Il caso Polonia, tra sovranismo e libertà d’azione: la spina dell’Est nel fianco della Ue

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LETTERE DEL LETTORE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo che si trova anche su: https://www.ilmiogiornale.net/il-caso-polonia-tra-sovranismo-e-liberta-dazione-la-spina-dellest-nel-fianco-della-ue/

di Ferdinando Bergamaschi

La Polonia è uno dei 27 Stati membri dell’Unione europea. Insieme a Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia fa parte del Gruppo di Visegrád. Questo gruppo, come è noto, si è spesso scontrato con l’impostazione giuridica (e in un secondo momento anche finanziaria) dell’Unione europea.

L’ultimo caso riguarda la Polonia. La Corte suprema di Varsavia nei giorni scorsi ha infatti stabilito che alcune parti della legislazione dell’Unione Europea non sono compatibili con la Costituzione della Polonia. In questo modo, com’è evidente, si dice implicitamente che il diritto nazionale prevale su quello europeo. 

Così facendo, Varsavia pone le basi per un possibile scontro con Bruxelles. A questo proposito il giudizio della Corte polacca è chiaro: “Il tentativo della Corte europea di giustizia di essere coinvolta nei meccanismi legislativi polacchi viola le norme che rispettano la sovranità nell’ambito del processo di integrazione europea”. Ce n’è abbastanza perché molti osservatori parlino già di Polexit. 

Muri e dintorni

Quel che è certo è che la reazione dell’Unione europea non si è fatta attendere. È la stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che risponde seccamente alla Polonia: “Useremo tutti i poteri che abbiamo in base ai trattati per assicurare il primato del diritto Ue su quelli nazionali incluse le disposizioni nazionali. È quello che gli Stati membri hanno sottoscritto, come membri dell’Unione europea”. 

In questo clima, che ha visto scendere in piazza anche i polacchi pro Bruxelles, si inserisce un’altra questione spinosa che riguarda ancora una volta direttamente Varsavia. Infatti il Governo guidato da Mateusz Jakub Morawiecki, insieme con altri 11 Paesi dell’Ue (molti dei quali già satelliti dell’impero sovietico più Danimarca, Grecia e Cipro), nelle scorse settimane ha inviato alla Commissione europea una lettera con la richiesta che Bruxelles finanzi la costruzione di muri anti-migranti.

Lapidaria è stata a questo riguardo la risposta da Bruxelles: fate come volete ma non con i soldi comuni. E su questa linea di difesa dei confini nazionali Varsavia, peraltro, ha deciso di prolungare lo stato d’emergenza alla frontiera con la Bielorussia mobilitando migliaia di militari per frenare il flusso di migranti messi (appositamente o meno) in fuga dal regime di Lukashenko. 

È evidente comunque che il nodo della questione è sempre lo stesso: quale sia la capacità dell’Unione europea di risolvere problemi che pur riguardando singoli Stati nazionali riguardano al tempo stesso il fondamento della sua stessa unità ed esistenza.

Est Europa in mezzo al guado

Da un certo punto di vista si può dire che l’imperialismo sovietico era più “nazionalista” di quanto non lo è stato l’imperialismo occidentale. Se infatti la feroce egemonia dell’Urss si basava sul concetto nazionalista della “grande madre patria russa”, l’egemonia o, per meglio dire, l’influenza occidentale era in gran parte fondata sul concetto, internazionalista per eccellenza, di dominio della finanza; e la finanza, per definizione, non ha né patria, né nazione, né terra d’origine. 

Per quanto, quindi, gli stati dell’Est Europa guardino giustamente con orrore alla passata dominazione sovietica, negli stessi è però rimasta una matrice nazionalista. Questo perché il regime stalinista e post-stalinista non era fondato sulla finanza bensì sulla burocrazia, la quale, rispetto alla finanza, quantomeno riconosce l’appartenenza ad una nazione.   

D’altra parte, però, l’Occidente liberaldemocratico, dopo la caduta del muro di Berlino, poteva garantire a quegli Stati una libertà d’azione per i singoli cittadini enormemente superiore rispetto a quella che garantiva la gabbia sovietica.

Ecco allora che quei popoli – e la Polonia ne è l’esempio più lampante – una volta venuta meno la cortina di ferro, si sono trovati in mezzo a due pulsioni: quella della rivendicazione della loro coscienza nazionale che l’Urss, malgrado tutto, non aveva soppiantato; e quella della libertà d’azione che sarebbe stata garantita prima dalla Nato e poi dall’Europa, e quindi dall’Occidente nel suo complesso.  

Così si spiega la ricerca di mediazione che questi Paesi anelano, tra identitarismo con le proprie radici (sovranismo) e libertà d’azione (occidentalismo): ma questa mediazione, crediamo, sarebbe proprio un sano ed equilibrato europeismo.

Crisi demografica, l’Europa dell’Est non cede ai ricatti: “Immigrazione non è soluzione”

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Roma, 2 ott – L’immigrazione di massa è la vera soluzione alla crisi demografica dell’Europa? Ammesso che di soluzione si tratti, questa “grande sostituzione” applicata alla realtà è inutile e dannosa. Per tutta una serie di motivi, a partire dal fatto che gli immigrati invecchiano come tutti gli altri e quindi il problema di ripresenterebbe ex novo negli anni a venire. Senza poi considerare tutti gli altri costi, ivi compresi quelli previdenziali (altro che il “pagano le nostre pensioni”). Dati e circostanze che, laddove dalle nostre parti la sinistra continua a battersi in preda ad un disturbo ossessivo-compulsivo, nell’Europa dell’Est sembrano ancora essere di buon senso.

La conferenza di Budapest: meno immigrazione, più politiche di aiuto alla natalità per sconfiggere la crisi demografica

Pochi giorni fa a Budapest si è tenuta una conferenza proprio sull’inverno demografico del vecchio (potremmo dire in tutti i sensi) continente, alla quale hanno preso parte i capi di Stato e di governo delle nazioni dell’Europa dell’est. Raggiungendo un’intesa che sbugiarda la narrazione dominante e fatta propria, tra gli altri, anche dall’Unione Europa.

Leggi anche: Sostenere la natalità, non l’integrazione degli immigrati. La Ue cambi prospettiva

I leader di Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Serbia e Slovenia hanno infatti firmato una dichiarazione in cui rifiutano categoricamente di usare l’immigrazione per risolvere la crisi demografica. Impegnandosi al contrario a promuovere politiche attive per favorire la natalità. A spingere di più su questa proposta sono stati il primo ministro magiaro Viktor Orban e il suo omologo ceco Andrej Babis, i quali stanno già facendo una campagna elettorale basata su una forte opposizione all’immigrazione in vista delle elezioni che si terranno nei prossimi mesi.

Giuseppe De Santis

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/europa-est-rifiuta-grande-sostituzione-immigrazione-crisi-demografica-209091/