Il ddl Zan serve per contrastare l’omotransfobia? Ecco la verità sui report dell’Arcigay

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di Redazione

L’Arcigay dà i numeri del 2020 e 2021. Emergenza? Priorità? Le leggi che puniscono le aggressioni esistono già e anche l’aggravante dei futili motivi. L’Italia, soprattutto in questo momento, ha delle priorità, che sono legate all’emergenza sanitaria ed al lavoro. Il ddl Zan era solamente una legge ideologica per entrare nelle scuole a indottrinare i bambini con la teoria gender, per accedere a finanziamenti e per poter imbavagliare i cattolici e tutti coloro che pensano che i minori abbiano bisogno di una mamma e un papà. Perché, inoltre, fare degli omosessuali una categoria a parte, come fossero una specie protetta? Un omosessuale ci ha recentemente espresso la sua contrarietà al ddl Zan, sostenendo che sarebbe ingiusto trasformare le persone con questo orientamento sessuale nei nuovi “panda” da tutelare con leggi speciali. Osserviamo, infine, che il Senato ha affossato il ddl Zan sì grazie alla cosiddetta “tagliola”, studiata e proposta da Roberto Calderoli (Lega) che fa parte dei regolamenti della democrazia parlamentare cui si aggrappano sempre tutti i sinistri, ma soprattutto a causa delle defezioni di Pd e M5S, che sono state determinanti. 

di Francesca Totolo

Roma, 7 lug – Secondo i sostenitori del Ddl Zan, il disegno di legge va approvato immediatamente perché la comunità Lgbt è vittima di aggressioni ogni giorno. Per verificarlo, abbiamo analizzato i report dell’Arcigay che elencano le aggressioni subite da gay, lesbiche e trans. Prima di analizzarli dettagliatamente, è necessario ricordare che l’Arcigay non sopravvive grazie ai fondi ricavati dalle quote associative (nel 2020, 8.090 euro, l’1,8% dei ricavi totali), ma attraverso i finanziamenti pubblici (nel 2020, 228.467 euro dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e 52.000 euro dalla presidenza del Consiglio dei ministri) e le erogazioni private (per diversi anni, è stata finanziata dalla Open Society Foundations di George Soros).

Il report dell’Arcigay del 2020

Nel 2020, sono stati denunciate dall’Arcigay 137 aggressioni nei confronti della comunità Lgbt. Di queste, 48 riguardano violenze, adescamento, ricatto, rapine e omicidio, 34 discriminazioni, minacce e insulti, 8 intolleranza in famiglia, 3 intolleranza al lavoro, 13 messaggi politici dal contenuto omofobo, 17 scritte omofobe, 12 casi di omofobia sui social network, e 2 esternazioni omofobe divulgati da cantanti.

Su 48 reali violenze, 10 sono state commesse da stranieri, ovvero il 21 per cento. Gli stranieri in Italia rappresentano l’8,8 per cento della popolazione residente. Un caso di adescamento e ricatto, che ha visto come vittima un uomo di 80 anni, riguarda un ventenne cittadino italiano, ma di origini marocchine. A Udine, sono stati invece due pakistani, di cui uno richiedente asilo, ad aggredire e rapinare un travestito. Un ragazzo gay, che passeggiava mano nella mano con il compagno, è stato ferito a colpi di bottiglia da una banda di nordafricani a Milano, nella centralissima zona di Porta Ticinese, mentre una ragazza nigeriana è stata aggredita da un connazionale perché aveva rifiutato le sue avances. L’uomo le ha anche urlato “Sei lesbica, ti ucciderò”, ricordandole che “nel nostro Paese queste cose non sono ammesse”.

Delle 48 violenze pubblicate dall’Arcigay, 4 sono fake news, mentre 7 sono state riportate con diverse imprecisioniTra le bufale più conosciute, troviamo quella l’aggressione denunciata dall’influencer Marco Ferrero, meglio noto come Iconize. Poco dopo, sarà lui stesso a confessare di essersi provocato i lividi da solo con una confezione di surgelati. Arcigay ha anche pubblicato, come se fosse avvenuto in Italia, il caso della ventenne inglese Charlie Graham, malmenata nella città di Sunderland. L’unico omicidio riportato dall’Arcigay, è quello Elisa Pomarelli, morta per mano di Massimo Sebastiani. Come poi evidenziato nelle indagini, il movente non aveva nulla a che fare con l’omofobia. Sebastiani ha ucciso perché era ossessionato dalla vittima, che frequentava come amica da tre anni e di cui sapeva l’orientamento sessuale. La Pomarelli non è stata uccisa perché lesbica.

Per quanto riguarda le imprecisioni, l’Arcigay ha definito “omofobia interiorizzata” l’accoltellamento commesso da un diciassettenne gay ai danni del suo partner, perché quest’ultimo si rifiutava di cancellare delle foto scattate durante i rapporti intimi. Non sarebbe stata l’omofobia, invece, a far scattare una rissa a Barletta tra due colleghi, di cui uno omosessuale, ma semplici divergenze lavorative. Tra le “aggressioni”, l’Arcigay ha inserito anche un diverbio al ristorante finito con insulti omofobi e un caso di abusi sessuali avvenuto nel 2011.

Delle 8 intolleranze in famiglia, 4 riguardano famiglie straniere, per la precisione due tunisine, una egiziana e una bulgara. Quest’ultima, dopo aver scoperto che il figlio era gay, lo hanno rapito e riportato nel Paese di origine. A Padova, invece, si era scatenata la faida tra due famiglie tunisine che avevano scoperto la relazione tra due ragazzi trentenni, finita poi con l’accoltellamento di uno dei due. Il ventenne egiziano Mohammed, che voleva diventare Lara, è stato disconosciuto dalla famiglia, dopo non aver accettato di tornare in Egitto per “guarire”, mentre Aisha è stata abbandonato dalla famiglia perché lesbica, nonostante fosse malata e sottoposta alla chemioterapia.

Nel report, viene riportato il caso del lancio di uova contro l’auto di Giulia Bodo, presidente dell’Arcigay di Vercelli, senza però motivare cosa era successo in precedenza. In occasione del Capodanno 2019, la Bodo aveva augurato su Facebook “Buonanno” a tutti i leghisti, allegando una fotografia del deputato Gianluca Buonanno scomparso tragicamente nel 2016.

Nel report delle aggressioni del 2020, l’Arcigay ha inserito pure Cristina D’Avena. La sua colpa è una frase pronunciata durante un concerto: “Luxuria è invidiosa di Lady Oscar perché ha la spada più lunga della sua”.

Il report del 2021

Sono 119 aggressioni denunciate nel rapporto 2021 dell’Arcigay, 4 sono state riportate due volte e una era già stata pubblicata nel report 2020. Di queste, 27 riguardano violenze, 59 discriminazioni, minacce e insulti, 7 intolleranza in famiglia, 2 intolleranza al lavoro, 6 messaggi politici dal contenuto omofobo, 4 scritte omofobe e 14 casi di omofobia sui social network.

Delle 27 violenze, 5 sono state commesse da stranieri, il 19 per cento. La coppia gay bolognese, assalita a Vernazza, in Liguria, ha testimoniata che la baby gang era formata da ragazzini di nazionalità diverse. Dopo qualche giorno, è stato arrestato un moldavo di 19 anni. A Cattolica, un senegalese voleva estorcere 1.600 euro ad un trentenne pesarese, dopo un rapporto sessuale. A Roma, quartiere Casilino, un uomo di 31 anni è stato aggredito e derubato da una banda di giovani, tra di loro anche ragazzi di colore. Ad Ancona, una baby gang, con diversi ragazzi rom, ha terrorizzato e rapinato almeno otto ragazzi, due addirittura affetti da una minorazione psichica. A Torino, una banda, probabilmente di stranieri, ha picchiato un ragazzo cileno, dopo averlo definito “maricon”.

Su 27 violenze denunciate dall’Arcigay, 3 sono fake newsIl caso più clamoroso è quello di Padova: una coppia gay aveva pubblicato un video, diventato subito virale, dove raccontava di essere stati picchiati perché gay. Le telecamere di videosorveglianza e le testimonianze avevano però svelato una realtà diversa: quella successa era una comune rissa, senza alcun intento omofobo. A Trieste, l’attivista LGBT Antonio Parisi aveva raccontato di essere stato aggredito da un gruppo di ragazzi. Le indagini delle Forze dell’ordine hanno poi accertato che era da escludere la connotazione omofoba dell’aggressione. Infatti, il fattore scatenante del pestaggio sarebbe stato l’eccesso di bevande alcoliche consumate dagli aggressori nel corso del pomeriggio. Una transgender aveva dichiarato sui social network di essere stata malmenata da un gruppo di giovani a Torre del Greco. La stessa non si era fatta refertare i segni della violenza subita e non aveva denunciato l’accaduto. Convocata dalle Forze dell’ordine, aveva riferito che era stata soltanto una “bravata”. La ventiseienne trans, quattro anni prima, era stata arrestata per furto, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale. Il tribunale del riesame le aveva però concesso gli arresti domiciliari. La transgender era poi evasa qualche giorno dopo facendosi notare dai carabinieri per essere arrestata per evasione e venire ricondotta nel carcere di Poggioreale perché si sentiva sola.

Delle 59 denunce dell’Arcigay su discriminazioni, insulti e minacce, 3 sono fake news e 12 sono state riportate con imprecisioni. L’associazione ha riportato il caso di un gruppo di turisti, accompagnati da una guida, che sarebbero stati insultati in un ristorante di Marzamemi perché omosessuali. Il proprietario del locale riporterà poi un’altra versione della storia: “La guida che accompagnava quel gruppo mi aveva suggerito di offrire la cena che i tre non avevano gradito, per evitare recensioni negative sul web. Mi sono rifiutato, il cibo era di qualità. Ho invitato a pagare e togliere il disturbo”. La vicenda ricorda quella successa a Fasano. Una coppia gay in viaggio di nozze, dopo l’unione celebrata da Alessandro Zan, aveva sostenuto che lo chef del resort Canne Bianche aveva disegnato, con la salsa, la forma di un pene su un loro piatto. Non si è fatta attendere la replica del resort: “Il caso raccontato è completamente falso. Nessuna foto di quanto affermato è stata fornita dai nostri due ospiti in questione, mentre hanno impiegato pochi minuti per farci giungere una richiesta di soggiorno gratuito. Dopo la nostra risposta, che declinava la loro richiesta di risarcimento, hanno puntato all’attenzione mediatica. Dopo aver capito di aver sollevato accuse molto forti nei nostri confronti senza ragione diversa da quella di conseguire un soggiorno gratis, poi hanno aggiornato la recensione adducendo delle scuse da noi mai formulate”. L’Arcigay ha riportato come “aggressione” anche il post di Fabio Barsanti, consigliere comunale di Lucca, su Laurel Hubbard, quarantatreenne atleta transgender neozelandese, qualificatasi per le Olimpiadi. Barsanti aveva fatto solo notare che la competizione sportiva tra donne e transgender, nate uomo e con una muscolatura maschile, è sleale.

Francesca Totolo

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/verita-report-arcigay-omotransfobia-200156/

Quanti miliardi incassano i sindacati: i bilanci segreti di Cgil, Cisl e Uil

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Risultati immagini per CGIL, CISL, UILI conti delle grandi associazioni dei lavoratori sono uno dei segreti meglio custoditi d’Italia. “L’Espresso” però ha fatto un po’ di analisi, sommando i proventi delle iscrizioni ai finanziamenti pubblici. Risultato? Un montagna di denaro

CONSIDERATE CHE L’ARTICOLO E’ DI 3 ANNI FA MA MOLTO ATTUALE (N.D.R.)

di STEFANO LIVADIOTTI 
Per Susanna Camusso è quasi un’ossessione. Da quando si è insediata al vertice della Cgil (il 3 novembre 2010) si è arrampicata 67 volte su palchi di ogni ordine e grado per invocare trasparenza. La leader del più grande sindacato italiano se ne è poi però puntualmente dimenticata man mano si avvicinava la fine dell’anno e il momento per la Cgil di fare due conti sui contributi degli iscritti rastrellati nei dodici mesi.

Sì, perché il sindacato di corso d’Italia, che non è tenuto a farlo per legge, si guarda bene dal pubblicare un bilancio consolidato: come del resto i cugini di Cisl e Uil, si limita a mettere insieme in poche paginette i numeri che riguardano la sola attività del quartier generale romano. Spiccioli, rispetto al vero giro di soldi delle confederazioni, che negli anni si sono trasformate in apparati capaci di lucrare pure su cassintegrati e lavoratori socialmente utili (nell’ultimo anno l’Inps ha versato a Cgil, Cisl e Uil 59,4 milioni di trattenute su ammortizzatori sociali)

«I sindacati hanno un sacco di soldi», si è lamentato nei giorni scorsi il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che non li ama davvero. Diversi recenti episodi di cronaca confermano che di denari nei corridoi delle sedi sindacali ne girano parecchi. E che il loro uso è molto spesso un po’ troppo disinvolto.

Ai primi di novembre 2014 ha mollato di colpo il suo incarico il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: nel palazzo circolava un dossier dove si documentava l’impennata del suo stipendio dai 79 mila euro precedenti la nomina ai 336 mila del 2011. E quest’estate una mail di un dirigente della Cisl ha alzato il velo sulla retribuzione d’oro di alcuni suoi colleghi capaci di mettere il cappello su più incarichi: il presidente del patronato Inas-Cisl, Antonino Sorgi, per esempio, nel 2014 ha portato a casa 77.969 euro di pensione, più 100.123 per l’Inas e altri 77.957 per l’Inas immobiliare.

I soldi dunque li hanno. Ma sapere quanti è quasi impossibile. I veri bilanci dei sindacati sono uno dei segreti meglio custoditi del Paese. Loro si rifiutano di fornire dati esaustivi. E chi conosce le cifre preferisce non esporsi. Così, almeno su alcuni capitoli, bisogna andare per approssimazione. Vediamo.

IL TESORETTO DEI TESSERATI
Lo zoccolo duro delle finanze sindacali è la tessera, che ogni iscritto paga con una piccola quota dello stipendio di base (o della pensione). Nei bilanci delle tre confederazioni sono indicati complessivamente 68 milioni 622 mila 445 euro e 89 centesimi. Ma è una presa in giro bella e buona. Si tratta infatti solo delle quote trattenute dalle holding. Per avvicinarsi alla cifra vera bisogna seguire un altro percorso. Cgil, Cisl e Uil dichiarano di rappresentare tutte insieme 11 milioni 784 mila e 662 teste (che scendono in picchiata quando è il momento di versare i contributi alla Confédération Européenne des Syndicats, dove si paga un tanto per iscritto). I sindacati chiedono per l’iscrizione lo 0,80 per cento della retribuzione annua ai lavoratori attivi e la metà ai pensionati.

Conoscendo la ripartizione degli iscritti tra le due categorie, gli stipendi medi dei dipendenti italiani (25.858 euro lordi, secondo l’Istat) e le pensioni medie (16.314 euro lordi, per l’Istat), è dunque possibile fare il conto. La Cgil dovrebbe incassare 741 milioni di euro e rotti (loro ammettono poco più della metà: 425 milioni). Alla Cisl si arriverebbe a 608 milioni (in via Po parlano di 80 milioni circa). E la Uil intascherebbe 315 milioni (in via Lucullo ridimensionano a un centinaio di milioni).

Solo le tessere garantirebbero dunque quasi 1,7 miliardi. Ora: è possibile che i calcoli de “l’Espresso” siano approssimati per eccesso, se si considerano il mix degli iscritti (full-time, part-time, stagionali); la durata del versamento, non sempre ininterrotto; l’incidenza di eventuali periodi di cassa integrazione. Ma una cosa è certa: il tesoretto delle tessere non vale solo i circa 600 milioni e spicci che dicono Cgil, Cisl e Uil. Secondo quanto “l’Espresso” è in grado di rivelare, infatti, nell’ultimo anno solo l’Inps ha trattenuto dalle pensioni erogate, e girato a Cgil, Cisl e Uil, 260 milioni per il pagamento della tessera sindacale. Una cifra alla quale va sommata la quota-parte di competenza delle confederazioni sui 266 milioni che l’Inps incassa da artigiani e commercianti e poi trasferisce alle organizzazioni dei lavoratori per la tassa di iscrizione. Già con queste voci si arriva vicino alla somma totale ammessa da Cgil, Cisl e Uil. I conti dunque non tornano.

SOLO DALL’INPS 423 MILIONI
Poi ci sono i patronati, che forniscono gratuitamente servizi di assistenza a lavoratori e pensionati per prestazioni di sicurezza sociale e vengono poi rimborsati dagli istituti di previdenza. Secondo la “Nota sul finanziamento diretto e indiretto del sindacato”, messa a punto da Giuliano Amato su incarico dell’allora premier Mario Monti, solo nel 2012 l’Inps ha versato loro 423,2 milioni di euro (quattrini esentasse, per giunta, in base a una logica imperscrutabile).

Secondo quanto risulta a “l’Espresso”, a fare la parte del leone sono stati Inca-Cgil (85,3 milioni di euro), Inas-Cisl (65,5 milioni) e Ital-Uil (31,2 milioni). «Sembra evidente che il funzionamento dei patronati non comporti un finanziamento pubblico, sia pur indiretto, delle associazioni o organizzazioni promotrici (i sindacati, ndr)», ha scritto Amato nella sua relazione. Poi però lo stesso Dottor Sottile si è sentito in dovere di aggiungere una postilla: «C’è per la verità un’unica disposizione (non legislativa, ma statutaria) che può essere letta in questa chiave e cioè quella secondo cui, nel caso di scioglimento dell’ente (il patronato, ndr), è prevista la devoluzione dell’intero patrimonio di quest’ultimo in favore dell’organizzazione promotrice. Al di la di ciò…». Ma come sarebbe a dire “al di la di ciò”?

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