Paolo VI, 24 maggio 1976: “Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico”

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Celebriamo oggi la Patrona (insieme ai SS. Pietro e Paolo e a San Pio V) del Sodalitium Pianum, associazione fondata da monsignor Umberto Benigni nel 1909 per contrastare i nemici interni ed esterni della Chiesa, in particolare per applicare il programma antimodernista tracciato da san Pio X (programma del Sodalitium Pianum: http://www.sodalitium.biz/documenti/programma-del-sodalitium-pianum/ ).

In tale occasione il Centro Studi don Paolo de Töth intende rendere gloria alla SS. Madre di Dio, Aiuto dei Cristiani, proponendo la lettura e la riflessione di un Discorso tenuto durante un Concistoro da ‘San Paolo VI’ (per noi card. G.B. Montini) proprio il 24 maggio 1976, nel quale imponeva la ‘Nuova Messa’ e vietava conseguentemente la precedente.

Chi colpevolizza oggi Bergoglio di vietare la Messa ‘in latino’ sappia che ‘Francesco’ è in perfetta continuità ed armonia con un suo Santo predecessore e chi accusa quello accusa anche questo, accusando così un Santo Papa della Chiesa, che avrebbe promulgato una Messa cattiva, insegnato errori, imposto Riti inaccettabili, etc. E l’assurdo è che tutto questo sarebbe affermato da veri Cattolici…

Anche il semplice Sagrestano nella famosa Tosca di pucciniana memoria, affermava più volte, rimbrottando il Cavaradossi, con la sua peculiare voce da basso: “Scherza coi fanti, ma lascia stare i Santi!!”, che sono tali, ovviamente, solo se canonizzati da Legittimi Successori di san Pietro, aggiungiamo noi.

 

Dal DISCORSO AL CONCISTORO
DEL SANTO PADRE PAOLO VI
(lunedì, 24 maggio 1976):

 

«…coloro che, col pretesto di una più grande fedeltà alla Chiesa e al Magistero, rifiutano sistematicamente gli insegnamenti del Concilio stesso, la sua applicazione e le riforme che ne derivano, la sua graduale applicazione a opera della Sede Apostolica e delle Conferenze Episcopali, […] si allontanano i fedeli dai legami di obbedienza alla Sede di Pietro come ai loro legittimi Vescovi; si rifiuta l’autorità di oggi, in nome di quella di ieri. E il fatto è tanto più grave, in quanto l’opposizione di cui parliamo non è soltanto incoraggiata da alcuni sacerdoti, ma capeggiata da un Vescovo, da Noi tuttavia sempre venerato, Monsignor Marcel Lefebvre.

È tanto doloroso il notarlo: ma come non vedere in tale atteggiamento – qualunque possano essere le intenzioni di queste persone – porsi fuori dell’obbedienza e della comunione con il Successore di Pietro e quindi della Chiesa?

Poiché questa, purtroppo, è la conseguenza logica, quando cioè si sostiene essere preferibile disobbedire col pretesto di conservare intatta la propria fede, di lavorare a proprio modo alla preservazione della Chiesa cattolica, negandole al tempo stesso un’effettiva obbedienza. E lo si dice apertamente! Si osa affermare che il Concilio Vaticano II non è vincolante; che la fede sarebbe in pericolo altresì a motivo delle riforme e degli orientamenti Post-conciliari, che si ha il dovere di disobbedire per conservare certe tradizioni. Quali tradizioni? È questo gruppo, e non il Papa, non il Collegio Episcopale, non il Concilio Ecumenico, a stabilire quali, fra le innumerevoli tradizioni debbono essere considerate come norma di fede! Come vedete, venerati Fratelli nostri, tale atteggiamento si erge a giudice di quella volontà divina, che ha posto Pietro e i Suoi Successori legittimi a Capo della Chiesa per confermare i fratelli nella fede, e per pascere il gregge universale (Cfr. Luc. 22, 32; Io. 21, 15 ss.), che lo ha stabilito garante e custode del deposito della Fede.

E ciò è tanto più grave, in particolare, quando si introduce la divisione, proprio là dove congregavit nos in unum Christi amor, nella Liturgia e nel Sacrificio Eucaristico, rifiutando l’ossequio alle norme definite in campo liturgico. È nel nome della Tradizione che noi domandiamo a tutti i nostri figli, a tutte le comunità cattoliche, di celebrare, in dignità e fervore la Liturgia rinnovata. L’adozione del nuovo “Ordo Missae” non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma, con l’autorizzazione dell’ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che offrono il Divin Sacrificio sine populoIl nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino.

La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave danno».

(https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1976/documents/hf_p-vi_spe_19760524_concistoro.html)

Invocazione di San Giovanni Bosco a Maria Ausiliatrice

O Maria, vergine potente, tu sei grande e sublime difesa della Chiesa; tu mirabile aiuto dei cristiani; tu sei terribile come una schiera ordinata a battaglia; tu che da sola sbaragliasti tutte le eresie nel mondo intero; tu nelle afflizioni, nella guerra, nelle difficoltà difendici dal nemico e nell’eterna gioia accoglici nell’ora della morte. Così sia.

La devozione per il Papa, secondo S. Giovanni Bosco

Infine riportiamo, in questo giorno così caro a don Bosco, i suoi insegnamenti e le testimonianze della sua vita a riguardo del Papa. Allora come adesso se un Papa è un vero Papa, Legittimo Successore di San Pietro, Vicario di Cristo etc, ecco come dobbiamo rapportarci a lui, se siamo veri cattolici e non un qualsivoglia protestante.

 

Tratto da: San Giovanni Bosco, meditazioni per la novena, le commemorazioni mensili e la formazione salesiana. Autore: Sac. Domenico Bertetto SDB

Il grande amore e la indefettibile fedeltà di Don Bosco verso il Papa sono fondati sulla viva fede che lo illuminava, circa la dignità e le prerogative del Papa, facendogli vedere in lui il Vicario di Gesù Cristo, il Maestro infallibile, il supremo Pastore a cui Gesù ha affidate tutte le pecorelle del suo mistico Gregge, e che lo Spirito Santo assiste e dirige con specialissima provvidenza nel governo della Chiesa, affinché non abbia ad errare, ma invece assolva fedelmente al suo altissimo ufficio.

Un giorno Pio IX domandò a Don Bosco: «Mi amano i vostri giovani?». «Santo Padre, se vi amano? — rispose Don Bosco — vi hanno nel cuore. Il vostro nome lo portano intrecciato con quello di Dio». (VIII , 719).

La frase è ardita, ma vera. Infatti il Papa è Dio sulla terra. Gesù, dopo aver compiuta la sua missione redentrice, se ne partì, ma al suo stesso posto lasciò il Papa. E’ vero che Gesù torna e rimane in mezzo a noi nell’Eucaristia, ma in essa resta muto; ci nutre, ma non parla e non ci governa in modo visibile. A parlarci e a governarci lasciò il Papa, «il dolce Cristo in terra».

Gesù ha posto il Papa:

al di sopra dei profeti: perché questi preannunziano Gesù, mentre il Papa è la voce di Gesù;

al di sopra del Precursore: perché S. Giovanni Battista diceva: «Io non sono degno di sciogliergli i calzari», mentre il Papa deve dire: «Deo exhortante per nos, Dio parla per mezzo nostro»;

al di sopra degli angeli: a quale degli angeli ha detto: Siedi alla mia destra? A S. Pietro invece ed agli apostoli Egli ha detto: Voi sederete a giudicare le dodici tribù d’Israele.

Gesù ha collocato il Papa al livello stesso di Dio. Egli infatti dice a Pietro e ai suoi successori: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me; e chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato». (Luca, 10, 16).

Perciò al Papa non si deve solo rispetto, ma venerazione, tenendo conto della sua eccelsa dignità e delle sue prerogative di Maestro infallibile e Pastore supremo, di cui Gesù lo ha insignito.

Se i fedeli genuflettono alla sua presenza, non fanno che tradurre all’esterno il sentimento che domina la loro anima: rendere omaggio a Gesù Cristo, presente nel suo Vicario in terra.

Conoscere il Papa, far conoscere il Papa: ecco l’impegno costante di Don Bosco nei suoi studi teologici, nei suoi scritti (basta pensare ai numerosi fascicoli delle Letture Cattoliche dedicati a questo argomento), nelle sue prediche e parlate ai giovani. Ho lo stesso interesse per il Papa? Mi dò premura di conoscere i documenti pontifici? I giovani trovano in me anzitutto un maestro illuminato e convinto, che fa loro conoscere il Papa?

Amare il Papa

Ecco i sentimenti professati costantemente da Don Bosco verso il Romano Pontefice: «Se mai la mia voce potesse giungere a quell’angelo consolatore: Beatissimo Padre, io direi, ascoltate e gradite le parole di un figlio povero, ma a Voi affezionatissimo. Noi vogliamo assicurarci la via che ci conduce al possesso della vera felicita; perciò tutti ci raccogliamo intorno a Voi come Padre amoroso e Maestro infallibile. Le Vostre parole saranno guida ai nostri passi, norma alle nostre azioni. I Vostri pensieri, i Vostri scritti, saranno accolti con la massima venerazione e con viva sollecitudine diffusi nelle nostre famiglie, fra i nostri parenti, e se fosse possibile, per tutto il mondo. Le Vostre gioie saranno pur quelle dei Vostri figli e le Vostre pene e le Vostre spine saranno parimenti con noi divise. E come torna a gloria del soldato, che in campo di battaglia muore per il suo sovrano, così sarà il più bel giorno di nostra vita, quando per Voi, o Beatissimo Padre, potessimo dare sostanza e vita, perché morendo per Voi, abbiamo sicura caparra di morire per quel Dio che corona i momentanei patimenti della terra con gli eterni godimenti del cielo». (XII, 171).

«Confesso altamente che fo miei tutti i sentimenti di fede, di stima, di rispetto, di venerazione, di amore inalterabile di S. Francesco di Sales verso il Sommo Pontefice». (XVIII, 277).

L’amore di Don Bosco verso il Papa si effondeva in fervide esortazioni per suscitare tale amore anche negli altri.

«Amiamoli i Romani Pontefici — egli diceva con convinzione ed ardore — e non facciamo distinzione del tempo e del luogo in cui parlano; quando ci danno un consiglio e più ancora quando ci manifestano un desiderio, questo sia per noi un comando». (V, 573).

«Volete voi essere forti per combattere contro il demonio e le sue tentazioni? Amate la Chiesa, venerate il Sommo Pontefice». (VI, 347).

Il programma di Don Bosco fu sempre questo: tutto col Papa, pel Papa, amando il Papa. (I, 12).

Con ragione gli stessi giornali liberali scrivevano: «In Don Bosco l’arte di innamorare al Papato è tutto e si può dire che in ciò vale mille maestri clericali». (XIV, 189).

Ecco quindi il programma che Don Bosco mi affida: far ardere nel mio cuore i grandi amori che hanno infiammato il suo: Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice e il Papa.

Che cosa posso fare per amare di più il Papa? Come adoperarmi per suscitare nelle anime a me affidate l’amore al Papa. Con l’occhio agli esempi di Don Bosco e il cuore dilatato dai palpiti d’amore che da essi si sprigionano, non avrò certo difficoltà a regolare pensieri, affetti e opere, in modo che risulti chiaro il mio amore al Papa e divampi dal mio nel cuore di quanti da me dipendono.

Servire il Papa

L’amore al Papa si deve tradurre nella piena e incondizionata fedeltà a tutte le sue direttive.

«Il mio sistema — afferma Don Bosco — è quello di professare la Dottrina Cattolica, e seguire ogni detto, ogni desiderio, ogni consiglio del Romano Pontefice». (XV, 251).

«Io sottometto ogni detto, scritto o stampa a qualsiasi correzione, decisione o semplice consiglio della Santa Madre, la Chiesa Cattolica», ossia al suo capo, il Papa. (XVII, 265).

«Io sono attaccato al Papa più che il polipo allo scoglio». (VIII, 862). «Col Papa intendo rimanere da buon cattolico fino alla morte». (VI, 679).

In questa nobilissima consegna Don Bosco ha impegnato tutti i suoi figli, avendo fondata la Congregazione salesiana per la difesa del Papa. «Scopo fondamentale della Congregazione… fin dal suo principio fu costantemente sostenere e difendere l’autorità del Capo supremo della Chiesa nella classe meno agiata della società e particolarmente della gioventù pericolante». (X, 762).

«Intendo che gli alunni dell’umile Congregazione di S. Francesco di Sales non si discostino mai dai sentimenti di questo gran Santo verso la Sede Apostolica; che raccolgano prontamente e con semplicità di mente e di cuore, non solo le decisioni del Papa circa il dogma e la disciplina, ma che nelle cose stesse disputabili abbraccino sempre la sentenza di Lui». (XVIII, 277).

«Siccome è un cattivo figlio quello che censura la condotta di suo padre, così è un cattivo cristiano colui che censura il Papa, che è padre dei fedeli cristiani che sono in tutto il mondo». (IV, 55).

Con ragione Pio XI in un pubblico discorso chiamò Don Bosco «un grande, fedele e veramente sensato servo della Chiesa Romana, della S. Sede… perché tale egli fu sempre veramente».

Anche di ogni Salesiano si deve poter dire, sempre ed ovunque, che è un fedele e convinto figlio della Chiesa e del Papa. Solo a questa condizione Don Bosco lo riconosce come suo figlio, vivente nel suo stesso spirito.

Aiutami dunque, o buon Padre, ad imitarti sempre meglio nel conoscere, amare ed obbedire al Papa.

Mi devo impegnare in modo speciale a conoscere meglio gli insegnamenti del Papa. Con mirabile e continuo magistero Egli diffonde perennemente la luce del Vangelo nei vari settori della vita e dell’attività individuale, familiare e sociale. Debbo quindi attingere ai suoi insegnamenti per rendere sicuro e aggiornato il mio magistero catechistico e la mia predicazione.

I nemici di Dio spargono le più infami calunnie contro il Papa, che presentano come istigatore di guerra, nemico degli operai, oppressore della libertà. Il Papa deve trovare in me un soldato valoroso che sa prendere con competenza le Sue difese per far trionfare la verità.

Conoscendo e divulgando l’insegnamento del Papa ne promuoverò certamente anche l’amore e la fedeltà.

Fonte: https://www.paolodetoth.it/paolo-vi-24-maggio-1976-il-nuovo-ordo-e-stato-promulgato-perche-si-sostituisse-allantico/

L’Avv. Luigi Bellazzi: “non mi piego al pensiero unico”

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Sono Gigi. Sono un uomo. Sono un fascista.
So da un grande comunista che “la verità è sempre rivoluzionaria” e mi oppongo al pensiero unico. Dunque non criminalizzo il “nemico”, come fa abitualmente la fabbrica protestante e anglosassone delle bugie.
Per limitarmi alle guerre che hanno reso il mondo ciò che è, ricordo che nel 1914 l’Impero britannico sosteneva che i tedeschi, invasori del Belgio, tagliassero le mani ai bambini. Ci credettero in tanti, ma non era vero.
Ricordo che, nel 1915, il transatlantico “Lusitania”, con molti passeggeri americani, viaggiava verso la Gran Bretagna carico di armi. Lo si fece sapere ai tedeschi, proprio perché essi l’affondassero; Londra ci rimise le armi, ma quella strage favorì l’ingresso in guerra degli Usa dalla loro parte.
Ricordo che, nel 1941, gli Stati Uniti bloccarono il flusso del petrolio indonesiano verso il Giappone, obbligando quest’ultimo ad attaccarli (ancor oggi i più credono che siano stati i giapponesi gli aggressori…).
Ricordo che gli Stati Uniti “dimenticarono” nel 1950 di includere la Corea del Sud nella lista dell’area asiatica di loro protezione, illudendo così i sovietici di poter unirla a quella del Nord; ne derivò un conflitto di tre anni e l’armistizio tuttora vigente…
Ricordo che, avendo imposto al Vaticano la morte innaturale di un papa italiano e l’avvento di un bellicoso papa polacco, dal 1978 gli Stati Uniti (con soldi del Banco Ambrosiano) sovvertirono proprio la Polonia, esponendo la Francia a pesanti rappresaglie. Infatti, nella Nato, la Francia corrispondeva gerarchicamente a ciò che, nel Patto di Varsavia, era la Polonia…
Ricordo Saddam Hussein, già agente della Cia negli anni ’50 contro il presidente nazionalista Qassem, che nel 1990 chiese il placet agli Usa per completare l’unità irachena col Kuwait, a risarcimento della guerra contro l’Iran del 1980-88. Il Kuwait era stato infatti una provincia dell’Impero ottomano per vari secoli, tutt’uno col resto della Mesopotamia. A proposito: l’Ucraina per secoli non è stata tutt’uno con Russia e Bielorussia? Ma resto per ora a Saddam Hussein. Egli ottenne il silenzio-assenso dalla ambasciatrice Usa a Bagdad, April Glaspie, peraltro almeno lei in perfetta buonafede. Saddam Hussein abboccò. Il resto è storia, atroce, con la strage, oltre che per guerra, per embargo di circa mezzo milione di iracheni, bambini poveri soprattutto.
Indico altre località di stragi “made in Nato” per completare il quadretto. Se la Cecoslovacchia, creatura francese col trattato di Versailles nel 1919, fu demolita pacificamente nel 1992, mentre la Jugoslavia, altra creatura francese col trattato di Versailles, venne frantumata dal 1991 in poi dalla micidiale cooperazione Usa/Vaticano + Austria/Germania. E il modello dell’Ucraina, domani, sarà la Bosnia. oggi: una triste confederazione di popoli nemici:
Quanto a macelleria bellica, rammento quella perpetrata, ogni tot anni, a Gaza, città egiziana abitata da palestinesi e bombardata dagli israeliani. Ma chi piange mai per Gaza nei tg Rai, Mediaset o de La 7, questo prestanome di Mediaset?
Ricordo la Siria, devastata inizialmente da “milizie islamiche”, di origine irachena (ex militari del disciolto esercito, messesi per disperazione al servizio degli israeliani e di chi ne tira i fili).
Via via di questo passo, gli USA trascinano l’Europa nella quarta guerra mondiale (la terza essendo la Guerra fredda). Siamo al suo prologo ucraino, come nel 1939 eravamo al prologo polacco. Un caso? Il 2022 è gemello del 1939. Tutto si volge nella stessa area geografica, tra polacchi diventati ucraini nell’Urss del 1945, ma rimasti cattolici; e russi o russofoni di fede ortodossa.
C’è ora un conflitto per procura, con gli ucraini lì a morire per conto di interessi polacchi, lituani, léttoni, éstoni, finlandesi… Tutti già sudditi dei russi e poco ansiosi di tornarlo. Ma questo è solo il guscio della vicenda. Il fine geopolitico vero degli angloamericani è rompere il nuovo patto di non aggressione tra Germania e Russia.
I guai di domani dei tedeschi di oggi possono anche giovarci, brevemente. Però piangeremo presto anche noi italiani. Non scrivo dunque in nome del torto e della ragione. Scrivo in nome dell’interesse nazionale. All’interrogativo retorico francese del 1939, “Mourir pour Danzig?”, con implicito “no” di allora, fa eco oggi il gesto dell’ombrello che mi suscita il falso dilemma “Pace o condizionatori d’aria?” di un presidente del Consiglio, nominato e non eletto, che così ha ammesso di aver portato l’Italia in guerra senza averla dichiarata.
Poiché sono un fascista in età, ma non un cretino, non volerò a Mosca, come faceva, per affari malcondotti, il duo Salvini & Savoini. Né volerò a Washington a farmi benedire dagli epigoni di Trump, alla maniera di come “Sono Giorgia-sono-una-donna” Meloni il 24 febbraio scorso, proprio il giorno di apertura di previstissime ostilità in Ucraìna.
Sono stato nostalgico di Benito Mussolini. Non sono mai stato nostalgico di Bettino Craxi, pur con i meriti che gli riconosco. Dunque non miagolerò parole sagge, come fa il socialista Alessandro Orsini.
Concludo quindi da temerario. Apprezzo l’esempio della Chiesa ortodossa russa e dello Stato russo nel sostegno alla famiglia tradizionale, con quanti più figli sia naturalmente possibile. Esorto i giovani russi, in Italia e non, a essere fieri della Grande Madre Russia. Mi addolora vederli morire, anche se mi è stato insegnato da ragazzo che “Dulce et decorum est pro Patria mori” (Orazio). Da vecchio so però anche che “non bisogna perdere le guerre” (Hermann Bickler).
Giovani russi, prevedo che in questa rossa [di sangue] primavera i vostri nemici vedranno crescere l’erba. Dalla parte delle radici.
Gigi Bellazzi
P.S. Amate la Vostra Patria, non disprezzate mai i Vostri Nemici. Rispettateli e trattateli con L’Onore che si deve al combattente nemico.I vinti di oggi potranno essere i migliori alleati di domani. Il male americano è la metastasi da estirpare. Il Battaglione Azov e il gruppo Wagner hanno gli stessi simboli e lo stesso mito indo europeo.

“Tecnocrate argine al sovranismo”: Draghi l’atlantista incoronato nuovo leader Ue

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di Adolfo Spazzaferro

Roma, 19 ott – “Tecnocrate argine al sovranismo”: gli Usa incoronano Mario Draghi candidato leader Ue ideale, anche perché l’ex numero uno della Bce è filo americano. E proprio questo potrebbe essere il problema per la Ue, per stessa ammissione dell’agenzia economica Bloomberg. Sì, perché a differenza della Merkel, l’attuale presidente del Consiglio incarna il multilateralismo spudoratamente atlantista. Ciò detto, Draghi incassa il plauso degli States per una serie di ragioni tutt’altro che rassicuranti. Infatti il motivo principale per cui il premier italiano è ben visto come possibile guida della Ue è perché è un argine efficace al sovranismo e ai movimenti di destra. Ma non solo, è l’uomo giusto per gestire i miliardi Ue del Recovery fund in chiave green. Nonché – e questo preoccupa più di tutto – ha dimostrato fermezza contro i no green pass, non cedendo di un millimetro.

Il plauso alla fermezza contro i no green pass

L’esito delle elezioni amministrative in Italia, con la sconfitta dei “sovranisti”, secondo Bloomberg è una ulteriore prova del successo politico del presidente del Consiglio in chiave moderata. Nell’editoriale dedicato a mister “Whatever It Takes”, in cui appunto di lui si dice che “ha salvato l’euro con tre parole”, si fa riferimento alla situazione in Italia. L’agenzia Usa plaude al pugno di ferro di Draghi nei confronti di chi ha manifestato contro l’obbligo del green pass, citando il caso dei portuali di Trieste. Fermezza riverberata anche nell’esito delle amministrative, dove chi strizzava l’occhio alle proteste è stato penalizzato. E dove invece si sono affermati grigi burocrati, una “sorta di esercito di mini Mario”.

La “fedeltà” agli States

Tuttavia, avverte l’editoriale, “sarebbe un errore considerare Draghi una figura intercambiabile a quella di Merkel o di Macron”. Il premier italiano infatti è molto più vicino agli States. A tal proposito, Bloomberg ricorda il passato di Draghi al Massachusetts Institute of Technology, alla Banca mondiale e a Goldman Sachs. Secondo l’editoriale, il presidente del Consiglio italiano esprime la visione di un multilateralismo nel quale “gli Stati Uniti sono i principali azionisti”. Prova ne è la brusca franata che Draghi ha impresso alla politica italiana di appeasement della Cina. Così come il fatto che sia rimasto in silenzio circa la frattura diplomatica tra Stati Uniti e Francia innescata dall’accordo di sicurezza Aukus.

Un tecnocrate con un problema di legittimità

Infine, pone giustamente in risalto l’editoriale, Draghi è un tecnocrate messo alla guida del governo del Paese dal presidente della Repubblica a causa del fallimento della politica. Ma non è stato eletto da nessuno. Quindi gli manca quella legittimità che ha avuto la Merkel per 16 anni di potere. Ciononostante va da sé che gli States Draghi se lo tengono stretto, come alleato e come potenziale successore della Merkel alla guida della Ue.

Adolfo Spezzaferro

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/tecnocrate-argine-sovranismo-draghi-atlantista-incoronato-nuovo-leader-ue-211269/