo capitolo dei “Promessi Sposi”, il nostro Don Abbondio, quello che il “coraggio uno non se lo può dare”, mentre stava leggendo un libro per caso, gli capita di leggere il nome di un filosofo per caso “Carneade chi era costui?”, di cui lui non conosceva nulla, se non che forse l’aveva sentito nominare almeno una volta lungo il pavido, inutile corso della sua vita.

Ora noi potremmo dire la stessa cosa… la “politica” che razza di animale è? Un sarchiapone che inquieta solo a nominarlo, o un unicorno uscito da una sorta di bestiario contemporaneo. Se la politica il coraggio non se lo può dare, a cosa serve? Ora sembra che il governo giallo/verde di coraggio ne abbia da vendere, determinato a liberarsi dalle sacche finanziarie in cui è stato cacciato.

Manovra demagogica ha detto qualche barbagianni in tour mediatico, dimenticando che invece il DEF ha rappresentato finalmente l’affermazione della politica sulla finanza, sfidando la maglia di veti e vincoli europei, che hanno contribuito ad aumentare il livello di povertà in Italia, ridotta a fanalino di coda dell’UE.
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