Il pensiero di Michela Murgia, un’antropologia piegata sulla volontà soggettiva

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di Francesco Ognibene – 12/08/2023

Il pensiero di Michela Murgia, un'antropologia piegata sulla volontà soggettiva

Fonte: Avvenire

Di quali “diritti” era paladina Michela Murgia? Cosa sono le “famiglie queer”? E perché la notizia della sua morte prematura è stata celebrata dai media con l’enfasi che si dedica a un profeta inascoltato, al difensore di aspirazioni calpestate, quasi ci avesse lasciati un Gandhi scrittore?
Sia chiaro che qui non discutiamo la caratura letteraria e lo spessore intellettuale della scrittrice sarda, ma una volta ancora colpisce molto come la comunicazione sembri sganciare la persona dal personaggio, la donna e l’autrice di romanzi e saggi da ciò che ha finito per rappresentare sulla scena pubblica, specie dopo l’intervista concessa in maggio al Corriere, nella quale oltre a raccontare della sua malattia ormai giunta all’ultima tappa aveva anche parlato della sua “famiglia queer”, definizione ignota ai più ma sufficiente a crearle attorno un alone di avvocata delle cause “scomode”. Una fama che negli anni si era andata consolidando con scritti, interviste e discorsi in cui si era resa protagonista di battaglie per la schwa – la “e” capovolta che al termine di una parola indica l’indifferenza di genere –, sostenendo da tempo con la sua energia argomentativa le campagne sull’eutanasia, il diritto all’aborto e l’omogenitorialità.
Tutto questo ha fatto della Murgia l’icona di un’antropologia centrata sulla volontà personale, ispirata a una libertà di scelta insindacabile e a un’autodeterminazione assoluta, che vede nel soggetto il solo arbitro di sé stesso, senza riferimenti ad alcuna istanza oggettiva che lo precede e che condivide con tutti gli esseri umani. Su di me decido io, ognuno decida per sé. Molto in linea con l’idea oggi dominante sulla pubblica piazza, con la “ribellione” come cifra assai reclamizzata e però smentita da un effettivo allineamento al pensiero corrente. Cosa c’è in fondo di più organico alla mentalità diffusa del sentirci padroni di tutto ciò che ci riguarda, e del far pensare che ogni sistema di pensiero, ogni istituzione e legge che vi si oppone sia espressione di una cultura retrograda che crea infelicità?
Il messaggio che ora prevale nei mezzi di comunicazione è della «scrittrice dei diritti», «libera fino alla fine», «attivista a testa alta», con la sua figura eletta a simbolo della contestazione di un ordine che in realtà appare già sgretolato dal soggettivismo dominante. Un pensiero provocatorio come il suo, e ancor di più l’uso che se ne sta facendo come di una bandiera issata su campagne di opinione attorno ad aspetti nevralgici della famiglia e della vita, ci obbliga a un confronto onesto, come sarebbe piaciuto a lei. E tra i diversi punti che si rinvengono nelle sue parole dette e scritte, specie nell’ultimo periodo, forse quello che più sta incidendo sull’immaginario è proprio quello di “famiglia queer” – la prova è che ila mattina successiva alla sua morte era tra le domande più frequenti rivolte ai motori di ricerca – intesa da Michela Murgia come «una famiglia ibrida, fondata sullo ius voluntatis: perché la volontà deve contare meno del sangue?». Non più famiglia, dunque, ma contenitore a geometria variabile di affetti variamente assemblati.
Se sulla fede della scrittrice sarda nessuno può pronunciarsi, la sua visione della persona va in una direzione opposta a quella personalista e relazionale della dottrina cristiana, che non esenta la volontà da una valutazione etica. Questo sì che oggi è un pensiero “scomodo”.

“Famiglia e bullismo”

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Cinzia Notaro intervista Gianfranco Amato

“Famiglia e Bullismo”. Un incontro tenutosi di recente presso l’Abbazia di Santa Scolastica in Bari. Emarginazione, umiliazione pubblica, violenze fisiche, psicologiche e verbali, bullismo, cyberbullismo.

Ne sono succubi  secondo gli ultimi dati resi noti da “Terre des Hommes” soprattutto i giovani in età adolescenziale, che finiscono col soffrire nella maggior parte dei casi di ansia sociale, attacchi di panico, disturbi alimentari, depressione, autolesionismo.

Utero in affitto, identità di genere gli altri temi affrontati nel corso del dibattito.

Sono intervenuti: Enzo Fortunato Presidente Europa Benedettina , Manuela Antonacci di ProVita e FamigliaPaolo Scagliarini direttore de “La Fiaccola”, Samuele Lella di Gioventù Nazionale Bari, Michele Picaro Consigliere regionale di Fratelli d’Italia e l’avv. Gianfranco Amato che abbiamo avuto l’onore d’intervistare, Presidente dell’Associazione Giuristi per la Vita,  nominato il 26 giungo 2023 Direttore del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio permanente sulle Famiglie della Regione Siciliana, con decreto assessoriale 103 del 27 giugno 2023: “Ho  ricevuto questa nomina conferitami con decreto dell’assessore regionale alla famiglia, alle politiche sociali e al lavoro – ha specificato – per un ruolo riservato ad “esperti” di comprovata esperienza, competenza e professionalità. Si tratta certamente di un gratificante riconoscimento del lavoro svolto in questi ultimi quindici anni, ma soprattutto di una grande responsabilità. Ho deciso di accettare questa sfida perché sono convinto che la Sicilia possa diventare un laboratorio di politiche volte a valorizzare la famiglia a livello non solo italiano ma anche europeo. L’idea è quella di partire da una legge approvata esattamente venti anni fa – mi riferisco alla legge regionale 10 del 31 luglio 2023 – che aveva proprio come oggetto quello della «valorizzazione e tutela della famiglia». Si tratta di una legge avveniristica per l’epoca in cui fu approvata, e dovuta sostanzialmente alla particolare sensibilità sul tema della famiglia dell’allora presidente della regione Totò Cuffaro. Il punto è che non fu mai pienamente attuata. Credo che oggi ci siano le condizioni politiche a livello regionale e nazionale, per dimostrare che la famiglia non deve essere considerata una sorta di “corpo moribondo” da sostenere con sussidi, sovvenzioni, bonus, ecc., ma una vera e propria risorsa economico-sociale. Bisogna passare dalla logica dell’accanimento terapeutico, che guarda alla famiglia come ad un “peso sociale” da sostenere finanziariamente, alla logica della valorizzazione, che considera la famiglia nella prospettiva indicata dall’art.1 della Legge regionale 10/2003, ovvero quella di un «soggetto sociale di primario riferimento» per le politiche regionali.  La Sicilia può diventare un interessante laboratorio per sperimentare politiche familiari innovative  – ha dichiarato –  e introdurre iniziative volte a tutelare e valorizzare la famiglia, grazie anche all’amplia autonomia legislativa regionale e alle possibilità concesse da una legge avveniristica (L.R. 10/2003) che, dopo vent’anni di congelamento, ora potrà finalmente vedere la sua integrale applicazione. Ci aspetta un grande lavoro”.

Venendo ai temi dell’incontro, l’utero in affitto, rappresenta  un vero e proprio sfruttamento della donna che diventa un mezzo per avere un figlio a tutti i costi ed è pagata per questo, come in qualunque altro rapporto commerciale. Il bambino le viene letteralmente strappato, come se lei fosse solo un contenitore servito alla realizzazione dell’opera. Il mondo delle tenebre non finisce mai di sorprenderci !

L’ho definita una “barbara pratica”. Da giurista, è inconcepibile il fatto che un essere umano possa essere considerato oggetto di un contratto commerciale. Per trovare un precedente simile nella Storia del Diritto occorre ricorrere all’istituto della schiavitù. Non mi sembra un gran precedente. E nemmeno un gran progresso. In realtà le donne sfruttate sono due. Da una si ottengono gli ovociti contenenti il prezioso DNA, mentre l’altra viene semplicemente utilizzata come un contenitore. Infatti, normalmente gli ovociti vengono scelti accuratamente: di solito si tratta di una giovane donna di razza caucasica, bionda, con occhi azzurri, quoziente intellettivo alto, ecc. Mentre il contenitore lo si fa fare ad una donna del terzo mondo. In India esiste un disgustoso traffico di donne che hanno disperatamente bisogno di soldi e si prestano a questa vergogna. I committenti maschi non utilizzano una sola donna – sarebbe più semplice ed economico – perché in questo caso la donna rischierebbe di sentire come proprio il figlio e potrebbe rifiutarsi di farselo strappare via. Così, è preferibile sfruttarne due di donne, senza che nessuna delle due si affezioni troppo all’oggetto del contratto. Alcune femministe balbettano qualche critica, ma quel mondo, soprattutto il mondo omosessualista, è fermamente a sostegno di questa barbara pratica.

Occorre far prevalere il concetto che avere un figlio non è un diritto. Non esiste un diritto al bambino, ma c’è il diritto alla vita riconosciuto dalla Corte Costituzionale, il diritto di conoscere le proprie origini. Seguono poi i diritti ad essere educato dai propri genitori, alle relazioni familiari, e alla sua famiglia. Si può affermare che con la pratica dell’utero in affitto il nascituro è privato dei suoi diritti fondamentali?

Ci sono  importanti documenti a livello internazionale che riconoscono il diritto di un bambino a crescere in un contesto che favorisca il suo sviluppo armonico attraverso l’educazione complementare di un individuo biologico di sesso maschile, il padre, e un individuo biologico di sesso femminile, la madre. Questo è un dato oggettivo derivato dalla natura. Privare un bimbo di una madre o di un padre, è  una forma crudele e spietata di egoismo da parte di due adulti. Nessun bambino vuole nascere orfano. Semmai dobbiamo chiederci che tipo di civiltà è quella che tra il diritto sacrosanto di un essere debole e indifeso, quale  è un bambino, e il desiderio o il capriccio di due adulti, opta per quest’ultimo. È una civiltà dove vige la legge della giungla, in cui prevale il più forte e il più ricco. Qualcosa di molto  diverso dal modello che  per secoli ha caratterizzato  la civiltà occidentale cristiana.

Tornando all’incontro a cui ha partecipato recentemente presso l’Abbazia di S. Scolastica a Bari, la famiglia odierna si prende cura dei propri componenti? Li accompagna a scoprire i propri talenti ? Li porta a riconoscere i veri valori della vita? I genitori danno buon esempio ai propri figli? Ci si rispetta a vicenda? O ci sono muri di silenzio, incomprensioni, mancanza di dialogo? La Tv e i social network  hanno preso il suo posto?

Oggi sembra essere smarrito, non solo nella famiglia ma anche nella scuola, il concetto stesso di educazione. Che cosa significa educare? Tre verbi latini mi pare rendano bene l’idea di questa delicatissima funzione: educĕre/tradĕre/introducĕre. Se, infatti, la stessa derivazione etimologica del termine offre l’idea di “tirar fuori” ed estrarre le potenzialità di un figlio o di uno studente (educĕre), questa idea non può prescindere da altri due aspetti fondamentali.

Il primo è legato alla tradizione (tradĕre), ovvero al compito di “consegnare”, “trasmettere” il patrimonio di sapienza e di fede ricevuto dagli avi. E’ proprio il legame con la tradizione a costituire uno dei fattori originali delle dinamiche dell’evento educativo. La tradizione rappresenta il cuore dell’identità di un individuo, al punto che il suo disconoscimento non solo lo priva di un’origine, ma, scollegandolo dalle generazioni che lo hanno preceduto, lo immerge in un micidiale cocktail fatto di individualismo relativista, di cinico scetticismo e di squallido edonismo. A volte teleguidato da Tv e social network. L’assurdo ripudio della tradizione – falsamente immaginato come emancipazione in funzione di progresso – ha fatto dilagare tale micidiale cocktail nell’attuale sistema educativo e persino nella famiglia, dove insegnanti e genitori, succubi del pensiero unico dominante, hanno timore e addirittura vergogna di tradĕre l’eredità culturale fatta di principi, valori e ideali ricevuti dalle generazioni precedenti. Solo il legame con la Tradizione  può consentire oggi ad un giovane di acquisire un giudizio critico capace di osservare la realtà senza il paraocchi del pregiudizio ideologico e di guardare al di là delle false apparenze. Solo così un giovane può essere veramente libero e far fallire i tentativi di manipolazione che il Potere ininterrottamente mette  in atto – anche attraverso la distruzione della famiglia – per arrivare ad avere davanti a sé un uomo isolato, un pezzo di materia, un cittadino anonimo e privo del senso del destino. Il secondo aspetto concerne la funzione ultima della stessa educazione, ossia quella di introdurre (introducĕre) alla realtà nella totalità dei suoi fattori, proprio perché è insita nel cuore dell’uomo la domanda di senso totale, che non potrà mai trovare risposta in una ragione dimostrativa o scientifica. Ma chi oggi educa più in famiglia al riconoscimento di queste domande fondamentali dell’uomo?

L’istituzione della famiglia e del matrimonio sono stati istituiti prima del cristianesimo, vero?

La prima immagine che noi abbiamo di una famiglia, senza aggettivi (naturale, tradizionale, ecc.), è quella di una semplice famiglia fatta di madre, padre, figli, punto, risalente al periodo preistorico. Nel 2005 ad Eulau, in Germania, gli archeologi hanno scoperto alcune tombe del periodo  neolitico superiore. In una di esse hanno trovato i resti di quattro esseri umani: un uomo, una donna, e due bambini. Attraverso l’esame del DNA è stato dimostrato che si trattava di una famiglia: padre, madre e figli. Li avevano sepolti abbracciati tra di loro, e ciò fa intendere che sarebbero morti nello stesso momento. Gli scienziati hanno ricostruito attraverso un disegno i membri di quella famiglia, un’immagine molto commovente, ma che ci dice qualcosa di molto importante: in quell’epoca non esisteva nessuno Stato, nessun Parlamento, nessuna legge, nessuna Chiesa. Esisteva la famiglia, elemento naturale che precede tutte queste istituzioni. Per questo si dice che la famiglia è un elemento pre-politico e pre-giuridico. Nessuna istituzione umana e nessuna religione ha dato origine alla famiglia.

E che la famiglia fosse ritenuta una cellula della società risale alle più antiche civiltà, così come ha ripetuto più volte durante il suo intervento.

Uno dei primi a teorizzare in maniera “scientifica” questo concetto fu Aristotele nella sua opera Politica. Ci furono, poi, anche altri grandi pensatori del passato, come per esempio Cicerone che nel De Officiis spiega, appunto, che «prima societas ipso coniugio est», la famiglia è la cellula della società. Sempre in quell’opera, Cicerone riteneva la stessa famiglia come «principium urbis», fondamento della società e «seminarium rei publicae» un vivaio dello stato. Il concetto è poi passato nei grandi pensatori della Tradizione cristiana. Pensiamo, per esempio, a Sant’Agostino che ha espressamente definito la famiglia «particula civitatis», ovvero «la cellula della società e il suo principio» (De Civitate Dei, XIX 16). E così tutti gli altri grandi filosofi e teologi del cristianesimo. Sempre Sant’Agostino insegnava che «il primo naturale legame della società è quello tra uomo e donna (De bono coniugali, I, 1), e che «il matrimonio si chiamò così dalla radice etimologica mater» (Contra Faustum manichaeum, XIX 26). Per questo le  unioni contro natura tra persone dello stesso sesso non possono essere qualificate come matrimonio e quindi dare vita ad una famiglia. Del resto lo dice anche la nostra Costituzione all’art. 29, il quale recita che «La Repubblica riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». È interessante anche il verbo utilizzato in quell’articolo : «riconosce». Riconosce significa semplicemente prende atto di una realtà naturale che preesiste allo Stato. Non si dice la Repubblica istituisce la famiglia e ne disciplina le modalità di costituzione ed estinzione. La famiglia naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, ripeto, non è una creazione dello Stato e, quindi, non può essere modificata dallo stesso. Ancora più assurda ritengo la pretesa avanzata da alcuni movimenti omosessualisti di celebrare “nozze” tra persone dello stesso sesso nelle chiese. La libertà religiosa – che ricordiamo è un diritto fondamentale dell’uomo – non può essere conculcato in nome di un desiderio, o meglio di un capriccio di due persone che hanno un particolare orientamento sessuale.

Si può dire che c’è un piano infernale contro la famiglia, contro la fede, contro l’Europa cristiana?

Io ho avuto la grazia e il privilegio di conoscere personalmente, e frequentarlo negli ultimi anni della sua vita, il compianto cardinal Carlo Caffarra. Lui era stato incaricato nel 1981 dall’allora Pontefice di fondare l’Istituto per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Caffarra ricordava spesso dalle mani di Suor Lucia di Fatima, una lettera in cui la veggente profetizzava che lo scontro finale tra Satana e il Regno di Cristo sarebbe avvenuto proprio sulla famiglia. Il Nemico dell’uomo non potendo attaccare direttamente il Creatore avrebbe attaccato la creatura, colpendo innanzitutto il luogo in cui essa nasce, cresce, si educa e si sviluppa. Chi ha fede crede a questa chiave di lettura. Non v’è dubbio, poi, che vi sia in atto una vera e propria guerra ideologica e cultura contro le radici cristiane dell’Europa. Basti pensare che lo stesso riferimento a tali radici è stato tolto dal preambolo della bozza della Costituzione europea.

Il fine di questa cultura della morte è annientare l’unica forma di difesa dell’uomo, la famiglia, e  spingerlo all’individualismo per farne un essere debole e fragile, facilmente plagiabile?

La famiglia è l’ultimo, piccolo, angusto spazio di libertà tra la persona e il Potere. Per questo il Potere vuole eliminarlo. Il Potere vuole un uomo solo, isolato, senza un luogo d’appartenenza, senza radici, fragile, indifeso. Un individuo perfettamente manipolabile. Come diceva il grande scritto inglese Chesterton la famiglia è un «test of freedom», un test di libertà, perché «è l’unica cosa che un uomo libero fa da sé e per sé».  Mons. Luigi Giussani, che è stato il mio Maestro, già trent’anni fa insegnava che l’interesse del potere a distruggere la famiglia è duplice: 1) distruggendo questa primordiale unità-compagnia dell’uomo, il potere riesce ad avere davanti a sé un uomo isolato che senza forza, resta un pezzo di materia, un cittadino anonimo, privo del senso del destino, privo del senso della sua ultima responsabilità e che si piega facilmente al dettato delle convenienze. La famiglia è attaccata per far sì che l’uomo sia più solo, privo di tradizioni che gli consentano di veicolare responsabilmente qualcosa che possa esser scomodo per il potere o che non nasca dal potere; 2) distruggendo la famiglia si demolisce  l’ultimo e più forte baluardo che resiste naturalmente alla concezione culturale che il potere introduce, dando spazio ad una realtà in cui il bene sia l’istinto o il piacere, o meglio ancora il calcolo.

A proposito  dell’identità di genere, il relativismo morale impera: un uomo vuole diventare donna, e viceversa. E quello che è più triste è che sono arrivati a provocare disagio anche nei bambini facendogli sorgere dubbi sulla propria identità sessuale. Vogliono distruggere la purezza dei piccoli. Il gender propagato nelle scuole… i piccoli vengono corrotti  ancor prima che prendano consapevolezza della gravità di certi insegnamenti! Non pensa che sarebbe bene far frequentare ai propri figli per difenderli dal male scuole parentali cristiane?

È un tema molto complesso che non può essere liquidato con una risposta da intervista. Quello che posso dire è che la cosiddetta ideologia gender più che una forma di relativismo morale integra un vero e proprio relativismo materiale. Si nega la realtà. È una sorta di delirio collettivo che rischia di distruggere la società, e certamente svuota la base antropologica della famiglia. La cosa più grave è che spesso si assiste ad un indottrinamento ideologico nelle scuole, partendo proprio dai più piccoli, i soggetti più facilmente plasmabili. Del resto ogni regime totalitario utilizza l’indottrinamento scolastico, e l’attuale dittatura del pensiero unico in cui stiamo vivendo non fa eccezione. Ritengo che l’opzione delle scuole parentali sia da prendere in seria considerazione. Continuo a conoscere esperienze disseminate in tutta Italia, davvero edificanti e che aprono una luce di speranza. Avessi dei figli in età scolare, opterei senza dubbio per questa soluzione rispetto all’alternativa di un campo di rieducazione dove giovani sono costretti all’indottrinamento dell’ideologia woke, del politicamente corretto, della cancel culture, della prospettiva omosessualista.

L’era sessantottina ha portato al caos. Da qui la mancanza di rispetto dei figli nei riguardi dei genitori, degli alunni riguardo gli insegnanti, della moglie rispetto al marito. Questa rivoluzione è stata graduale e lentamente ha provocato un vero disastro, quello che vediamo adesso? Com’era la famiglia  decenni fa e com’è oggi? La donna che responsabilità ha nel degrado morale e spirituale attuale? Il suo lavoro fuori casa le impedisce di avere cura del focolare domestico e di svolgere il ruolo fondamentale che Dio le ha affidato nel far crescere in età e grazia i propri figli e di essere accanto al proprio marito per aiutarlo e sostenerlo: Il Signore disse: «Non è bene che l’uomo sia solo, facciamogli un aiuto simile a lui», Gen 2,18.

Su che cosa abbia significato l’esperienza storica che va sotto il nome di “Sessantotto” e su quali siano stati gli effetti esiziali che ancora oggi perdurano, rinvio all’interessante saggio di un mio carissimo e fraterno amico: Giovanni Formicola. Credo che il suo libro intitolato “Sessantotto Macerie e Speranza” sia uno dei testi più illuminanti ed utili per comprendere in profondità quel fenomeno. Senza dubbio una vera rivoluzione che ha preso di mira anche l’istituto della famiglia quale cellula della società, in un’ottica ideologicamente distruttiva.

Assistiamo anche ad una certa manipolazione linguistica: la contraccezione viene descritta come “controllo del proprio corpo”; l’aborto (uccisione del nascituro) come “interruzione volontaria della gravidanza”; gli assassini degli innocenti sono chiamati “pro-scelta” e gli omosessuali “gay”, ovvero gaudenti. Ne consegue che l’arte, la musica sono state stravolte da cambiamenti culturali, che si allontanano da qualsiasi cosa che assomigli alla moralità cristiana.

Anche il regime totalitario in cui viviamo, come tutti i regimi totalitari che si rispettino, utilizza la manipolazione linguistica. Basta ricordare la celebre “neolingua” ipotizzata dallo scrittore George Orwell nel suo romanzo di fantascienza distopica 1984. Agli esempi che ha fatto Lei potremmo aggiungere anche “maternità di sostegno” per indicare la barbara pratica dell’utero in affitto, o la “procreazione medicalmente assistita” per indicare la procreazione artificiale. Cercano sempre di dare una valenza positiva a cose che, in realtà, sono sempre contro natura e contro l’uomo. Vittime dell’imperante totalitarismo ideologico e culturale in atto certamente anche la Storia, l’Arte, la Musica, basti pensare all’inquietante fenomeno noto come “cancel culture”.

Da cosa nasce la disgregazione familiare a livello giuridico, e la Chiesa cattolica è ancora davvero convinta dell’indissolubilità del matrimonio?

È stato il divorzio a rendere le relazioni umane e la società molto più liquide, e la solubilità del matrimonio ha incrinato la stessa stabilità della convivenza civile. Questo lo si deve onestamente ammettere, prescindendo da qualunque valutazione di carattere religioso, sacramentale, teologico. È possibile, infatti, parlare di matrimonio indissolubile anche da un punto di vista squisitamente laico. Se la famiglia è la cellula della società, uno Stato ha interesse a che la cellula sia solida. Una cellula liquida, infatti, rende liquida tutta la società. Non serve la fede, del resto, per comprendere anche la necessità del matrimonio indissolubile per il destino dei figli, il loro sostentamento e la loro educazione. Come ricordava il grande filosofo francese Gustave Thibon, se prima di sposarsi un individuo è consapevole dell’irrevocabilità del matrimonio, è anche indotto a non avventurarsi alla leggera in quel vicolo cieco che ha il muro di chiusura alle spalle; come il conquistatore che brucia i suoi vascelli per togliersi prima della battaglia ogni possibilità di ritirata, i fidanzati che acconsentono a legarsi l’uno all’altro fino alla morte, si procurano da questa “idea-forza” una garanzia preliminare contro tutti gli eventi del destino che minacceranno il loro amore. Al contrario, la sola idea del divorzio possibile prende dimora tacitamente nel profondo dell’anima, come un verme deposto da una mosca in un frutto in formazione e che ne divorerà un giorno la sostanza. L’esperienza ha più volte dimostrato, infatti, che in alcune circostanze, specie quando si tratta di grandi prove, è sufficiente considerare una cosa come possibile perché essa divenga necessaria. Si tratta di un dato psicologico elementare che da solo basta a sfatare, tra l’altro, il mito del cosiddetto “matrimonio di prova”.

Per questo resto basito quando mi riferiscono che ad alcuni “corsi prematrimoniali” è lo stesso parroco a spiegare ai nubendi, che, in fondo in fondo, se poi le cose vanno male, resta sempre aperta l’opzione del divorzio. Non mi addentro in tutte le polemiche sull’interpretazione dell’enciclica “Amoris Laetitia”, e neppure nella triste vicenda dei legittimi “dubia” sollevati da quattro cardinali della Chiesa cattolica (rimasti peraltro senza risposta), ma credo che l’orientamento attuale della Sacra Rota sia sempre più, diciamo, permissivo. È lo spirito del mondo che aleggia dentro la Chiesa.

Fonte: https://www.lafiaccola.it/wp/famiglia-e-bullismo/

Un “gaio nichilismo” con a capo Elly Schlein

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di Riccardo Arbusti – 01/03/2023

Un “gaio nichilismo” con a capo Elly Schlein

Fonte: Il Secolo d’Italia

Il filosofo Del Noce lo aveva già previsto: la sinistra diventerà un “gaio nichilismo”. Con a capo Elly Schlein

Quale potrebbe essere, da un punto di vista filosofico, il nuovo profilo del Pd targato Elly Schlein? Non forzando troppo la mano potrebbe essere esattamente quello profetizzato dal filosofo Augusto Del Noce quando, a metà degli anni Ottanta del Novecento, descriveva l’emergere di un possibile “partito radicale di massa” quale esito “suicida” della cultura politica della sinistra che era stata precedentemente socialista e marxista.

Del Noce profetizzò la saldatura tra tecnocrazia e postmarxismo
Negli anni Ottanta, infatti, la saldatura in corso tra tecnocrazia e quel che restava del comunismo, tra ricca borghesia e popolo de-cristianizzato, veniva da Del Noce identificato in una sorta di superpartito trasversale, laicista e individualista che stava egemonizzando tutto il quadro. A questo superpartito, il filosofo torinese opponeva una nuova alleanza tra cattolici, socialisti non subalterni al laicismo e al marxismo e settori politici e sociali sensibili al richiamo della cultura nazionale italiana . Non a caso, si professerà in sintonia con l’analisi di Del Noce anche il filosofo postmarxista come Costanzo Preve quando scriverà dello scivolamento della cultura di sinistra verso «l’adesione inesorabile alla società radicale dei consumi».

Giuliano Ferrara stronca la Schlein: “Banale e modaiola, rischia l’irrilevanza. La Meloni è un’altra cosa”
La cultura azionista alla Scalfari utile a scardinare la questione sociale
L’incontro inevitabile tra ciò che restava del marxismo e l’ordine tecnocratico neocapitalistico è l’essenza della tesi del libro più politico di Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, del 1978. Il filosofo aveva infatti chiaro l’avversario politico-culturale di quella nuova forma di Risorgimento nazionale che Del Noce auspicava, come aveva ben presente l’avanzante minaccia “morbida” di una nuova forma di totalitarismo, quella che a suo dire veniva delineata secondo una strategia condotta dalla parte politica «che si riconosceva nel quotidiano la Repubblica e nelle idee del suo direttore, Eugenio Scalfari. Quel quotidiano, secondo il filosofo torinese, mettendo insieme la componente progressista della Dc rappresentata da De Mita insieme al risultato della laicizzazione del Pci, puntava dritto dritto al “partito radicale di massa” e, quindi, a egemonizzare il nuovo soggetto sulla base di una rinnovata cultura azionista, espressione diretta di una borghesia laicista, permissiva e, col pretesto della “questione morale” a annullare la centralità della questione sociale».

Il rifiuto da sinistra dei valori permanenti e lo slittamento verso il laicismo
Ricordiamoci come è proprio dalla celebre intervista di Berlinguer a Scalfari, del 1981, che il Pci in qualche modo compie una scelta sul fronte del progressismo azionista mettendo progressivamente in sordina la tradizione sociale e la rappresentanza dei ceti popolari. Del Noce definisce quella scelta un’opzione per la rappresentanza privilegiata – da parte della sinistra – della nuova borghesia, che – citiamo le sue parole – «è poi il soggetto storico degli ultimi decenni nelle sue abitudini, nei suoi costumi, nella sua mentalità. Ideologicamente questa nuova borghesia è caratterizzata dal timore di un qualsiasi risveglio religioso, sia cattolico, sia persino comunista, addirittura nella vecchia forma del marxismo come religione secolare. Si vuole dunque una società completamente secolarizzata, che rifiuti ogni sorta di valori assoluti, permanenti, immutabili». Si andava così prefigurando, a suo avviso, «un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato, assai più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati non fossero». Un progetto, portato avanti, da quello che lui definiva «il superpartito tecnocratico che attraversa i partiti, che ha in possesso le sorgenti di informazione, che cura la propria apologia attraverso la casta degli intellettuali, che è equamente ripartito secondo le varie posizioni culturali e politiche dai cattolici ai comunisti…». Insomma quella che oggi chiamiamo la sinistra della Ztl o dei salotti o dei “comunisti col rolex”.

L’orizzonte umano coincide col piacere del singolo
È proprio questa l’essenza della “società radicale”, che non può che assumere una forma tecnocratica, inevitabile, per dirla con Del Noce, «in una realtà in cui i valori etico-politici sono sostituiti da criteri strumentali: è la società della massima oppressività possibile, quella il cui fondamento è il principio pragmatico esteso a tutti i rapporti sociali, in cui tutto sembra passare in via privilegiata per il diritto assoluto degli individui al soddisfacimento dei propri desideri». Se la natura diviene, in altre parole, solo un oggetto per l’uomo, e se la società viene pensata solo nei termini dei vantaggi che essa può assicurare al piacere del singolo, allora il problema di un valore “trascendente” della natura e della società – la religione, la morale, la prospettiva nazionale – appare come privo di senso. La sinistra postmarxista raggiunge così la perfetta negazione della trascendenza, il rifiuto dell’esperienza immediata e della consapevolezza della realtà, sia per ciò che riguarda la natura, sia per ciò che riguarda la società: il mondo e l’uomo emergono soltanto come ciò che appaiono e la misura concreta che li avvince al soggetto umano è soltanto il soddisfacimento dei suoi bisogni e desideri. Non c’è, anche in questo, una prefigurazione dell’orizzonte liquido, sradicato, indifferenziato, politicamente corretto e “sostenibile” degli scenari a noi contemporanei?

La nuova religione tecnologica profetizzata da Del Noce
Annotava appropriatamente Del Noce: «Si sta organizzando dunque una società globale, che trae la sua forza dalla conciliazione del massimo dell’oppressività con l’aumento del benessere». Di fronte a questa presa d’atto, il filosofo torinese arriva esplicitamente a domandarsi: «Significa che il pieno fiore della civiltà tecnologica coinciderà con il rispetto di tutti gli individui, visti nella loro individualità? Mi pare sia proprio qui l’illusione che si tratta di dissipare. Facciamo l’ipotesi di un governo mondiale diretto da un’élite di grandi scienziati e di grandi tecnici. Per essere però del tutto coerenti, dobbiamo supporre uomini ridotti alla pura dimensione scientifica, e nient’altro. Ovviamente essi non potranno ragionare che in termini di potenza, di efficacia, di organizzazione… Si avrà un’umanità divisa nettamente in due classi, quella di coloro che in qualche maniera partecipano a questa conquista, quella di coloro che a essa sono superflui. Se anche si vorrà pensare che a costoro verrà garantito un minimo vitale, essi però non potranno che servire, sapendo che ogni tentativo di sottrarsi alla loro condizione è del tutto inutile e assurdo, per la potenza senza pari che sarà concentrata in poche mani, quelle dei custodi della religione tecnologica».

Il “nichilismo gaio” della sinistra di Elly Schlein
La “società radicale” era stata profetizzata nel migliore dei modi da Del Noce già in una lettera del gennaio 1984 a Rodolfo Quadrelli e descritta nei termini di un totalitarismo morbido dai tratti nichilisti, un “nichilismo gaio”, un totalitarismo senza inquietudine. Per Del Noce il “nichilismo gaio” appariva tale – forse quarant’anni fa se ne resero conto in pochi – anche nel riferimento a una sessualità neutralizzata e “gender”, così come si sostiene recentemente. «Si può infatti dire – annotava – che tende a intendere l’amore sempre omosessualmente, anche quando mantiene il rapporto uomo-donna, immaginando una relazione sessuale indifferenziata», escludente il principio di “differenza” tra i generi. «Tale nichilismo – precisava – è esattamente la riduzione di ogni valore a valore di scambio: l’esito borghese massimo, nel peggiore dei sensi, del processo che comincia con la prima guerra mondiale. Il peggiore annebbiamento che il nichilismo genera è la perdita del senso dell’interdipendenza dei fattori della nostra storia presente; infatti a ben guardare, non è che l’altra faccia dello scientismo e della sua necessaria autodissoluzione da ogni traccia di valori che non siano strumentali».

Del Noce faceva propria l’analisi di Pasolini
Insomma, Del Noce – e lo rilevò più volte – si riteneva in pieno accordo con il Pier Paolo Pasolini che non solo negli Scritti corsari ma anche nel suo ultimo discorso pubblico alla Festa nazionale dell’Unità del settembre 1975 contestava alla sinistra quel “progressismo” – incipiente in quegli anni Settanta ma oggi dominante ed egemone – che a suo dire era il tratto trasversale e coinvolgente di tutta la realtà nel mondo dell’omologazione compiuta. Anche il Pci, a suo dire, era di fatto già “inquinato” – così lui spiegava – da «quel falso laicismo, e da quel falso progressismo, con cui il potere ammanta la sua ideologia consumista. Cioè, la televisione o anche la scuola. I modelli di vita che offre la televisione sono, per quanto laidamente, laici. Chi viene offerto alla vostra indicazione? Non certamente un santo eremita, o un prete che fa delle belle prediche. Viene esposto alla vostra indicazione un giovane cretino e una giovane cretina. Laici, che godono la vita. La cui religione è il pic-nic, il weekend, la macchina, il profumo, il sapone, le belle scarpe, i blue jeans, eccetera. …. Anche i voti andati a sinistra – denunciava Pasolini, in pieno accordo con Del Noce – sono “inquinati” da un laicismo e un progressismo, che noi non possiamo condannare, dal nuovo modo di produzione, cioè dalla nuova cultura e dal nuovo Potere». E oggi, quasi cinquant’anni dopo quel laicismo e quel progressismo sono diventati la piattaforma ideale ufficiale della nuova sinistra del Pd. Alla cui guida non si poteva che scegliere una leader come Elly Schlein.

Dopo le proteste di nazionalisti e ortodossi, la Serbia non ospiterà l’Euro Pride 2022

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Roma, 27 ago – Non sempre i governi e le nazioni europee si sottomettono ai capricci della dominante e viziata cultura progressista. Proprio in queste ultime ore, l’ennesimo strappo con le discusse organizzazioni Lgbt arriva ancora una volta dal popolo serbo. Nella capitale serba si sarebbe infatti dovuta svolgere la prossima edizione dell’Euro Pride 2022. Preceduta però da ben più nutrite manifestazioni di protesta con migliaia di famiglie, giovani nazionalisti e cristiano ortodossi serbi, scesi in strada contro la parata arcobaleno. Il governo di Belgrado ha fatto quindi marcia indietro annullando la manifestazione gay.

La Serbia deve concentrarsi su problemi più importanti

Questa mattina il presidente serbo Aleksandar Vucic ha dichiarato che la parata dell’EuroPride di settembre a Belgrado non si svolgerà. Anche se, a suo dire, non soddisfatto della decisione, il presidente ha detto che la Serbia deve concentrarsi su questioni ben più importanti, compresi i legati alla crisi energetica, alimentare e ai problemi in Kosovo. “Semplicemente, a un certo punto, non puoi gestire tutto”, ha detto Vucic. “In altri tempi, più felici, l’evento potrebbe aver luogo”. Pensando alla situazione di grave crisi economica che sta attraversando anche il nostro Paese, magari anche solo un decimo dei nostri politicanti arrivasse a ragionare in tal senso. Ma per una nazione completamente lobotomizzata dalle sinistre, come la nostra, è cosa sempre più improbabile.

Lgbt contro il popolo serbo

In risposta, l’organizzatore di EuroPride 2022, Marko Mihailovic, ha affermato che “lo stato non può cancellare EuroPride” e qualsiasi tentativo in tal senso sarebbe una “chiara violazione della costituzione”. Gli organizzatori della parata lesbo-gay-trans-gender, ribadiscono dunque che la manifestazione si farà comunque, “con qualsiasi divieto illegale”. Oltre a chiedersi cosa ci possa essere di “illegale” in un governo che ascolta e accetta lo sdegno dei suoi cittadini, anzichè assecondare le viziose isterie internazionali, resta adesso il pericolo di duri scontri se i militanti Lgbt intendano proseguire la loro marcia. Kristine Garina, presidente della European Pride Organizers Association e responsabile EuroPride – ha insistito sul fatto che l’evento non può essere cancellato. Ha aggiunto che il primo ministro serbo Ana Brnabic – prima premier donna e apertamente gay della Serbia – ha promesso il pieno sostegno del governo serbo durante la procedura di candidatura per EuroPride 2022.

L’unico Pride di Belgrado è l’orgoglio serbo

All’inizio di questo mese, migliaia di persone hanno marciato a Belgrado contro Euro Pride, esponendo cartelli con la scritta: “proteggere la famiglia” e “tenete le mani lontane dai nostri figli”. In aperta polemica agli attacchi del mondo Lgbt alla famiglia naturale e alla continua diffusione dell’ideologia gender in tutto l’Occidente. I partiti della destra radicale serba hanno condannato l’evento e il vescovo di Banat, Nikanor, della Chiesa ortodossa serba, ha detto che avrebbe “maledetto tutti coloro che organizzano e partecipano a qualcosa del genere”. Non certo un atteggiamento paragonabile al governo papale Bergoglio, sempre più in declino e caricatura di se stesso. Solo 12 anni fa, nel 2010, i manifestanti contro il Gay Pride serbo avevano ingaggiato duri scontri contro la polizia nel tentativo di interrompere la marcia arcobaleno su Belgrado.

Ma tanti gay detestano il Pride e le sue politiche di sinistra

Partite decenni fa dagli Stati Uniti d’America, ad oggi, le manifestazioni Lgbt si svolgono regolarmente in quasi tutti i paesi membri della Ue. Rimane però il fatto che una fortissima resistenza di popolo, in diverse nazioni, continua a non accettare le imposizioni dettate dalle associazioni arcobaleno, complementari alla sinistra. Com’è ben risaputo, infatti, i Pride sono eventi ad uso e consumo di una ben precisata area politica, con messaggi espliciti volti alla sovversione familiare e sociale, e comizi contro uomini e aree politiche colpevoli di difendere la famiglia tradizionale. Migliaia sono anche i gay che non accettano la strumentalizzazione delle organizzazioni Lgbt e rifiutano di essere dipinti di arcobalenoQuesti ultimi insistono con forse la più datata delle formule sessuali secondo la quale, la sessualità di una persona, dovrebbe rimanere cosa intima e rispettosa. Senza invadere città e nazioni con episodi di sgradevole malcostume e slogan politici volgari e rappresentanti il degrado delle nuove ideologie progressiste.

Andrea Bonazza

Fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/dopo-le-proteste-di-nazionalisti-e-ortodossi-la-serbia-non-ospitera-leuro-pride-2022-242543/

Ddl Zan, a volte ritornano (purtroppo)

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L’epopea del famigerato disegno di legge Zan contro l’omotransfobia è ancora lontana dal dirsi conclusa. È stato lo stesso deputato piddino Alessandro Zan, in una pomposa intervista a Repubblicaad annunciare quello che per gli addetti ai lavori non è stato esattamente un colpo di scena. Mercoledì prossimo, infatti, saranno passati esattamente sei mesi esatti dal voto segreto che cestinò il ddl con l’ormai noto “tagliola” chiesta da Fdi e Lega e accordata dal Presidente Elisabetta Casellati (si tratta del meccanismo previsto dall’articolo 96 del Regolamento del Senato, che a certe precise condizioni consente di «proporre che non si passi all’esame di un disegno di legge»).

Uno stop a tempo, dunque, arrivato dopo che il Paese è rimasto ostaggio per mesi di un dibattito estenuante e tossico. Senza soluzione di continuità, Alessandro Zan riparte proprio da lì, in quinta, con un personalissimo amarcord che regala il mood che sarà: «L’ultima immagine è quella dell’applauso sgangherato e violento delle destre, da ultrà dello stadio, che ha fatto il giro del mondo, facendoci quasi vergognare di essere italiani. Ma il 27 aprile, mercoledì prossimo, scade l’embargo di sei mesi».

PIANTARE BANDIERINE ANCHE SOTTO LE BOMBE

Alla domanda su cosa dovrebbe esserci di diverso oggi rispetto allo stallo politico di sei mesi fa, dalle parole di Zan viene fuori una discreta e nemmeno troppo dissimulata dose di cinismo: «La Lega è molto in difficoltà, e i trascorsi legami con Putin stanno logorando Salvini e le sue posizioni sovraniste. Siamo nel pieno di una guerra in Europa, dunque – togliendo i “benaltristi” che ci saranno sempre – la questione dei diritti è urgente e centrale». Difficile non scorgere in questa risposta la cifra di una sinistra che, scagliando contro chiunque sia in disaccordo la facile accusa di benaltrismo, ha come unico obiettivo quello di piantare le sue bandierine. Perfino sotto le bombe, e con alle porte una paurosa crisi economica.

Chi certamente non abbocca ai lamenti dell’onorevole lettiano è Filippo Savarese, direttore delle campagne di ProVita& Famiglia, che così twitta: «Attenzione, se dal 27 aprile non sentirete più parlare di guerra, Russia, Ucraina sarà solo perché riparte l’iter del ddl Zan, e quindi si imporrà la narrativa sull’(inesistente) “emergenza omofobia in Italia” opportun(istic)amente silenziata negli ultimi mesi».

TORNA IL DDL ZAN? TORNA ANCHE LA RESISTENZA

Nell’enorme macchina propagandistica che si sta rimettendo in moto (partiti, giornali, tv) un particolare può guastare di nuovo la festa. Proprio come il ddl Zan sarà ostinatamente ripresentato nella sua integrità (senza considerare nessuna delle obiezioni da più parti sollevate), con la stessa determinazione tornerà a far sentire la propria voce la maggioranza silenziosa, contraria a provvedimenti liberticidi(delle posizioni di laici come Luca Ricolfi, di costituzionalisti come Michele Ainis e Giovanni Maria Flick, di leader sessantottini come Mario Capanna, di sportivi come Sara Simeoni, scrivemmo già qui).

 LE FEMMINISTE TIRANO LA VOLATA

A raccontare la varietà di posizioni su un tema così caldo, va detto che nelle prime ore dall’annuncio del ritorno del ddl Zan, le prime a organizzare una controffensiva sono state le femministe di Rad Fem Italia, allertando intorno alle macerie umane che la codificazione legislativa dell’identità di genere («vera architrave delle legge») porterebbe con sé. «Il mondo occidentale arretra dopo avere constatato i danni causati dall’autoidentificazione di genere e dal self-id», scrivono le femministe gender critical, «a cominciare dall’enorme aumento dei casi di disforia tra le-i minori, trattati precocemente con farmaci dagli effetti irreversibili». Trattamenti che dopo «avere danneggiato seriamente la salute di molte bambine e bambini», sono stati sospesi in molti Paesi «pionieri di queste crudeli terapie di conversione»: dall’Inghilterra alla Svezia, dalla Finlandia all’Australia, fino a vari stati americani.

Per Rad Fem – che nel loro post, quasi un avamposto di resistenza, ricordano i problemi legati ai corpi maschili negli sport femminili (vedi caso Lia Thomas), nonché l’aumento degli stupri nelle carceri comuni a donne e transgender – tutto racconta della «colonizzazione del simbolico femminile», della crescente «impossibilità di dirsi donna» e della cecità di quei politici («soprattutto le senatrici») che «si dispongono a combattere per importare in Italia un prodotto nocivo, già scaduto altrove».

LO SCOPO SONO I BABY TRANS

Del resto, che il ddl sull’omotransfobia non sia nient’altro che il cavallo di Troia per introdurre l’autodeterminazione di genere, è qualcosa che lo stesso Alessandro Zan, forse in un momento di “distrazione” dalla sua tattica rassicurante, ha sciorinato in diretta, ospite di Fedez, con queste precise parole: «Bisogna aiutare i bambini in un percorso di transizione». Uno degli scopi della legge di (in)civiltà, per bocca del suo estensore (trattasi dunque di interpretazione autentica), è quello di agevolare il cambiamento di sesso nei bambini. Avevamo bisogno di una guerra nella guerra?

Fonte: https://www.iltimone.org/news-timone/ddl-zan-a-volte-ritornano-purtroppo/

Orsini, i gay, i trans: il pensiero unico stronca pure Sofia Goggia

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La dittatura del politicamente corretto

Fino a pochi mesi fa era l’eroina azzurra dello sci, due volte campionessa del mondo di discesa libera, atleta portentosa, capace di scaldare i cuori degli italiani anche a bordo pista, con il suo entusiasmo e la sua spontaneità. Ma siccome la franchezza e la libertà di parola sono diventate pericolose, la scure del pensiero unico era destinata ad abbattersi anche su Sofia Goggia.
Galeotta fu l’intervista al “Corriere della Sera”, in cui la sciatrice bergamasca s’è fatta scappare una scorrettissima battuta sugli omosessuali nel suo sport: “Se ce ne sono? Tra le donne qualcuna sì. Tra gli uomini direi di no. Devono gettarsi giù dalla Streif di Kitz…”.

Come dire: non possono esserci sciatori gay, perché non avrebbero il coraggio dei veri uomini per affrontare sfide estreme. Una sortita infelice? Offensiva? Disturbante? In un mondo in cui non si può più scherzare sulle “categorie protette”, l’effetto, inevitabilmente, è stato questo. Così, la Goggia è stata costretta a fare pubblica ammenda: si può ridere di tutto, ma non delle presunte “minoranze perseguitate”. Ciò che disturba ancora di più, però, è che nel calderone delle critiche piccate siano finite anche certe frasi ragionevolissime, sull’inopportunità di far gareggiare i transgender con le donne, pronunciate nell’interviste: “Un uomo che si trasforma in donna”, ha osservato la Goggia, “ha caratteristiche fisiche, anche a livello ormonale, che consentono di spingere di più. Non credo allora che sia giusto” consentire ai maschi di sfidare le ragazze, solo perché si sentono e si dichiarano tali.

Insomma: gli uomini sono uomini, le donne sono donne. La biologia non mente: nello sport, l’uniformazione si trasforma in un ingiusto vantaggio per i maschi. Un’ovvietà, peraltro condivisa da molte femministe, che tuttavia, per gli agit-prop arcobaleno equivale a un vilipendio. Ormai il livello del dibattito è questo: non solo è preclusa la facoltà di esprimersi liberamente; è diventato un lusso specialmente dire la verità.

Se poi ci si lascia scappare un’uscita in odore di russofilia, la frittata è fatta: la campionessa dal sorriso solare, orgoglio dell’Italia intera, finisce sulla bacheca Twitter di Gianni Riotta, il poliziotto cibernetico a caccia di “putiniani”. Il crimine della Goggia è di aver manifestato apprezzamento per le posizioni di Alessandro Orsini: “Stimolanti”, le ha definite la sciatrice, che studia scienze politiche alla Luiss e darà un esame proprio con il professore. “Dobbiamo sempre preferire la discussione alla propaganda”, ha osservato giustamente la Goggia. Visto il clima che c’è nel Paese, è sufficiente per essere considerata un’agente del Cremlino.

Ci siamo talmente abituati alle gogne mediatiche per i “devianti”, che una tirata contro l’ortodossia gender-pandemico-bellica sembra ormai un vano esercizio di retorica. Chi ha ancora a cuore ciò che contraddistingue la civiltà occidentale e la differenzia anche dalla Russia – ovvero la libertà di critica – non può comunque restare indifferente dinanzi all’aggressiva avanzata di questa forma di colonizzazione ideologica. Ci piacerebbe poter ancora fare satira su tutti; ci piacerebbe poter ancora dire che le foglie sono verdi d’estate e gli uomini sono uomini; ci piacerebbe poter ancora dire che è legittimo ragionare sulla guerra in atto, senza perciò stesso parteggiare per Mosca.

Ma come stanno davvero le cose? La gente comune ha ancora a cuore questo buon senso della libertà? Gli assalti censori fanno rumore, ma sono in fondo solo la campagna aggressiva di una minoranza organizzata? O il conformismo del pensiero, con cui siamo costantemente bombardati, ha già riprogrammato le nostre menti?

Fonte: https://www.nicolaporro.it/orsini-i-gay-i-trans-il-pensiero-unico-stronca-pure-sofia-goggia/

L’Europa festeggia la bandiera…quella LGBT

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Segnalazione di Redazione BastaBugie

Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): sui documenti scrivi l’età che ti senti, finanziato il cambio-sesso con 15 milioni di euro, il Ddl Zan europeo e la Teoria della dittatura
di Manuela Antonacci

Pochi sanno che la bandiera europea ha qualcosa di “mariano”, infatti il significato della bandiera riprende un’immagine della devozione alla Madonna, propria del dodicesimo capitolo dell’Apocalisse: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. Anche Wikipedia, versione inglese, riporta questa origine. Eppure l’Unione Europea, come al solito, sembra voler cancellare ogni traccia delle sue radici cristiane, persino nel rimuovere il vero significato dei simboli della sua bandiera.
La pagina facebook del Consiglio dell’Unione Europea, infatti, nel celebrare il sessantaseiesimo anniversario della scelta della bandiera come simbolo dell’UE, viene linkato il significato di ciò che simboleggerebbe. Così cliccando sul link leggiamo che il cerchio con le dodici stelle rappresenterebbe la solidarietà e l’armonia tra gli europei e il numero dodici sarebbe collegato ad una non ben precisata idea di perfezione e “interezza”.
Insomma, una spiegazione non chiarissima e se vogliamo anche un po’ raffazzonata e forzata, così come è davvero forzato l’accostamento della bandiera dell’Unione Europea a quella arcobaleno, in una delle immagini riportate dal post celebrativo. Ci si chiede infatti, come mai i riferimenti alla religione cristiana (che è la religione della maggioranza degli stati europei) sono proibiti e censurati e l’esaltazione dell’ideologia LGBT che appartiene ad una minoranza, anche nei suoi simboli, debba essere ostentata.
Per cui, ormai, si crede poco alla favola dell’esclusione dei simboli religiosi (il riferimento più recente è ovviamente alle contestatissime – e poi ritirate – linee guida della Commissione europea, per la “comunicazione inclusiva” che disponevano di non citare il Natale nei documenti istituzionali) in nome di un non ben inteso concetto di “inclusività”, se poi lo stesso non vale per altri “dogmi”.
Non solo, tutto ciò suona ancora più ridicolo se si pensa che il cristianesimo permea le radici culturali dell’Europa stessa. Un’identità iscritta nel DNA europeo con cui volenti o nolenti ci si troverà sempre a fare i conti.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul “gaio” mondo gay… sempre meno gaio.

SUI DOCUMENTI SCRIVI L’ETÀ CHE TI SENTI
Se conta solo quello che uno “si sente” (maschio, femmina o altro), perché non deve contare se mi sento vecchio o giovane, al di là della mia età anagrafica?
E infatti, la Corte Suprema messicana ha affermato il diritto di cambiare il certificato di nascita per riflettere l'”identità” dell’età che uno si sente.
Rientra nel “diritto fondamentale all’identità personale”, poiché l’identità è composta da qualcosa di più della semplice “verità biologica”.
L’unico limite è che le modifiche non siano poste in essere “per creare, modificare o estinguere diritti o obbligazioni in danno di terzi”.  Nel 2018, un tribunale olandese aveva respinto la richiesta analoga avanzata da Emile Ratelband.
Chissà se la giurisprudenza messicana farà scuola….
(Provita & Famiglia, 10 dicembre 2021)

FINANZIATO IL CAMBIO-SESSO CON 15 MILIONI DI EURO
«Siamo sconcertati dall’emendamento con cui la Senatrice Papatheu di Forza Italia intende finanziare con 15 milioni di euro dei cittadini italiani gli interventi chirurgici per il cambio di sesso per i prossimi tre anni. Ci chiediamo perché tali operazioni debbano gravare sulle spalle di lavoratori, famiglie e pensionati, in un momento di gravissima crisi sanitaria in cui sono a stento garantiti i livelli minimi di assistenza per malati oncologici e per altre categorie a rischio di vita», è la denuncia di Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita & Famiglia.
«Nel mare magnum di migliaia di emendamenti – conclude Coghe – si vuole far passare surrettiziamente la cultura gender e incentivare una sessualità fluida e incerta. Allarma che l’emendamento sia stato presentato da Forza Italia, una forza politica che si è più volte opposta al progressismo ‘politicamente corretto’ promosso dalla Sinistra».
(Provita & Famiglia, 2 dicembre 2021)

IL DDL ZAN EUROPEO E LA TEORIA DELLA DITTATURA
La notizia ormai non fa più quasi notizia. La Commissione europea sta lavorando ad un documento che intende estendere i crimini d’odio ad alcune condotte che fino a ieri erano legittime. Giustamente vengono annoverati tra i crimini la violenza domestica, il razzismo, le discriminazioni religiose, però ecco che compare anche la cosiddetta omofobia. Da sanzionare anche gli hate speech, ossia i discorsi d’odio.
L’obiezione usuale a tali tipi di reati è intuibile: quali criteri oggettivi adottare per distinguere i discorsi d’odio dalla libera espressione del proprio pensiero? Se uno psicoterapeuta afferma che un bambino per crescere sano ha bisogno di un papà e di una mamma, questa affermazione può essere intesa come discriminatoria delle coppie omosessuali e quindi come affermazione che fomenta l’odio? In breve, tale norma difetterebbe di tassatività che è quel principio che impone al legislatore di determinare con precisione le condotte illecite distinguendole da quelle lecite. L’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, ha dichiarato: “La Commissione europea ha posto le fondamenta per la realizzazione di un mega Ddl Zan in salsa europea”.
Questo nuovo documento programmatico, che attualmente non ha ancora visto la luce, è – nella sua ratio – simile a moltissimi altri che riguardano temi sensibili come la vita, la famiglia, l’educazione, la libertà di educazione et similia. Il documento, al pari di altri, è infettato da alcuni virus tipici del clima da totalitarismo di velluto che stiamo vivendo negli ultimi anni, un totalitarismo che è tale perché ha preso possesso direttamente delle coscienze personali e quindi della coscienza collettiva di intere nazioni senza uso di carri armati, torture, sequestri e prigioni, ma soggiogando le menti con la persuasione, l’omologazione informativa e la paura. Tali virus sono ben descritti da Michel Onfray, filosofo di estrazione levantina e autore del recente Teoria della dittatura, nel quale il saggista, rileggendo 1984 di Orwell, individua sette fasi della dittatura. Le elenchiamo qui brevemente perché ben presenti nel documento targato UE appena citato.
LA PRIMA FASE: DISTRUGGERE LA LIBERTÀ
Scrive Onfray: “La libertà si rimpicciolisce come una pelle zigrinata. Siamo una società sottoposta a controlli di ogni tipo, una società in cui la parola, la presenza, l’espressione, il pensiero, le idee e gli spostamenti sono tutti tracciati e tracciabili”. La parola è quindi controllata e verificata non alla luce dell’oggettiva dignità umana, bensì alla luce dell’ideologia del mainstream attuale che, relativamente al documento UE, si sostanzia nella teoria del gender.
SECONDA FASE: IMPOVERIRE LA LINGUA
“Attacco alla lingua. La politicizzazione della lingua arriva persino a proibizioni sul maschile e femminile. Ci sono vademecum da rispettare per i giornali. Ma impoverire la lingua con stereotipi, conformismi e slogan è la tomba del pensiero”. È noto che chiamare un uomo che si sente donna con sostantivi, pronomi e aggettivi maschili può essere definito un atteggiamento discriminatorio. Onfray parla dell’impoverimento della lingua, ma vi sono altre dinamiche linguistiche che interessano il processo rivoluzionario. Ad esempio la cancellazione di alcuni termini (ad esempio padre e madre), i neologismi (omofobia, cisgender, etc.), lo svuotamento di significato e la sua sostituzione con un altro significato (ad esempio il termine natura non ha più una connotazione metafisica ma solo empirica: la natura è sinonimo solo di ambiente).
TERZA FASE: ABOLIRE LA VERITÀ
“Si stabilisce come nuova e insormontabile verità il fatto che non esistono più verità ma solo prospettive. E guai a chi rifiuta la nuova verità sull’inesistenza delle verità!… Questo nichilismo della verità consente di fare tabula rasa di qualsiasi certezza… Se non esiste più una verità ma soltanto delle prospettive, allora tutto diventa possibile… la menzogna ha a propria disposizione un viale intero”. Questa fase indicata da Onfray crediamo che sia ormai superata. Non viviamo più in un mondo relativista dove, ad esempio, il giudizio positivo e negativo sull’omosessualità possono coesistere perché hanno pari dignità. Ormai il nostro mondo ha sposato solo alcune verità, è ormai ostaggio di un pensiero che non è più pluralista scadendo nel relativismo, ma è un pensiero unico che scade nel dispotismo. L’unico pensiero accettato, e ci rifacciamo all’esempio di prima, è che l’omosessualità è una condizione moralmente buona perché variante naturale dell’attrazione sessuale. Affermare l’opposto è tanto errato da meritare una sanzione di carattere giuridico e non più solo una censura di natura culturale. Questo ci sta dicendo il documento UE di cui sopra.
QUARTA FASE: SOPPRIMERE LA STORIA
È il famigerato fenomeno denominato cancel culture. Un esempio per tutti: la non menzione delle radici cristiane nella Costituzione europea. Anche a causa di ciò poi un documento come quello che sta partorendo la Commissione europea potrà essere varato.
QUINTA FASE: NEGARE LA NATURA
“La cancellazione della natura, con la teoria dei generi, che postula che noi non nasciamo né di sesso maschile né di sesso femminile, ma neutri e che diventiamo ragazzi o ragazze solo per questioni di cultura, di civiltà, di società e d’indottrinamento, attraverso stereotipi che andrebbero decostruiti fin dalla scuola”.
SESTA FASE: PROPAGARE L’ODIO
“L’incoraggiamento dell’odio. Nell’ambito della cultura postmoderna, l’odio viene riservato a chi non si inginocchia davanti alle verità rivelate della religione che si autoproclama progressista. L’odio è contro tutto ciò che è sovranista, ed è un odio senza limiti”. La Commissione europea vuole combattere l’odio sociale, ma in realtà lo alimenta perché bolla i dissenzienti come soggetti pericolosi, privi di moralità, nemici della pace sociale che occorre individuare e neutralizzare grazie anche all’opera di delazione da parte dei cittadini.
SETTIMA FASE: ASPIRARE ALL’IMPERO
“L’Impero è in marcia. Ma quale Impero? La fine delle nazioni è stata voluta dagli attori dell’Europa di Maastricht. In un mondo in cui i progressisti hanno cancellato la verità, il progresso significa sostenere il catechismo dei dominatori e ingoiare tutti i princìpi della loro ideologia, significa non rimettere mai niente in questione e prendere per oro colato tutte le cose che si raccontano a scuola, sui giornali, in televisione o su Internet”. Sempre più spesso la sovranità nazionale viene esautorata dall’Unione europea che si propone e s’impone dunque non come un organismo internazionale, bensì come un sovrastato composto da più Stati a lui vassalli. Un impero, dunque, per dirla con Onfray.
(Tommaso Scandroglio, La Nuova Bussola Quotidiana, 17 dicembre 2021)

Titolo originale: L’Europa festeggia la bandiera… con quella Lgbt
Fonte: Provita & Famiglia, 10 dicembre 2021

“Uccidere un fascista non è reato”. In piazza l’odio dei fan del ddl Zan

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“L’ipocrisia è il denominatore comune di tutte le battaglie sinistre degli ultimi decenni – dice il nostro Responsabile Nazionale Matteo Castagna – soprattutto quelle per ciò che loro chiamano “diritti”. E’ incredibile vedere e sentire invasati sputare solo veleno e incitare alla violenza contro coloro che vengono accusati di covare odio, solo perché la pensano in modo differente”.

IL DDL ZAN AFFOSSATO IN SENATO SCATENA LE PROTESTE. MA IN PIAZZA I SOSTENITORI DEL DECRETO INTONANO SLOGAN VIOLENTI

Il cortocircuito è servito: quelli che chiedono una legge contro l’odio, più precisamente il ddl Zan, scendono in piazza e seminano odio. Lo dimostrano le immagini esclusive mandate in onda ieri sera a Quarta Repubblica.

Il 28 ottobre a Roma un gruppetto di ragazzi a favore del disegno di legge sull’omofobia ha intonato canti tutt’altro che pacifici: “La nonna partigiana ce l’ha insegnato, uccidere un fascista non è reato“. E ancora: “Lo aspetti sotto cosa e poi lo lasci lì, l’autodifesa si fa così”. Infine: “Fascio stai attento, ancora fischia il vento”. Dal corteo democratico si sono innalzati pure “educatissimi” (si fa per dire) slogan rivolti agli avversari politici: “Pillon, Pillon, vaffanc…”, “Renzi, Renzi, vaffanc…” e “lega Salvini e lascialo legato”. Non proprio quello che si dice “amore” e “rifiuto della violenza”.

da Quarta Repubblica del 1 novembre 2021

VEDI IL VIDEO IN: https://www.nicolaporro.it/uccidere-un-fascista-non-e-reato-in-piazza-lodio-dei-fan-del-ddl-zan/

Fumetti sempre più Lgbt: Superman diventa bisessuale. E la Marvel rilancia con il supereroe gay

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di Carlo Marini

Superman sventolerà la bandiera dell’orgoglio gay il 9 novembre, quando verrà rivelato che il supereroe è bisessuale nel prossimo numero della DC Comics Superman: Son of Kal-El. Lo riporta il sito Deadline.

L’attuale Superman è Jon Kent, figlio di Clark Kent e Lois Lane. Nei pannelli pubblicati dal fumetto, i lettori possono conoscere il nuovo interesse amoroso del giovane Kent: Jay Nakamura, un giornalista, naturalmente. Il fumetto mostrerà la fiorente amicizia di Jon e Jay che diventa romantica dopo che il giornalista si prende cura dell’Uomo d’Acciaio che si sente mentalmente e fisicamente esaurito dal tentativo di tenere tutti al sicuro.

“Ho sempre detto che tutti hanno bisogno di eroi e tutti meritano di vedere se stessi nei loro eroi e sono molto grato che DC e Warner Bros. condividano questa idea”, ha detto lo scrittore Tom Taylor in una nota. “Il simbolo di Superman è sempre stato sinonimo di speranza, verità e giustizia. Oggi quel simbolo rappresenta qualcosa di più. Oggi, più persone possono vedersi nel supereroe più potente dei fumetti”. L’artista John Timms ha aggiunto: “Sono incredibilmente onorato di lavorare al fianco di Tom nella serie Superman: Son of Kal-El, che mostra Jon Kent affrontare la sua complessa vita moderna, salvando anche il mondo dalle sue più grandi minacce, cattivi e minacce”.

“Non potremmo essere più orgogliosi di raccontare questa importante storia di Tom Taylor e John Timms”, ha affermato Jim Lee, Chief Creative Officer ed Editore DC. “Parliamo molto del potere del DC Multiverse nella nostra narrazione e questo è un altro incredibile esempio. Possiamo avere Jon Kent che esplora la sua identità nei fumetti così come Jon Kent che impara i segreti della sua famiglia in tv su Superman & Lois. Convivono nei loro mondi e tempi, e i nostri fan possono godersi entrambi contemporaneamente”.

Superman bisex e la Marvel lancia il primo supereroe gay

La tendenza è inarrestabile. Da una parte Superman con la Dc Comics, dall’altra il colosso Marvel. All’interno del prossimo kolossali, Gli Eterni, ha infatti inserito il primo supereroe apertamente gay. Il personaggio in questione sarà Phastos, interpretato da Brian Tyree Henry.
Grazie alle dichiarazioni dell’attore Haaz Sleiman, sappiamo che si tratta proprio di Phastos. Le precedenti partecipazioni dell’attore di origine libanese naturalizzato statunitense comprendono Assassin’s Creed e le serie tv Jack Ryan e The Good Wife, e del suo ruolo ne Gli Eterni, sappiamo solo che sarà il marito di Phastos.
Sleiman ha confermato che il film vedrà anche un bacio gay trai due: “Oh sì, assolutamente, ed è un bacio bellissimo e molto commovente. Tutti hanno pianto sul set. Per me è molto importante mostrare quanto possa essere amorevole e bella una famiglia strana.”

Fonte. https://www.secoloditalia.it/2021/10/fumetti-sempre-piu-lgbt-superman-diventa-bisessuale-e-la-marvel-rilancia-con-il-supereroe-gay/

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