“Locali” e “camere di controllo”, così la ‘ndrangheta ha dispiegato la propria «forza espansionistica» in Italia

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Segnalazione di Mario Spezia

Le proiezioni delle cosche regione per regione: dal Nord “colonizzato” alle enclavi in Toscana e nel centro del Paese

Insediamenti ormai strutturati in “locali” in tante regioni, soprattutto del Nord, propaggini e ramificazioni in altre: la ‘ndrangheta è ormai dovunque ci siano interessi economici e business. La mappa della presenza delle cosche calabresi anche oltre i confini della regione è ben delineata nell’ultima relazione semestrale della Dia (Direzione investigativa antimafia), che, sulla scorta di risultanze investigative e anche giudiziarie, definisce ormai «emblematica» la «forza espansionistica» della ‘ndrangheta e la sua «vocazione a replicare fuori delle aree di origine lo schema tipico delle organizzazioni calabresi». Una presenza massiccia soprattutto nel Nord Italia, nel quale la Dia ha censito 46 “locali” (25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d’Aosta e 1 in Trentino Alto Adige”) ma sempre più palpabile anche nel Centro Italia.

Dalle “locali” in Piemonte alle “camere di controllo” in Liguria

A partire dal Lazio nel quale – rimarca la Dia – «coesisterebbero le matrici criminali autoctone con quelle tradizionali di ‘ndrangheta, camorra, mafia siciliana e criminalità pugliese, che alla violenza prediligono la ricerca di produce relazioni affaristico-imprenditoriali tese alla contaminazione del tessuto economico legale». Addirittura la ‘ndrangheta viene descritta nella relazione Dia come «una seria minaccia allo scenario socio-economico» del Piemonte, nel quale «si conferma una ormai consolidata inversione di rotta della ‘ndrangheta laddove le azioni violente vengono intraprese solo quale extrema ratio in ossequio alla necessità di agire sotto traccia. Ciò consente ai vertici delle consorterie di tessere fitte trame affaristiche imprenditoriali e politiche senza i riflettori investigativi accesi e focalizzati. Dalle prime cellule di ‘ndrangheta si è giunti nel tempo alla costituzione di veri e propri locali e pertanto all’esatta riproduzione nell’area di strutturati organismi mafiosi calabresi». Nella relazione della Dia vengono poi censiti i “locali” ormai costituiti nelle varie aree del Piemonte, a partire dal capoluogo Torino, dove è emersa l’operatività del “locale” di Natile di Careri costituito dai Cua-Ietto-Pipicella, insieme a esponenti delle ‘ndrine Cataldo di Locri, Pelle di San Luca e Carrozza di Roccella Jonica, inoltre insiste a Torino anche il “locale” di Siderno fondato dai Commisso e da alcuni esponenti dei Cordì di Locri. A questi vanno poi aggiunti gli insediamenti ‘ndranghetistici censiti praticamente in tutto il Piemonte, al punto che – sottolinea l’ultima relazione semestrale della Dia – «può affermarsi come allo stato non vi siano segnali di un ridimensionamento della ‘ndrangheta, che potrà continuare a rivestire un ruolo di primissimo piano sullo scenario grazie alla capillarità dei sodalizi». Inoltre, «già da diverso tempo si ha contezza di insediamenti ‘ndranghetistii attivi in Valle d’Aosta», aggiunge la Dia registrando «segnali inequivocabili relativi alla presenza di soggetti contigui a talune potenti consorterie calabresi quali gli Iamonte, i Facchineri e i Nirta. In tale contesto i gruppi criminali organizzati si sono dimostrati sempre pronti a contaminare i mercati leciti al fine di riciclare gli ingenti capitali di cui dispongono»: l’operazione “Geena” ha inoltre sancito l’esistenza adì un “locale” di ‘ndrangheta riconoscibile alla cosca sanlucota Nirta-Scalzone. In Liguria, a sua volta, per la Dia «pare ormai assodato il coinvolgimento delle consorterie ‘ndranghetiste radicate sul territorio» nei maggiori traffici illeciti, in particolare quello della cocaina: «Numerose inchieste hanno fatto emergere la presenza di una struttura criminale ‘ndranghetista denominata “Liguria”, alla quale fanno riferimento altre unità periferiche e locali che seppur strettamente collegati al “Crimine” reggino sono comunque dotati di autonomia strategico-operativa dislocate a Genova, Lavagna, Ventimiglia. Alcune ricostruzioni investigative hanno fatto emergere in capo al locale di Genova anche il ruolo di “camera di controllo” regionale, al cui vertice si collocherebbe la famiglia Gangemi con la funzione di raccordo tra il Crimine reggino e le unità periferiche liguri. Il locale di Ventimiglia invece – si legge nella relazione – svolgerebbe la funzione di “camera di passaggio” deputata a garantire una “continuità” operativa e strategica con le analoghe strutture ultra nazionali presenti in Costa Azzurra (Francia)».

Nicolino Grande Aracri, boss dell’omonima cosca di Cutro operativa in Emilia Romagna
La capillare penetrazione in Lombardia e il radicamento in Emilia Romagna

Confermata poi dalla Dia la penetrazione capillare della ‘ndrangheta in Lombardia «mediante le proprie strutture organizzative a partire da quella di coordinamento cosiddetta camera di controllo la Lombardia” sovraordinata ai locali presenti nella regione e in collegamento con la casa madre reggina. Nella regione risulterebbero operativi 25 locali di ‘ndrangheta nelle province di Milano (locali di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano), Como (locali di Erba, Canzo-Asso, Mariano-Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco-Cermenate), Monza-Brianza (locali di Monza, Desio, Seregno, Lentate, Limbiate), Lecco (locali di Lecco e Calolziocorte), Brescia (locale di Lumezzane), Pavia (locali di Pavia e Voghera) e Varese (Lonate Pozzolo). Tale schema – sostiene la Direzione investigativa antimafia – deve intendersi solo indicativo e non esaustivo in termini di mappatura criminale calabrese nel territorio lombardo in considerazione delle caratteristiche dei gruppi criminali che operano in Lombardia ove, al di là di alcune eccezioni, non sempre è replicato il modello di controllo del territorio tipico delle organizzazioni di riferimento delle regioni d’origine». Quanto al Trentino, la posizione geografica della Regione – scrive la Dia – «ha favorito in particolare la ‘ndrangheta che nel tempo ha costitutivo una sorta di testa di “ponte” verso le sue proiezioni radicate in Germania (la presenza della criminalità calabrese è formalizzata con la costituzione del locale di ‘ndrangheta insediato a Lona Laes, in provincia di Trento, espressione della cosca reggina Serraino)». Così come «già da tempo» secondo la Dia anche il Veneto «è risultato appetibile per le consorterie mafiose e in particolare per la criminalità calabrese» come emerge da operazioni come “Isola Scaligera”, condotta contro un sodalizio facente capo alla cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto e l’operazione “Taurus” nei confronti di esponenti delle famiglie Gerace-Albanese-Napoli-Versace», e ancora in Friuli «è emersa da anni la presenza di soggetti riconducibili alla ‘ndrangheta specialmente nel settore edile, estrattivo e del trasporto in conto terzi». In Emilia Romagna la Dia registra «la perdurante operatività della cosca cutrese dei Grande Araci» ma anche «a testimonianza di un “sistema integrato e radicato” tra imprese, appalti e affari in cui opererebbero le consorterie», il «consolidato e persistente radicamento della ‘ndrangheta con qualificate proiezioni d cosche reggine (Bellocco, Iamonte, Mazzaferro, Morabito-Palamara-Bruzzaniti), vibonesi (Mancuso), crotonesi (oltre ai curtensi, anche i cirotani Farao Marincola) e di altre famiglie calabresi che in generale compongono una mappatura criminale complessa». In Toscana poi – prosegue la Dia – «le attività info-investigative pregresse ed attuali hanno evidenziato la capacità di erosione del tessuto economico toscano soprattutto della ‘ndrangheta e della camorra e in misura meno diffusa di Cosa Nostra» confermando come «elementi contigui alla criminalità calabrese operino sul territorio conformemente alle consolidate strategie dell’organizzazione mafiosa mantenendo il centro nevralgico in Calabria ma svolgendo molte attività criminale attraverso una costante opera di proiezione fuori dall’area di origine. Particolarmente accentuata sembrerebbe anche la capacità della ‘ndrangheta di infiltrare il settore politico-amministrativo regionale. Così è emerso dai riscontri giudiziari delle operazioni “Calatruria”, “Keu” e “Geppo”», concluse a carico di soggetti riconducibili alla cosca Gallace di Guardavalle. Ma anche in Umbria e nelle Marche, sebbene ancora non si riscontrino insediamenti strutturati, non mancano per la Dia propaggini criminali legate alla ‘ndrangheta («È il caso della provincia di Pesaro Urbino nella quale è stata accertata l’operatività di soggetti riconducibili alle cosche dell’area reggina e dell’Anconetano, dove è stato riscontrato come alcuni soggetti legati alla ‘ndrina Grande Aracri fossero dediti a pratiche usurarie ed estorsive», si legge nella relazione semestrale), e anche in Sardegna, che – sostiene la Dia – «appare estranea a forme di criminalità organizzata di tipo mafioso» ma da tempo rileva la presenza di soggetti riconducibili alle mafie tradizionali come quella calabrese impegnati in attività di riciclaggio e reinvestimento dei proventi illeciti (derivanti soprattutto dal traffico di droga) nella fiorente economia turistica di questa regione. (redazione@corrierecal.it)

Fonte: https://www.corrieredellacalabria.it/2022/04/23/locali-e-camere-di-controllo-cosi-la-ndrangheta-ha-dispiegato-la-propria-forza-espansionistica-in-italia/

In difesa della virilità

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TORNA IN LIBRERIA IL SAGGIO DEL FILOSOFO DI HARVARD HARVEY MANSFIELD

 

Virilità di Harvey Mansfield, appena uscito, non è un testo contro il femminismo, e ciò va detto non per mettere le mani avanti, o per dire che la coincidenza con lo scandalo generato dalle parole di Alessandro Barbero (scandalo sciocco) sia assolutamente casuale, ma per prevenire quello sdegno isterico che nell’epoca della cancel culture si lancia all’istante contro alcune parole non appena vengono pronunciate. In cosa ha origine questo astio furioso e generalizzato?

Quando, a partire dagli anni Settanta, il pensiero femminista ha disconosciuto le sue origini liberali, si è convertito irrevocabilmente a un nichilismo avverso tanto alla natura quanto al senso comune, ostentando un nuovo obiettivo: l’avvento della società sessualmente neutra, nel nome della neutralità di genere. A farne le spese, quelle virtù ree di sottendere qualsiasi rimando alla differenza sessuale. Virtù dimenticate o ridotte a stereotipi antiquati, come nel caso della virilità. In suo soccorso, Mansfield si riappropria, virilmente, dello spazio per lodarla.

Perché la virilità è precisamente una virtù; e tra tutte, quella politica per eccellenza. La virilità è stata fraintesa. Non è affatto aggressività, machismo, tracotanza. Al contrario, è quel complesso di assertività, sicurezza di sé, coraggio attraverso cui l’uomo asserisce se stesso e afferma la sua importanza, sulla natura, sugli altri uomini e sulla minaccia del nulla. La virilità non è una virtù astratta; la virilità chiama l’individualità: la sua stessa essenza è l’irripetibilità del singolo che la impersona. E questa è l’origine del fraintendimento, così come è per questo motivo che la scienza (nelle specifiche vesti della psicologia sociale e della biologia evoluzionistica) fallisce nel descriverla: la virilità non è un concetto, non è passibile di definizione universale.

L’universalità, anzi, le è letale; è l’orizzonte nel quale essa perisce, quello dell’egualitarismo ad ogni costo, del controllo razionale e dell’uniformazione. Per dar voce alla virilità occorre allora rivolgersi a quelle discipline che della singolarità e del comune sentire si nutrono: la letteratura, la storia e, in una certa misura, la filosofia. Attraverso una ricca rassegna di figure, da Theodore Roosevelt al vecchio di Hemingway, da Kipling a Stevenson, passando per i filosofi pionieri del liberalismo e terminando con l’etica e la politica incontaminate di Platone e Aristotele, Mansfield ci racconta la virilità e il suo valore per l’essere umano, smascherando la stoltezza dell’ostilità ad essa dichiarata non in nome di valide ragioni, ma per partito preso.

Virilità è una lode evocativa e carnale, talvolta nostalgica e disillusa, di una virtù con la quale siamo stati spesso ingenerosi, perseguendola sempre senza mai chiamarla per nome. Una virtù che, certamente, pertiene anche alle donne, purché siano disposte ad emanciparsi dall’inganno di quel sedicente femminismo che le vorrebbe non solo uguali agli uomini, ma anche uguali tra loro; a patto, cioè, che si riapproprino della loro individualità, della loro differenza: è sicuramente più virile rivendicare il diritto di non esserlo che affermare che la virilità sia sessualmente neutra.

Fonte: https://www.nicolaporro.it/in-difesa-della-virilita/

E’ l’ora del REGEN-COV: la forza degli anticorpi monoclonali

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di Leopoldo Gasbarro

Ed ora arriva il Regen-Cov, il farmaco basato su un cocktail di anticorpi monoclonali in grado di proteggere per otto mesi dagli assalti del Covid 19 riducendo fino all’82% le eventuali sintomatologie.

Dopo le notizie relative agli antivirali di Merck e Pfizer della settimana scorsa, si rincorrono altre notizie importanti relativamente a cure o a contromisure contro il COVID-19. Sicuramente avere a disposizione una specie di aspirina in grado di combattere gli effetti più deleteri del coronavirus rappresenta un elemento di crescente sicurezza ma anche di speranza che la guerra che stiamo combattendo possa terminare in fretta.

Gli antivirali, come ha sottolineato l’amministratore delegato di Pfizer, rappresentano la vera chiave del successo nella lotta al coronavirus, anche per la capacità di diffondere il farmaco senza particolari procedure di conservazione così come attualmente si è costretti dall’uso dei vaccini stessi. Ma bisogna dire che i vaccini stanno facendo la loro parte degnamente.

Senza voler essere faziosi i numeri e i grafici che vi presentiamo evidenziano come la gravità delle conseguenze per chi contrae il Covid 19, dipende esclusivamente, o quasi esclusivamente, dalle coperture vaccinali. E’ evidente dai grafici che vi riportiamo qui in basso quello che sta succedendo.

La colonna azzurra che nel grafico del professor Marco Spada rappresenta i non vaccinati, parla da sola. Ma poco importa. Dopo gli antivirali di Merck e Pfizer la notizia odierna del possibile uso del farmaco Regen- Cov strutturato su un mix di anticorpi monoclonali apre ulteriori spazi di speranza visto che ne è stato dichiarato l’uso negli Stati Uniti per ora nei trattamenti terapeutici di casi con sintomatologie gravi.

La compagnia farmaceutica che lo produce, la Regeneron Pharmaceuticals, ha chiesto alle autorità americane di poter espandere le autorizzazioni anche all’uso preventivo delle infezioni da Covid 19. Del resto i test hanno dimostrato che la protezione generata dall’assunzione del Regen-Cov garantisce una protezione per oltre otto mesi, riducendo dell’82% le sintomatologie infettive.

Durante lo studio, nessuna delle persone trattate con il nuovo farmaco è stata costretta a ricoveri causa Covid e naturalmente nessuna terapia intensiva né morte è stata registrata. 

Fonte: https://www.nicolaporro.it/economia-finanza/economia/e-lora-del-regen-cov-la-forza-degli-anticorpi-monoclonali/?utm_source=nicolaporro.it&utm_medium=link&utm_campaign=economiafinanza

Quelli del solstizio…

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Segnalazione del Centro Studi Federici

Il Grande Oriente festeggia il Solstizio d’Estate
Celebriamo, secondo un’antica e consolidata tradizione il solstizio d’estate, una delle ricorrenze che rivestono per la Libera Muratoria una particolare rilevanza per l’alta valenza esoterica che accompagna il significato e gli effetti dell’alternarsi del buio e della luce sia nella perfezione cosmica che nel nostro incessante lavoro iniziatico.
In questa particolare giornata che segna il trionfo della luce, il suo momento di massimo fulgore, di massima intensità nell’eterno ciclo di rivoluzione che la Terra compie intorno al sole, noi massoni possiamo ammirare la più grande e bella espressione dell’armonia e della perfezione che accompagna il lavoro del sole che produce frutti copiosi per la necessaria rigenerazione della natura e al tempo stesso dell’uomo che e’ parte integrante e trae vita e forza da essa.
Anche noi, dopo aver lavorato intensamente ed incessantemente alla semina col lavoro rituale fatto nei mesi invernali, ci prepariamo a raccogliere la luce, l’energia e il calore, l’amore e la conoscenza necessari alla prosecuzione della nostra interminabile opera in questo giugno che favorisce la feconda maturazione del grano.
Forti del nostro impegno e del nostro tenace lavoro d’officina ci apprestiamo quindi a goderne i frutti alla luce del sole, prima della pausa estiva che ci vedrà impegnati a recuperare le energie in vista della ripresa dei nostri architettonici lavori dopo il XX Settembre.
Carissimi fratelli, continuiamo a guardare il sole e diventiamo anche noi dei piccoli splendenti soli per la nostra Obbedienza e per l’Umanita’.
Buon solstizio!
 

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